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Autore: Aiqul Marnerazver    27/06/2017    0 recensioni
Vi è mai capitato di ascoltare una storia già sentita?
Una di quelle favole che si raccontano ai bambini per farli dormire, o attorno un fuoco per spaventare gli amici, o magari una di quelle storie che si leggono solo per piacere personale.
Scommetto che vi è capitato, almeno una volta nella vita, di sentir parlare di un pirata, un pirata famoso per la sua ferocia, o per le sue strane abitudini. Vi è capitato di sentir parlare di lui, di Barbanera. Già, Barbanera, il pirata più famoso dei Caraibi, il più spietato di tutti, giusto?
Sbagliato.
Era molte cose, ma di certo non era spietato. Di certo non era il più noto per la ferocia, ma per le strane abitudini sì. Per esempio, lo sapevate che amava attaccare delle micce accese al suo cappello solo per incutere timore ai suoi nemici? O che aveva la barba così lunga che spesso se la legava alle orecchie? O che durante i combattimenti indossava una fascia intorno alle spalle con appese tre paia di pistole complete delle loro fondine?
No, magari non lo sapete. Né sapete qual era il suo cognome, se Teach, Drummond, Thatch, Tirsh o Dirmmon. Né sapete che si sposò in tutto
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Direi di partire da un breve riassunto della mia giovinezza, che ne dite?
Dunque, sono nato a Bristol, Gran Bretagna, il quattro luglio 1680, da una famiglia del basso ceto borghese. Mio padre possedeva un’industria tessile dove lavoravamo io, le mie tre sorelle e mio fratello, e un pezzo di terra da coltivare per guadagnare quel po’ di cibo fresco che il mercato non riusciva sempre a fornire. Io, teoricamente,  ero il secondo genito, ma siccome mio fratello maggiore era morto in tenera età, avevo preso il suo posto prima ancora di saperlo. Le mie tre sorelle minori, Margareth, Emily, e Mary, lavoravano tutte insieme a mia madre, mentre mio fratello minore, il più piccolo della famiglia… beh, lui non lo ricordo molto bene, aveva solo quattro anni quando lo lasciai.
Infatti non mi piaceva per niente l’ambiente in cui vivevo. Non era colpa dei miei genitori: loro erano buoni con noi, ma c’era qualcosa di sbagliato nella nostra famiglia. Primo, non eravamo tutti davvero fratelli. Non che i nostri genitori non si amassero, ma non sempre erano fedeli fra loro: mia madre ebbe me da un altro uomo di cui non volle mai rivelare il nome, ragion per cui io non ho un vero cognome, e mio padre si vendicò avendo le mie sorelle da tre donne diverse. L’unico vero figlio che abbiano mai avuto è morto anni fa, ma nessuno in famiglia ne parlava mai. Si viveva abbastanza bene quando non si parlava, noi figli ci consideravamo fratelli e sorelle e i miei genitori facevano finta di non aver mai infranto i vincoli del matrimonio.
Perché me ne sono andato allora, vi starete chiedendo. Beh, sappiate che non fu un’azione molto consapevole: era il mio diciassettesimo compleanno, e mia madre, che mi amava con tutta sé stessa, aveva convinto il suo coniuge a mandarmi su una nave per tentare la fortuna altrove, così mi imbracai su un mercantile inglese per qualche anno, per poi tornare a casa a lavorare e a incrementare la produzione con i soldi che avevo guadagnato.
Ma ormai il danno era fatto, e io mi ero innamorato. Mi ero innamorato del vento sulla faccia, dell’odore della salsedine, del legno di una barca e della ferocia dell’oceano impetuoso durante la tempesta. Mia madre lo aveva capito, mi vedeva sempre più irrequieto, sempre più smanioso di andare. Penso che mio padre fosse un marinaio, e che lei sapesse che, un giorno, io sarei stato richiamato dal mare. Fu così che, all’età di trent’anni, mi arruolai nella marina inglese. Volevo combattere, volevo fare la differenza, volevo vincere e ricevere la gloria. Ed è qui che iniziò il mio viaggio.
   
 
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