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Autore: DeathOver    19/06/2017    1 recensioni
FNAF fanfiction.
Renèe non è mai stata una donna come tante altre, ha sempre e comunque voluto staccarsi dalla massa, ma la sua vita cambia per sempre quando, per puro divertimento, decide di rispondere all'annuncio del Freddy Fazbear's Pizza, proponendosi come guardia notturna.
"Paura? Was für ein unsinn! Dovresti saperlo: io non ho paura di nulla..~"
|| PICCOLO PS. Ho preferito utilizzare per i personaggi i nomi dati dai fan della serie, so benissimo anche io che sono nomi non originali. Inoltre se vi aspettate una storia esclusivamente romantica non siete nel posto giusto. Grazie per l'attenzione!
Per via del regolamento del sito la storia verrà pubblicata con apposite censure nelle scene ritenute particolarmente delicate o pesanti, possibile innalzamento raiting!
I CAPITOLI SEGUONO UNA PUBBLICAZIONE MENSILE DURANTE IL PERIODO LAVORATIVO-SCOLATICO, E' POSSIBILE CHE NE VENGANO PUBBLICATI MOLTEPLICI LO STESSO MESE DURANTE IL PERIODO ESTIVO.||
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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-Rainy era una persona molto... complicata. Non si potrebbe descrivere in un solo aggettivo.-

La donna dai corti capelli blu si sistemò gli occhiali mentre parlava con lo sguardo basso. Aveva la pelle pallica e occhi stretti e allungati tipici delle donne asiatiche, ma presentava anche molti tratti caucasici.

A Wendy non piaceva sentirsi obbligata a dover parlare di Rainy, era stata la sua più grande alleata e la sua scomparsa l'aveva ferita nel profondo. Da quando se n'era andata tutti ne approfittavano per parlarne male: persone che la conoscevano bene la definivano malata, depressa, altre la definivano come una malata di testa. Per carità, da un lato erano tutte cose vere, ma lei sapeva: sapeva cosa le era successo, cosa le avevano fatto e soprattutto chi; sapeva tutto di lei, anche il più stupido dei segreti. La bionda aveva dei problemi, era malata, ma mai si sarebbe tolta la vita da sola: ne aveva passate tante e si era sempre rialzata coprendo le crepe del suo cuore con cerotti incollati con lacrime e sangue.  

Beh, forse Rainy non avrebbe detto proprio così: lei non credeva in cose sciocche come i sentimenti che partono dal cuore all'animo umano, lei si limitava ai dati scientifici. Avrebbe detto piuttosto "aveva nascosto i suoi traumi utilizzando sentimenti apparentemente felici al fine della propria sopravvivenza", o qualcosa di simile, ma alla fine ormai non importava più: non importava più a nessuno.

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-Oh, wirklich: con quale coraggio ti hanno assunto?!- Renèe scoppiò in una risata, buttandosi a peso morto sul  divano nero; nel farlo si rovesciò addosso parte della bottiglia di birra che reggeva nella mano destra, abbassò lo sguardo sulla maglia bagnata e scoppiò nuovamente a ridere.

Poco distante, seduto con eleganza sulla poltrona in pelle, Vincent fissava la donna con occhi di chi era un po' alticcio ma ancora perfettamente cosciente di pensieri e azioni. -Disse la donna che sbronza non è capace di sedersi su un divano senza rovesciarsi addosso qualcosa! Per rispondere alla tua domanda: direi quasi grazie al mio aspetto irresistibile..!- Risposte il collega, senza un minimo di modestia nelle parole: d'altronde lo pensava sul serio, non aveva bisogno di mezzi termini.

-Ovviamente, anche il mio fascino ha lasciato tutti a bocca aperta!- E chissà perché si aspettava quella risposta, pensò anche di risponderle a tono, ma lasciò perdere: non c'era gusto a provocare una persona se questa poi gli rideva in faccia.

-..Violeettaa....- Chiamò lei, quasi biascicando, mentre si avvicinava camminando a carponi sul divano: si fermò poggiando il petto sul bracciolo imbottito e portando una mano sotto al mento L'uomo la guardò seccato all'udire quello stupido soprannome: -Che vuoi?- chiese di rimando, sospirando.

-Chi c'è oggi di turno alla pizzeria?- La bionda spostò le sguardo sulle proprie unghie, lunghe e affilate come artigli ma visibilmente poco curate.

-Fritz, credo. Perché?-

Renèe ridacchiò, voltandosi verso l'orologio: erano solo le 10.20 PM. -E se gli facessimo uno scherzo?- 

Ad udire quelle parole per la prima volta in tutta la serata Vincent sorrise con sincerità, un sorriso beffardo e maligno, di chi non aspettava altro che avere una notizia simile: in un giorno solo poteva sbarazzarsi sia della donna che del ciccione senza fare il minimo sforzo, una notizia fantastica! 

-Beh, perché no?-

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Fritz Smith era il classico individuo in grado di guadagnarsi senza alcuna fatica l'odio di Rainy: un ragazzetto che doveva avere pochi anni in meno di lei ma con il quozioente intellettivo pari a quello di un criceto stupido; come quelli che sbattono il muso contro il fondo della propria gabbia sperando di poter trovare così una via d'uscita alla loro condizione senza rendersi conto di aggravarla ulteriormente. Ecco, quel genere di criceto stupido. 

Era poco attento sia alla sua salute che alla sua cura personale, e si presentava come una persona piuttosto bassa e tozza, visibilmente troppo in carne. Il bianco della camicia metteva in risalto il colorito giallastro della sua pelle, gli occhi castani erano coperti da spessissime lenti rotondeggianti e il volto pieno di lentiggini piuttosto visibili, incornciato da ribelli riccioli rossastri perennemente spettinati e secchi.

Come molti altri prima di lui era lì per una sola ragione: finire il primo mese e levarsi dai piedi per sempre. Tra tutti i membri dello staff presenti in quel momento pareva infatti che fosse lui quello più impressionabile e in un certo senso voler finire il suo mese lavorativo gli faceva onore. Nessuno sapeva per quale ragione fosse così ostinato a continuare nelle sue condizioni e il fatto che tutti lo guardassero come un codardo in realtà lo feriva profondamente: aveva ragioni ben precise per andare avanti, doveva avere quei soldi ad ogni costo e nessuno avrebbe mai assunto una persona come lui, nessuno escluso il suo attuale capo a cui servivano persone come lui, stupide e che cascassero facilmente nel suo tranello. 

Il rosso uscì dalla cucina come al solito sorseggiando una cola con una mano mentre con l'altra reggeva la torcia scrutando l'ambiente circostante: non gli piaceva affatto l'idea del dover tenere spente le luci ma, a quanto ne sapeva lui, al capo non piaceva sprecare troppi soldi in energia e dopotutto le telecamere di sicurezza erano munite di torcia per la visione notturna. Prese un profondo respiro e con riluttanza si avviò verso il corridoio che dirigeva all'ufficio degli addetti alla sicurezza canticchiando sottovoce le note di "The time of my life", canzone che aveva acquisito uno spropositato successo giusto qualche giorno prima: era quasi impossibile sintonizzarsi su una radio che non la mandasse mai in onda. 

Il sussurro stonato risuonava nel vuoto del locale, rendendolo facilmente localizzabile: Renèe e Vincent non si dovettero nemmeno sforzare di cercarlo per le stanze oscure. Per loro fortuna era ancora presto e Fritz chiudeva le porte di sicurezza sul retro dopo aver interamente completato il suo giro di controllo della pizzeria; mossa stupida, oltreché prevedibile per un tipo come lui. 

Silenziosi sgattaiolarono dentro alla pizzeria invasa dall'oscurità tramite la porta di servizio della cucina quando ormai il collega era lontano e uscirono nella sala principale poco dopo, vicini al palco dove si esibivano gli animatroni. Dopodichè imboccarono il corridoio, diretti alla saletta dei pezzi di scorta e dei costumi in disuso: il piano era semplice, avrebbero preso delle maschere di riserva e fatto un po' di chiasso in giro, per poi attirarlo nell'ufficio e spaventarlo. Nulla di così complicato insomma, ma in fondo Rainy sapeva che erano fortunati se non gli fosse venuto un attacco cardiaco lì sul posto. 

L'uomo toccò una spalla alla collega per richiamare la sua attenzione indicandole il fascio di luce della torcia di Fritz che si avvicinava alla loro posizione prima di stringerle il polso senza troppa delicatezza e trascinarla per un altro corridoio, che portava ad una delle salette. Dal canto suo Rainy strattonò il polso infastidita: non gli aveva mica dato il permesso per toccarla così tanto!

Con i suoi soliti modi delicati e cordiali l'uomo lasciò andare la bioda, per poi voltarsi indicandole il condotto dell'aria: -Passa da lì, vai alla Part Room, prendi le maschere e torna indietro: ti aspetto qui.- 

Renèe alzò un sopracciglio, guardando il condotto con aria contrariata: -Scherzi, vero? Come credi che possa entrare in un posto del genere?!- mosse qualche passo verso l'entrata, battendovi la punta dello stivale: stava forse dando di testa?

-Gli animatroni sono alti tutti più di due metri e non pesano meno di un quintale, li hai visti come scivolano nei condotti: te in confronto a loro sei uno stuzzichino. O hai forse paura di trovare qualcosa, lì dentro?!-

Rainy con quell'ultima affermazione si sentì punta nel profondo: nessuno poteva dirle che non aveva il coraggio di fare qualcosa. Allontanò Vincent con uno spintone, per poi chinarsi: il condotto era talmente scuro da non vederne la fine, ma non mostrò riluttanza e con decisione si infilò nell'insolito corridoio. Tuttavia poco dopo si pentì della sua scelta: era troppo stretto perché potesse girarsi e tornare indietro e troppo buio perché riuscisse ad avanzare in maniera rapida. Gattonò per un tratto che le parve eterno nel buio più assoluto, sudando e con gli occhi chiusi in maniera talmente stretta da farle male. Faceva così caldo.. così caldo che il mondo attorno le parve sciogliersi, scivolando; avvertì il metallo sotto ai guanti farsi instabile e melmoso, sempre più lutolento e le parve quasi di trovarsi sulle sabbie mobili. Iniziò a porre resistenza muovendosi quanto più veloce poteva decisa a sfuggire a quella morsa infernale, mentre le strette pareti attorno a lei si opprimevano e divenivano fuoco, sinché non avvertì il mondo inghittirla e dileguarsi al di sotto del suo corpo. Precipitò nel nulla e portò le mani a coprirsi il capo, stringendo i denti e cercando con tutte le sue forze di non urlare mentre sentiva l'ossigeno venirle meno, sinché non avvertì farsi tutto lento e più tranquillo. 

"Apri gli occhi."

Una voce risuonò nella sua testa e decise di fidarsi, aprendo piano gli occhi: di fronte a lei una luce accecante le indicava che quella era la sua unica via d'uscita. Rapida scappò da quell'inferno, uscendo ed alzandosi in piedi: attorno a lei una stanza totalmente in legno scricchiolante cadeva sotto fiamme violente e ormai inestinguibili, il fumo intossicava l'aria. Lontane, le sirene e le voci dei pompieri parevano ovattate. Mosse qualche passo su quel pavimento e il rumore degli stivali che scivolavano nel sangue le diede il volta stomaco: era ovunque, sul pavimento, sui mobili, sulle pareti, ed ora anche addosso a lei: sulla felpa bianca spiccavano delle intense macchie vermiglie. In piedi di fronte a lei un corpo andava in cenere mentre le veniva incontro con passi misurati. Anch'esso avvolto dalle fiamme era nero e ormai irriconoscibile, ma Renèe sapeva perfettamente a chi apparteneva. 
Indietreggiò fino a sbattere contro la parete, mentre la sua testa urlava parole incomprensibili: 

"No, no, no! Stammi lontana, non ti avvicinare!"

Scivolò per la parete, rannicchiandosi e nascondendo la testa in mezzo alle ginocchia, tremando come una bambina. La figura le poggiò una mano ardente sul capo e il tempo le parve fermarsi. 
 

-Renührer? Ehi? Renèe? Terra chiama Zvezda!-

Una voce familiare richiamò la sua attenzione: rialzò il viso arrossato, e si rese conto di essere tornata alla pizzeria. Era solo un brutto incubo, null'altro che un brutto incubo. 

Riprese il respiro: la voce di Vincent proveniva dall'altro lato del tunnel. -Sto bene, Violetta, smettila di chiamarmi: ci farai scoprire, sie dumm!- ribattè con tono infastidito, come se non fosse successo niente. Le ci volle qualche minuto perché riuscisse nuovamente ad alzarsi: andò sull'uscio della porta accertandosi che non vi fosse nessuno per poi scivolare fuori, tenendosi sempre lungo il muro, entrando di soppiatto nella sala dei ricambi. 

-Allora... mi sembra di averle viste qui da qualche parte...- 

Si avvicinò ad alcuni scatoloni riposti nello stanzino e prese a guardarli uno per uno, talvolta lamentandosi delle pessime condizioni igieniche in cui si trovavano gli attrezzi da lavoro. Gli occhi verdi guizzavano da uno scatolone all'altro; non faticava granché a vedere il contenuto delle scatole, ma non vi era nemmeno molta luce. Era ancora intenta a cercare il materiale quando avvertì alle sue porte un suono che avrebbe preferito non sentire in un momento come quello: la porta sbattè pesantemente. Si arrestò di colpo smettendo di frugare nelle scatole, voltandosi verso di essa con gli occhi sbarrati, poi verso gli animatronics abbandonati nell'angolo opposto della stanza: erano ancora immobili, non avevano sentito. 

Si alzò senza staccare lo sguardo da essi, muovendosi cautamente verso la porta e rendendosi conto di quanto si trovasse nei guai sino al collo solo quando mosse la maniglia: era bloccata. Bloccata totalmente, chiusa, non vi era modo di aprirla. Possibile che l'avesse chiusaa chiave Fritz?!

-Ehi? C'è qualcuno?- Provò a chiamare ma non ricevette risposta. L'orologio sulla parete segnava le 11.40 PM. Cazzo. 

-Violetta? Fritz?- chiamò ancora, e di nuovo il silenzio le fece torcere le budella. Avrebbe voluto vomitare tutti gli organi, ma non era il momento di perdere la calma. Indietreggiò, per poi prendere la rincorsa e buttarsi contro la porta di peso, e poi lo fece ancora, ancora e ancora, nella speranza di riuscire a scardinarla: tutto inutile. Come cazzo era potuto accadere? Nemmeno sapeva di avere la chiave per chiuderla! -Avanti, apriti, cazzarola!- provò ancora a smuovere la maniglia, ma nulla, nemmeno prendere a calci la porta ebbe alcun effetto. 

Al di fuori, nell'ombra, occhi grigi fissavano la porta ghignando malvagiamente. In una mano il Male  si rigirava una piccola chiave metallica appoggiato ad un muro: in fondo gli sarebbe mancata la biondina, ma era finito il tempo di giocare. 

-Scheiße, ARSHLOCK!*- Renèe cadde sul pavimento di schiena, si rialzò e riprese a spintonare la porta: mancavano solamente dieci minuti. Si fermò e provò a pensare, illuminandosi quando il suo sguardo incrociò Foxy riverso al pavimento: se non andava errato lui si muoveva sempre per primo e non faceva pause di alcun genere, semplicemente si attivava e correva verso il suo obiettivo; se avesse trovato la porta chiusa probabilmente l'avrebbe buttata giù, aprendola.

Erano in quattro, ma non poteva pensare a tutti loro in quel momento. Si limitò a nascondersi vecchi ai vecchi arcade, tra la macchinetta e la porticina scoperta pochi giorni prima in attesa. Puntava con gli occhi i robot poco distanti e pregava che per una buona stella non riuscissero a sentire la sua presenza.  L'orologio del prize corner rimbombò poco dopo tra le mura del locale.

00:00 AM. 

Nella stanza di colpo calò un freddo glaciale, quel genere di freddo che penetra sin nelle ossa, dei rigidi inverni del nord. Renèe potè avvertire ogni pelo rizzarsi e ogni centimetro di pelle, quella che ancora era sensibile, accaponarsi. Un brivido le percorse la schiena; stava sudando freddo. Nascondeva una pistola sotto alla larga felpa, ma da quella zona sarebbe stato inutile persino provare a raggiungerla: era troppo stretto perché potesse muoversi senza fare rumore. 

Sotto lo sguardo incerto della donna il primo a muoversi fu, come previsto, la volpe dal manto rossastro. Rizzò la testa in una serie di inquietanti cigolii, poi alzando il busto con una serie di fastidiosi scatti metallici. Si alzò sulle gambe metalliche senza particolari fatiche mentre anche i suoi compagni iniziavano a "svegliarsi" e corse verso la porta senza aspettarli, trovandola chiusa. Come se nulla fosse si fermò per qualche istante davanti all'ostacolo, per poi passare ugualmente, tirando con sè la porta, tuttavia proprio mentre Rainy stava per riprendere colore si fermò di colpo appena fuori dalla stanza: la testa rovinata iniziò a cigolare sino a girarsi del tutto al contrario. Gli occhi giallastri si illuminarono, puntando verso la bionda, e la volpe spalancò la mascella scardinata per quanto gli era possibile. Questi mosse dei passi decisi verso la sua preda, seguito poi da Bonnie e Chica, ancora intorpiditi ma già pronti alla caccia: era accerchiata dai tre. Per qualche attimo le parve di vedere la morte nei loro occhi finti, ma si dovette ricrede; erano solo degli stupidi ammassi di rottami difettosi e l'avrebbero tramutata presto in poltiglia se non avesse pensato ad una soluzione. 

Non appena Foxy prese a correrle incontro agì d'impulso ribaltandogli la macchinetta addosso: non lo prese per un soffio, ma il frastuono li bloccò per qualche istante: questo le diede un'idea su come comportarsi successivamente; i modelli obsoleti erano sensibili alle luci e ai rumori. Prese una grossa chiave inglese abbandonata in un angolo e scappò via quanto più veloce poteva. Non si fermò nemmeno per pensare: nessun posto era ormai davvero sicuro lì dentro. In quel momento doveva pensare alla propria sopravvivenza, poi avrebbe appeso le teste di quei codardi dei suoi colleghi sulla parete del proprio salotto.

2:00 AM. 

Vincent osservava indisturbato i movimenti dei due colleghi: Fritz si trovava nell'ufficio, mentre Renèe si nascondeva sotto al bancone del prize corner. Ancora non si spiegava in che modo fossero sopravvissuti entrambi sino a quel momento, pensava che Fritz si sarebbe messo nei casini da solo e che la bionda fosse ormai divenuta la nuova mascotte del locale ma il fatto che i suoi piani fossero andati a monte gli provocava una rabbia incalcolabile: avrebbe voluto tanto strangolarli con le sue mani, ma v'era ancora tempo, avrebbe logorato le loro menti e ferito i loro corpi poco a poco sino a portarli al punto di non ritorno e solo allora avrebbe saggiato il sapore del loro sangue, il calore di esso sulle mani. Gli serviva solo altro tempo ancora. Spense il tablet e si accese una sigaretta, sollevando appena la maschera da coniglio che indossava per precauzione, per poi portarla alle labbra e prendere una boccata, espirando poi il fumo. 

Si voltò, poggiando la mano su una testa a forma di gallina dalla quale fuoriuscivano delle brillanti ciocche dorate incrostate di sangue: -Alla tua salute...- Le disse quasi fosse un brindisi, per poi perdersi nuovamente nei meandri della sua oscura mente -...Dollie..-.

4:00 AM

 

Fritz aveva visto tutto: aveva visto la collega tentare disperatamente di uscire dalla stanza e l'uomo dalla testa di coniglio chiuderla a chiave dentro per poi spostarsi, l'aveva sentita gridare e chiedere aiuto, gridare il suo nome, ma non aveva fatto niente. Era rimasto lì a fissare la scena e aveva spostato la telecamera come se nulla fosse successo: non aveva pensato "meglio lei che me", non avrebbe mai potuto, ma aveva troppa paura per muoversi dal suo ufficio.

 Vedeva ancora Zvezda spostarsi tra i tavoli e le sedie e in qualche modo tentava di aiutarla a muoversi, lampeggiando le luci delle telecamere quando le stanze erano libere. Tuttavia tentava sempre di allontanarla il più possibile dalla stanza in cui si trovava lui, talvolta lei alzava lo sguardo alle telecamere rivolgendogli sguardi di puro odio, erano per lui e se li meritava. 

Se non l'avessero ucciso gli animatronics l'avrebbe ucciso lei, e lo sapeva benissimo. 

Renèe continuò a scappare fino all'ultimo, muovendosi lesta. Grazie alle luci delle telecamere e agli oggetti che scagliava lontano riuscii senza troppa fatica a muoversi senza attirare l'attenzione di quei pupazzi infernali, già concentrati sulla guardia notturna. 

Era ancora nascosta sotto ad un tavolo quando avvertì passi lenti e pesanti avvicinarsi all'interno: gli occhi non impiegarono molto a riconoscere le zampe blu di Toy Bonnie. Si guardò attorno, ma nessuna luce nei paragi lampeggiava. 

L'orologio segnava le 5.54 AM, Toy Bonnie si chinò piuttosto fluidemente e sollevò il primo tavolo: nessuno. Lo rimise al suo posto e si avvicinò al secondo, trovandolo nuovamente vuoto. Ne rimaneva uno: Rainy non attese che si rialzasse e sgusciò fuori dal tavolo con rapidità ribaltando alcune sedie e correndo verso il Kid's Cove: errore. Il Kid's Cove era una stanza assurdamente piccola e totalmente chiusa e non appena vi entrò si rese conto di essersi ritrovata in una situazione totalmente sbagliata; il coniglio entrò subito dopo di lei bloccando l'entrata e senza perdere tempo entrò. Rainy afferrò la scopa al suo fianco e, in un impeto di coraggio e stupidità, pensò di sbatterla in testa al coniglio azzurro: questi non solo parve non rendersene conto, ma non ne venne nemmeno minimamente scalfito. Prese la scopa in una zampa e la scagliò lontana, poi con l'altra afferrò il polso di Renèe: 

"Infranzione.. regole." Disse, prima di tirarla verso di sè, mentre con l'altra zampa stringeva il suo collo. Renèe tentò inutilmente di divincolarsi con il polso libero, fin quando il coniglio non si arrestò di colpo, lasciandola andare dopo interminabili secondi, per poi batterle il palmo della zampa sulla testa: "Ehi!Come stai? Che ne dici di una bella pizza?!". L'orologio rimbombò nuovamente segnando una nuova alba e gli animatronici tornarono ognuno al proprio posto, amichevoli e festosi: era finalmente finita. 

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Quando la donna arrivò all'ufficio Fritz era intento a sistemare la roba, pronto per andarsene. Mosse qualche passo all'interno, lo sguardo satiro di rabbia e cattiveria, e il rosso la sentì: -Oh, Rainy! Sei..sei viva!- la voce incerta del ragazzo tremolava, mentre lui si allontanava. 

La bionda scattò senza preavviso verso la sua presa, lo afferrò per il colletto della camicia e lo sbattè contro il muro dietrostante, sollevandolo. 

-SIE..! IO TI AMMAZZO, TU LO SAPEVI, LO SAPEVI, MI HAI VISTA! HAUPTDICK, GIURO CHE TI AMMAZZO! MI HAI LASCIATA NELLE MANI DI QUELLE DIAVOLERIE INFERNALI, SCHEISSE ARSCHLOCH!- Ad ogni corrispondeva un colpo e un altro e un altro ancora. Lo strattonò nuovamente, sbattendogli la testa constro il muro e non si fermò nemmeno quando le sue mani iniziarono a sporcarsi del sangue del collega: continuava imperterrita a colpirlo, in preda alla rabbia.

-SIE HABEN DAS GEHIRN IN DEN WECSELJAHREN!- Non si rendeva nemmeno conto di quello che stava succedendo, e quando Vincent tentò di fermarla colpì anche lui: -ANCHE TU, DOVE STRACAZZO ERI?! DOVE?!-

Non fu semplice immobilizzarla, ma dopo poco la bionda si trovò ferma a terra, tenuta ben salda da Bishop. Questi le strinse due lati opposti del collo, bloccandone l'afflusso del sangue: dopo poco più di otto secondi Renèe si trovava inerme a terra, svenuta, mentre Fritz era coperto totalmente di lividi violacei e nerastri, mentre perdeva sangue da più punti. Guardò Vincent come se fosse un fantasma, e questo gli sorrive di rimando, un sorriso odioso e maligno.

-Prova a parlare con qualcuno di ciò che è accaduto stasera e sarò io ad ammazzarti, Pel di Carota: ti staccherò le interiora e dopo averle fritte te le farò rimangiare.-

Dopodiché si caricò la bionda in spalle e la portò fuori passando dal retro, mettendola in macchina e riportandola a casa. Dopodiché la poggiò con poca galanza sul letto: aveva una curiosità e sapeva di non poterla soddisfare mentre la donna era sveglia. Le sfilò i guanti e guardò attentamente le cicatrici sulle mani e sui polsi, tre linee circolari li percorrevano e sembravano continuare. 

Le sollevò la felpa e la maglia che indossava sotto di essa e fu allora che le vide: la pelle della donna era ricoperta da grosse cicatrici rossastre, cicatrici da fiamma, mentre sul fianco destro aveva una profonda ferita da arma da taglio che era stata visibilmente ricucita. 

Sfilò la pistola dalla cinta dei pantaloni e la poggiò lontana, passando le dita sui solchi delle bruciature ma tirandole indietro vedendo che la pelle della donna si irrigidiva sotto al suo tocco: avrebbe voluto vederne di più e sperimentare quando potessero essere ancora sensibili, ma decise di lasciare perdere, prendendo invece a frugare nei cassetti della stanza: trovò medicinali di ogni tipo, sonniferi, ansiolitici, antidepressivi e antibiotici, farmaci per dimagrire ed altri per indurre l'appetito, moltissimi libri sulla psicologia applicata ed un quaderno chiuso con una catena coperto di polvere: lo prese senza chiederle nulla e lo nascose nella giacca. Sotto ad essi vi erano i fascicoli di ognuno dei suoi colleghi, e fu allora che capì per quale ragione sapeva così tanto su di loro. 

Sotto ad essi vi era quella che pareva essere una cartella clinica: si bloccò e aprì la busta, sollevandone un foglio e dandovi uno sguardo, per poi appropriarsene. Sarebbe tornato e l'avrebbe rimessa al suo posto il prima possibile, ma difficilmente lei se ne sarebbe resa conto a giudicare dalla polvere che ricopriva i documenti.

Le lanciò un'occhiata accertandosi che fosse ancora nel mondo dei sogni, per poi avvicinarsi al letto: -Ricordati: un favore per un favore, biondina.- Disse, prima di lasciare la stanza, lasciandola sola. 

 

   
 
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