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Autore: Sisko31    29/06/2017    0 recensioni
Lia è una ragazza difficile. Da quando era bambina non ha fatto altro che passare da un affidamento all'altro. Ha un gran talento per finire sempre nei pasticci. Samantha e Vitto, i genitori affidatari, non ne possono più. Da domani frequenterà un istituto per ragazzi difficili. Lia rifiuta ma il suo migliore amico Carlos la convincerà a provare la nuova esperienza. Nell'istituto fa conoscenza con un certo Rossini, detto "Red", un tipo prepotente e testardo. I due si scontrano spesso ma col passare del tempo Lia scoprirà che "Red" ha un enorme segreto. Un segreto che cambierà per sempre la vita di tutti e due.
Genere: Drammatico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non lo ascoltai nemmeno. Ero stanca di essere chiamata vipera da persone che nemmeno mi conoscevano. Aveva ragione Carlos quando mi diceva che le persone giudicano senza nemmeno pensare alle conseguenze delle loro parole. E di giudizi ne avevo ricevuti abbastanza per oggi.

Arrivati all’istituto m’infilai in camera di corsa. Non volevo sentire nessuno. Feci una doccia veloce e mi buttai sul letto. Cazzo! Mi ero dimenticata di essere mezza rotta. Presi il cellulare e cominciai a sfogliare la rubrica. Avevo bisogno di parlare con qualcuno. Carlos? Se mi avesse vista conciata così avrebbe messo a ferro e fuoco l’istituto. Non potevo rischiare. Eva, la sorella di Carlos? Nah, lei era all’università. L’unica della sua famiglia a non aver mai preso una denuncia. Meglio che rigasse dritto. La sfogliai nuovamente. Nomi di persone più o meno amiche o gente che non sentivo più da una vita. Troppe cose erano cambiate per poter tornare indietro. Avevo ancora i numeri di qualche famiglia che mi aveva ospitato. Le cancellai immediatamente. Non potevo permettermi di pensare al passato e agli errori che avevo commesso. Scocciata buttai il telefono a terra. Qualcuno bussò alla porta. Sbuffai.

–Lia! So che sei lì. Me lo ha detto Alex!- strillò Sofia dietro la porta. Non mi mossi. Era l’ultima persona che volevo vedere. Bussò di nuovo, più forte.

–Vattene! Non voglio parlare con te!- le urlai dietro coprendomi la testa con il cuscino.

–Mi dispiace per quello che è successo! Non volevo!- e cominciò a piangere. Ringhiai di rabbia. Ero tentata di aprire ma si stava troppo bene a letto.

–La prossima volta che hai un problema con me, me lo vieni a dire in faccia! Non mandi i tuoi stupidi amici ad ammazzarmi di botte-. Calò il silenzio. Non sentivo più niente. Aveva smesso di piangere ma sapevo che era ancora lì, potevo scorgere la sua ombra da sotto la porta.

–Botte? Chi.. chi è stato?- mormorò così piano che quasi non la sentii.

–Vallo a chiedere ai tuoi amichetti. E ora lasciami in pace!- Finalmente se ne andò. Non avrei potuto vederla senza spaccarle la faccia. Mi salirono le lacrime agli occhi dalla rabbia. Porca puttana!

Ogni volta che pensavo di aver trovato un’amica, questa si rivelava uno schifo di persona. Era sempre stato così, fin dal primo giorno in casa famiglia. Dopo anni passati a piangere e a prendermela con me stessa, finalmente mi svegliai e cominciai a trattarle esattamente, se non peggio, come mi avevano trattato loro. Da quel momento ci avevo preso gusto e non mi ero più fermata. Carlos fu l’unico a non trattarmi di merda. Il ricordo di quando diventammo amici mi passò davanti agli occhi. Io stavo piangendo dietro le scale della casa famiglia e lui si è seduto affianco a me e mi ha abbracciato, senza dire una parola. Avevo dieci anni.
Mi accorsi che stavo piangendo come una fontana. Il cuscino era zuppo. Lo girai e chiusi gli occhi. Mi addormentai di botto.

Sognai una cameretta con i muri bianchi, due lettini e un morbido tappeto colorato. Due bambini che giocavano al centro con qualcosa di morbido e blu. Ridevano a crepapelle. Erano felici. Mi svegliai di soprassalto. Poteva essere un ricordo? Era così vivido. Così.. reale. Qualcosa di blu, perché mi era tanto famigliare? Guardai l’ora. La sveglia sul comodino segnava le sei e mezza. In quel momento il mio stomaco brontolò.

A malavoglia scesi dal letto, indossai una felpa con cappuccio e un paio di jeans. Ripescai il cellulare da terra e schiusi la porta. Andai a sbattere contro qualcuno.

–Ahi! Ma che cazz..- ma perché la gente non stava attenta a dove andava?

–Scusa, ero venuto a chiamarti per la cena- ancora lui? Alzai la testa. Ero praticamente spalmata su Alex. Visto da quella prospettiva non era per niente male. Mi staccai immediatamente. Non potevo pensare a quelle cose.

–Non sei il mio babysitter. Stavo scendendo- non sapevo cosa dire. Volevo davvero giocarmi anche la sua amicizia? Dopotutto era stato gentile con me.

–Ah, okay- bofonchiò voltandosi. Forse ero stata un tantino acida. Non aveva tutti i torti Carlos quando mi dava del barattolo di yogurt scaduto. Alex se ne stava andando. E ora che faccio?

–Ehi, aspettami- dissi correndogli dietro. Mi sentii una stupida ma misi l’orgoglio da parte. Si voltò guardandomi come se fossi un alieno. Cavolo, ero umana anche io! Lo affiancai.

–Andiamo?- chiesi senza guardarlo in faccia. Mi sentivo a disagio. Lui alzò le spalle e si avviò giù per le scale. In mensa tirava la solita aria. Gente che parlava dei fatti propri o che si urlava addosso. Quando entrammo tutti si girarono a guardarmi. Odiavo essere al centro dell’attenzione di così tanta gente.

–Beh? Che avete da guardare? Volete una foto?- chiesi acida. La gente a volte è così irritante. Tutti tornarono a farsi i cazzi propri. Alex prese da mangiare e ci sedemmo in un angolo. Mi avventai sul cibo come se non mangiassi da giorni.

–Cavolo Lia, non hai mangiato a pranzo?- chiese in tono, forse schifato? Non ero mai stata attenta all’etichetta o galateo. Mi pulii la bocca con il tovagliolo per darmi contegno.

–No, dormivo- . Adocchiai un pezzo di cotoletta nel suo piatto.

–La mangi quella?- gli chiesi facendo gli occhioni e tenendo la forchetta già pronta. Alex sbuffò divertito e mi allungò il piatto. Non me lo feci ripetere due volte. Spazzolai tutto.

–Dimettono Red- Per poco non mi strozzai. Di già? Tossicchiai e bevvi un lungo sorso d’acqua. Se voleva farmi fuori c’era quasi riuscito.

–Non è troppo presto? Ha rischiato di rimanerci secco- non volevo che tornasse.

–E’ maggiorenne. Ha firmato le carte d’uscita- disse alzando le mani. E io che pensavo che i guai se ne fossero andati.

–E quando torna?-

-Domani-. Domani? Non avevo voglia di tornare a litigare di nuovo. Un po’ di tranquillità non si poteva avere? Mi era persino passata la fame.

–Lia dai, non fare quella faccia. Se proprio non lo sopporti, evitalo. La struttura è grande e tu non hai l’obbligo di frequentazione dei corsi- mi disse alzando gli occhi al cielo. Io non ne ero così convinta. Dopotutto non era la prima volta che mi veniva a cercare. Mi guardai attorno. Avevo bisogno di passare una notte fuori da questo posto. Un’ultima notte di libertà. 
  
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