Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Vavi_14    24/06/2017    2 recensioni
[...]Jungkook vorrebbe avere almeno la metà della sicurezza che trapela dalle parole del fratello, in quel preciso istante; tutto ciò che riesce a fare è annuire, per poi tornare con gli occhi sul foglio a ripassare mentalmente le note e le pause della canzone.
«Ricordati di rispondere educatamente e moderare il tuo satoori».
«Ah hyung, hai qualcos’altro da dirmi che non siano le solite raccomandazioni di mamma e papà?»
«Candidato B-71, Jeon Jungkook».
La voce di un signore basso e calvo fuori dalla sala audizioni lo riscuote dall’interno, tanto che il suo cuore fa un balzo per poi iniziare a correre all’impazzata dentro il petto. Vede i genitori incoraggiarlo ad andare, ma riesce a percepire solo il labiale senza poter udire nemmeno una parola, finché lo sguardo non gli ricade su suo fratello, ancora con quel lieve sorriso incoraggiante stampato sul volto.
«Ti voglio bene. Stendili tutti». Questo lo sente, forte e chiaro, sebbene Junghyun lo abbia detto a fior di labbra. [...]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jeon Jeongguk/ Jungkook
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre scruta i grattacieli mastodontici di Seoul sfrecciargli accanto e le luci degli edifici lampeggiare a intermittenza in un’esplosione psichedelica di colori, Jungkook già sente nostalgia di casa propria e immagina, al posto di quel buffo quadro metropolitano, il lungomare di Busan, l’aria colma di salsedine e i gabbiani che solcano il cielo con i loro stridii.
D’altronde, è stato lui stesso a chiedere di poter fare l’audizione; cantare gli piace, anzi, da un po’ di tempo a quella parte è ciò che assorbe gran parte delle sue giornate al posto dei videogiochi, perché dentro di sé ha un’ambizione – una di quelle impossibili – da quando ha visto Kwon Ji-Yong sunbaenim su quel palco, si è convinto che in fondo potrebbe provarci, perché se è quella la strada che ha portato G-Dragon ad essere ciò che è, allora non ha più tanti dubbi su cosa vuol fare da grande.
Eppure, con le cuffie infilate nelle orecchie e l’ipod scarico, Jungkook sente gradualmente la propria mente svuotarsi d’ogni pensiero, speranza o preoccupazione, e i suoi occhi cominciano a vedere senza osservare davvero, l’attenzione e l’entusiasmo per ciò che lo circonda iniziano a scemare assieme alla lieve possibilità di essere preso dalla Superstar K.
Il primo turno non è andato male, però Jungkook ha un brutto presentimento – e di solito ha naso per queste cose – così che anche la voglia di esibirsi e dare il massimo sembra pian piano abbandonarlo.

«Jungkookie, sei preoccupato? Guarda che puoi sempre provare altrove, è la prima audizione che fai».
Alle parole della madre, le iridi di Jungkook si muovono impercettibilmente, per poi tornare ad abbattersi passivamente sugli edifici fuori dal finestrino. Suo fratello, seduto dietro accanto a lui, gli lancia un’occhiata fugace e sospira.
«Non ti sente mamma, ha su le cuffie».
«Come al solito».
Jungkook non vuole essere scortese nei confronti dei genitori, dopotutto hanno sempre assecondato i suoi desideri, e lui questo lo apprezza, ma sarebbe inutile far capire loro che invece li sta ascoltando, perché alla fine non saprebbe in ogni caso cosa rispondere.
«Lascialo stare, sarà nervoso». Junghyun accorre in suo aiuto e Jungkook chiude gli occhi, sperando che il tragitto per l’Agenzia divenga il più breve possibile.
«Se continua a non parlare come possiamo aiutarlo a tranquillizzarsi, eh Junghyun?»
«Magari ha bisogno di starsene da solo per un po’».
«Era così felice quando siamo partiti, non staccava gli occhi dallo spartito con la canzone».
Jungkook si permette di indugiare un poco sulle pagine bianche, infilate malamente nel porta oggetti del sedile davanti, con sopra stampate le lettere di quella melodia che tanto ama e che ha voluto ad ogni costo portare per la seconda selezione alle audizioni. Nonostante sia triste e un po’ nostalgica, la canzone che ha scelto possiede quel sound capace di trasmettergli emozioni forti, di quelle che solo provandole prima sulla propria pelle si è in grado di comunicarle agli altri. Jungkook è giovane e ne sa ancora poco di musica, però gli piace sperimentare sensazioni intense ed essa è in grado di dargliele; lui – crede- un po’ meno capace ad esprimerle.
«Tu avresti chiacchierato per tutto il viaggio» la prende bonariamente in giro il marito, alludendo all’abitudine di lei del parlare a macchinetta per smorzare l’ansia e il nervosismo. «E anche Junghyun è un bravo oratore, quella volta che dovette fare l’esame per prendere la cintura nera riuscì a spiegarci l’intero repertorio di mosse di Taekewondo in appena dieci minuti di viaggio».
Lei si lascia scappare una risata comprensiva, mentre Junghyun alza gli occhi al cielo; detesta quando si parla di lui come se non fosse presente.
«Tu invece ti saresti rintanato in uno dei tuoi tanti libri, vero?». Sorride dolcemente al marito, voltandosi poi a guardare di nuovo il più piccolo della famiglia, ora davvero addormentato con la testa poggiata al sedile. Junghyun gli toglie le cuffiette e gli sistema meglio il cappuccio della felpa, in modo che lasci scoperta solo la liscia frangia nera che Jungkook lascia sempre ricadere sugli occhi.

Quando la macchina si ferma, Jungkook sobbalza come se gli avessero appena suonato un gong nelle orecchie, afferra d’istinto lo sparito musicale e se lo stringe al petto, sfoggiando un’espressione tanto assonnata quanto ricca di preoccupazione e aspettativa. Il viaggio è stato lungo e crede di aver sognato la propria esclusione dalle audizioni, ma forse è proprio questo che ora lo spinge a schizzare fuori dall’abitacolo, improvvisamente carico e di nuovo pronto a dimostrare ciò di cui è capace. Almeno deve provarci, a contraddire quel sogno: Jungkook crede poco all’inconscio e a ciò che vuole comunicargli, si fida più di quello che la ragione lo porta a constatare. Così come da sempre è convinto di poter avere il controllo sulle proprie emozioni, quel giorno proverà a dimostrare a se stesso che gli incubi son solo una stupida trasfigurazione dei suoi timori. Però, intanto, quel brutto presentimento rimane.
La madre gli carezza il capo e il fratello, vedendolo su di giri, lo afferra per due dita e lo guida dentro l’edificio che ospita le audizioni della nota casa discografica. Jungkook ricorda bene le pareti giallo sporco dei corridoi, le sedie in plastica addossate ai muri, ogni singolo manifesto sulle pareti e, ovviamente, la sala prove dove quattro giudici attendono di poter vedere la sua performance.
Si lascia etichettare da una lettera e un numero, dopodiché prende posto accanto ai suoi genitori, pronto per affrontare una di quelle attese che prosciugano sino all’ultima goccia di pazienza e buona volontà. Fa caldo, i condizionatori non riescono a rinfrescare l’aria satura di respiri e aspettative; di ragazzi come lui ce n’è a bizzeffe, ma solo a pochi sarà concessa una seconda possibilità, di quelle uniche, con la P maiuscola.
«Hai portato la tua canzone preferita, non può andar male».
Jungkook si accorge di non aver proferito parola da quando ha messo piede lì dentro non appena sente il bisbiglio di suo fratello maggiore. Distoglie gli occhi da quella strofa che ormai pensa di aver studiato più d’ogni altro compito che abbia mai ricevuto a scuola e gli riserva uno sguardo preoccupato.
«Non me l’hai mai voluta cantare, ma sono sicuro che hai lavorato sodo per intonarla al meglio».
Jungkook abbassa di nuovo lo sguardo: Junghyun non è tipo da prendersela per queste cose, è suo fratello, lo conosce da una vita intera e sa come reagisce quando in gioco c’è qualcosa d’importante; eppure un po’ si sente in colpa, perché ha deciso di portare quel peso da solo, di provare quando nessuno poteva sentirlo e di gestire i propri timori senza chiedere mai l’aiuto di nessuno.
«E se non apro bocca, lì davanti?»
Una domanda inaspettata, quasi istintiva, e Junghyun spalanca le palpebre, sorpreso. Sono rare le volte in cui Jungkook decide arbitrariamente di renderlo partecipe dei suoi stati d’animo, ma basta guardarlo in quelle iridi scure e spaventate per capire che in fondo Jungkook è ancora un bambino e che, in alcuni momenti, anche lui sente la necessità di aggrapparsi a qualcuno, specialmente se si tratta di una persona fidata.
Junghyun sorride e gli scompiglia i capelli. «Fa niente, che vuoi che succeda? Ce ne torniamo a casa, vorrà dire che proverai altrove».
«Non voglio fare scena muta».
«Allora non la farai».
«Come fai ad esserne così sicuro, hyung
«Lo so e basta».
«Che razza di risposta sarebbe?»
«Jungkookie, sei sempre riuscito a portare a termine ogni obiettivo che ti sei prefissato, perché adesso dovrebbe andare diversamente? Tu entrerai lì dentro e canterai, il resto non ha importanza».
Jungkook vorrebbe avere almeno la metà della sicurezza che trapela dalle parole del fratello, in quel preciso istante; tutto ciò che riesce a fare è annuire, per poi tornare con gli occhi sul foglio a ripassare mentalmente le note e le pause della canzone.
«Ricordati di rispondere educatamente e moderare il tuo satoori».
«Ah hyung, hai qualcos’altro da dirmi che non siano le solite raccomandazioni di mamma e papà?»
«Candidato B-71, Jeon Jungkook».
La voce di un signore basso e calvo fuori dalla sala audizioni lo riscuote dall’interno, tanto che il suo cuore fa un balzo per poi iniziare a correre all’impazzata dentro il petto. Vede i genitori incoraggiarlo ad andare, ma riesce a percepire solo il labiale senza poter udire nemmeno una parola, finché lo sguardo non gli ricade su suo fratello, ancora con quel lieve sorriso incoraggiante stampato sul volto.
«Ti voglio bene. Stendili tutti». Questo lo sente, forte e chiaro, sebbene Junghyun lo abbia detto a fior di labbra.
 

 
◊◊◊◊◊

 
Quando è entrato, lì dentro, ed ha intonato quel brevissimo stralcio rubato da una delle canzoni che più gli stanno a cuore, e quando ha mentalmente storto il naso al segnale di “stop” dell’esaminatore – perché sì, avrebbe voluto cantarla tutta - Jungkook ha capito che non avrebbe più avuto alcun tipo di ripensamento, perché per quanti errori avrebbe potuto continuare a fare, quella scelta si era rivelata la più giusta che avesse mai preso in vita sua.

«Hai cantato, sì?»
Junghyun lo prende bonariamente in giro e Jungkook gli tira una leggera gomitata sul braccio.
«Tanto non mi hanno preso» replica, ma non c’è troppo dispiacere in ciò che dice. Dopotutto, quello è solo l’inizio, e per Jungkook è già un enorme traguardo l’aver capito finalmente cosa vuole ottenere da sé stesso e cos’è che desidera più ardentemente per il proprio futuro.
La mamma, dal canto suo, ha appena riattaccato il telefono dopo un’interminabile chiamata ai nonni e agli zii, beccandosi qualche occhiata stralunata da parte di Jungkook e altrettante esasperate dal marito, ormai da troppe ore alla guida e fin troppo stanco per sopportare l’umore esagitato della moglie.
«Mamma, tra mezz’ora saremo a Busan, puoi evitare di contattare tutta la famiglia per il tempo che rimane?»
Junghyun lo domanda in modo gentile, perché anche lui vorrebbe raccontare ai suoi amici l’indescrivibile talento del fratello, ma comprende che, in quel momento, la mente di Jungkook potrebbe essere un totale casino, perché è così che anche lui si sentirebbe dopo un provino importante, perciò sopporta le replica un po’ offesa della mamma stando in silenzio e regalando un’ultima occhiata complice al minore.
«Ti devo un favore, vero hyung?»
Junghyun gli risponde con un’alzata di spalle e un sorriso sghembo «Può darsi».


 
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«Se mia madre entra in camera e ci trova ancora a giocare mi ammazza».
Le dita di Jungkook si muovono abili sui tasti del joystick per contrastare le mosse del personaggio che ha scelto il suo compagno di banco, ora seduto sulle ginocchia accanto a lui, sopra il tappeto morbido della camera da letto. Sono passate appena ventiquattro ore dall’audizione e Jungkook non ha fatto altro che ascoltare musica dal suo ipod, canticchiare a notte fonda per sconfiggere l’insonnia e giocare ai videogiochi, sebbene un fastidioso compito di matematica primeggi sulle righe del suo diario, alla pagina del giorno successivo.
«Tanto non ci capiamo un tubo di quella roba, che ripassiamo a fare?»
«Dovremmo provarci, almeno».
«Già, ma dopo questo round: ti sto schiacciando Jeon, se non te ne fossi accorto».
«Nah, mi piace solo fartelo credere».
Jungkook mantiene la parola data, prevaricando in pochi secondi sull’avversario e chiudendo in tal modo la partita. Ride divertito alla reazione delusa e su di giri del compagno, quando all’improvviso la porta si spalanca ed entrambi sobbalzano sul posto; Jungkook si lascia sfuggire un’esclamazione poco consona alla situazione quando il joystick gli sfugge dalle mani, scivolando proprio sull’osso del ginocchio con un tonfo che avrebbe fatto rabbrividire chiunque. L’ingresso a sorpresa della madre, però, non preannuncia una sgridata epocale per via dei doveri scolastici disattesi, anzi; la donna gesticola e parla talmente veloce che Jungkook, in un primo momento, non riesce a cogliere nemmeno mezza parola.
«… e poi non mi ricordo come si chiama quell’altra, qualcosa con YG, però è già la terza che chiama, ci pensi Jungkookie?!»
«Che?!»
«La YG Entertainment!
»
Il suo amico è balzato in piedi come una molla, dimenticandosi di avere il joystick tra le gambe: anche quello finisce malamente a terra e Jungkook prega mentalmente che entrambi non abbiao subito danni irreparabili.
«È una delle case discografiche più popolari al momento! Vuol dire che ti hanno notato Jungkook-ah, non sei contento?»
A dire la verità, Jungkook sta ancora cercando di mettere insieme i pezzi quando li raggiunge suo fratello maggiore, il telefono di casa ancora stretto tra le mani. «Ha appena chiamato anche la Big Hit». Non guarda altri se non Jungkook e ciò in cui si imbatte sono due enormi pozzi color nocciola spalancati sino all’estremo per accogliere quella notizia che all’apparenza ha dell’assurdo.
«Cos’è la Big Hit? Mai sentita…»
Il commento dubbioso dell’amico non lo scalfisce nemmeno, tanto pende, in quel momento, dalle labbra di Junghyun.
«H-hai detto Big Hit? Big hit la casa discografica?» balbetta Jungkook, ancora incredulo.
L'altro annuisce giulivo. «Proprio quella. Vogliono che ti presenti per un provino la prossima settimana. Qualcuno deve averti notato, ieri».
«Più di qualcuno!» rincara la madre, strofinandosi le mani l’una con l’altra e buttando le braccia al collo del figlio, ormai quasi più alto di lei. Jungkook ricambia l’abbraccio timidamente, ma il suo pensiero è ancora fermo lì, a quel nome che suo fratello ha pronunciato poco prima; quel nome che per molti significa poco, per alcuni addirittura nulla, eppure per lui è un autentico colpo di fortuna, quasi un miracolo.
«La Big Hit è la casa discografica che ha ingaggiato Runch Randa».
Jungkook sa che l’unico in grado di comprenderlo, lì dentro, è suo fratello, poiché conosce alla perfezione i suoi gusti musicali e i suoi interessi nel mondo del pop e del rap coreano.
«E chi sarebbe?»
Il compagno di banco e la madre lo fissano più confusi che mai, in attesa di una qualche spiegazione che dia un senso alla reazione stramba di Jungkook. In verità, sono molte le risposte che potrebbe dare: ha seguito la carriera di quel rapper in erba fin dagli esordi; ha guardato ogni suo video su youtube, è riuscito a seguire anche le esibizioni di nicchia, recuperandole da siti web improbabili. Conosce i suoi testi, ammira e invidia quella scioltezza nel parlato e pensa che tutto quel talento, in un ragazzo così giovane, sia davvero un dono dal cielo. Lo conosce solo attraverso lo schermo, eppure gli è sempre apparso come una persona in gamba, tosta e responsabile; si sente vicino a ciò che scrive, in qualche modo, e spesso ha pensato di voler diventare come lui. Probabilmente, al momento, è il suo principale modello di vita; dopo G-Dragon, s’intende.
Potrebbe dire, in effetti, tutto ciò che gli è passato per la testa nel giro di quei pochi secondi, ma alla fine decide che in fondo esiste una risposta che le racchiude tutte quante.
«Un genio».

 
◊◊◊◊◊

 
 
Non è stato facile. Non lo è stato per niente. Né per lui, né per la sua famiglia. Tanti, troppi viaggi, qualche risposta negativa inaspettata, spossatezza e momenti in cui tutto sembrava andare per il verso sbagliato: poi però sono arrivate anche le soddisfazioni, le grida di gioia, i festeggiamenti e il momento decisivo, quello in cui Jungkook avrebbe dovuto fare una scelta.
In verità, Jungkook conosceva già la sua decisione; non lo aveva mai detto ai suoi per non rischiare di deluderli, ma in cuor suo sapeva che avrebbe rifiutato qualsiasi altra casa discografica che non fosse stata la Big Hit. Nel caso di un fallimento, forse, Jungkook avrebbe momentaneamente accantonato l’idea di diventare un idol. Voleva stare accanto alla persona che più lo aveva ispirato a lottare in quegli ultimi tempi, voleva avere vicino a sé un esempio da poter seguire, qualcuno al quale potersi affidare.

Così, anche se ora è immobile davanti alla porta del dormitorio con le gambe traballanti e il cuore in gola, almeno sa che sta partendo con il piede giusto e che la lontananza dalla famiglia, magari, non gli peserà così tanto come ha già iniziato a fare nel momento in cui ha visto i suoi genitori e suo fratello sparire dietro l’angolo di quel vicolo. Mentre aspetta che qualcuno si degni di andare ad aprire, Jungkook teme che da un momento all’altro lo colga un attacco di panico, perché ora anche il respiro ha cominciato a farsi irregolare e sembra quasi che le sue corde vocali si siano rigirate su sé stesse in un tacito atteggiamento di rifiuto. Comincia a dondolarsi da una gamba a un’altra e quando la porta si spalanca ha quasi mangiucchiato tutte le pellicine dell’indice destro. La situazione di certo non migliora nell’incrociare lo sguardo con il ragazzo che è appena comparso sull’uscio: ha i capelli a spazzola sparati in avanti in modo disordinato, la pelle olivastra e una maglia nera a maniche corte larga almeno tre volte la sua misura. Le labbra carnose si chiudono mettendo fine ad una prima espressione confusa, per poi distendersi in un sorriso gioviale che mostra due evidenti fossette ai lati delle guance. Jungkook è estremamente combattuto tra la voglia di abbracciarlo e quella di scappare via da lì a gambe levate.
«Oh, tu devi essere il nuovo arrivato» dice, con tono allegro. «Io sono Kim Namjoon, piacere di conoscerti. Entra, ti mostro il dormitorio, ehm-»
Lascia la frase in sospeso, in attesa che il ragazzino davanti a lui ricambi le presentazioni. Jungkook prende un bel respiro, uno di quelli a pieni polmoni, ma poi si blocca e deve abbassare lo sguardo, incapace di rispondere. Strizza gli occhi, maledicendo mille volte sé stesso e quella timidezza che gli ha sempre procurato momenti imbarazzanti, poi però li riapre e si ripete che quella è la sua unica occasione, la migliore che ha, e sarebbe uno stupido a lasciarsela sfuggire dalle mani.
Prende un altro respiro profondo e, a testa china, pronuncia tutto d’un fiato: «
È un onore conoscerti Namjoon hyung, io mi chiamo Jeon Jungkook. Credo di essere il più piccolo, spero possiate prendervi cura di me».
Rimane un secondo di troppo piegato in avanti e quando trova di nuovo il coraggio per alzare il capo, quasi sobbalza alla vista di tre o quattro teste che hanno appena fatto capolino dietro Namjoon e lo scrutano con curiosità. Ingoia rumorosamente la saliva, ma il suo cuore sembra cominciare a sciogliere il primo nodo quando incrocia nuovamente le solari fossette del ragazzo davanti a sé.
«Benvenuto, Jungkook».
 
 
 
















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La successione/interpetazione dei fatti è totalmente casuale e personale. Ho letto qualcosa sulle audizioni di Jungkook ma alla fine, come al solito, ho fatto un pò di testa mia. Una delle solite shot random che ogni tanto mi passano per la testa, insomma.
Grazie a chiunque abbia letto e, magari, abbia voglia di fermarsi per una recensione. <3
Chiedo anticipatamente scusa se ho fatto qualche pasticcio con il nome del fratello di Jungkook: sembra facile, eppure puntualmente scrivevo o Jeonhyun o Junghyung. Perdono.

Un bacio grande,


Vavi
 
 
 
  
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