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Autore: Chocolat95    24/06/2017    1 recensioni
“Io la vedo tutti i giorni, in te… sei uguale a lei… e ogni volta che ti guardo mi viene in mente ogni sua singola parola, quindi lo ritengo mio preciso dovere continuare a farlo."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 A _root, 
perchè sa che odio questo fandom
ma sta pazientemete cercando di rieducarmi,
e io glielo sto lasciando fare
...forse






“Insomma Mikasa smettila!"

Un brusio di voci riempiva già da un po’ quella stanza, diventando sempre più concitato mano a mano che passava il tempo. All’inizio erano state sporadiche frasi che risuonavano più forti delle altre ma ad un certo punto ci fu l’esplosione vera e propria.

“Piantala di trattarmi come un bambino, non sono un moccioso!”

Eren scostò malamente la mano della sorella,  ancora  lì tesa verso di lui. Il braccio si fermò a mezz’aria, nel vuoto dopo essere stata incapace di raggiungere il suo obbiettivo, ma invece di arrabbiarsi o dispiacersi per quel comportamento, la ragazza parlò solo con voce atona, come se tutto questo non l’avesse turbata per nulla:

“Smettila tu di comportarti così da incosciente, come faccio a proteggerti se non pensi mai prima di agire?”

Nessuna alterazione, lo disse come stessero tranquillamente parlando di altro e non le avesse appena urlato in faccia.
Eren invece si accigliò parecchio, più di prima a quell’uscita inaspettata:

“Nessuno te lo ha chiesto e comunque non ho bisogno della tua protezione!”

“Sì invece”

“Cosa?” quel tono lapidario continuava a risuonare inaspettato …e irritante

“Sì invece – ripeté – qualcuno me l’ha chiesto”

Il ragazzo finalmente ascoltando consapevolmente  quelle parole, ci mise poco ad immaginare di chi poteva trattarsi ma la lasciò continuare assumendo un’aria che scemava sempre più nell’imbronciata.

“La mamma mi diceva sempre che avremmo dovuto prenderci cura l’uno dell’altra in loro assenza, io gliel’ho promesso e intendo mantenere la parola”

“Ripeto che non ce n’è bisogno! E comunque la mamma non c’è più quindi nessuno ti lega a quanto detto”

Non ancora, non era il momento di mostrare che quelle parole avevano subito toccato una parte profonda del suo cuore, forse

“Non è affatto così”

“Eh?” Eren la guardò seriamente sorpreso ma nascondendosi ancora una volta dietro ad un’espressione di scetticismo e irritamento

“Io la vedo tutti i giorni, in te… sei uguale a lei… e ogni volta che ti guardo mi viene in mente ogni sua singola parola, quindi lo ritengo mio preciso dovere continuare a farlo. Se non ti sta bene, pensa solo che lo faccio per lei”

E senza aggiungere altro questa volta uscì dalla stanza.
Eren si passò una mano tra i capelli in un gesto di nervosismo, stizzito, non sapendo bene cosa fare anche se  adesso si era finalmente ritrovato da solo. Buttò un’occhiata allo specchio posto vicino all’armadio.
Sapeva benissimo quale fosse il suo aspetto ma volle comunque verificare.
E quando fu davanti alla superficie lucida ebbe quasi un colpo.
Mikasa aveva dannatamente ragione.

Non che non lo sapesse già in realtà, spesso si era sentito dire quanto somigliasse alla madre, ma rendersene conto lì e ora, in quel momento, guardandosi riflesso dopo tanto che non lo faceva con attenzione,  dopo il modo in cui si erano lasciati, gli creò un insopportabile senso di disagio.
Rimase parecchio a fissarsi nello specchio, sfiorando di tanto in tanto la superficie anche se si sentiva un po’ ridicolo a farlo. Sperò vivamente che nessun altro decidesse di entrare proprio in quel momento perché lo avrebbe colto in atteggiamenti per cui avrebbero potuto prenderlo in giro per il resto della vita.

A dire il vero, non si sarebbe fatto problemi a tirare qualche cazzotto ad eventuali bulletti se serviva a zittirli, ma in quel momento aveva proprio bisogno di essere un po’ meno se stesso.

“Mamma…”

Con l’indice, delineò le forme del volto prima sullo specchio, la cui superficie non veniva pulita da tempo a giudicare dal segno che vi rimaneva sopra, cercando di toccare l’immagine che gli veniva riflessa. E poi quella stessa mano se la portò invece alle guance, alle labbra, al profilo del naso e degli occhi, per convincersi sempre più che quello che vedeva era reale e non un’illusione ingannevole della nostalgia.
Si concesse un ultimo pensiero nostalgico per ricomporsi subito dopo.


Avrebbe evitato gli specchi d’ora in poi, tanto ormai quelle immagini erano impresse a fuoco nella sua mente. 



 
  
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