Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Happy_Pumpkin    27/06/2017    1 recensioni
E' l'ultimo anno delle superiori. Akashi sa che presto lui e gli altri ragazzi della Generazione dei Miracoli dovranno scegliere l'università e, forse, contemplare la possibilità di ritrovarsi di nuovo assieme. Quindi perché non cominciare a fortificare i legami giocando online? E infine... il mare, assieme. Prima degli esami, prima di decidere delle loro rispettive vite.
[AoKuro; shonen-ai fluff e nostalgico]
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Satsuki Momoi, Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aominecchi potresti trovarti dei costumi da uomo attillati in valigia, una volta arrivato in albergo, e avere solo quelli.





Akashi era in piedi e, senza battere ciglio, guardava suo padre leggere il depliant dell’università presso cui il Capitano del Rakuzan sperava di riuscire a iscriversi. I suoi dubbi e le sue speranze sorgevano non tanto a causa delle proprie in realtà innate capacità di studio, che gli avrebbero infatti garantito l’accesso a qualunque sistema universitario giapponese, quanto per la volontà paterna: il genitore voleva solo il massimo, vista la prospettiva di far salire il figlio ai vertici dell’azienda, e se avesse reputato la presenza di un club di basket un elemento di scarso valore in un pacchetto altrimenti perfetto, avrebbe cestinato la proposta di Akashi come inadeguata.
Proprio in vista di quel confronto, da mesi l’Imperatore studiava la composizione di ogni singola università, i corsi trattati, il corpo docenti e i club sportivi, nonché la reputazione presso le compagnie aziendali e i ricercatori. Altro fattore importante da considerare, per lui, era la questione della retta: non che la sua famiglia avesse problemi di soldi, al contrario,  ma aveva cercato di trovare un giusto equilibrio tra dispendio economico e qualità, nel caso in cui qualcuno dei suoi compagni avesse voluto optare per la stessa scelta.
Sì, aveva svolto una ricerca totalmente non-egoista, valutando con razionalità la possibilità che per una volta potesse non trovarsi del tutto da solo a intraprendere qualcosa. Ma non voleva illudersi: magari sarebbe stato comunque l’unico a iscriversi a quell’università, oppure semplicemente il padre gli avrebbe bocciato la proposta e tanti saluti.
L’uomo appoggiò il volantino sul tavolo e guardò il figlio, domandandogli:
“Quindi vorresti continuare a giocare a basket anche all’università?”
Akashi annuì, senza esitare: “Come ho fatto sino ad oggi. Oltre a suonare violino e al pianoforte.”
Fece presente, per ricordargli la sua estrema versatilità e capacità di gestire il tempo in maniera proficua.
Il genitore incrociò le dita e appoggiò le mani sul tavolo. Tacque un istante, consapevole del talento del figlio, ma anche della sua passione mai davvero troppo celata per il basket. Entrambi comunque sapevano che l’unico momento realmente determinante dell’università era il test d’ammissione, anche se per giocatori di talento come poteva essere Akashi non serviva una media elevata come nel caso di altri studenti. Però l’uomo non si sarebbe mai accontentato di una votazione scarsa per il futuro dirigente della sua azienda. Non era un rischio che gli avrebbe concesso di correre.
La Joochi era un’università che includeva eccellenti facoltà di economia, giurisprudenza e lettere, inoltre era nota per i suoi scambi con l’estero. Lesse anche il paragrafo relativo al basket, con la precisazione che molti giocatori parte del club universitario erano arrivati fino all’NBA.
Sospirò, poi guardò la moglie che, silenziosa, aveva osservato lo scambio tra i due. Al primo anno delle superiori Akashi aveva manifestato un problema evidente che, con ogni probabilità, si era trascinato dietro fin dagli ultimi mesi delle medie, anche se ignorato forse volutamente dalla sua famiglia. E si erano resi conto, entrambi i genitori, che in fin dei conti Akashi non aveva mai chiesto realmente nulla ma, quando era stato privato totalmente di qualcosa a cui teneva, si era trasformato per smettere di soffrire.
“Joochi. Alcuni dei miei manager e dei miei mediatori migliori sono stati alla Joochi.” Commentò, massaggiandosi il mento con fare pensoso.
Oh, lo so. Li ho letti tutti i curriculum della gente di cui ti fidi, padre.
“Va bene, Seijuro – aggiunse infine – Vorrò un colloquio con il preside, comunque.”
Akashi non batté ciglio ma... sentì il cuore perdere un colpo.
Fece per riprendere il depliant, così da segnarsi i contatti per organizzare tramite la scuola un incontro conoscitivo, ma il padre trattenne il foglio e ribadì:
“Un’ultima cosa: da dopo quest’estate rallenta con il basket – sua moglie gli lanciò un’occhiata quasi preoccupata – non dico di fermarti del tutto, ma voglio che ti concentri sullo studio. Devi passare con il massimo. Noi diamo sempre il massimo.”
Akashi si sentì morire, solo un istante, com’era stato un istante la durata del volo verso l’infinito. Compromessi e sacrifici. Quella era la vita, no?
Se solo Akashi fosse stato meno razionale, capace di abbandonarsi a slanci emotivi e richieste, avrebbe mandato un messaggio vocale in chat – lui che scriveva e non parlava – supplicando i suoi amici di seguirlo, di non buttare al vento mesi di ricerca dell’università adatta per tutti, o di mesi in cui, alla fin fine, non avrebbe giocato tanto come voleva a basket, né forse con loro.
Invece si limitò ad annuire davanti a suo padre, riprendere il volantino e andarsene. Nel grande corridoio al piano terra, lontano dallo sguardo dei genitori, prese il cellulare e scrisse semplicemente sul gruppo:
Ho una proposta per l’estate.
Inviò e rimise il cellulare in tasca. Non era un illuso, appunto: illudersi significava potersi permettere di sognare, quindi tanto valeva cercare direttamente qualcosa di concreto e ricordarsi di quanto il tempo fosse prezioso.

***

“Aominecchi ma dove sei? Dobbiamo entrare in raid!” esclamò Kise, mentre lasciava danzare la sua elfa del sangue davanti al portale che li avrebbe trasportati nel raid.
“Manca anche Kagami.” Fece presente Midorima che aveva appena craftato flask per aumentare l’agilità e dimostrare a quei rozzi esempi di dps, che rispondevano al nome di Kagami e Aomine, come con i giusti equipaggiamenti si potevano fare numeri ben più importanti.
Aomine, un piede come sempre sulla sedia e l’altro incastrato tra le gambe fino a terra, sbottò:
“Oi qua si sta facendo sul serio. E’ il decimo ally di seguito che uccido, tu a quanto sei, Bakagami?”
Chissà perché ma la sua domanda aveva tutta l’aria di essere un’aperta provocazione. Si sentì uno schioccare di lingua netto:
“Nove. Ma solo perché tu sei partito prima e hai sta maledetta tigre che si spara in avanti. Ehi, guarda là, altri due ally!”
Kise guardò l’ora, a breve avrebbe dovuto loggare anche Akashi. Se quest’ultimo avesse visto che i due giocatori non erano ancora entrati in raid, probabilmente avrebbe espulso sia Aominecchi che Kagamicchi dalla gilda.
“Aka-chin vi schiaccia. Kise-chin passami la leader, io entro, non ho più voglia di stare qui ad aspettare.”
E se pure Murasakibaracchi stava diventando impaziente, allora la situazione era davvero critica.
Aomine replicò, accompagnato dal suo solito battere sulla tastiera:
“Arrivo, arrivo, non abbiamo mica una campanella come a scuola.”
Con uno sbuffo si trasformò in tigre per correre più veloce, ma appena lo fece Kagami esclamò così forte da far quasi cadere le cuffie agli altri, che istintivamente avevano cercato di tapparsi le orecchie:
“No! Bastardi! Sono arrivati i rinforzi degli ally! Aomine… se te ne vai, giuro su tutte le mucche di questo mondo che il mio fantasma ti perseguiterà a vita.”
Daiki si grattò l’orecchio, notando che effettivamente c’erano circa sei ally e già stavano attaccando entrambi: “Bah, ormai è troppo tardi, mi hanno comunque aggrato. Colpa tua che sei lento, oltre che stupido.”
“Kuroko – soffiò il tauren, ignorando il solito fare gentile di Aomine, impegnato com’era a sopravvivere – una mano ci sarebbe gradita, se vogliamo uscirne più o meno vivi.”
Midorima guardò il porta scotch, l’oggetto portafortuna del giorno, e scosse la testa: decisamente la situazione non prometteva bene. Ma Kise intervenne:
“Kurokocchi, non lo fare! Prendono di mira gli healer!”
Si sentì giusto un sospiro in cassa, poi la voce pacata e quasi monocorde di Kuroko che replicò:
“Vedo di aiutarli, posso sempre cercare di svanire.”
Tanto, ormai, peggio di così.
“Grazie, Testsu. Se ci fosse anche il tank ad acchiappare botte non sarebbe male.” Fece presente Aomine, di fretta, per poi tornare a concentrarsi sulle giuste skill da usare e resistere fino all’arrivo di Kuroko. Ma per tutta risposta si sentì solo l’aprirsi di un pacchetto di patatine e conseguente masticazione.
“Hai detto qualcosa, Mine-chin?”
La domanda fu posta con il tono di chi in realtà già pensava che, comunque, non fosse stato detto assolutamente nulla di importante.
“Ho detto qualcosa sì!” esclamò Aomine che non era tipo da essere ignorato.
“Lascia perdere e usati quell’unica cura che hai in barra, prima che schiodi e mi lasci nella cacca!” intervenne Kagami.
“L’ho già usata, che ti credi?” sbottò il druido feral.
Aomine occhieggiò la sua barra vitale, vicina a una soglia rasente allo zero, e lo schermo si fece di un rosso allarmante, segno che ormai la fine era prossima. Ma, proprio quando credeva di essere sul punto di trovarsi riverso in terra e vedere il proprio fantasma al cimitero, Daiki ricevette una cura improvvisa, seguita da uno scudo che avrebbe incrementato la difesa, in modo da dare il tempo al dot rigenerante di riportare la sua vita a un livello accettabile.
Lo stesso accadde a Kagami che corse verso l’ulteriore cerchio di cura piazzato da Kuroko sul terreno, lo stesso Kuroko che non si vedeva da nessuna parte: sembrava essere diventato un tutt’uno con l’ambiente. Soddisfatto, Aomine lesse vari insulti in chat, ai quali aggiunse il suo personale fuck you and suck my dick, che venne prontamente censurato dal sistema con tanto di chiocciole e asterischi.
Ma si accorse che stavano facendo fatica perché un sei contro tre era comunque un bello svantaggio, inoltre se Kuroko avesse lanciato un’ulteriore cura si sarebbe nuovamente reso visibile e a quel punto lo avrebbero come minimo fatto implodere.
Midorima, nella tranquillità della sua stanza, immersa 
nella penombra eccetto per la luce della lampada da lettura proprio di fianco, sospirò e si tirò su gli occhiali. Se non fosse intervenuto quegli idioti sarebbero probabilmente morti tutti e tre assieme, inoltre c’era da considerare la questione del ritardo cosmico con il quale avrebbero fatto le cose scadenziate invece con precisione.
Tirando fuori la sua mount, l’elfo del sangue corse fino a raggiungere gli altri presso la pietra dell’evocazione, situata poco distante dal portale del raid, ed elaborò la strategia più saggia: attirare l’aggro su uno dei tre e far scappare almeno gli altri due superstiti. Optò per quello più resistente, magari avrebbe avuto qualche possibilità di sopravvivere:
“Kagami sto tirando l’aggro su di te.” Annunciò con voce lapidaria Midorima.
“Cos’è che stai facendo?” proruppe Taiga.
Nel preciso istante in cui l’arciere fece per cliccare sul tauren, in modo da lanciargli il razzo che cambiava la direzione dell’aggro, gli comparve davanti Kuroko che aveva esaurito il tempo d’invisibilità.
“Kuroko!” esclamò Midorima e… per sbaglio cliccò su di lui.
Non appena Aomine realizzò di essersi finalmente tolto l’aggro di dosso, fece scattare in avanti la sua tigre ed esclamò:
“Andiamo, Tetsu!”
Voltò rapidamente la telecamera ma con una certa delusione si accorse che accanto a sé c’era Taiga:
“Che ci fai qui? Dov’è Tetsu?”
“Lo stesso potrei chiederti io!” esclamò alterato il tauren.
“Kagami-kun, Aomine-kun, sono morto.” Annunciò apparentemente tranquillo Kuroko che cominciò a muovere il suo spiritello dal cimitero.
“Ma come sei morto? Midorimacchi non stavi usando la tua mossa tattica per concentrare tutte le botte su una sola persona?” domandò Kise che, nel frattempo, aveva raggiunto Murasakibara, l’unico modo che aveva per passargli la leadership.
Midorima si schiarì la gola e spiegò come se nulla fosse successo: “Sì, era mia intenzione direzionare il tiro su Kagami – quest’ultimo iniziò a sparare parolacce a raffica nei suoi confronti – ma Kuroko mi è comparso davanti all’improvviso e ho targettato lui. Non dovevate mettervi a fare pvp.”
Aggiunse, sprezzante, poi si tirò su gli occhiali e aggiustò le cuffie.
In quel preciso istante si aggiunse alla chiamata Akashi, loggato con il suo holy priest.
“Oh-oh.” Commentò Murasakibara, con il suo solito tono piatto ma che quella volta aveva una sfumatura divertita.
“Perché non siete ancora entrati tutti nel raid? E come mai Tetsuya è morto?”
Le sue domande, asciutte e terribilmente calme, risuonarono anche troppo nettamente in cassa.
Prima che qualcuno potesse parlare, Akashi già si rispose: “Aomine e Kagami stavate di nuovo facendo pvp? E immagino che Tetsuya sia intervenuto ad aiutarvi.”
Entrambi i ragazzi borbottarono qualcosa, ricordando dei bambini ripresi dal genitore, ma ebbero il buon senso di non commentare. Nemmeno Midorima si espresse, consapevole di aver scatenato le ire della fazione dell’Alleanza su Kuroko.
Quest’ultimo intervenne, ormai prossimo a raggiungere il suo triste cadavere e resuscitare, sempre che qualche nemico non decidesse di vendicarsi:
“Voi cominciate Akashi-kun, vi raggiungo.”
Akashi stava per parlare e anche Aomine, ma Kagami intervenne, dopo aver bevuto una litrata d’acqua dalla sua scrivania. Faceva caldo e cercare di sopravvivere in un mondo popolato di nemici che lo volevano morto non era propriamente un’impresa facile.
“Rimango indietro io a guardarti le spalle, Kuroko.”
Aomine saltò sulla sedia: “Non dirlo neanche per scherzo, Bakagami, sei lento e saresti solo d’intralcio. Ci penso io.”
A quel punto fu il turno di Akashi a parlare e gli altri tacquero: “Non importa chi o come, basta che vi muoviate. Siamo in ritardo. La prossima volta che loggo e vi trovo ancora così non solo vi caccio dalla gilda ma vi deleto l’account.”
Aomine roteò gli occhi, com’era sua abitudine fare, ma non disse nulla, limitandosi ad assicurarsi che Kuroko riuscisse a fuggire, mentre Kagami borbottò qualcosa d’indefinito.
Finalmente riuscirono ad entrare tutti nel raid, in compagnia di altri giocatori cercati sul server, ma prima di cominciare Kise domandò:
“Akashicchi, qual’era la tua proposta per l’estate?”
Akashi occhieggiò il volantino accanto alla scrivania ma disse semplicemente:
“Ve lo spiego quando finiamo. Ora concentriamoci. Non vogliamo perdere contro Gul’dan, vero?”
No, decisamente nessuno di loro voleva venire sconfitto.
Murasakibara venne protetto dai suoi due healer, radunò attorno a sé i mostri, e gli altri attaccarono, assieme. Ora era davvero tutto perfetto: in fondo… avevano già vinto.


***

Seduto al tavolo con davanti un milkshake ghiacciato, Kise aprì la busta contenente il recente acquisto fatto e contemplò soddisfatto l’oggetto al suo interno: un costume da bagno super colorato, con tante palme e onde. Adatto alla splendida proposta di Akashi per festeggiare in grande stile l’ultima estate del liceo: andare tutti assieme tre giorni al mare, gli ultimi di agosto per la precisione.
Il che coincideva anche con il compleanno di Aomine ma questi aveva già ribadito che se qualcuno avesse osato festeggiarlo se ne sarebbe andato anche a nuoto, piuttosto.
Kise sospirò, riponendo i suoi boxer; trovava estremamente appagante l’idea di averli comprati seguendo nient’altro che la sua libera scelta, nonostante in realtà avesse a sua disposizione i numerosi costumi regalati durante i vari set fotografici svolti per l’estate. Soprattutto perché tendenzialmente si trattava di roba attillata in una maniera quasi imbarazzante, motivazione che l’aveva dunque spinto ad archiviarli tutti, così magari da regalarli un giorno per scherzo a Kagami o Aomine. Rise fra sé e sé, bevve un sorso della sua bevanda poi sollevò la testa quando sentì un eco farsi più vicino:
“Scusami, scusami, scusami Aomine. La prossima volta mi porto dietro più soldi così prendi il milkshake grande.”
“Finiscila Ryo, mica devi pagarmela tu la roba.”
“Scusami!”
Kise annuì, era sicuro che nel mezzo ci fosse la voce di Aomine, inframmezzata da una sorta di sospiro misto a un ringhio. Infatti quando entrò in contatto visivo con Daiki e il suo compagno di classe, nonché di squadra, Ryota fece un cenno con la mano per farli avvicinare.
Ryo Sakurai. Uno tra i pochi che Aominecchi chiamasse per nome, oltre a Kurokocchi e Momocchi.
Li vide raggiungerlo con le loro bibite in mano; quando Aomine arrivò al tavolo poggiò di malagrazia la cartella e si sedette di fronte a Kise, mentre Sakurai si era inchinato profondamente davanti al modello, per poi in seguito affiancarsi al compagno.
“Aominecchi, che bello vederti! Com’è andata la verifica?” domandò allegro.
“Kise, non avevi proprio altro da chiedermi? – scrollò le spalle, poi si prese un sorso della sua bevanda e rimase sul vago – mah, forse bene. Che hai lì?”
Domandò, per cambiare tatticamente argomento.
Ryota tirò fuori i suoi boxer multicolor: “Costume da bagno per quando andremo tutti assieme al mare!”
Aomine si portò le mani davanti, profondamente disgustato: “Ma che è sta roba? Mettili via, fai soffrire la gente di crisi epilettiche con quegli affari.”
“Non parlarmi tu di gusti, visto che ti prendi robe tipo… mah, il milkshake alla banana.” Replicò con un sorrisetto, per poi appoggiare un gomito sullo schienale del divanetto.
“E allora? Mica lo devi bere tu, mi sembra.” Ribatté Aomine, dando una lunga sorsata come per certificare che apprezzava tantissimo la sua personale scelta.
“Per fortuna!”
Il modello si adagiò meglio sulla sedia, poi commentò, visto che Aomine per contro continuava a bere fissandolo con una sorta di divertita provocazione: “Quindi… pronto anche per le ripetizioni?”
Daiki fece una smorfia. Non solo Akashi aveva avuto la brillante idea di festeggiare le ultime vacanze da liceali assieme ma, evidentemente incontentabile nelle sue assurde pretese, aveva anche insistito affinché lui e Kagami facessero ripetizioni per scongiurare il pericolo di non passare gli esami d’ammissione all’università – ma poi, sta dannatissima università, chi aveva esattamente deciso che si dovesse per forza fare?
Come per smentire quell’interrogativo rabbioso, il giocatore della Too sentì in tasca il volantino stropicciato dell’università che gli aveva proposto Akashi, volantino ripescato dalla pila dei suoi abbandonati sulla scrivania, dicendogli che con ogni probabilità sarebbe stata la più adatta per lui. Non aveva minimamente accennato di averne parlato con gli altri, anzi, da come si comportava Seijuro sembrava non averli informati affatto.
Aomine aveva una mezza intenzione di discuterne con Kise ma, giunto a quel punto, non ne era più tanto sicuro che importasse qualcosa.
“Chissà poi perché Kagamicchi fa ripetizioni con me e non con Kurokocchi. Akashicchi è davvero strano per queste cose. Ma… mi fido di lui.” Commentò Kise, all’improvviso serio.
Daiki lo guardò a metà tra lo scettico e il perplesso, eppure l’unica cosa che domandò fu:
“Trovi tanto strano che Tetsu dia ripetizioni a me anziché a Kagami?”
Sembrava quasi una domanda fatta con un tono offeso, ma in realtà Aomine voleva davvero capire se era proprio improbabile che lui e Kuroko potessero essere visti dagli altri come qualcosa di diverso dall’etichetta di ex-luce ed ex-ombra. Kise ci pensò un istante, scrutando il volto sinceramente interessato di Aomine, meravigliandosi intimamente di come negli ultimi anni avesse visto un Daiki sempre più sereno, quasi questi stesse scendendo man mano a patti con i suoi fantasmi. Anche se forse… non ancora tutti.
“Solo perché sono nella stessa scuola e Kurokocchi conosce meglio il programma che seguono. Magari semplicemente Kurokocchi è più paziente di me quando si tratta di avere a che fare con un caso umano come il tuo.”
Dichiarò con il preciso intento di prendere in giro Aomine.
Almeno sullo studio poteva apertamente imporre la sua ironia, visto che con il basket non solo Daiki era intrattabile nella sfera degli scherzi ma… si giocava su un terreno completamente differente. Al liceo soltanto poche volte Kise era riuscito a battere Aomine e ogni volta entrambi avevano davvero dato tutto di loro stessi.
Infatti da quando Daiki aveva ripreso ad allenarsi con costanza sembrava… non su un altro livello, ma direttamente su un altro pianeta: i suoi movimenti, i tiri apparentemente senza una tecnica, la velocità elevata; tutto di lui portava a pensare che avesse ideato e concepito assieme al proprio corpo quel modo unico, superiore, di giocare a basket. E, forse, era davvero così.
Ryota si ricordava di quando, alle medie, litigavano e finivano per azzuffarsi, anche se sempre piuttosto bonariamente seppur rimediando ogni tanto qualche livido, perché Kise proprio non voleva saperne di non riuscire a star dietro ad Aomine. Quindi non si rassegnava e lo provocava, per attirare la sua attenzione, per dirgli: ci sono anch’io, e un giorno sarai tu a guardare me, non viceversa.
Sì, un giorno, magari all’università, Kise che imparava con rapidità e naturalezza sarebbe stato più avanti di Daiki. Era anche per quello che il ragazzo dava il massimo giocando a basket.
Senza pensarci, Aomine prese ciò che Sakurai non aveva ancora finito di bere del suo milkshake e diede una bella sorsata, per poi commentare:
“O forse Akashi ti ha affidato Kagami perché siete entrambi due stupidi.”
“Aominecchi potresti trovarti dei costumi da uomo attillati in valigia, una volta arrivato in albergo, e avere solo quelli. Quindi – continuò con un sorriso pericolosamente affilato – stai molto attento.”
Daiki borbottò qualcosa con apparente noncuranza, perché sapeva quanto Kise potesse essere determinato e disposto a tutto pur di arrivare dove voleva. E poi davano dello stronzo ad Aomine solo perché rispondeva male; ah… le ingiustizie della vita.





Sproloqui di una zucca

Finalmente ho avuto tempo e modo di riuscire a correggere il capitolo e postarlo, anche se stamattina, tanto per gradire, è pure saltata la corrente - una roba di pochi secondi, ma mi ha perso delle correzioni non salvate =_=' Insomma, un gomblotto!!1!
Oltre a ciò si tratta di un bel capitoletto, relativamente lungo (so far mooooolto peggio ohohoh), che va ad analizzare personaggi come Akashi e Kise.  Ebbene sì, per l'estate sono programmate ripetizioni e annuncio che il prossimo giro di boa sarà dedicato ad Aomine e Testu; in questo frangente ho preferito spostare lo sguardo su chi li circonda principalmente, ragione per cui non ho accennato alla problematica di Testsu 2 (è ancora vivo, no worries <3).
Anyway, voglio il costume sparaflashante di Kise e vedere Aomine con il costumino attillato lol

Piccole precisazioni su che accidenti fanno i nostri beniamini su wow, roba che potete anche saltare e puppaaaa:

Craftare flask - Creare pozioni (aò, in game si parla sempre con termini inglesi riadattati in italiano, che ci posso fare); servono certe abilità specifiche che nulla hanno a che fare con il combattimento vero e proprio, dunque figurarsi se tipacci come Aomine o Kagami si mettevano lì ad allenarsi con il crafting, anche se in realtà ripaga bene, anzi, c'è gente che fa una fraccata di soldi virtuali creando roba. Midorima per esempio crea delle pozioni per aumentare la statistica principale del suo personaggio e quindi fare più danno o, se fosse stato healer, più cure. Tendenzialmente nei raid importanti è fondamentale che tutti siano flaskati (quindi che si trangugino la loro bella pozioncina pagata fior fior di gold - valuta su wow) altrimenti possono anche puppare e andarsene prima di cominciare.

Tirare l'aggro - sempre il nostro geniale Midorima. C'è un'abilità dell'hunter, la sua classe, che consente nello sparare una sorta di razzo per far si che l'aggro (in parole povere la rabbia e l'interesse del mostro di turno nei confronti dei giocatori) venga rivolto verso un player specifico. Questo perché di base l'hunter tende a tirare tanto aggro (quindi ad acchiappare un sacco di mazzate, cosa che non dovrebbe ricevere per evitare di schiodare), quindi direziona tutto nei confronti del tank se la situazione diventa ingestibile. Ma questa può essere anche una tattica per levare dai guai dei compagni e ripristinare tutto l'aggro sul tank (quello che di professione prende botte). Povero Kurokocchi. Di base nel pvp sta cosa non funziona ma chiudiamo un occhio.

Ally/Alleanza: Su wow ci sono due fazioni opposte. Orda (Horde) e Alleanza (Alliance). La Gilda della Leggenda è Orda; se gente dell'Orda trova giocatori Ally (anche in italiano li chiamiamo sempre così) si può fare pvp (combattere tra giocatori) e viceversa ovviamente. Aomine e Kagami sono delle merdacce che si divertono a picchiare gli Ally, sostanzialmente (io un tempo ero Ally, poi ho trasferito il pg sul lato Orda perché mi ero rotta le palle di venire pestata ogni santa volta - sì, sono healer come Kuroko e gli healer vengono tendenzialmente usati come sacchi da boxe se non supportati, anche se il priest disci... vabbé, lasciamo stare XD)

Grazie a quanti di voi leggono questa storia! In un eventuale futuro racconto di Kuroko & Co. che giocano di ruolo, così analizziamo il mio evidente disagio sociale XD


   
 
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