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Autore: Redferne    26/06/2017    12 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 32

 

 

 

UNA CLASSICA GIORNATA – TIPO (PRIMA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Please allow me to introduce myself,

I’m a MAMMAL of wealth and taste,

I’ve been for a long, long years,

Stole many a MAMMAL’s soul and faith,

And i was ‘round when Jesus Christ,

Had his moment of doubt and pain,

Made damn sure that Pilate,

Washed his hands and sealed his fate,

Pleased to meet you,

Hope you guess my name...”

 

L’armoniosa voce femminile accompagnata dal dolce strimpellare dell’arpa, nella versione classica di SYMPATHY FOR THE DEVIL che stava ascoltando, non riusciva a sortire l’effetto sperato. Non stava contribuendo in alcun modo a migliorare il suo umore, quella mattina.

Quincey Carrington era nel suo ufficio, con entrambi i pugni chiusi e ben piantati sulla scrivania. Ed era semplicemente furibondo. Il grosso livido sulla parte sinistra del muso risaltava ancora bene, con un mosaico di tonalità che spaziavano dal viola funereo al verde muschio, chiaro segno che il percorso di guarigione era ancora lungo.

“Sgrunt! Quel lurido verme...” bofonchiò. “...Quel mangiapane a tradimento...”

Subito dopo entrò la signorina Earnshaw con la prima, corroborante tazza della giornata.

“Ehm, signor Quincey...le ho portato il caffè. Va...va tutto bene?” chiese.

“No, che non va bene.” rispose lui, seccato. “Mi guardi in faccia la prossima volta, prima di fare certe uscite idiote.”

“M – ma signor Quincey, i – io..io non volevo...”

“Avanti, Emma. Mi guardi, ho detto!!”

La pecorella obbedì.

“Si vede ancora, vero?” domandò lui.

“Beh, se devo essere sincera...non tanto, signore.”

“La verità, Emma.”

“Giusto...giusto un tantino, signore.”

“SGRUNT! LA VERITA’, LE HO CHIESTO!” Urlò il suino, emettendo al contempo un sonoro grugnito. “E’ SORDA, PER CASO?!”

“Ehm...purtroppo si, signor Quincey.”

“SGRUNT! ECCO, LO VEDE? E HA PURE IL CORAGGIO DI CHIEDERMI SE VA TUTTO BENE! SE NE RENDE CONTO?!”

“M – mi scusi, signor Quincey, m – ma...me lo ha chiesto lei, di essere sincera...” si giustificò Emma.

“Lasci perdere, che é meglio. E poi la colpa non é sua, ma di quello sporco infame traditore. Lo sapevo che mi avrebbe creato delle grane, prima o poi. L’ho sempre saputo...”

“M – mi scusi, signor Quincey...ma per caso si sta riferendo allo sceriffo Wilde?”

“WILDE? MA CHI STA PARLANDO DI LUI? MA COS’HA CAPITO, PER LA MISERIA?!”

“M – mi perdoni...”

“No, dannazione. Quella volpe non c’entra nulla. E’ vero, é stato Wilde a ridurmi in questo modo, ma chi lo ha messo nelle condizioni di POTERLO FARE, eh? CHI?!”

“Ehm...forse l’ex – sceriffo Ricketts, per caso?”

“Proprio lui. Quel farabutto. Del resto, da un grosso e puzzolente vigliacco come quello non mi potevo aspettare niente di meno. E lo sa, il perché, eh? LO SA ?”

“I – io...io n – non...”

“Glielo dico io, il perché. E subito, anche. Perché quando gli parlavo assieme NON MI GUARDAVA MAI DRITTO NEGLI OCCHI, ECCO PERCHE’! E la vita mi ha insegnato che non ci si può mai fidare di chi non ti guarda mai dritto negli occhi, quando gli stai parlando! MAI!!”

Carrington sbatté il pugno destro sul tavolo, ormai al colmo dell’ira.

“Voglio dire...tra stimati cittadini la parola data vale quanto quella scritta, giusto?” aggiunse. “Avevamo un accordo, si é sempre intascato tutti i soldi che gli offrivo senza emettere fiato e non si lamentava mai di nulla...e all’improvviso, dopo anni di stimata e proficua collaborazione, che fa? Si fa venire una bella crisi di coscienza, ecco che fa! Prima piomba nella mia azienda mentre sto lavorando e mi pianta giù di colpo una bella scenata, e così capisco che in realtà mi ha sempre odiato, ma che non aveva abbastanza fegato per opporsi a me. E, soprattutto, non aveva nemmeno il fegato di venirmelo a dire in faccia! E poi cos’altro mi combina alle spalle, quella maledetta canaglia? Va ad ingaggiare uno che ha il coraggio di farlo! Uno talmente fuori di testa da mettersi contro il sottoscritto e da venire qui a riempirlo di botte e a minacciarlo, ecco cosa!!”

Quincey agguantò la tazza e ne prese una lunga sorsata.

“Sgrunt! Non sopporto quelli che non rispettano la parola data. A casa mia non funziona così. Non ha MAI funzionato così. Sono cose che non si fanno. Nossignore.”

“Riguardo al nuovo sceriffo” proseguì, “fortunatamente so come trattare tipi del genere. A i vermi, quando osano uscire fuori dal terreno, bisogna schiacciare la testa. Insieme a tutto il resto. SUBITO, IMMEDIATAMENTE. Altrimenti, in men che non si dica ti faranno piazza pulita di tutto quanto l’orto. Dove un verme trova via libera, sopraggiungono immediatamente tutti gli altri!”

A quelle parole, miss Earnshaw ebbe un sussulto.

“Cosa...cosa intende dire, signor Quincey?” Chiese.

“Niente che la riguardi o che deve comprendere.” la redarguì lui, tagliando corto. “OBBEDIRE, LAVORARE E SERVIRE. E’ per questo, che io la pago. PENSARE E CAPIRE non rientra nelle sue mansioni, a quanto mi risulta.”

“S – si, signor Quincey. M – mi scusi.”

Finì il caffè e ripose il recipiente sulla scrivania.

“Mi faccia una cortesia, Emma.” ordinò poi alla segretaria in ascolto. “Non appena uscirà di qui, mi mandi su Stagger e Levine. ALL’ISTANTE. E’ una questione della massima urgenza e importanza.”

“Come...come, vuole, signore. Lo farò.” Rispose timidamente la pecorella, mentre ritirava la tazza ormai vuota.

 

 

 

 

 

 

Rimasto solo, Carrington pensava sul da farsi mentre aspettava di ricevere Stagger e Levine, i due addetti. Addetti a lui ben sapeva cosa.

Un ghigno compiaciuto gli attraverso il grugno, guastato solo dalla leggera fitta causata dalla pelle sopra la guancia sinistra tumefatta che si tirava e irrigidiva.

 

Preparati, Wilde. Hai osato provocarmi, e avrai la punizione che meriti. Ti farò vedere cosa succede a chi si permette di sfidarmi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mattina presto, con il sole non ancora sorto del tutto. E tutta un’altra, nuova giornata di lavoro davanti.

Maggie giunse a piedi di fronte al commissariato di polizia. Aveva una piccola utilitaria, ma talvolta preferiva alzarsi prima e giungere sul posto di lavoro sulle sue zampe, quando l’aria era talmente fresca e frizzante da invogliarla ad optare per quella decisione. E questa era una di quelle mattine.

Salì di slancio gli scalini che conducevano all’ingresso, aprì la porta ed entrò.

“Nick? Sono io.”

Io chi? Le venne buffamente da pensare. Forse un BUONGIORNO, NICK seguito dal suo nomignolo ben scandito sarebbe stato più indicato, per iniziare meglio. E comunque, non avrebbe sortito un effetto migliore o diverso da ciò che aveva appena pronunciato, visto che ad ascoltare non c’era nessuno. L’ufficio pareva deserto.

Buttò un’occhiata intorno. Le due scrivanie erano perfettamente in ordine, il pavimento bello lucido ed ogni fascicolo, compilato e siglato, si trovava al suo posto. Nulla da dire: da quando era stato assunto come FACTOTUM, quel Finnick stava facendo un autentico lavoro d’artista.

Si diresse verso la scalinata a chiocciola che conduceva al seminterrato. Si fermò per un istante sulla sommità, tendendo lievemente le orecchie verso il basso, ed udì alcuni rumori provenire dal di sotto. Erano due, in realtà, e si ripetevano in modo ritmato e sequenziale, come in una sorta di codice binario.

Un lieve cigolio accompagnato da una lenta e lunga esalazione.

Iniziò a scendere gli scalini, uno alla volta, con circospezione.

“Nick! Guarda che sto venendo giù, ok?” Gridò.

Il piano seminterrato, a differenza di quello superiore, era stato realizzato totalmente in cemento. Oltre ad ospitare le celle di detenzione, quasi per nulla utilizzate a dirla tutta, disponeva anche di una grossa stanza adibita a magazzino. Nel corso degli anni Ricketts l’aveva riempita fino a scoppiare, accatastando ogni genere di masserizia.

Da lì proveniva l’unica fonte di luce presente in quel momento, e sempre da lì provenivano i due rumori.

“Nick? Non é che per caso ti becco...SVESTITO, o qualcosa del genere?” Chiese, cercando di farsi sentire mentre si dirigeva verso la luce, dopo aver terminato la discesa.

NICK.

SVESTITO.

Per una strana quanto inaspettata associazione di idee una versione singolare, inedita ed alquanto insolita di lui le si formò nella mente, dopo aver pronunciato quelle due parole. Ciò le causò un brivido, ed il suo cuore si mise a palpitare più forte.

Rise dentro di sé. Al comparire di quella sensazione e di quei pensieri.

Davvero lo trovava tutt’altro che spiacevole, il possibile verificarsi di una simile eventualità? Magari ci SPERAVA, pure? SUL SERIO?

Assurdo. Semplicemente assurdo. Meglio chiamarlo ancora, in modo da renderlo conscio della sua presenza. Almeno avrebbe avuto il tempo di infilarsi qualcosa.

“Nick! Sono qui dietro. Ultimo avvertimento!!”

Maggie fece capolino con la testa dentro lo stanzone.

Le cianfrusaglie che di solito lo occupavano erano tutte ammassate in un angolo. Due vecchi e sudici materassi avvolgevano il pilone portante al centro, legati con un paio di robuste e nodose corde da arrampicata. La vice notò che la loro superficie presentava delle vistose irregolarità nella zona centrale, come se qualcosa li avesse deformati.

Una serie di colpi continui.

PUGNI.

In fondo, una sbarra di ferro si trovava sospesa a circa un paio di metri da terra, assicurata al soffitto da altre due corde identiche a quelle di prima.

Nick, aggrappato ad essa con i palmi delle mani rivolti in avanti, era intento ad eseguire una serie di trazioni. Gocce di sudore cadevano a grappoli dal suo corpo fino a formare una piccola pozza proprio sotto ai suoi piedi. Era messo di spalle rispetto a lei e a torso nudo. I muscoli dorsali erano tesi fino allo spasimo, e guizzavano sotto la pelliccia color della fiamma accompagnando ogni ripetizione e conseguente sbuffata da sforzo. Aveva un fisico tonico, asciutto e ben scolpito, e Maggie se ne accorse per la prima volta da quando lo conosceva. Non era certo facile notarlo: da sopra quella sua camicia Hawaiiana le aveva sempre dato l’impressione di essere alquanto smilzo. E invece...

Rimase per un istante ammutolita, ad ammirare la scena. Ma non per quel motivo. Non soltanto. La volpe portava a tracolla una lunga cinghia di gomma ricavata da due vecchie camere d’aria di quelle che si potevano trovare all’interno dei copertoni delle vecchie biciclette, tagliate ed annodate tra loro. L’estremità superiore era avvolta attorno alla sua spalla sinistra, scendeva di traverso lungo la schiena ed il fianco destro e, all’estremità opposta, era assicurata ad un pneumatico da automobile logoro e consunto, pendente verso il basso come forza di gravità imponeva. Tutta roba recuperata dal fondo di quel ripostiglio, probabilmente. E utilizzata al solo scopo di aumentare il peso corporeo durante l’esercizio. E la fatica.

Ma il vero stupore la investì in pieno quando si mise a riflettere da quanto Nick si stava esercitando. Forse…

 

E’ davvero possibile che abbia passato tutta la notte ad allenarsi? Pensò.

 

“Ehm...Nick?”

Lui, sentendo la sua voce, si fermò durante la fase discendente dell’ultimo sollevamento, voltando leggermente la testa a sinistra e scrutandola con la coda dell’occhio.

“Ah...sei tu, Maggie. Ciao.”

“C – ciao. Non volevo spaventarti, ma...”

“Tranquilla...nessun spavento.” rispose la volpe. Nella sua voce c’era la leggera e tipica inflessione sofferente di chi é sotto sforzo. “Ti avevo già sentita...prima. Da quando...sei entrata. E’ solo che...non avevo voglia di interrompere.”

Aiutandosi con una mano e sorreggendosi alla precaria trave con l’altra Nick, dimostrando una considerevole forza, si sfilò l’improvvisata bretella composta dai due budelli di gomma intrecciati e la lasciò cadere al suolo. Era impressionante il peso che riusciva a sostenere aggrappato ad un unico appiglio. Il copertone rimbalzò più volte a terra emettendo ogni volta un pesante tonfo, poi si inclinò sul lato sinistro e comincio roteare su sé stesso in senso antiorario descrivendo una serie di cerchi concentrici, fino ad appiattirsi sul pavimento. Come una monetina lanciata su di un tavolo per fare a testa o croce.

Si lasciò andare ed atterrò proprio sulla pozza formata dal suo sudore, scivolando e precipitando in avanti.

“Acc...” imprecò.

“ATTENTO!” Urlò Maggie, facendoglisi incontro.

Non ebbe bisogno di lei. Dimostrando dei riflessi fulminei, Nick planò sulle punte delle dita delle mani e dei piedi, evitando in questo modo una rovinosa caduta.

“Tutto...tutto bene?” Chiese la vice, fermandosi ad un paio di metri da lui.

“Tutto a posto. Non preoccuparti.” fece lui, che per tutta risposta divaricò leggermente le gambe e da quella posizione approfittò per lanciarsi in una serie di flessioni, senza sosta, tenendo le braccia ben larghe.

“Come mai qui? E’ già ora di entrare in servizio?” Domandò.

“...Ancora no.” rispose lei, dopo un istante di esitazione. “Sono venuta prima perché avevo una cosa da proporti.”

“Dammi ancora dieci minuti. Intanto, che ne diresti di mettere su un po' di caffé?”

“Io...ok. Ma non mi dirai che sei stato in ballo fino ad ora con gli allenamenti, spero.”

“Diciamo che…ho scoperto che mi piace tenermi in forma...quando non ho niente di meglio da fare. Tutto qui.” confidò lui, senza smettere di pompare su e giù.

“Io un suggerimento ce lo avrei, Nick...DORMIRE, MAGARI?” Consigliò Maggie con voce sarcastica.

“Oppure quando non mi riesce di prendere sonno. Come stanotte, per l’appunto.” si corresse la volpe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggie risalì le scale e si diresse alla macchina del caffè.

Prese la caraffa ed entrò nel bagno, dove versò nel lavabo i rimasugli ormai gelidi della giornata precedente. La risciacquò un paio di volte giusto per stare sicura e poi fece ritorno in zona uffici, dove la rimise al suo posto.

Dopo aver controllato che acqua e miscela fossero ancora entro i livelli di guardia, premette il pulsante di accensione. L’apparecchio iniziò a crepitare e a borbottare: questione di qualche minuto e sarebbe andata a temperatura. Era vecchiotta, ma il suo dovere fino in fondo lo faceva sempre. Come qualunque altra cosa lì dentro. Anche se la brodaglia nera che produceva ultimamente somigliava sempre più a sciacquatura di piatti piuttosto che caffè.

 

 

 

 

 

 

L’acqua aveva appena smesso di scendere.

Nick teneva entrambe le mani poggiate alla parete, in parallelo. Il suo corpo era ancora grondante. Si scosse energicamente da capo a piedi, facendo ondeggiare il pelo e la cute più sotto come una massa di gelatina, rimuovendo il grosso delle gocce. Poi raggiunse l’asciugamano poggiato lì vicino e completò l’opera. Fortunatamente la zona prigioni disponeva anche di un angolo doccia, ricavato nell’intercapedine tra il muro dell’ultima cella e quello del perimetro esterno. Anche se era unicamente composto un tubo terminante in un minuscolo soffione sporgente a circa un metro e mezzo di altezza e nemmeno regolabile, al punto che risultava necessario accovacciarsi per potersi lavare completamente, e da un piccolo buco circolare scavato nel cemento, reso leggermente concavo in quel punto per favorire lo scarico. Non c’era nemmeno il rubinetto: l’impianto lo si azionava mediante la pressione di un pulsante. L’acqua usciva dal tubo inizialmente gelida per poi diventare ustionante nel giro di una manciata di secondi.

Da più di una settimana aveva lasciato la stanza in affitto presso Laureen per stabilirsi in pianta stabile al commissariato.

 

“Un comandante non abbandona mai il suo forte.” le aveva detto.

 

Lei aveva tentato di metterci del bello e del buono per convincerlo a cambiare idea, ma lui si era dimostrato inamovibile. Riteneva che viverci ventiquattr’ore su ventiquattro lo avrebbe aiutato ad entrare nell’ottica giusta sin da subito, e a calarsi meglio nella nuova parte e nel nuovo impiego.

Ma c’era dell’altro. La verità era che Laureen era stata fin troppo gentile, nei suoi confronti. Il minimo che poteva fare per sdebitarsi era di tenerla fuori da guai, vista la gran brutta aria che avrebbe iniziato a tirare da quelle parti, di lì a poco. E visto che, stando a quanto gli aveva raccontato, doveva trovarsi sulla lista nera di Carrington già di suo. Inutile sottoporla ad ulteriori pericoli.

 

“Non preoccuparti, Laureen. Dormirò in una delle celle. Vedrai che mi troverò a meraviglia.”

 

Alla fine lei aveva dovuto cedere, seppur a malincuore. E non si trattava certo di una questione di denaro, o di guadagno. Semplicemente, le aveva fatto un enorme piacere avere di nuovo in casa qualcuno. Qualcuno di cui occuparsi e prendersi cura. Qualcuno che non fosse solo il negozio, o che fosse legato unicamente alla sua attività commerciale. Dopo tanto tempo.

 

“E va bene, Nick. Fà come ti pare. Ma lascia almeno che ti porti il pranzo e la cena. Se non altro, avrò qualcosa da fare.”

“Affare fatto, Laureen. Grazie.” le aveva risposto lui, soddisfatto. “E, visto che ci tieni tanto, vorrà dire che qualche mattina passerò di nuovo dalle tue parti per farmi una scorpacciata delle tue strepitose frittelle!!”

“Ci conto, bello. Quando vuoi.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Buttò l’asciugamano ormai fradicio dentro la cella dove aveva tentato invano di riposare nel corso della notte, e si rimise boxer e pantaloni. Ma...dove diavolo era finita la camicia? E la cravatta?

Nel bagno di sopra, ecco dove. Nel punto in cui le aveva lasciate appese ieri sera, del resto.

Salì per le scale ed in mezzo minuto fu di sopra.

“Alla buon’ora, Nick. Ti stavo per...”

Maggie non riuscì a terminare la frase. Era la seconda volta che lo beccava così, in meno di mezz’ora. Era decisamente troppo. E stavolta non vi erano ad interferire pensieri sulla muscolatura, sui copertoni e sulle camere d’aria utilizzate come attrezzi ginnici o sull’allenamento ad oltranza al posto di dormire. Stavolta era imbarazzo autentico. NUDO E CRUDO.

“ACCIDENTI A TE!” Gli intimò alzando la voce, mentre voltava lo sguardo dall’altra parte e si copriva il viso con una zampa. “TI VUOI DECIDERE A METTERE SU QUALCOSA, PRIMA DI BUSCARTI UN MALANNO, MALEDIZIONE?”

“Chiedo scusa per la mise.” si giustificò Nick, sorridendo. “Dammi solo un secondo. Vado in bagno a recuperare la camicia e sono da te, ok?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo essersi finalmente vestito di tutto punto ed aver approfittato per darsi un’ulteriore sciacquata alla faccia, Nick era pronto per uscire. Un buon odore di caffè appena fatto e versato gli penetrò nelle narici non appena aprì la porta. Peccato che a quella fragranza non avrebbe corrisposto un altrettanto buon sapore: Ne era già al corrente anche lui, purtroppo.

“Mmmmhh. Doppio espresso, come piace a me.” commentò ironico. “Spero ci sia anche una piccola aggiunta di latte di soia, il mio pref...”

Rimase inchiodato lì dov’era.

Vide Maggie seduta sul bordo della sua scrivania, con le due tazze di caffè lì vicino. Le aveva appoggiate perché con la mano sinistra stava reggendo qualcos’altro.

La penna micro – registratore di Judy.

“Carino, quest’aggeggio a forma di carota.” disse, mentre glielo mostrava come a voler chiedere delucidazioni in merito. Poi, dopo averlo soppesato leggermente, se lo avvicinò al muso per esaminarlo meglio.

“Anche se mi sembra più un giocattolo per bambini.” aggiunse. “Te lo ha regalato qualche famiglia di coniglietti, per caso? Piuttosto strano, per essere una volpe...di solito sono terrorizzati, da voi.”

La poveretta non aveva la benché minima idea di quale terribile tasto stava andando a toccare.

Il cuore di Nick cominciò a battere all’impazzata, ed il respiro gli si mozzò in gola. Avrebbe potuto danneggiarlo. Avrebbe potuto cancellare il messaggio. Il suo ULTIMO messaggio. Così non avrebbe più potuto udire la voce di Carotina. MAI PIU’.

“RIMETTILO DOV’ERA! SUBITO!!”

Il suo urlò la colpì in pieno come una scossa elettrica. Maggie rimase di sasso, ed il registratore le cadde di mano per lo spavento, finendo a terra. Urtò con l’altro braccio entrambe le tazze, rovesciandone l’intero contenuto sul tavolo.

Nick fece un balzo verso il piccolo apparecchio e gli si avventò sopra, agguantandolo e portandoselo al petto, come una madre con il suo unico cucciolo. Lo strinse come se fosse la cosa più preziosa al mondo, per lui. E lo era davvero. E adesso...poteva essersi rotto in seguito all’urto. Poteva aver smesso di funzionare. E in questo modo avrebbe perduto anche l’unica cosa che le era rimasta ancora di lei.

“NON LO DEVI TOCCARE, MAI! MI HAI CAPITO?! E MIO! SOLO MIO!!” Le ringhiò, con tono minaccioso.

“S...s – si.” balbettò la vice.

“E PREGA CHE VADA ANCORA, ALTRIMENTI IO...IO TI...”

Era paralizzata e sconcertata al tempo stesso, di fronte ad una simile reazione. Colui che aveva di fronte non era più il Nick di qualche istante prima. Il suo sguardo era carico di rabbia e odio. ODIO PURO. Le stava addirittura mostrando i denti!

Ma non era il modo in cui si stava comportando, ad averla spaventata. Era il NON CAPIRE. Un semplice registratore giocattolo aveva sortito un effetto così abnorme? Ma com’era possibile?

“T- ti prego, Nick...stà calmo, per favore.” disse lei mentre protendeva entrambe le braccia nella sua direzione, come volerlo rassicurare. “I- io n...non v – volevo, te lo giuro...i -io...n – non farmi del male, ti prego...”

Le loro pupille si incrociarono di nuovo. E lui la vide.

O, meglio, LA RIVIDE.

Rivide Judy, nel giorno in cui l’aveva aggredita verbalmente al termine della conferenza stampa.

La rivide nei suoi occhi lucidi, impauriti ed imploranti.

La rivide nel suo corpo, tremante ed indifeso.

E, fortunatamente, CAPI’.

Capì il tremendo errore che aveva appena commesso, agendo in quella maniera sconsiderata. E capì gli errori che avrebbe potuto ancora commettere, se non si fosse fermato in tempo. IMMEDIATAMENTE.

 

Smettila, Nick.

E chiedile perdono, subito.

Non ha alcuna colpa.

Non sa nulla.

NON PUO’ SAPERLO.

Non fare altri danni.

NE HAI GIA’ FATTI A SUFFICIENZA. PER QUESTA E PER LA PROSSIMA VITA.

 

I suoi lineamenti si distesero. Il fuoco dentro di lui aveva lasciato il posto alla compassione per colei che aveva di fronte. E alla commiserazione per sé stesso e per la sua deprecabile condotta.

Si rialzò in piedi, lentamente.

“Io...io ti chiedo scusa, Maggie. Non...non so cosa mi abbia preso, tutto ad un tratto. Sono...sono mortificato, davvero.”

La vice tirò un sospiro di sollievo. Il vecchio Nick aveva fatto ritorno, grazie al cielo.

“Non...non avrei dovuto fare così. Perdonami, non...non accadrà mai più, te lo prometto.” aggiunse lui, pentito.

“No...non dovevi proprio.” rispose lei. “E se ci tieni ad andare d’accordo con me, sarà meglio che tu non mi costringa più ad assistere a scenate simili, in futuro.”

“A – ascolta, io...”

“Dai, non preoccuparti.” lo interruppe lei, con tono conciliante. “E’ tutto ok, sul serio. Ho le spalle più larghe di quanto sembri. E più di quanto tu creda. Piuttosto, bel tutore della legge che sono.”

“C – che vuoi dire?”

“Appropriazione indebita, caro il mio sceriffo. Ci sono tutti gli estremi. In quanto tua assistente, dovrei essere la prima ad evitare simili, deprecabili comportamenti. Ed invece ho arraffato la roba altrui senza nemmeno chiedere il permesso. Proprio un bell’esempio da imitare, mi faccio i complimenti da sola.

Nick ascoltò in silenzio. Poi scoppiò a ridere.

“Già...proprio un bell’esempio, non c’é che dire.” commentò.

“Scusami tu, piuttosto.” aggiunse lei. “Non pensavo che quell’oggetto fosse così importante, per te. Ho sbagliato a prendertelo senza dir nulla. Avrei dovuto chiedertelo, prima.”

“Lo é.” rispose lui. “E visto che per me é così importante, non avrei dovuto lasciarlo lì in bella vista, alla portata di tutti. Come vedi ho commesso anch’io un grosso errore, a quanto pare.”

“Lascia perdere, Nick. Comincia piuttosto a pensare alla punizione per la mia condotta nefasta.”

“La NOSTRA punizione, semmai.” la corresse. “Beh...direi che possiamo smetterla di genufletterci a vicenda e che potremmo farci una bella tazza di quell’orrida sciacquatura di lavandino che ci ostiniamo a chiamare CAFFE’, tanto per cominciare...”

“Riguardo a quello, temo sia troppo tardi...” intervenne Maggie, indicando la pozza fumante sul tavolo dietro alle sue spalle.

“Mi...mi dispiace...”disse la volpe.

“Si era detto BASTA CON LE SCUSE, no?” Replicò la giovane daina. “E poi, tutto sommato, é meglio così. Ci siamo risparmiati il gargarozzo da quella tortura. Ritengo fosse una pena fin troppo grave, paragonata alla colpa. Ma sei vuoi sdebitarti, mi potresti dare una mano a pulire questo macello.”

“D’accordo. E intanto ascolterò cosa avevi di così tanto importante da dirmi.”

“Io...beh, volevo solo chiederti se ti andava di...di esercitarti con me al tiro al bersaglio, prima di entrare in servizio. Così, giusto per valutare le tue capacità...e tu potresti valutare le mie. Potremmo...valutarci a vicenda, insomma.”

“Molto volentieri, Maggie.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!

Una volta tanto, sono riuscito a pubblicare un po' prima della consueta ventina di giorni…

In realtà, questo capitolo é bello corposo e dovrebbe essere composto da almeno QUATTRO parti, se non addirittura CINQUE (!), e ci terrei molto a pubblicarlo tutto quanto prima della pausa estiva. Spero tanto di riuscirci, perché lasciare la vicenda tronca prima di partire per le ferie mi spiacerebbe non poco. Quindi...dovrò darmi parecchio da fare, nel prossimo mese e mezzo!!

Qualche appunto su questo episodio.

Prima di tutto Carrington: a quanto pare, il nostro cattivone ha una predilezione per la musica MALEDETTA (prima HELTER SKELTER, e adesso SYMPATHY FOR THE DEVIL…). Direi che é perfettamente in linea con il tipo di personaggio.

Anche su questo (bellissimo) brano dei leggendari Rolling Stones aleggiano leggende nefaste di ogni tipo, dalle accuse di satanismo alla morte di Brian Jones (membro della band)...come dico sempre io, sono pure e semplici coincidenze. Strane, inquietanti, ma pur sempre coincidenze. E il mondo del Rock ne é pieno, visto che comunque é popolato da gente che vive all’estremo, spesso abusando di tutto ciò di può abusare. La morte non é poi un evento tanto raro: anzi, forse é più comune che in altri campi.

Riguardo al pezzo, nelle strofe ho sostituito MAN (UOMO) con MAMMAL (MAMMIFERO). Chiedo scusa al buon Mick Jagger (o MICK JAGUAR, come si vede sulla playlist dell’Ipod di Judy!), ma ritengo sia più indicato. A proposito: vista la lista di santi tirata in ballo da Finnick nello scorso episodio, mi chiedo che aspetto avranno Gesù o Maria, nel mondo di Zootropolis...magari ne esiste una versione con il volto di ogni specie, per non far torto a nessuno!!

Abbiamo poi nella seconda parte un po' di FANSERVICE sul caro Nick: a torso nudo, bello muscoloso e sudato come HARMONY comanda (ok, sul sudore si poteva anche sorvolare…).

E a proposito della volpe, forse la sua reazione nei confronti di Maggie é stata un po' sopra le righe, ma...come si é già detto, dentro di sé ha delle ferite molto profonde. E il percoso di guarigione é ancora lungo e difficile. Qualche “eccesso” sarà purtroppo inevitabile.

Colonna sonora: all’inizio della giornata lavorativa di Nick e Maggie consiglio due brani dei Cranberries: DREAMS e ANALYSE. E, già che ci siete, provate qualche volta a spararvele la mattina, non appena vi alzate. Danno una carica incredibile.

Per il sottoscritto la mitica Dolores O’Riordan, quando era al top (purtroppo ha avuto una vita veramente troppo, TROPPO INCASINATA), aveva una voce semplicemente MERAVIGLIOSA. Aveva veramente qualcosa di ULTRATERRENO. Se le Banshee della mitologia irlandese fossero veramente esistite, probabilmente AVEVANO LA SUA VOCE.

E guarda caso, giusto per restare in tema, l’album in cui si trova ANALYSE si intitola WAKE UP AND SMELL THE COFFEE.

Coincidenze, dicevamo.

Ringrazio Plando, LittleCarrot, Sir Joseph Conrard, zamy88, Nilson_D_Rayleigh_2001, Lord_Fener, hera85 e salamander92 per le recensioni, e come sempre chiunque altro leggerà la mia storia e vorrà dare un parere.

 

Grazie a tutti e alla prossima!

 

See ya!!

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

   
 
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