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Autore: Sarck    29/06/2017    7 recensioni
|Missing Moments della OS "Container for troubles"|
Avrebbe voluto vedere sotto i suoi occhi quei cambiamenti; la pelle scurirsi, la schiena farsi ancora più ampia, le mani indurirsi e farsi forti, bellissime. Si ritrova ad osservare tutto ciò solo dopo due anni, con gli occhi appannati, in uno spazio umido troppo piccolo per due corpi grandi come i loro.
[Iwaoi][Future Fic][Dedicata a _Lady di inchiostro_]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sai chuumon no'
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Titolo: Roots
Rating: arancione
Parole: 1.014
Tipo di coppia: shonen'ai, Yaoi
Pairing: Oikawa x Iwaizumi (Iwaoi, Iwaoi ovunque ♥)

Note: La storia è un Missing Moment della OS Container for troubles. Si può leggere anche senza aver letto prima l'altra, basta avere a mente poche chiare informazioni: Iwaizumi era partito per una missione umanitaria, lui e Oikawa non si erano visti, nè sentiti, per due anni. Si rincontrano, ormai venticinquenni, per recarsi al matrimonio di Makki (il modo in cui si recano in città, poi, è tutto un dire). Le due storie, in quanto collegate, ho deciso di unirle in una serie:Sai chuumon no 

 Dediche: questa storia è, principalmente, un regalino piccolo piccolo che faccio a _Lady di inchiostro_, perchè mi ha fatto venire l'idea. In realta, in principio, dovevo scrivere di Tooru e Hajime al matrimonio di Makki, e così stavo per fare, in effetti, ma poi l'ispirazione ha dettato regola ed è venuto fuori questo. Ho pensato che, loro due nudi, in doccia, fluff e tanta melanconia, potessero essere comunque un bel regalino. 

 

Roots

 

 

Passa la spugna sulla schiena di Iwaizumi, tesa sotto il getto bollente della doccia, e le dita scivolose di bagnoschiuma gli tremano. La doccia è quella di Makki, la casa pure. Il matrimonio, a cui tra un paio d’ore dovranno presentarsi, altro non è che del sopracitato.
Tōru non ci pensa, al fatto che – per colpa sua – abbiano ancora tantissime cose da fare e una fretta eccessiva.

Osserva i capelli corvini appiccicati all’attaccatura del collo e forse, registra solo in quel momento, sono un po’ più lunghi di quanto era solito portarli. Sfrega con forza sulle sue spalle e lo stomaco si restringe nel notare che sono diventate molto più ampie di quanto ricordasse. Per qualche ragione, un’assurda ragione, sente le lacrime spingere sul bordo cedevole dei suoi occhi, già arrossati a causa dello shampoo che c’era finito poco prima.
“Iwa-chan” trema sotto l’acqua, ringrazia che lui non possa vederlo e lasciando la spugna cadere tra i loro piedi stanchi – quelli di Iwaizumi sicuramente più dei suoi – aderisce con il petto alla sua schiena, stringendolo in un abbraccio che fa strabordare quelle lacrime che spingevano intrusive contro gli argini del suo autocontrollo. “Sei diventato più muscoloso, vuoi forse diventare più carino di me?” bisbiglia sotto il rumore dell’acqua, aggiungendo ironia solo perché l'aria pesante sembra arrivargli con troppa fatica ai polmoni. La sua voce è della stessa nota che fanno le gocce quando cadono sul piatto in ceramica.
“Idiota. Facevo dieci chilometri con due brocche piene d’acqua da portare al villaggio, ogni giorno. E quello era il minimo” è la risposta di Iwaizumi, seguita da uno stringersi delle dita intorno agli avambracci di Tōru, allacciati sul suo petto.
Oikawa inspira, lo stringe con più forza, mentre si morde il labbro trattenendo un respiro tremulo e si chiede, con il volto immerso tra spalla e collo di Iwaizumi, se sia possibile tenerlo così tanto stretto da fondersi con lui, entrargli dentro, fin sotto la pelle. Vorrebbe arrivare a sfiorargli il cuore o, più propriamente, intrecciarsi ad esso, essere un nodo impossibile da sciogliere.

Sente i polpastrelli di Hajime affondare così tanto nella carne del braccio da fargli quasi male e mentre “mi sei mancato così tanto” gocciola sul suo collo, capisce che ad Hajime stesso non dispiacerebbe fondersi con lui. Diventare unità e non separarsi mai più. Lo percepisce dalla forza che mette in quelle falangi e dal suo “lo so” sussurrato contro il plexiglass ruvido, seguito da uno sbuffo – fintissimo.
Avrebbe voluto vedere sotto i suoi occhi quei cambiamenti; la pelle scurirsi, la schiena farsi ancora più ampia, le mani indurirsi e farsi forti, bellissime. Si ritrova ad osservare tutto ciò solo dopo due anni, con gli occhi appannati, in uno spazio umido troppo piccolo per due corpi grandi come i loro. Eppure, è bastato quel folle viaggio, ore passate con Iwa-chan sotto un cielo buio, a fargli dimenticare la mancanza che lo aveva inaridito in quei due anni. Mesi di notti in cui aveva morso il cuscino e - non lo ammetterà mai -  a volte pianto, contando i giorni che mancavano al suo ritorno, penna rossa a lasciare croci sulle celle di un calendario sulla galassia.

Ogni mattina, comunque, si ricordava che non era solo, ma semplicemente lontano. Temporaneamente. Perché se c'è una cosa che ha imparato, in tutti quegli anni, è che Hajime torna sempre.

 

Quando sciolgono l'abbraccio e Iwaizumi, con ciglia bagnate e capelli nerissimi incollati alla fronte, si gira, Tōru è sicuro di avere ancora gli occhi arrossati. Un attimo dopo gli prende il volto tra le mani, sentendo il ruvido di un accenno di barba grattagli i palmi e trascinando il viso vicinissimo al suo “non ho più pazienza” gli dice, completamente serio. Voce roca, ferma, ma al contempo liquida. Gambe molli davanti al verde bosco degli occhi dell'altro, mentre lo sguardo cerca di rimanere sicuro e non vacillare, per conservare una dignità persa già da tempo. Forse, si sta smarrendo tra quelle fronde, si sta graffiando le braccia in quella selva che sono i suoi occhi, a forza di scostare i rami intricati e giungere più in profondità, come se non fosse mai abbastanza dentro di lui.

Entrambi sanno cosa intende. Makki è uscito, loro sono in ritardo, ma non si è mai così in ritardo per certe cose. Soprattutto quando è da cinque minuti buoni, da quando si sono spogliati l'uno davanti all'altro prima di entrare nel box doccia, che ha un'erezione. Era da due anni che non toccava quel corpo, ora vuole solo sentirselo addosso e sentire impresso sulla sua pelle ogni singolo cambiamento di cui non ha potuto godere, in quei due anni.

Evidentemente, neanche Iwaizumi ne ha più, di pazienza. Perché alza gli occhi al cielo e “quanto sei lagnoso” ringhia, prima di cedere, afferrargli i glutei e schiacciarlo tra le piastrelle scivolose e la sua bocca. Dalle labbra di Iwaizumi sfugge un respiro liberatorio, che fa tremare Oikawa di soddisfazione, quando le loro erezioni troppo calde entrano in contatto. La sua lingua sa di Dottor Pepper, di casa, fiducia e tempo, anni infiniti passati insieme. Le sue mani, che corrono sul suo petto bagnato, ruvide e impazienti, sono radici, ciò che di più solido Oikawa abbia mai visto o abbia mai percepito addosso.

“Ti ho pensato” un respiro trattenuto, Oikawa che affina l'udito per sentire meglio “…ogni giorno”.
Lo dice in un impreciso momento, parole bisbigliate confusamente, che colano insieme al resto dell'acqua, tra le labbra bollenti e la carne del collo niveo. Ha parlato così piano che Oikawa non è neanche sicuro di aver sentito bene. Non gli chiede di ripetere - non lo farebbe comunque -, sorride con il volto in fiamme, il respiro ormai troppo simile ad un ansimare – perché ha le mani di Iwaizumi ovunque, ma soprattutto lungo la sua erezione – e decide che va bene così. Va bene anche non essere un tutt'uno, non arrivare mai al preciso centro di quel bosco intricato che è l'anima di Iwaizumi.

Va bene così, perché Oikawa sa che, in fondo, ovunque vada, indipendentemente da quanto ci metta, Hajime torna sempre.

  
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