Oggi è un giorno
importantissimo per me.
Perché festeggio il mio
primo anniversario. È un anno, ormai, che conosco Fullmetal Alchemist ed è
quel giorno del 12 giugno 2008 che mi sono innamorata di questo mondo.
Lo voglio festeggiare così:
nell’unico modo che conosco.
Spero che vi faccia piacere.
Don’t Forget
«Un pacco?»
Edward fissò stranito il
postino.
Quello, per tutta risposta,
annuì e lasciò cadere tra le mani dell’interlocutore un piccolo pacchetto
grigio.
Poi, presa la bicicletta, si
allontanò.
Edward continuò ad osservare
il pacchetto, confuso.
Chi poteva mandare una cosa
del genere?
Scosse la testa, rinunciando
a trovare delle spiegazioni, e chiuse la porta dietro di sé.
«Al!»
Il fratello stava scendendo
le scale in quel momento, con un asciugamano in testa.
Giunto al piano, si avvicinò
al tavolo. Edward si sedette di fianco a lui.
«Che c’è, fratellone?»
Edward gli mostrò il
pacchetto, ma lo tenne stretto tra le mani.
Non era sicuro di cosa ci
fosse dentro e aveva un brutto presentimento.
«Che cos’è?»
Al si sporgeva verso di lui
per vedere.
«Un pacco per noi», rispose.
Il biglietto recitava A
Edward e Alphonse Elric.
«Che aspetti allora?
Aprilo».
Edward alzò gli occhi sul
fratello e si perse per un momento ad ammirare i suoi lineamenti.
Era semplicemente
bellissimo. E la grazia dei suoi sorrisi era qualcosa che nessuno avrebbe
saputo eguagliare.
Edward era fin troppo
orgoglioso di avere un fratello così.
«Fratellone…»
Al si lamentava della sua
esitazione e stendeva le braccia sul tavolo, stirandosi.
«Va bene, va bene».
Tirò il nastro che teneva
chiuso il pacchetto e strappò la carta grigia.
La scatoletta che apparve
era in tutto simile ad un contenitore di cioccolatini, ma era di un pallido
grigio, come la carta. Chiunque avesse comprato quella scatola non aveva di
certo buon gusto.
Il
coperchio si aprì con facilità e rivelò un contenuto che nessuno dei due si
sarebbe mai aspettato.
«Al…»
La
voce rotta di Edward mise in allarme Al, che non riusciva a buttare l’occhio
dentro la scatola da quella posizione.
Si
alzò in fretta e si sporse, per capire cosa stesse succedendo.
All’interno
della scatola di cioccolatini c’era un orologio grigio, con lo stemma dello
stato di Amestris.
«Fratellone…»
Edward
si voltò verso il fratello. Il suo viso si era improvvisamente fatto pallido.
«Ma
chi…?»
Al
scosse la testa. Risposte non ce n’erano.
Solo
un sordo dolore, che si agitava nel petto di entrambi.
Chi
poteva aver fatto una cosa del genere?
Chi
poteva essere tanto crudele da rievocare il momento peggiore della loro vita?
Al
tese la mano, pronto ad afferrare l’orologio e a gettarlo via, ma un movimento
del fratello lo bloccò.
Edward
si era fatto improvvisamente serio e stringeva tra le mani l’oggetto come se
fosse stato la sua unica ricchezza.
«Fratellone,
non…»
Edward
alzò una mano per zittirlo.
Sfiorò
con la massima delicatezza l’orologio e lo aprì.
Entrambi
furono scossi da un brivido, che li attraversò come il colpo di un pugnale.
L’interno
dell’orologio parlava. Alla loro memoria.
Don’t Forget 3 Oct 11.
«Al…»
Il
fratello chiuse gli occhi, pronto a tutto.
Edward
odiava rievocare il passato e, quando succedeva, si trasformava nel mostro
senz’anima che per un po’ era stato.
«Al…
E’ oggi».
Le
parole di Edward lo sorpresero.
E
poi ricordò.
Quel
giorno era proprio il 3 ottobre 1921.
Senza
sapere il perché, sorrise e aprì gli occhi.
Edward
gli sorrideva di rimando, con le lacrime che tentavano di scendere.
«Sono
dieci anni che la mamma è morta», mormorò.
Al
scosse la testa e gli gettò le braccia al collo, stringendolo più forte che
poté.
«No.
Sono dieci anni che lottiamo insieme», rispose.
Edward
chiuse gli occhi, mentre insieme si lasciavano andare ad un pianto liberatore.
Era
così. Erano passati dieci anni da quando la vita li aveva uniti
indissolubilmente, fino alla morte.
E
nessuno sarebbe stato mai capace di dividerli.
Ma
negli ultimi tempi avevano cominciato a dimenticare.
A
dimenticare il loro patto e ciò che erano stati fin da bambini.
Chiunque
avesse spedito quella scatola, aveva salvato loro la vita.
«Roy!»
Il
colonnello si voltò verso l’amico che gli correva incontro.
«Roy…
Che ci fai qui?»
Roy
Mustang sorrise, sotto il pallido sole d’ottobre.
«Salvo
due vite», mormorò.
E
le sue parole rimasero sospese nell’aria.
---
Note:
Spero
vi sia piaciuta.
È
così: rievocare il passato fa male, spesso. Ma è l’unica arma che abbiamo per
difenderci dal futuro che non conosciamo.
Anche
per loro quello era un anniversario, ma l’avevano dimenticato.
La
memoria deve rimanere per sempre.
Aki