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Autore: Aiqul Marnerazver    30/06/2017    0 recensioni
Nel Mondo della Magia, lì dove abitano i Mageschi, esseri con la coda che controllano la magia dei colori, un ragazzo conduce quella che sembra una vita quasi tranquilla. Ma quando una sola scelta sbagliata lo porterà a non dipendere più da sé stesso, dovrà affrontare ogni sorta di nemici per ottenere la libertà: tiranni, demoni, angeli, dèi, amori e, soprattutto, sé stesso...
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«…potrebbe venire a cercarci! Non stiamo parlando di…»
«Dobbiamo nasconderci!»
«Ci ha già avvertiti una volta, non aspetterà altro…»
«SILENZIO!» tuonò una voce roca, e subito le grida spaventate si zittirono. «Non scordatevi perché siamo qui. Non ha importanza se qualche stupido idiota ci minaccia così, noi…»
«Ci ucciderà! Ci ucciderà tutti, lo vuoi capire o no?» urlò qualcuno.
«Non possiamo aspettare che ci venga a prendere!» sbottò un altro.
«Ho detto SILENZIO, per gli Dei! Che cosa ne sapete voi? Non verrà, ne sono sicuro!» ribatté la voce roca con rabbia.
«Hai delle prove? È venuto ieri a minacciarci, non vedo perché non…»
«Sì, ho delle prove: lui vuole quel maledetto affare, ma ho già provveduto a tutto»
«Che intendi?»
«Gli ho detto ciò che già sapeva: che è stato rubato. Non gli ho detto che è in nostro possesso, non…»
«Sei impazzito? Se dovesse scoprirlo…»
«Non lo farà. Non può utilizzare i suoi poteri senza il medaglione, non è un Veggente senza di esso. È solo un Demone spaventato, disarmato e debole».
Tutti si zittirono per qualche secondo.
«Ma…» provò a dire qualcuno.
«Non accetterò altre contestazioni» lo interruppe la voce roca, «Tornate a lavorare. SUBITO!»
 
 
«Sveglia!»
Zl si raddrizzò di soprassalto, andando a sbattere contro il fragile e spinoso tetto di foglie.
«Muoversi, Impellerossa! L’esercito si sta dirigendo verso ovest, dobbiamo spostarci anche noi o ci scopriranno!» annunciò Fiama.
Zl si passò una mano sul viso, cercando di ignorare il dolore al fianco sinistro, ridestato dal brusco risveglio. Aveva dormito un sonno agitato, vinto dalla stanchezza e dal torpore, ma tuttavia si sentiva stranamente attento: quella notte aveva pensato e ripensato alla discussione fra Freezer e Rew, e stranamente non si sentiva molto scosso. Infondo, se Freezer aveva trovato un modo per bandire Udinski dalla sua mente, perché non poteva farlo anche con un Demone? Inoltre anche se ipoteticamente questo Demone riuscisse a usare la sua mente come ponte, come aveva detto Freezer, non significava necessariamente che lo avrebbe danneggiato, no? Anzi, se fosse riuscito a liberarlo una volta per tutte da Udinski, chi era lui per contestarlo? Probabilmente lo avrebbe dovuto solo ringraziare.
Eppure… c’era qualcosa che lo manteneva inquieto, anche se non riusciva a capire cosa. Continuava a ripensare alla conversazione, ma la sua teoria non sembrava cedere, ma anzi andava rafforzandosi sempre di più. Forse era solo il modo in cui aveva reagito Rew, o l’adrenalina del momento a farlo sentire così. Eppure…
«’Giorno» borbottò Mario entrando nella tenda.
«Ciao» rispose Zl, distolto dai suoi pensieri.
«Credi di riuscire a camminare?» chiese l’amico porgendogli una piccola ciotola piena di bacche rosse.
«Penso di sì»
«Perfetto, cambiati allora, partiamo fra una decina di minuti»
«Va tutto bene?» chiese Zl, preoccupato.
«Sì, sì… abbastanza» borbottò Mario uscendo dalla tenda.
L’altro rimase ad osservare il punto in cui era sparito. Non era normale per Mario essere così taciturno, e questa volta Zl era quasi sicuro che il suo malumore non fosse influenzato dalla mancanza del pane e formaggio, o perlomeno non completamente.
Si alzò con cautela e si cambiò, e notò con sollievo che la ferita andava di bene in meglio grazie alle cure di Freezer: gli faceva male solo se si muoveva bruscamente o se piegava troppo la schiena. Uscì dalla tenda e trovò Mario accovacciato a terra con un grosso sacco e un telo vuoto ai suoi piedi. Senza preavviso, evocò la sua spada e, con un fendente preciso e sicuro, fece crollare la tenda. Prese poi a lanciare i rami sopra il piccolo telo quadrato e infine lo chiuse con una corda e se lo issò in spalla insieme all’altro, probabilmente contenente i resti della sua tenda.
«Cosa…?» provò a domandare Zl.
«Sarebbe sospetto trovare i resti di dodici tende in una radura sperduta della Foresta di Verdia, non credi? Ognuno prende i resti della legna della propria tenda e li riutilizza. Quando sono troppo consumati o malridotti, li bruciamo e ci cuciniamo sopra, oppure li nascondiamo sopra gli alberi, in modo che sembrino solo dei normali rami secchi»
«Beh, allora dammi il mio» disse Zl, cercando di prendere il sacco che Mario teneva sopra le spalle, ma l’amico fece un passo indietro ridacchiando.
«Non saresti in grado di portarlo, sarà già tanto se riuscirai a camminare per tutta la mattinata. Non ti preoccupare»
«Ma…»
Mario gli fece segno di stare in silenzio e seguì la comitiva nella foresta. Il bosco di Verdia era incantevole: enormi alberi dagli alti tronchi massicci sfociavano in dei giganteschi rami quasi orizzontali, i quali formavano un cerchio perfetto simile ad un enorme fiore legnoso sospeso a dieci metri da terra. Le foglie secche d’un verde scuro meraviglioso scricchiolavano al loro passaggio. *(nel Mondo della Magia le foglie secche cambiano colore a seconda della foresta in cui si trovano, ma non diventano quasi mai marroni come quelle a cui siamo abituati noi)*
Dopo qualche ora di camminata, Zl iniziò a rendersi conto di cosa intendeva Mario: più il tempo passava, più il suo fianco iniziava a protestare lanciandogli fitte di dolore costanti e facendolo diventare sempre più goffo, il che era un problema abbastanza rilevante considerando che la foresta di Verdia non era facile da attraversare a causa dei tanti massi nascosti sotto le foglie. Per sua fortuna, Mario era sempre accanto a lui per aiutarlo, e già due volte lo aveva preso al volo prima che cadesse.
«Grazie» disse Zl dopo che l’amico ebbe sventato l’ennesima caduta.
«Figurati. Cerca di camminare dove vedi un po’ di fango, vuol dire che sotto c’è la terra»
«Grazie» ripeté Zl.
Non passarono che pochi minuti quando Zl cadde di nuovo, ma questa volta Mario non riuscì ad afferrarlo in tempo.
«Tutto bene?» gli chiese Mario, aiutandolo a rimettersi dritto.
«Sì, io… bene, sì… certo…» ansimò Zl, cercando di ignorare il dolore al fianco che si era risvegliato più feroce che mai, deciso a mozzargli il respiro. Quasi non si era accorto che Freezer si era avvicinato.
«Stai sanguinando» disse, «è meglio se ci fermiamo per un po’, appena ti senti meglio ripartiamo»
«No» lo interruppe Mario, «è ferito, dobbiamo fermarci qui per la notte»
«Non possiamo fermarci qui, abbiamo fatto al massimo centottanta qyrie!» *(circa diciotto chilometri)*
«Non ha importanza, lui…»
«Mario, posso farcela, non è un problema, davvero…» provò a mentire Zl.
«Come no, e io sono un Lõm» ribatté Mario alzando gli occhi al cielo.
«Basta così» li interruppe Fiama, «ci fermeremo qui per la notte».
«Ma Capitano…» provò a protestare Freezer.
«È meglio così» lo zittì lei.
«Ehm… Capitano, io posso tranquillamente procedere, non è un problema, davvero, io…» provò a dire Zl, ma si zittì meravigliato quando lei gli sorrise.
«Non ne dubito» disse lei con gentilezza, accovacciandosi accanto a lui. Prese un fazzoletto dalla tasca e lo posò con delicatezza sulla ferita per tamponare quel poco di sangue che fuoriusciva dalle bende. «Ma è meglio non rischiare. Inoltre questo è proprio un bel posto, ho già notato tre o quattro alberi da frutto»
Zl gli rispose con un sorriso automatico che lei ricambiò con altrettanta naturalezza. Poi si alzò e iniziò ad impartire ordini agli Impellerossa, e Freezer si allontanò con rabbia.
«Stai sorridendo come un ebete» gli disse Mario, aiutandolo ad appoggiarsi ad un albero.
«Cosa?» chiese Zl, perso tra i suoi pensieri.
Mario alzò gli occhi al cielo e lo ignorò.
«Aspetta qui, vado a chiamare Freezer»
Zl lo osservò posare i sacchi della legna e sparire fra gli alberi. Prese piano il fazzoletto che gli aveva dato Fiama: era rosso e morbido al tatto, probabilmente era stato tessuto con delle stoffe molto pregiate e resistenti. Notò che un angolo era già stato macchiato molto tempo prima, e probabilmente qualunque cosa lo avesse sporcato non era rimovibile, perché attorno alla macchia c’erano vari segni di un tentativo di smacchiatura che doveva essere risultato inefficace. Confuso, Zl lo prese fra le mani e lo osservò meglio. Notò con stupore che le macchie che aveva lasciato il suo sangue assomigliavano molto a quelle già impresse sul fazzoletto, e più il sangue si seccava, più i due colori sembravano simili.
Freezer sbucò dalla foresta con la sua valigetta da medico in mano, riscuotendolo dai suoi pensieri. Istintivamente, appena l’Impellerossa fu a solo un metro di distanza, Zl strinse il pugno per nascondere il fazzoletto. L’altro non ci fece caso e iniziò a medicarlo come il giorno prima, in silenzio e senza dargli nemmeno un cenno di intesa. Passò quasi un’ora a curarlo senza parlare, e piano piano Zl incominciò ad assopirsi, fino ad addormentarsi davvero.
«Così questo è ciò che rimane di te…» mormorò una voce. Era cupa e profonda, fredda come il ghiaccio.
Nessuno rispose. Lentamente, del vento iniziò a soffiare, prima piano, poi sempre più forte: agitava delle fronde invisibili, come se fosse deciso a farle danzare fino a che non si spezzassero e venissero inghiottite dal buio.
«Oremun Udinski, caine iqu» pronunciò la voce, e subito il buio si schiarì.
I suoi occhi si aprirono, e osservò il luogo in cui si trovava con nostalgia. Un grande castello nero con tre torri, ognuna contenente due dischi di metallo a mo’ di campane in cima, un enorme portone d’ebano e metallo, un deserto vasto come l’oceano che si stendeva a perdita d’occhio alla destra dell’edificio, in contrasto con la foresta non più piccola alla sua sinistra.
«Cosa vuoi?» disse Udinski.
Gli bastò pronunciare queste parole per dare coscienza a Zl. Improvvisamente, il ragazzo capì che Udinski lo stava possedendo di nuovo, e che il luogo nella quale si trovava non era reale, ma era un sogno. Terrorizzato, cercò di lottare per la supremazia del suo corpo contro Udinski, il quale cadde a terra in ginocchio, ma non perse il controllo.
«Vedo che hai grandi problemi persino difronte ad un incantesimo debole come quello di Freezer. Mi fai quasi pena» disse la voce.
Udinski sollevò a fatica gli occhi, incrociando lo sguardo del Demone. Aveva l’aspetto di un magesco di non più di venticinque anni dagli occhi e i capelli neri, il viso affilato e pallido con delle occhiaie non poco evidenti che marcavano con violenza gli occhi, vestito in modo quasi identico a lui, con delle tipiche scarpe e pantaloni neri da magesco e una maglietta con le stesse strane cinture della sua. Ma c’erano dei piccoli dettagli che facevano intuire la sua vera natura: i capelli neri tagliati corti erano ritti sulla testa, come se una calamita invisibile li costringesse ad andare verso il cielo, gli occhi neri erano troppo scuri, simili a dei buchi che non riflettevano alcuna luce, come se il bianco della cornea fosse opaco. Come se non bastasse, le braccia erano riempite da innumerevoli cicatrici, e non serviva un esperto militare per riconoscere in esse i segni della tortura.
«Fatti gli affari tuoi» sbottò Udinski.
«Li sto facendo. Mi hai rubato una cosa molto importante, e sono disposto ad uccidere per riaverla, lo sai» disse Demoren con ira.
Zl notò che, nonostante la sua rabbia evidente, non aveva alzato la voce, ma anzi l’aveva abbassata, il suo corpo si era teso lievemente all’indietro, probabilmente per un riflesso automatico. Per un attimo, pensò che avesse paura: infondo si trovava davanti al maestro di tutti gli Esper, a colui che era stato persino rinchiuso e torturato per la sua potenza. Ma dopo pochi istanti realizzò che aveva commesso un grave errore: non era una creatura impaurita ed insicura, ma una bestia potente pronta a sbranarlo. Udinski scoppiò a ridere.
«Fai del tuo peggio» disse, «tanto ormai non mi è rimasto più nulla. Hai ragione, non riesco nemmeno a contrastare un incantesimo di Freezer. Sono diventato debole»
Demoren inclinò lievemente il capo verso sinistra e lo fissò per una decina di secondi abbondanti, senza distogliere lo sguardo e senza muoversi.
«Hai ragione» disse poi in modo lento e controllato, «uccidendoti ti farei solo un favore…»
«Puoi sempre farmi un altro favore, un favore che mi permetterà di ridarti il medaglione» disse Udinski, cercando di fare il sorriso schietto e furbo che sfoderava sempre durante le trattative. Ma ormai era stato portato oltre il suo limite di sopportazione: qualunque cosa gli avessero fatto lo aveva distrutto a tal punto da fargli fare qualsiasi cosa pur di tornare com’era prima. Dovette intuirlo anche Demoren, che sorrise in modo freddo, gli occhi che lasciavano intuire la velocità con cui poteva ucciderlo e il controllo che aveva della situazione. Ma la sua coda si agitò lievemente, simbolo di crescente curiosità. Zl capì che Udinski doveva aver puntato sul mistero, sapendo che il Demone non avrebbe saputo resistere.
«Un favore, dici? Che tipo di favore potrebbe farmi riavere il mio medaglione se non quello di ucciderti e prendermelo con la forza…» disse Demoren con voce melliflua.
«Ho anche il tuo mantello, ricordi? Il mantello che ti ha regalato il tuo maestro, l’unico regalo che hai ricevuto per il tuo ultimo compleanno, prima che smettessi di invecchiare… lo so che lo vuoi…e io sono l’unico che può trovarlo…» disse velocemente Udinski, mentre il terrore lo conquistava. Tuttavia doveva aver toccato il tasto giusto, perché la coda del Demone diede un altro guizzo improvviso.
«Il mio mantello, già… maledetto ladro…»
«Te lo restituirò, il mantello e il medaglione! E ti darò anche… anche…»
«Ho già tutto quello che voglio, è inutile…»
«Ti servirò in eterno! Eseguirò tutti i tuoi ordini, io…»
«Non mi interessa…»
«Ti darò soldi, fama e potere, sai che posso far…»
«Non ne ho bisogno…»
«Ti darò il Bastone! Il Bastone di Creor!»
Questa volta Demoren si zittì all’improvviso, socchiuse gli occhi e la sua coda si fermò in aria.
«Il… Bastone, dici? Non è più mio, non come lo era anni fa… è un’anima spezzata, non posso usarla…» mormorò lentamente, ma questa volta non sembrava più esser sicuro delle sue parole.
«Non hai mai provato, ti giuro che te lo darò! Ritornerà tuo, come se non lo avessi mai perso, e con il suo potere potrai tornare ad essere un Angelo, come hai sempre voluto!»
Demoren sembrò soppesare l’offerta, il viso marcato dall’indecisione.
«E se non funzionerà» gridò Udinski in preda alla disperazione, «potrai venderlo a chiunque vorrai, o portarlo al Re dei Demoni per farti riammettere ad Inferia!»
Demoren lo guardò per almeno mezzo minuto senza cambiare espressione.
«Se ipoteticamente io accettassi… cosa vorresti che faccia?» chiese lentamente.
«Dammi un modo per spezzare l’incantesimo di Freezer» disse Udinski, la voce colma di speranza, «e appena mi libererò ti darò tutto, lo giuro!»
Con un impeto di terrore, Zl riprese per un attimo il controllo del suo corpo.
«No! Non lo fare, è un assassino, lui…» provò a dire, ma non riuscì a completare la frase che venne di nuovo zittito dalla potenza dell’Esper. Demoren lo guardò negli occhi con volto inespressivo, ma i suoi occhi sembravano quasi riflettere i tanti ingranaggi in movimento dentro la sua testa.
«Ti aiuterò, ma non come vuoi tu» disse infine.
«Cosa?» chiese Udinski, sconcertato.
«Farò in modo che tu possa parlare con il ragazzo, ma non spezzerò l’incantesimo. Quando lo vorrà, potrà zittirti, e non potrai possederlo»
«Ma così non riuscirò mai a…»
«Non lascerò che tu uccida una persona innocente. Ho già versato abbastanza sangue negli ultimi tempi, e il ragazzo non ha colpa. Tuttavia, se non riuscirai a liberarti in meno di un mese, ti ucciderò. Se farai del male al ragazzo, ti ucciderò. Se il ragazzo sarà in pericolo di vita per condizioni che tu non potrai controllare, farò ciò che posso per salvare lui, ma non te. Se il tuo vecchio amico si farà vivo mentre tu stai possedendo il ragazzo, ti caccerò. Chiaro?»
Udinski rimase per un attimo senza parole. Poi abbassò la testa con rabbia e mormorò un assenso.
«Perfetto, allora direi di cominciare. Dovresti svegliarti il prima possibile»
«Perché?»
«Perché rischi di andare a fuoco»
 
Zl si alzò di scatto, la mente ancora attorcigliata alle ultime parole del Demone. Davanti a lui, tutto era in fiamme: gli alberi erano diventati delle enormi torce roventi, alcuni tronchi erano caduti, le foglie che erano a terra erano diventate un oceano di fiamme danzanti. Ma il peggio era il fumo: era ovunque, oscurava la vista e gli bruciava i polmoni, facendolo tossire ripetutamente. Senza pensare nemmeno un attimo a ciò che faceva, corse nell’unica direzione dove il fuoco non aveva attecchito, ma le sue gambe si bloccarono poco dopo per il terrore.
«È una trappola» gli sussurrò Udinski nell’orecchio, e probabilmente Zl avrebbe urlato per lo spavento se il fumo gliene avesse dato la possibilità. «Vii vuole attirarvi laggiù. Conosco questo posto, c’è un fiume qui vicino, se riesci a raggiungerlo puoi nuotare fino al punto in cui hanno tagliato gli alberi per non far propagare le fiamme. Da lì sarai al sicuro»
Non aveva scelta. Zl corse per la foresta, cercando di seguire le indicazioni dell’Esper. Finalmente scorse l’acqua, e vi si buttò all’interno senza neanche pensarci. Questo fu il suo grande errore: la corrente era troppo forte per lui, e tra il dolore al fianco e la confusione creata dal fumo non riusciva a tenersi stabilmente a galla.
«Attento!» gridò Udinski nella sua mente.
Zl non fece in tempo a capire di cosa parlava che cadde dal ciglio di un’enorme cascata e svenne.
 
ANGOLO AUTRICE
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