Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |       
Autore: RegalGina    29/06/2017    3 recensioni
Si accorse che il suo grido non era solo un grido di dolore, no. Lei stava gridando qualcosa, stava invocando aiuto, stava supplicando di venirla a prendere. Una parola, un nome: Emma.
[SwanQueen] Una what if ambientata quando Regina ed Emma sono nel mondo del desiderio di Emma, verso la fine della sesta stagione (SPOILER!). Regina rimane profondamente colpita nell'incontrare quella versione di Robin, ma molto presto scoprirà che non è esattamente ciò che si aspetta. Non solo un ladro spietato, che ruba solo per sé stesso, ma molto di più, e molto peggio...
Genere: Dark, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Robin Hood
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I WILL ALWAYS SAVE YOU, part 1

Era lì, sdraiata, immobile. Fissava il vuoto, in silenzio. Un pensiero irruppe all'improvviso nella sua mente, a spezzare quell'enorme vuoto che con tanto impegno si era sforzata di creare.
Lui.
E poi uno dietro l'altro seguirono tutti quegli altri pensieri che aveva cercato di blindare nel suo inconscio. Come aveva potuto sbagliarsi? Come aveva potuto pensare che fossero la stessa persona, essere così ingenua da credere che le cose potessero accadere due volte? Che esistono seconde possibilità? Non esistono seconde possibilità, tanto meno per i cattivi come lei. Perché anche se aveva cercato con tutte le sue forze di diventare un eroe, rimaneva pur sempre dell'oscurità nel suo cuore e questo le avrebbe impedito di vivere una vita che si avvicinasse almeno un minimo alla felicità. Una lacrima scese lungo le sue guance ed andò a poggiarsi sulla fredda pietra dove era stata ignobilmente lasciata. Cercò di tirare un respiro profondo, almeno l'aria nei polmoni le ricordava che era viva, ma anche quello le riuscì difficile. Forse per il dolore, forse per la disperazione, forse per le ferite, o forse per la delusione. Delusione non verso gli altri, ma verso Sé stessa. Una Sé stessa che probabilmente stava odiando con tutte le sue forze, una Regina che aveva fallito. Una voce in fondo a tutti quei pensieri cupi cercò di farsi spazio, suggerendo che forse stava pretendendo un po' troppo da Sé stessa, che forse se avesse abbassato gli standard dei suoi ideali avrebbe potuto vivere più serena. Ma scacciò immediatamente quel pensiero perché non riusciva a togliersi dalla testa di aver fallito, in tutto, sempre. Forse l'abbandono sulla nuda pietra era quello che meritava, anche se desiderava in quel momento con tutta Sé stessa poter ricominciare a lottare per diventare la persona che da tempo sognava di essere, libera e felice finalmente, senza sempre quell'ansia di sbagliare che le rovinava le giornate, quella paura che alla fine le rovinava sempre la vita portandola a commettere sempre gli stessi errori. Un'altra lacrima sfuggì dai suoi occhi lucidi e stanchi, ma proprio in quel momento sentì un rumore di ferraglia alle sue spalle e fu invasa da una luce accecante che la strappò da quel circolo vizioso che si era instaurato ancora una volta nella sua testa. Cercò di voltarsi per vedere chi stesse entrando, anche se un'idea in realtà ce l'aveva, ma le ferite le dolevano troppo e tutto ciò che riuscì a fare fu emettere un gemito strozzato. Era girata sul fianco sinistro e pochi istanti dopo aver udito la porta chiudersi sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla destra e raddrizzarla un pochino in modo che potesse almeno girare la testa nella direzione opposta. Ed in quel momento lo vide, di nuovo. E di nuovo fu come se il suo cuore si fermasse. Una stilettata di dolore si scagliò nel suo stomaco, a ricordarle che di nuovo stava sbagliando, che lui non era davvero lui. Si riscosse, ed il suo cuore poté ricominciare a battere.
- Come stai? - disse lui con un tono che pareva del tutto normale.
La Regina non rispose.
- Non parli? Hai perso anche la lingua?! - aggiunse con un ghigno sadico.
- Che t'importa? - disse Regina con un filo di voce.
- Ah già, non mi importa nulla, hai ragione! -
Rise forte. Di gusto.
Regina non ne poté più, lo penetrò con i suoi occhi neri e gli sputò sul viso. Lui non fece una piega, rimase immobile a fissarla divertito. Poi la spinse leggermente in modo da rimetterla nella stessa posizione di prima.
- Che tu ci creda o no, devo medicarti le ferite. Non vorrei che morissi per causa mia. -
Le sollevò la maglietta scoprendole la schiena, rivelando un profondo taglio lungo tutta la scapola destra. Prese un pezzo di stoffa ed iniziò a ripulirla da tutto il sangue che si era creato intorno. Nonostante l'avesse ricucita il giorno prima, l'emorragia non si era fermata da tanto era profondo. Mentre operava senza preoccuparsi di essere delicato, le parlò nuovamente:
- Sai, non so perché tu ti sia fatta questa idea che io possa essere lui. Ma credo che tu come me sia arrivata alla conclusione che non lo sono. Mi dispiace, ma il Robin che cerchi non sono io. -
A Regina scese un'altra lacrima, forse per il dolore della ferita, o forse per il dolore nel suo cuore. Però quel Robin aveva ragione. Non era lui. Ancora una volta le tornarono alla mente i sensi di colpa, ancora una volta ricominciò a chiedersi come aveva potuto illudersi in quel modo così ingenuo. Nessuno vive esattamente la stessa vita. E se anche quel Robin avesse avuto nelle corde tutti gli ingredienti del suo Robin, le esperienze di vita lo avevano evidentemente trasformato in qualcun altro. E così sarebbe stato con tutti gli altri Robin esistenti in quello e negli altri mondi. Una fitta di dolore atroce la risucchiò di nuovo dai suoi pensieri quando l'uomo le abbassò nuovamente la maglia, per disgrazia o per fortuna, perché ancora non aveva capito se era più il dolore fisico che la stava lacerando, oppure quello interiore.
- Ora vediamo la gamba… - lo sentì mormorare tra Sé e Sé.
Se possibile la sua gamba destra era anche messa peggio. Un altro squarcio verticale si apriva dal gluteo fino al ginocchio, costeggiando il bicipite femorale con un solco profondissimo. Anche questa era già stata ricucita, ma quando quella versione di Robin cercò di pulirla fu ostacolata dagli spasmi di dolore e gli urli di Regina.
- Se continui così farà infezione... E non ci sarà più niente da fare… - disse con un sussurro, con una voce che sembrava quasi dispiaciuta. Regina cercò allora di trattenersi ma le fu impossibile. Il dolore era lancinante e ben oltre il limite del sopportabile. In preda al delirio cercò di alzarsi, ma ricadde immediatamente a terra sbattendo la testa. Ci riprovò di nuovo, ma lo sguardo le cadde sui suoi polsi e fu allora che si rese conto di essere legata.
- Perché… - riuscì solo a mormorare, allo stremo delle forze.
- Perché io non sono lui… - si sentì rispondere. Ma la voce ormai era lontana, un sussurro portato dal vento che si dissolse nell'aria.
Regina non riuscì a rispondere, o forse non capì. Si sentiva stanca, estremamente stanca. In fondo, se avesse chiuso gli occhi un momento non sarebbe successo nulla di grave.. E così fece. Chiuse gli occhi, e lasciò che l'oscurità la inglobasse completamente. Magari in quel silenzio anche i pensieri le avrebbero dato un momento di pace.

Robin Hood finì di pulire la ferita di quella donna che lui riteneva così stolta. Ma insomma, come aveva potuto pensare che lui fosse un uomo morto?! Era qualcosa di impossibile, nemmeno la magia è in grado di riportare i morti! Quella era ben lontana dall'assomigliare alla Regina Cattiva di cui tutti avevano parlato tanto nella Foresta Incantata, eppure, se la avesse consegnata a Biancaneve ed il Principe, tutti avrebbero creduto che lei fosse ritornata dal Regno dei Morti e per questo avrebbe ottenuto una grande ricompensa. Le coprì la ferita sulla gamba ed uscì dalla cella, chiudendo a chiave la porta alle sue spalle.

Regina si riscosse qualche ora dopo, in preda a dolori atroci alla gamba ed alla schiena. Cercò di cambiare posizione, ma la profondità delle ferite e le mani legate glielo impedirono. Così, alla sua sofferenza si aggiunsero anche i muscoli sani addormentati e le membra atrofizzate. Cercò di liberarsi con la magia, ma era troppo debole e tutto quello che riuscì a fare fu procurarsi un forte mal di testa. Come aveva potuto pensare di liberarsi, nelle condizioni in cui era sarebbe stato un miracolo sopravvivere un altro giorno. Per non parlare che quel Robin non le dava né cibo né acqua da quando la aveva rinchiusa in quel luogo, e francamente non se lo ricordava nemmeno. L'ultima cosa che si ricordava era di essersi fermata a fissarlo proprio nel momento in cui Emma aveva gettato il fagiolo magico per tornare a Storybrooke, di essersi poi voltata verso di lei e di aver sentito alle sue spalle un “ma tu sei identica alla Regina Cattiva!”. Poi, più nulla, buio totale. La sua ipotesi era che Robin la avesse attaccata alle spalle ed Emma non fosse riuscita ad ostacolarlo. Emma… In tutta quella storia Emma era l'unica a rappresentare una luce in tutta quella oscurità intorno a lei: nella sua mente, nel suo cuore, nella sua vita. Una piccola lucciola che brilla nella notte più nera. Forse Emma in quella situazione era l'unica speranza. Forse però, non era l'unica situazione in cui Emma era stata l'unica speranza. Ripensò a tutte le volte che si erano salvate a vicenda, a tutto quello che avevano passato insieme. Dai primi litigi per la custodia di Henry, alla rivalità dopo che era stato spezzato il sortilegio. E poi, le prime alleanze. Emma era stata l'unica a credere in lei per davvero, a credere in lei fino in fondo. A credere che ci fosse una speranza di liberarsi da tutta quella oscurità. Credeva di esserci quasi riuscita, ma ogni volta c'era stato qualcosa che l'aveva portata a ricadere di nuovo nel vortice. In quel caso però, non era un'oscurità cattiva. Era semplicemente un buio infinito che affliggeva la sua mente, un profondo vortice di pensieri che la inghiottiva troppo frequentemente per potergli sfuggire, e che irrimediabilmente la portava sempre a fare le scelte sbagliate. Scelte che, anche se non erano cattive, portavano comunque disgrazie agli altri. E questo non riusciva a perdonarselo. Non se lo sarebbe perdonato, mai. Non sapeva che destino Robin avesse in programma per lei, ma qualsiasi esso fosse, dubitava di riuscire a superare un'altra notte in quelle condizioni. Anche se, nel profondo del suo cuore, una speranza albergava ancora. La speranza che nonostante tutto, Emma non la abbandonasse. Sperava che non l'avrebbe lasciata sola, che ancora una volta l'avrebbe salvata, come aveva fatto quando era diventata la Signora Oscura.

Sentì una porta alle sue spalle, quel rumore cigolante la fece rabbrividire. Aspettò con pazienza che come il giorno prima lui la girasse e le parlasse con quella sua aria divertita, ma non lo fece. Sentì una mano decisa sollevarle la maglietta ed iniziare a fare qualcosa che la fece soffrire moltissimo. Gridò forte cercando di divincolarsi da quella presa, ed allora lui parlò.
- Ferma, ferma… Non ho tempo da perdere con te, ok?! -
Aveva le lacrime agli occhi dal dolore, ma quell'uomo crudele non si fermò. Non capiva se le stesse togliendo i punti o semplicemente pulendo la ferita bruscamente, o peggio, se non la stesse peggiorando tanto per divertimento. Cercò ancora una volta di divincolarsi, ma lui la tenne ferma schiacciandole la testa contro il pavimento ghiacciato e calcando ancora di più la mano sulla sua schiena. Regina non resistette, e gridò con tutta l'energia che aveva in corpo sperando che insieme alla voce uscisse anche il dolore, ma non fu così. Forse qualcuno l'avrebbe sentita? Dubitava. Ciò di cui era certa però era che ciò che quel Robin le stava facendo era ben lontano dal curarla. Sentì un qualcosa di caldo colarle lungo la schiena, mentre le sue lacrime le bagnavano il volto. Desiderò con tutta Sé stessa che quell'agonia cessasse, che qualcuno la venisse a prendere per portarla fuori di lì. Le sue urla non cessarono mai, neanche quando la gola iniziò a bruciarle in modo terribile, sentì in bocca il sapore del sangue. Ma si accorse che il suo grido non era solo un grido di dolore, no. Lei stava gridando qualcosa, stava invocando aiuto, stava supplicando di venirla a prendere. Una parola, un nome: Emma.
Un rumore ancora più assordante delle sue urla spezzò l'aria, facendo sobbalzare sia Regina che Robin. Qualcuno irruppe nel sotterraneo, ma la Regina non riuscì a vederlo, accecata dal dolore com'era. Questo però indusse Robin a smettere quella tortura e la donna lo sentì dire:
- E tu chi diavolo saresti? -
- Eeeeeh, sapessi! -


THE END (cliffhanger muahuahuahah). Ci tenevo troppo a finire così la prima parte, scusate ahahah. Comunque la storia sarà composta solo da 2 capitoli, il secondo lo pubblicherò a breve. La storia diventerà SwanQueen, abbiate pazienza ;)

A presto!
Gina.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: RegalGina