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Autore: Miky Horan    30/06/2017    1 recensioni
Avevo sempre avuto un debole per gli occhi azzurri, soprattutto per i suoi, ma non mi era mai capitato di averli così vicini a me. Se ci fosse stato un esperto in colori e gradazioni lì, presente, avrebbe affermato che, a seconda della luce, mutavano dal blu dodger alla carta da zucchero. Io, invece, preferivo paragonarli all'oceano. Pieno di sfumature di cui nessuno aveva trovato un termine adeguato per descriverle.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mosse leggermente il piede destro chinando il busto in avanti. Impugnò la mazza prima con la mano destra poi, sopra a questa, con la mano sinistra coperta da un guanto bianco. Piegò le ginocchia, urlò “fore” per avvisare dell'imminente lancio, portò dietro la spalla destra il bastone per caricare il colpo e, con una mossa precisa, colpì la pallina facendo poi appoggiare la mazza sulla spalla sinistra in un perfetto swing. La pallina sibilò nell'aria e sparì oltre la collina. I presenti applaudirono.
“Ottimo swing, Signor Horan” disse il presidente del golf club che si era unito ad un gruppo di suoi amici per una partita pomeridiana.
Non ci capivo molto di quel gioco, il mio lavoro era solo quello di cercare le palline lanciate e avvisare nel caso fosse vicino ad una buca, ero una fore caddy per usare il termine preciso. Mi avviai verso la direzione dove presumevo fosse caduta seguita dal gruppo di giocatori che chiacchierava in modo spensierato godendosi quella rara calda giornata estiva nella campagna irlandese.
La pallina era a pochi metri dalla buca numero nove, l'ultima. Niall prese dalla sua sacca il putter, il bastone per i colpi finali e si avvicinò alla pallina bianca. Osservai i suoi movimenti precisi, calcolati quasi meccanici ma che rivelavano una capacità notevole di maneggiare quell'attrezzatura a me poco pratica. Indossava una polo bianca, i bordi delle maniche erano di colore blu ceruleo. Portava dei bermuda beige adatti al caldo sopportabile di quella giornata. Si aggiustò la visiera del cappellino bianco e si posizionò per colpire.
Un applauso accompagnò la riuscita del tiro. Si chinò per recuperare la pallina dal foro nel terreno e me la porse affinché la mettessi insieme alle altre nella sua sacca.
“Grazie” dissi prendendola. Sfiorai, involontariamente, il guanto bianco della sua mano. Era di pelle, più ruvido rispetto all'apparenza e aveva dei piccoli fori che partivano dal palmo e terminavano in prossimità del polpastrello di ogni dita, tutte tranne il pollice.
Mi sorrise.

La partita si concluse dopo un'ora. A quanto appariva, si erano divertiti tutti, ma Niall era al settimo cielo. Amava quello sport ( se si può definire tale) e amava divertirsi in compagnia. Era da quando aveva 12 anni che veniva a giocare qua, al Mullingar Golf Club. Ricordo che mi aveva invitato a vederlo giocare quando io avevo 15 anni e lui 18. Durante il suo contratto con una band, era venuto a giocare raramente, una volta ogni sei mesi se aveva del tempo libero. Se no giocava dove si trovava: Stati Uniti, Australia... Poi la band si era sciolta e lui aveva iniziato una carriera da solista scrivendo canzoni sue. Da quel momento, quasi due volte al mese, sempre viaggi permettendo, veniva a giocare. Era migliorato molto nell'ultimo periodo ed io ero felice di rivedere un amico. Non avevamo frequentato le stesse compagnie da adolescenti, ma per due anni ci vedevamo come amici, andavamo al cinema, facevamo qualche passeggiata. Gli avevo persino chiesto di darmi lezioni di chitarra cosa che poi venne dimenticata da entrambi.

Portai l'attrezzatura degli altri giocatori nella stanza con gli armadietti e la sistemai per le future partite. Solo Niall si portava l'attrezzatura da casa, a parte i legni ( bastoni più grossi rispetto a tutti gli altri). Mi raggiunse nella stanza dove venivano rimesse a posto gli attrezzi prestati ai membri.
“ Ciao. Sono venuto a restituire questi, Michi” prese la penna e scrisse l'ora di restituzione sul registro posato sulla scrivania.
“ Non hai bisogno di me, a quanto pare” mormorai osservandolo riporre i bastoni nel loro posto, nell'armadio più grande. Era semivuoto perché molti bastoni erano stati prestati al Dublin Golf Club che ospitava un Charity event per la ricerca contro il cancro.
“ Un giorno voglio vederti giocare!” affermò facendomi l'occhiolino.
“ Lavoro qua, Ni. Mi licenzierebbero” mi guardò dubbioso. Sapeva che stavo usando la verità come scusa.
“ Non sai giocare, vero?” sapeva dove andare a parare: il mio orgoglio.
“ Certo che so giocare!” alzò il sopracciglio destro come faceva sempre quando era scettico poi tornò in fondo alla stanza e aprì l'anta dell'armadio dove si era recato pocanzi prendendo una pallina e un legno.
“ Fammi vedere allora” prima che potessi replicare mi trascinò fuori dall'edificio sul campo da golf.
Posizionò la pallina a terra e mi porse il legno.
Lo guardai poi lo presi. In fondo bastava imitare quello che vedevo ogni giorno.
Mi guardai intorno sperando che nessuno mi stesse vedendo. Divaricai leggermente le gambe e impugnai il bastone. L'impugnatura era liscia e fredda. Caricai e colpii.
“ Michi.. la pallina è ancora lì” disse ridendo.
Arrossii e riprovai. Al terzo tentativo presi la pallina, ma la testa del bastone sradicò una zolla di erba lasciando una zona marrone vicino al mio piede.
“ Okay non so giocare e non capisco come possiate divertirvi ore e ore con questi attrezzi” mi arresi. Lui rise ancora. Prese la pallina caduta a qualche metro da noi e l'appoggiò a terra.
“ Concentrati su dove vuoi mandare la pallina. Osserva dov'è, dove vuoi che vada e poi colpisci”
Presi un respiro e ricaricai il bastone posandolo sulla spalla sinistra.
“ Aspetta” mi fermò e venne dietro di me abbassando il bastone e appoggiando le sue mani sulle mie. Mi ruotò il polso sinistro verso l'esterno sistemando la mia impugnatura. Era una strana sensazione averlo così vicino. Strana ma piacevole.
“ Appoggia il pollice sull'asta, non tenerlo chiuso con le altre dita. Perfetto ora riprova” staccò le sue mani dalle mie e indietreggiò di qualche passo.
Ricaricai e colpii. Stavolta la pallina si alzò più in alto e, formando una parabola, cadde lontano.
“ Dobbiamo lavorare sullo swing ma niente male” sorrisi soddisfatta.
“ Per la prossima lezione” disse prendendo il bastone dalle mie mani “ cerca, quando colpisci di ruotare di 45° il bacino. Così..” finse di colpire la palla e ruotò il bacino appoggiando il peso sul piede sinistro. Mi soffermai a osservare il suo corpo snello e agile. Si voltò e io distolsi lo sguardo.
“Capito?” annuii e mi sorrise. Lo avevo sempre ritenuto un ragazzo molto carino, ma guardandolo meglio, lì davanti a me, potei affermare che era davvero bello.

Tornammo dentro che ormai il sole stava tramontando. Riponemmo bastone e pallina nell'armadio.
“ È stata una bella giornata” affermò quando chiusi l'anta. Mi girai e lo trovai a neanche un metro da me. Sorrisi concordando con la sua affermazione. Fece un piccolo passo verso di me, gesto inaspettato da parte mia che, involontariamente mi fece indietreggiare sfiorando l'armadio con la spalla. Fissò i miei occhi poi le mie labbra e di nuovo i miei occhi. In quel momento arrivò Nathan, l'altro fore caddy che lavorava con me, di fretta e con il fiatone.
“Il Signor Scratch sta arrivando, Michi! Dice che sei stata vista giocare durante il tuo orario lavorativo con lui. Cosa ti passa per la testa?” Spalancai gli occhi e guardai Niall.
“ Cavolo, Ni.. e adesso? Rischiamo io il licenziamento e tu l'espulsione dal club”
“Nascondetevi da qualche parte” suggerì Nathan “ io dirò che sei andata a casa prima per un imprevisto così sarai salva” aggiunse.
“ Dove ci nascondiamo?” chiesi in preda al panico. Nathan si sporse dalla porta per osservare il corridoio.
“ Non lo so ma sta arrivando non potete più uscire.”
Feci per replicare ma mi sentii tirare per un braccio. Dopo qualche secondo mi trovai spinta nell'armadio grande.
“ Nathan chiudi gli sportelli” disse Niall entrando a sua volta schiacciandomi contro alla parete. Le ante vennero chiuse e divenne tutto buio. Solo in quel momento realizzai.
“ Niall sei pazzo, io soffro di claustrofobia”
“ Lo so, mi ricordo, ma ora non parlare.” feci per rispondergli ma mi tappò la bocca. Sentimmo dei passi.
“ Signor O'kelly, dove sono il signor Horan la signorina Mccarthy?” urlò furioso.
“Horan ha firmato un'ora fa la consegna dei legni come può constatare anche lei dal registro. La signorina Mccarthy è uscita poco dopo per un'emergenza familiare. Ero io incaricato di dirvelo, signore, ma mi sono dimenticato, mi scusi.
Niall tolse la mano dalla mia bocca. Era tutto buio, filtrava pochissima luce dall'alto tra le due ante. Cercavo di non pensare alla mia claustrofobia. Lo spazio era inesistente. Ero schiacciata contro la parete destra perché era l'unica parte dell'armadio libera dai bastoni e dalla sacca appesa all'anta.. Niall era praticamente appoggiato a me.
“ Scusa ma questa sacca mi sta uccidendo la schiena” sussurrò avvicinando di più il busto al mio.
“ Tu hai avuto questa idea geniale” sussurrai a mia volta con tono arrabbiato.
“ Preferisci essere licenziata?” non risposi e chiusi gli occhi immaginandomi di essere in un prato di almeno venti ettari e non chiusa in un armadio di mezzo metro di profondità. Ad un tratto la mano di Niall si posò sul mio fianco.
“ scusa ma non c'è spazio e io non resisto più con questa sacca che mi trapana le vertebre” mosse il piede verso di me e si avvicinò ancora di più.
“ Ni non ci sto, mi schiacci se continui a venire più vicino” mormorai cercando un posto dove appoggiare le mie mani per dargli più spazio. Alla fine le appoggiai sulle sue spalle.
“ Scusa ma è il posto più comodo” arrossii. Menomale che non poteva vedermi bene a causa del buio.
Il signor Scratch continuava a parlare con Nathan che cercava di persuaderlo e di farlo uscire dalla stanza. Ad un tratto urtai il legno di fianco a me che si spostò contro la parete facendo rumore.
“ cos'è stato?” chiese il mio capo. Trattenni il respiro e chiusi gli occhi stringendo le dita attorno alla polo di Ni. Ci avrebbe scoperto ne ero sicura.
“ Nulla, signore, devo finire di sistemare i bastoni perché nella fretta li ho solo appoggiati malamente”
“ Signor O'kelly se non svolge tutti i suoi compiti prima delle otto e mezza le abbasso il salario mensile. E ora vada a sistemare
il campo vicino alla buca cinque. Qualche maleducato ha tirato la pallina sradicando una zolla di terra e non ha chiamato nessuno per sistemarla”
“Veramente signore io avrei alcuni documenti da..” non finì la frase perché venne interrotto.
“ niente scuse, si sbrighi!!”
Passarono alcuni minuti di silenzio.
“ Se ne sono andati?” Niall alzò le spalle. Solo allora vidi che avevo ancora le dita chiuse attorno al tessuto della sua maglietta. Le aprii e lasciai libero il cotone della polo.
“ Provo ad uscire?” annuii. Posò la mano sull'anta e fece per spingere ma non si aprì.
“ Michi... mi sa che Nathan ha fatto scorrere il chiavistello.” sbarrai gli occhi. Niall riprovò ad aprire ma senza successo. Prese un bastone e infilò il manico nella fessura tra l'anta e il pavimento dell'armadio per avere una fessura di aria e luce. Ma io non ero calma. Sentivo l'ansia crescere e iniziai a respirare a fatica.
Niall se ne accorse e cercò di calmarmi. Mi strinse contro di sé dicendomi di fare respiri profondi. Li fece insieme a me fino a che non mi tranquillizzai.
“ Va meglio?”
“Sì, credo di sì. Grazie” sciolse l'abbraccio in cui mi aveva stretta.
“ Vedrai che Nathan tra poco torna ad aprirci” grazie alla luce che ora filtrava dal buco creato con il bastone da golf, potevo vedere il suo viso nella penombra. Osservai i suoi occhi azzurri scrutare la parete al nostro fianco. Tolse un legno e lo posò dietro di noi per avere un po' più di spazio. Solo allora notò che lo stavo osservando. Avevo sempre avuto un debole per gli occhi azzurri, soprattutto per i suoi, ma non mi era mai capitato di averli così vicini a me. Se ci fosse stato un esperto in colori e gradazioni lì, presente, avrebbe affermato che, a seconda della luce, mutavano dal blu dodger alla carta da zucchero. Io, invece, preferivo paragonarli all'oceano. Pieno di sfumature di cui nessuno aveva trovato un termine adeguato per descriverle. Anche lui mi stava guardando negli occhi. Il silenzio ci avvolgeva, ma era un silenzio piacevole, elettrico. Appoggiai una mano sul suo petto, vicino al piccolo stemma a sinistra, sul cuore, del golf club: uno scudo color oro e argento con un ricamo in filo dorato Mullingar Golf Club. Lo sfiorai con il dito poi tornai a guardare il suo viso. Stava guardando il mio polpastrello sfiorare le cuciture dello scudo, sentendosi osservato alzò lo sguardo. Avvicinò appena il viso al mio e guardò le mie labbra poi i miei occhi aspettando un segno che potesse frenarlo da ciò che voleva fare.
Io, però, non riuscivo a muovermi. Ero percorsa da una strana sensazione, l'adrenalina scorreva nel mio corpo. Posai l'altra mano, libera, tra il suo collo e la spalla e lo avvicinai appena ritrovandoci a meno di dieci centimetri di distanza. Le sue labbra rosse e sottili erano leggermente socchiuse. Mi tirò leggermente verso di sé e le sue labbra sfiorarono le mie per poi annullare le distanze.
Improvvisamente sentii un rumore metallico e le due ante si aprirono. Niall si staccò di colpo.
“Scusate se non vi ho aperto prima, ma quello non mi lasciava andare” Nathan e il suo tempismo perfetto. Non sembrò accorgersi di ciò che aveva appena interrotto. Niall si schiarì la voce e uscì per primo aiutandomi a scendere a mia volta.
“Allora noi andiamo” dissi.
“Grazie Nathan”
“Di nulla, spero che tu non abbia sofferto troppo di claustrofobia lì dentro” scossi la testa sorridendo e uscii con Niall dalla porta sul retro per evitare di incontrare il mio capo.

Ci incamminammo verso il parcheggio.
“ Stavo... stavo pensando” disse Niall fermandosi sotto ad un lampione e guardandomi.
"Non abbiamo ancora cenato e sono solo le nove. Vorresti venire a mangiare qualcosa con me? Magari in un pub?” era leggermente agitato.
"Mi farebbe molto piacere” dissi sorridendogli.
Decidemmo di prendere la mia macchina. Sapevo che Ni avrebbe bevuto almeno una birra quella sera e volevo essere tranquilla di non dover tornare a casa a piedi come era successo una volta.
Risi appena a quel ricordo.
“ A cosa stai pensando?” mi chiese divertito.
“ Ti ricordi al compleanno di Tom? Tre anni fa, mi pare. Quando tu hai bevuto, vediamo, due birre e due drink e siamo tornati a casa a piedi?” restò qualche secondo in silenzio cercando tra i ricordi poi sbarrò gli occhi e scoppiò a ridere. Ripescammo dalla nostra memoria ricordi simili fino a che non mi disse la direzione da prendere.
“ Svolta alla prossima a destra e parcheggia”
Parcheggiammo vicino al Druids Chair Pub & Restaurant, uno dei pub, a mio parere, più belli di Mullingar. L'ambiente era accogliente, le pareti in mura a vista si alternavano a piccoli spazi ricavati nel muro dove c'erano tavoli con sedie imbottite. Il bancone occupava tutto il centro del pub, e dietro, sulla parete erano posizionate centinaia di bottiglie di birra e altri alcolici.
Il proprietario ci salutò mentre il cameriere ci accompagnava ad un tavolo in fondo alla sala reso più appartato da una colonna in pietra che creava una rientranza. Niall ordinò della carne in una strana salsa rossa e un secondo piatto che non conoscevo, mentre io mi limitai ad un piccolo hamburger.
“ Come sempre la differenza dei nostri stomaci è lampante” disse quando il cameriere gli portò il secondo piatto che traboccava di ogni tipo di cibo dalla carne alle patate alle verdure a tre diverse salse. Annuii divertita nel vederlo mangiare.
“ È sempre un piacere per gli occhi vederti mangiare, Ni!” rimase sorpreso da quella mia affermazione poi sorrise. Io bevvi una Guinnes piccola mentre lui bevve due Harp Lager medie.

Quando l'atmosfera attorno a noi iniziò a scaldarsi e chi aveva alzato troppo il gomito iniziava a cantare o urlare e importunarci, pagammo e uscimmo. Decidemmo di fare una passeggiata fino al parco. L'aria frizzante solleticava la pelle e scompigliava i nostri capelli. Superammo l'area dedicata ai bambini e arrivammo al laghetto artificiale creato soprattutto perché i più piccoli potessero dar da mangiare alle anatre e far scivolare sull'acqua piccole barchette e vederle toccare la riva opposta.
Parlammo sdraiati sull'erba umida osservando l'universo davanti ai nostri occhi. Mi confessò alcune paure che aveva e di come ne aveva affrontate altre. Mi raccontò alcuni dei momenti che aveva vissuto nell'ultimo periodo, rise raccontandomi di momenti nel backstage con i membri del suo gruppo, guardò lontano trattenendo le lacrime dicendomi di aver parlato con un suo amico dopo la morte del suo patrigno. Condividemmo insieme i nostri punti di vista. Ogni tanto giravo la testa e lo osservavo mentre parlava guardando le stelle. E ogni secondo di più io mi innamoravo di lui, del luccichio delle stelle che veniva catturato nei suoi occhi, del suo carattere, del suo accento marcato accento irlandese nel pronunciare alcune parole e del modo in cui mi guardava quando si sentiva troppo osservato.

A mezzanotte passata venne un poliziotto.
“ Scusate, ragazzi, ma dovete andarvene. Il parco sta chiudendo” Ci alzammo rigraziandolo, mi pulii i vestiti dai fili d'erba e uscimmo.
“ Non voglio che questa giornata finisca” ammisi entrando in macchina.
“ Michi.. facciamo una pazzia?” un sorriso strano gli si dipinse sul viso e io non potei che accettare. Scesi dalla macchina per lasciare a lui il posto di guida e accese la macchina. Si immise sulla provinciale. Guidò per un'ora mentre continuavamo a parlare. Vidi le indicazioni per Dublino e pensai che fosse la nostra meta ma non svoltò per il centro. Dopo altri venti minuti lessi “ Skerries” su un cartello stradale. Appena uscì dalla provinciale vidi il mare, vidi le onde.
Parcheggiò e scendemmo. Per un attimo dimenticai di tutto, persino di essere con lui. Mi tolsi le scarpe e corsi a sentire la temperatura dell'acqua. Le onde si infrangevano sul bagnasciuga e il loro rumore era quasi impercettibile. Chiusi gli occhi e inspirai l'aria impregnata di sale. Sentii le sue mani posarsi sui miei fianchi e appoggiò il mento sulla mia spalla. Sapevo che aveva preso tutto il coraggio che aveva dentro per fare quell'azione. Restammo così per un tempo a me lunghissimo, con i minuti scanditi dalle onde e dal suo respiro. Si alzò una leggera brezza che mi fece rabbrividire. Si scostò da me. Mi girai per capire il motivo e lo trovai accovacciato sulla sabbia. Si alzò e mi porse una conchiglia. La osservai poi guardai i suoi occhi.
“ Tu e questa conchiglia siete simili” dissi. Parve divertito e pensò che lo stessi prendendo in giro.
“ Siamo entrambi molto pallidi?” scossi la testa ridendo.
“ La conchiglia cattura il suono del mare al suo interno. I tuoi occhi invece hanno catturato la sua essenza, la sua profondità e la sua bellezza” sussurrai le ultime parole, appoggiai le mani alla base del suo collo e lo baciai. Quel bacio che prima era stato quasi accennato e poi interrotto da Nathan. Quel bacio che avevo aspettato tutte le volte che andavo al lavoro e speravo di vederlo segnato tra la lista dei giocatori della giornata. Quel bacio che racchiudeva ogni parola che potevamo dirci in quel momento. Si staccò e mi sorrise. Non avevo mai visto quel sorriso prima e me ne innamorai.

  
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