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Autore: Vegethia    20/06/2017    3 recensioni
Ci sono momenti in cui i ricordi si fanno improvvisamente vividi e lo assalgono nel cuore della notte.
Lucci spalanca gli occhi. Vede le lamiere della paratia di poppa e pensa all'uomo che gli ha spiegato, in un'altra vita, come inchiodarle in modo che resistano alle intemperie più estreme. Perché le tempeste, diceva, non perdonano l'inesperienza di un carpentiere.
Quando li richiude, lo stesso uomo giace in ginocchio, il volto tumefatto e il petto perforato dal suo Shigan.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Paulie, Rob Lucci
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Momenti

Ci sono momenti in cui Lucci si ferma e comincia a fissare il mare.
Lo scruta a lungo, in silenzio, come se non vedesse nient'altro, e guarda cose che non può vedere ma che sa che ci sono da qualche parte oltre l'orizzonte.
È alienato dagli schiamazzi di Fukuro e Jabura che si accapigliano per la riservatezza di un segreto; non si cura della rotta da seguire, lascia che siano Califa e Blueno ad occuparsene.
Solo quando le onde si placano e non riesce a sentire nulla oltre ai gabbiani garrire nel cielo, abbandona il ponte e ritorna sottocoperta, stizzito.
Le grandi distese d'acqua non gli sono mai piaciute.

Ci sono momenti in cui, quando arriva il Maestrale e riempie le vele col suo soffio impetuoso, lui si volta a controllare le sartie.
Le controlla anche se le ha già ispezionate e sa che reggeranno ancora per molti altri viaggi. Non lo fa per eccesso di zelo, ma perché quando sente il cigolio delle corde tese, lo sfreghìo delle funi che si stringono in un nodo, lui sa che deve voltarsi e iniziare una lotta. Diversa dalla zuffa che infuria con Jabura dopo uno screzio di troppo, diversa anche dallo scambio tecnico con cui Kaku lo coinvolge durante gli allenamenti. È qualcosa di più simile a un gioco.
Un gioco a cui non giocherà mai più, gli ricordano le sartie perfettamente rigide sulle lande.

Ci sono momenti in cui Kaku rompe il silenzio e gli chiede a cosa pensa.
Lui dà sempre una risposta sul futuro: la vendetta ai danni di Spandam, lo sbarco sulla loro isola natia, il progetto di rientrare nel Cipher Pol.
Non importa quante volte chieda, Lucci una bugia ce l'ha sempre pronta. Al futuro vorrebbe pensarci davvero, ma non lo fa quasi mai o non lo fa quanto crede che dovrebbe.
Si sente sciocco per questo, e anche perché mentire a Kaku non gli piace, non ci è abituato. Allora non lo guarda negli occhi quando risponde.
Non si aspetta che Kaku gli creda, ma gli basta che non faccia altre domande.

Ci sono momenti in cui la pioggia batte incessante sui vetri degli oblò e l'odore del fumo lo investe con inedito dispetto.
A lui non importa che Califa abbia preso il vizio di fumare. Mai una volta le ha contato le cicche nel posacenere insieme a Fukuro; mai si è unito a Jabura nel rinfacciarle di aver consumato una sigaretta in più del giorno prima; e mai, anche se talvolta ne è stato tentato, l'ha annoiata con i discorsi di Kumadori sull'importanza della purezza del corpo per un maestro di Rokushiki.
Ma l'odore, quell'odore di tabacco bruciato che si mischia in modo inscindibile al sentore di salsedine, Lucci non lo sopporta.
«E da quando hai l'olfatto così sensibile, gattaccio?»
Sopporta ancor meno che gli si faccia notare che non è stato sempre così.

Ci sono momenti in cui i ricordi si fanno improvvisamente vividi e lo assalgono nel cuore della notte.
Lucci spalanca gli occhi. Vede le lamiere della paratia di poppa e pensa all'uomo che gli ha spiegato, in un'altra vita, come inchiodarle in modo che resistano alle intemperie più estreme. Perché le tempeste, diceva, non perdonano l'inesperienza di un carpentiere.
Quando li richiude, lo stesso uomo giace in ginocchio, il volto tumefatto e il petto perforato dal suo Shigan.
«Credevo che fossimo compagni!»
A quel punto si alza e raggiunge Kumadori che sta di vedetta sulla coffa.
Anche stanotte, non ha più voglia di dormire.

C'è un momento in cui Kaku, fissando il mare insieme a lui, gli rivolge una domanda precisa.
«Se potessi tornare alla Galley-La... rifaresti tutto come abbiamo fatto?»
Nel solito tono pacato, la speranza di non doversi accontentare dell'ennesima bugia.
«Sì.»
A quella verità segue un lungo silenzio. Poi Kaku azzarda: «Anche con lui?»
Lucci potrebbe fingere di non sapere di chi stia parlando, ma mentire ora gli pare inutile. Perfino rischioso.
L'intuito di Kaku si rivela spesso un'arma a doppio taglio.
«Che domanda stupida.»
Stavolta non è il suo sguardo a doversi allontanare. «Già... Scusami.»

Ci sono momenti che contro ogni logica, contro la più irreprensibile ragione e intransigente volontà, urlano un solo nome.
Pauly.
Lucci non ha bisogno di sentirlo nello scroscio delle onde, nel rumore delle corde tese, nel fumo di una sigaretta, nel tormento di un ricordo: è proprio lì, che gli tuona in mente, assordante come i cannoni del Buster Call ad Enies Lobby.
È come le sue cicatrici: ogni tanto torna a bruciare.
Ogni tanto, gli ricorda qual è il prezzo da pagare per la strada che ha scelto di seguire.

Allora Lucci accarezza il petto di Hattori che sonnecchia sulla sua spalla e, paziente, aspetta.
Ha imparato questo dalla sua professione: occorre avere pazienza per tutto ciò che non può uccidere con le sue mani.
In fondo, basta solo aspettare.
Aspettare che sia il tempo ad annientare quei momenti.






Note dell'autrice
note dell'autrice
Chi non muore si rivede – e ogni tanto torna a pubblicare!
Visto che l'ispirazione non collabora, ho deciso di revisionare alcune mie vecchie fanfiction. Questa OS è un missing moment ambientato durante le miniavventure del CP9, poco dopo la partenza del gruppo da San Popula, e si rifà all'arco narrativo di Water Seven.

Mi rendo conto che il protagonista non brilla per IC, ma trattandosi di una storia estremamente introspettiva, il suo non mi è sembrato un OOC così eclatante da rendere necessaria la nota.
Del resto, chi lavora per la Giustizia Assoluta non può permettersi di provare rimorso, ma ciò non implica che sia incapace di provarne... in certi momenti.


Grazie per essere arrivati fin qui,

Vegethia

  
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