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Autore: Freuda Weasley    01/07/2017    1 recensioni
Di cosa parla questa storia? Di una ragazza in ricerca di avventure e della sua identità. La troverà? Beh, il suo cammino è molto lungo, pericoloso, (estenuante), e sarà ricco di sorprese! Tornate nella Terra di Mezzo ancora una volta, al fianco di Thorin Scudodiquercia e della sua compagnia! Stessa meta, stessi personaggi, ma... stesso viaggio?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice
Ciao ragazzi! Finalemente sono tornata! Scusatemi davvero per tutto il tempo impiegato! Spero che questo capitolo valga l'attesa! Lasciate un commento o scrivetemi un messaggio privato per ogni commento! Aspetto vostre notizie.Buona lettura, alla prossima!
Freuda Weasley




 

                                                                         Cascate di ricordi
 
Quando Ionis e Thorin tornarono insieme dalla compagnia furono accolti con il calore e il clamore propri dei nani. Erano tutti felici, e le sembrò anche sollevati, di rivederla; a parte Dwalin, che non le rivolse una parola, ma solo sguardi indagatori: non si fidava ancora, forse non si sarebbe mai fidato completamente. Le sue incertezze erano dovute all’orgoglio, o forse a una lieve invidia? Non la vedeva al posto giusto nella compagnia e il suo approccio dava a credere che non l’avrebbe mai accettata tra loro o riconosciuto le sue doti. La sua presenza sarebbe sempre stata una minaccia. I suoi compagni invece, più aperti, la accolsero subito come una loro congiunta e ce la misera tutta per farli parlare, ma non ottennero risposte soddisfacenti e complete. Guardandosi intorno, Ionis notò un sacchetto tintinnante che passava dalle mani di Fili a quelle di Kili e non si lasciò sfuggire nemmeno il sorriso radioso del fratello più giovane, ma decise che avrebbe chiesto spiegazioni più tardi. Tutta quell’euforia la stava mettendo a disagio.
‘Sì, bene, adesso siamo di nuovo quanti saremmo dovuti essere fin dall’inizio! Non c’è tempo da perdere! Abbiamo una montagna da raggiungere!’ Gandalf non aveva preso parte al benvenuto, ma le sue parole riportarono tutti alla realtà e in un paio di minuti, erano di nuovo tutti in fila, al passo, verso la loro distruttiva meta.
Nonostante il chiacchiericcio in sottofondo, era inevitabile avvertire un’innaturale tensione farsi strada lungo il cammino; il capo della Compagnia non era affatto tranquillo e il suo silenzio mise in allarme Io. Aveva scambiato qualche battuta con lo stregone, in testa alla compagnia, ma per il resto era rimasto taciturno. Cosa c’era che non andava?
Quando, improvvisamente, la ragazza collocò nella mente la loro posizione e capì dove erano diretti sentì il cuore venire trafitto come da un pugnale di ghiaccio. I ricordi trafissero l’anima e la mente, le braccia si irrigidirono. Abbassò subito lo sguardo e cercò di concentrarsi sulla criniera di BlackDust, lo sguardo fisso sui suoi crini illuminati di smeraldo, ma era un solo volto davanti agli occhi e non riusciva a levarselo dalla mente. Non riusciva nemmeno a capire cosa stesse provando, agitazione o felicità? E perché mai avrebbe dovuto essere tesa? Di sfuggita, vide Gandalf fermarsi; pochi secondi dopo, tutti lo stavano imitando. Avevano deciso di fare una sosta.
Smontò da BlackDust ancora al passo e si avvicinò a lui, fremente;
“Dove ci stai portando?” chiese, senza nemmeno provare a nascondere la sua lotta interiore.
“Credo che tu lo abbia capito oramai.” Rispose calmo dopo averla osservata a lungo, chiaramente alludendo alla sua reazione.
“Ti stai comportando come una bambina. Non insultare la tua intelligenza, comportati rispettando la persona che sei e che so tu sei. Non c’è niente lì ad attenderti per cui tu debba preoccuparti. Ricorda, mi fido di te.’ Continuò senza darle il tempo di organizzare una risposta.
“Non ce la faccio…” sussurò con le lacrime agli occhi per la rabbia.
“Certo che ci riuscirai.” Rispose annoiato. Come faceva a spiegarglielo? Come fargli capire di voler evitare il più possibile un incontro con una persona che non avrebbe desiderato altro che rivedere? Non riuscendo a continuare e convinta che tanto non avrebbe capito, si rassegnò e fece finta che i suoi sentimenti non avessero importanza. Si avvicinò al suo destriero, affondò il volto nella sua criniera, ne inspirò l’odore. Sapeva di sole, polvere e pioggia. Quest’ultima era forse dovuta alle sue lacrime? Certo non l’avrebbe incontrata lì, ma quale sarebbe stata la differenza? Avrebbe passato giorni in un luogo in cui tutto le avrebbe parlato di lei e non sarebbe riuscita a sostenerlo. Non senza un cuore colmo di nostalgia e rimorso ogni minuto di ogni giorno e un bel pianto alla luce fredda della luna, in un luogo dove nessuno avrebbe potuto sentirla, ma nonostante questo, in cui non avrebbe desiderato altro che qualcuno la consolasse e al contempo si sarebbe vergognata di farsi vedere in quello stato, così come si vergognava di voler evitare un luogo di pace e la possibilità di dedicare dei momenti, seppur tristi e dolorosi per Io, a lei. Quando aveva seguito sua sorella allontanarsi verso l’orizzonte, sapendo che non l’avrebbe probabilmente più vista, aveva desiderato così ardentemente correre dietro al suo cavallo per fermarla e trascinarla a casa da lei, a qualunque costo; avrebbe dato qualunque cosa pur di farle cambiare idea. Ma era quello che lei voleva. Andare via. Brotma non era mai stata veramente accolta nel castello dalla gente del regno. Era un’elfa nata da due umani, e questo a loro bastò per additarla fin dalla nascita. L’aveva accettato e sopportato solo per restare vicina ai suoi due fratellini, ma una volta cresciuti,  che non avevano più bisogno di lei, a quanto credeva, non rifiutò l’opportunità della sua vita, di vivere insieme a esseri come lei, che l’avrebbero apprezzata per il suo lavoro. Ionis non l’aveva mai perdonata. O meglio, certo che l’aveva fatto. Ma a sua sorella non l’avrebbe dato a vedere così facilmente. Perché i loro destini si sarebbero incrociati di nuovo, ancora una volta, ne era certa. Aveva una voglia di abbracciarla! E di chiacchierare con lei, davanti a un camino e a una tazza di tè, proprio come avevano fatto innumerevoli volte. Anche solo una sera, anche solo per un momento. Sentirla vicina e scaldarsi con l’allegria della sua risata. Come poteva spiegarglielo? Come avrebbe mai potuto capire? Alzò subito la testa e fece finta di aggiustare delle cinghie mentre i suoi occhi si asciugavano. Si sentiva così stupida per aver pianto e aver perso il controllo così! Non era mica una bambina!
“Dove siamo diretti?” chiese una voce; Ionis, di spalle, non seppe riconoscerla, ma chiuse di scatto gli occhi, come se bastasse a non sentire.
“Davanti a noi ci aspetta la valle di Forraspaccata, dove regna Elrond, re degli Elfi Bruni, a cui ho mandato un messaggio. Ci accoglieranno e ci offriranno cibo e riposo, di cui abbiamo un disperato bisogno, tanto per noi quanto per i nostri poveri pony, quindi non sarebbe saggio farli attendere troppo. In più, sarebbe ottimo proseguire sul sentiero giusto: le Montagne Nebbiose, che si stagliano proprio davanti a noi, sono insidiose e non è detto di riuscire a tornare indietro, semmai dovessimo imboccare la strada sbagliata.” I nani furono rincuorati nel sentire buone notizie sul rifocillamento e lo hobbit era felice di poter incontrare gli elfi, creature che stimava e amava da sempre.  Quando ripresero la marcia, la ragazza si tenne in coda e non rivolse la parola allo stregone per giorni. Era tutta colpa sua. Lui che li guidava, lui che non faceva nemmeno lo sforzo di comprenderla, lui che aveva rovinato tutto! Cercò di concentrarsi sul paesaggio circostante, senza pensare troppo a coloro che erano ad attenderli in una valle nascosta, prima delle montagne.
Qualche sera dopo, Gandalf, che si era accorto di tutto, si sedette accanto a lei, davanti al fuoco scoppiettante, mentre gli altri si raccontavano leggende che lei non ascoltava.
“Questa terra ci offre così tanti popoli, così tante opportunità, di discussione ma anche di aiuto, occasionalmente. Dobbiamo essere tanto saggi da riconoscere i nostri limiti e chiedere aiuto, se abbiamo bisogno. L’orgoglio può renderci ciechi, così come la paura, la paura di perdere, di vincere, di restare soli, ma non dobbiamo lasciarci intimorire. Se ragioniamo razionalmente, non possiamo contestare le nostre scelte.” Crede che non abbia già colto il suo messaggio?
“Noi siamo qui, insieme, per compiere una missione. E non possiamo farlo senza sapere se c’è un’entrata nascosta. Gli elfi sono le creature più sagge e intelligenti che potrai mai incontrare su questa terra e possono darci la risposta che stiamo cercando. Saremo persi senza di loro.” Non avrai la soddisfazione di sentirmi dire che la ragione è dalla tua parte. 
“Io sono riuscita a sopravvivere. Per anni.” Rispose indifferente senza distogliere lo sguardo dalle fiamme. Lo stregone si alzò di scatto, facendo leva sul bastone e la sua indignazione. L’ho fatto arrabbiare. Scopo raggiunto. Perché non ne sono fiera? Lo sai che hai sbagliato. Oh, sta’ zitta voce interiore!
 
 
L’Ultima Casa Accogliente si avvicinava, anche se non era ancora visibile. Lo sentiva dagli alberi, dalla terra, dalle rocce. L’odore dell’aria era fresca e pungente quanto l’acqua gelata di una cascata: elemento indispensabile per quel regno. I nani erano impazienti di arrivare, giocando a nascondino con una valle che sembrava volesse restare introvabile.  Notò con soddisfazione che, nonostante per motivi diversi, il suo stesso umore era condiviso dal comandante della Compagnia: ai nani gli elfi non piacevano, ridevano troppo per i loro gusti e li trovavano irritanti nel farsi beffe delle loro barbe; Ionis non avrebbe potuto essere più d’accordo. Purtroppo per lei, non avrebbe dovuto aspettare ancora molto per incontrarli: verso sera arrivarono sull’orlo di un dirupo e proprio lì sotto, davanti a i loro occhi, si estendeva Gran Burrone, con le sue cascate, il marmo gelido e l’incantevole reggia di pietra che si appoggiava alla parete rocciosa alle sue spalle. Uno spettacolo meraviglioso, non c’è che dire; soprattutto per dei nani affamati che cavalcano da giorni sotto il sole. Cominciarono a scendere per il ripido sentiero a zig-zag del burrone che li avrebbe condotti nella valle e più si avvicinavano, più si sentivano scaldare dall’aria che li circondava e dai canti ridenti provenienti dagli alberi. Le loro canzoni erano ridicole e questo sembrava divertirli ancora di più, quanto il fatto di non poter essere visti. Ionis sentì delle battute non molto convenienti che la irritarono molto e la spinsero ancora più profondamente nelle sue avversità verso di loro, allontanando sempre di più la possibilità, già remota, di poter passare dei momenti di pace tra quelle mura. Strinse più forte i crini di BlackDust che usava come redini e si impose di ignorarli.
Poi, all’improvviso, un elfo saltò fuori dagli alberi e si inchinò davanti Thorin e Gandalf, in testa alla Compagnia.
“Benvenuti nella valle! Vi attendevamo!!” li accolse con un sorriso. Thorin ringraziò bruscamente, mentre lo stregone scese subito per chiacchierare con gli elfi intorno a loro. Il giovane alto che li aveva salutati per primo gettò un’occhiata veoce sulla Compagnia, ma bastò perché si accorgesse di qualcosa che catturò la sua attenzione.
“Mia signora!” esordì sorridendo più di prima alla vista di Ionis. Tutti si voltarono increduli verso di lei, i nani quanto alcuni elfi. Nessuno,comunque, era più perplesso di lei.
“Sono davvero spiacente, ma temo di dover affermare che, e non lo farei se non ne fossi del tutto certa, i miei occhi non abbiano mai scorto il vostro viso.” Rispose dopo essersi guardata intorno, ma aveva trovato solo più imbarazzo.
“Oh, non dovete temerlo. Dite la verità, i vostri occhi non hanno mai incontrato i miei, ma io ricordo le linee del vostro viso da un disegno che Jaken il Mercenario, la Spada della Notte, fece nascere dalle sue mani, una volta che fu nostro ospite qui, a Forraspaccata. Vostro fratello è davvero molto stimato tra noi, io stesso ho conosciuto l’onore di discorrere con lui sono state molte le serate passate insieme a rimirare il cielo, nonostante per noi siano sempre insufficienti. È stato molto tempo fa, vostro fratello era di passaggio da uno dei suoi numerosi viaggi, una sera d’estate, ma ricordo benissimo le sue parole e le sue mani che si muovevano con sicurezza sulla pergamena, facendo riferimento solo alla sua memoria, molto affidabile, comunque. La somiglianza è impressionante, vostro fratello ha davvero un grande talento. È un grande amico e troverà sempre buoni e amici e ospitalità tra noi, così come voi.” Quelle parole le toccarono il cuore e si sentì finalmente sciogliere dalla tensione che forzava le sue emozioni. Ricorda dove sei. Sentì dire dentro la sua mente, a cui rispose .’È stato carino a ricordare Jaken,comunque.’ E altrettanto con cordiale sincerità rispose all’interlocutore:
“Vi ringrazio davvero del vostro caloroso benvenuto, spero di esserne all’altezza.” L’elfo la guardò come se non avesse alcun dubbio.
“La permanenza vi porterà riposo e tranquillità.” Stavolta si rivolse a tutti e Ionis non riuscì a trattenersi dal manifestare i suoi veri sentimenti.
“Lo spero, ma ne dubito fortemente.” Il giovane parve perplesso, ma Gandalf lo richiamò a sé prima che potesse chiedere altro ed egli disse che c’era ancora della strada da fare e gliela indicò. Solo dopo esser arrivati al fiume montano di cui avevano udito la voce e averlo passato grazie a un ponte, finalmente giunsero all’Ultima Casa Accogliente.
Elrond, il signore degli Elfi Bruni, era un grande amico di Gandalf; molto gentile e colto, sarebbe stato lui a cui avrebbero chiesto risposte, ma il giorno dopo. Ora erano tutti troppo affamati per dilungarsi in chiacchiere, furono guidati da Elrond solo per una presentazione veloce, perché sapesse a chi stava dando ospitalità. Anche lui fu lieto di vedere Ionis tra gli ospiti.
“La vostra Compagnia ha allargato i suoi orizzonti,vedo.” Notò con un sorriso beffardo.
“Le lame non si distinguono solo dal metallo; anzi, quell’elemento svolge solo una piccola parte. Tutto sta nella giusta lavorazione e, soprattutto, nella mano che le impugna.” Ionis non voleva essere la principessina educata dalla quale si ricevono solo parole di ringraziamento e sorrisi imbarazzati. Fu dapprima la sua posa a descrivere la sua indole: decisa e fiera, quanto le sue parole. Elrond sembrò divertito e Ionis ebbe l’impressione di non averlo sorpreso affatto.
“E queste ultime permettono di individuare tra tutte le migliori, senza dubbio. Proprio io ho il piacere di conoscere la migliore lama delle Terre di Mezzo e la mia stima non è priva di fondamento.” Lo stregone si intromise:
“Colei che hai davanti rispecchia l’abilità del fratello; se stiamo ancora parlando di stima militare, confido che non la priverai della tua considerazione.” Scherzò.
“Le nostre famiglie sono in pace, Ionis Oqea, non troverai alcun nemico tra noi.” La sola vostra vista è nemica ai miei occhi.
“Che queste acque e queste pietre possano portarti la tranquillità.” Non hai idea dell’impatto delle tue parole. Ma Elrond non poteva sentire i suoi pensieri, e continuò.
“Sarete un’ospite di riguardo, sul mio onore.”
“Confido che tutti lo saremo.” Rispose lei, gettando un’occhiata sui suoi amici. Il signore di Gran Burrone la invitò a sedersi accanto a lui e ne approfittò per raccontarle di Jaken. Quante avventure avevano vissuto insieme! Le raccontò delle battaglie che avevano combattuto e degli aneddoti che suo fratello aveva raccontato lungo i suoi soggiorni a Forraspaccata. La cena trascorse tranquilla e quando Ionis vide alcuni suoi compagni ritirarsi per la notte, pensò che fosse giunto il momento più adatto anche per lei di ritirarsi.
“Ma certo, mia cara! Vi farò subito condurre nelle vostre stanze! Dopo una notte di riposo luminosa come questa, la stanchezza vi scivolerà addosso come l’acqua.” Elrond fece per chiamare qualcuno, ma lei lo fermò.
“Signore, le sono grata per avermi riservato una stanza della casa, ma credo che non ce ne fosse affatto bisogno. Difatti, preferirei dormire sotto le stelle, stanotte. Spero che questo non vi crei disagio e che non vi faccia pensare che il vostro affetto non sia apprezzato e che non ve la prendiate, ma vedete… troppo a lungo ho passato le mie notti all’aperto e ora i boschi e la fresca e pungente aria notturna sono divenuti essenziali per me e soffrirei nel separarmene. Nessuna delle opzioni che mi presenterebbe potrebbe farmi rinunciare al canto della civetta, al lamento della cicala, al solo cielo stellato sopra di me. Un prato sarà il letto più apprezzato che potrete offrirmi.” 
“In questo caso, mia cara, potrete decidere come vorrete, se la decisione vi aggrada. La mia casa e tutto ciò che la circonda sono a vostra disposizione.” La ragazza ringraziò, augurò loro la buonanotte.
 
 
Il prato che si estendeva davanti alla reggia, nel punto in cui arrivava ad abbracciare il fiume, era rinfrescato dalle sue acque impetuose e inarrestabili. Lì trovò BlackDust, come ad aspettarla. Si distese sull’erba, la testa appoggiata all’immenso ventre dello stallone nero, a studiare i disegni segreti delle stelle. Non riuscì a no pensare ai suoi fratelli, Brotma e Jaken; le persone che amava di più al mondo, che avevano passato così tanti momenti di felicità tra quelle genti, che amavano la loro compagnia e si sentì terribilmente gelosa dei loro sentimenti e di tutti quegli attimi che non conosceva, a cui non aveva preso parte. Si vergognò di quello che aveva provato nei confronti degli elfi, ma allo stesso tempo non riusciva a non provare rabbia, una rabbia alimentata dal dolore che la consumava e alla quale era così facile concedersi. Sentì il viso venire rigato dalle lacrime, quasi bruciato dal loro calore, pungevano contro la fredda aria della notte. Quando chiuse gli occhi, cullata dal calore di BlackDust, le stelle si spensero.

  
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