Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    02/07/2017    6 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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~ 39 ~ 
SEPARAZIONI
 
“…So give me reason, to prove me wrong
To wash this memory clean,
Let the thoughts cross, the distance in your eyes,
Give me reason, to fill this hole,
With lifeless things between,
Let it be enough, to reach the truth and lies,
Across this new divide.”
(Linkin Park – New divide)
 
 
"Piove sul bagnato". 
Era l'unica cosa che Briz riuscisse a pensare…
Se ne stava seduta in plancia alla sua postazione, con indosso l'uniforme, come tutti gli altri, rimuginando su quello che il dottor Daimonji aveva appena rivelato loro, in quella riunione ufficiale straordinaria convocata all’improvviso, mentre quasi tutti loro si trovavano sulla terrazza.
Una fortezza zelana su Marte…
Come avevano fatto a costruirla senza che nessuno se ne fosse accorto, visto che ogni pianeta era costantemente monitorato? Erano venuti a conoscenza ormai da tempo che i Grotector, le astronavi dei quattro generali zelani, formavano la Croce Spaziale con i musi uno contro l'altro, creando così i passaggi spazio-temporali per far entrare nel Sistema Solare i vari Mostri Neri e compagnia bella; ma da allora, quando ciò accadeva, venivano sempre rilevati e scattava l'allarme.
E allora? Che non fosse una costruzione zelana? Ma se non era una cosa legata all'Orrore Nero, allora che cos’altro avrebbe potuto essere?
Comunque fosse, il fatto restava. Daimonji aveva deciso che la cosa dovesse essere indagata, e di questo Fabrizia non poteva discuterne: il Drago Spaziale sarebbe partito per andare a studiare la situazione su Marte e, all'inizio, questa cosa l'aveva quasi entusiasmata; aveva entusiasmato tutti, a dire il vero. Erano già stati nello spazio profondo, anche piuttosto lontano, ma il Pianeta Rosso esercitava sempre un certo fascino. Solo fino a qualche anno prima un viaggio su Marte, con i mezzi più moderni e tecnologici, sarebbe durato approssimativamente sei o sette mesi, nel momento di media distanza del pianeta dalla Terra, ma il Drago Spaziale aveva fatto un balzo immenso sulla tecnologia dei viaggi nello Spazio e, con l'ipervelocità, lo avrebbe raggiunto addirittura in poche ore.
Quello che non era piaciuto a nessuno, a lei meno che a ogni altro, era il piano che il dottore aveva stabilito affinché la Terra, in quel momento di attacchi ripetuti e martellanti, non restasse indifesa durante la spedizione.
Il Drago sarebbe sì, andato su Marte, ma solo con Daimonji, Sakon e Jamilah; e Pete, per forza di cose. Ma il Gaiking, Balthazar e gli altri quattro mezzi d’appoggio, Skylar, Bazzora, Nessak e Infinity, sarebbero rimasti, ovviamente insieme ai loro piloti.
A Fabrizia questa cosa non andava giù, non perché non la capisse, in fondo neanche lei vedeva altra soluzione: bisognava assolutamente appurare se quella costruzione su Marte rappresentasse un pericolo per la Terra o meno e, allo stesso tempo, non si poteva lasciare la Terra sguarnita… ma le era venuto lo stesso da protestare.
– Non ci siamo mai separati, non in modo così drastico! Io non… non sono convinta che sia una buona idea! – si era zittita subito e si era scusata, rendendosi conto che stava dicendo le sue solite bischerate, ma era stato più forte di lei – E se fosse una trappola? – aveva insistito poi, senza riuscire a trattenersi.
– Mi aspetto anche questa eventualità, Briz. Se così fosse, i nostri nemici non potranno contare sull'effetto sorpresa e, nel caso, il Drago saprà difendersi o batterà in ritirata, e avremo comunque avuto la nostra risposta – rispose Doc, paziente.
– Ho una bruttissima sensazione… – continuò Briz – come un presentimento… Avete presente una di quelle vocine che ogni tanto si fanno sentire? E che generalmente non ascoltiamo mai, col risultato di finire quasi sempre con il culo per terra e la merda fino al collo?
– Briz, ti prego! – l'aveva interrotta Pete – Adesso che ha risolto le sue paturnie Midori, su presentimenti, voci e allucinazioni, ti ci metti tu?
– Mi scuserai se ho un cervello che lavora, qualche volta.
– È proprio questo il problema, bestiolina: tu rimugini troppo, ti fai troppi viaggi e congetture.
– Ah, questa è proprio bella! – saltò su lei, punta nel vivo – Tu, che dai della segaiola mentale a me! È come quella del paiolo che grida dietro al pentolone!
– Io? Non mi permetterei mai! Hai detto tutto da sola – rispose Pete, sollevando le mani.
– Lasciamo perdere, va’… Magari hai pure ragione, non sono particolarmente lucida, in questo periodo – finì lei, rassegnata.
Daimonji e gli altri avevano ascoltato quello scambio di battute pungenti, senza sapere se essere divertiti o preoccupati. Un po' per la situazione: l'idea di smembrare l'equipaggio in quel modo non mandava giù di testa nessuno, ma era inevitabile; un po' per la strana piega che aveva preso, ai loro occhi, il rapporto tra Briz e Pete.
Ormai l'attrazione che c'era tra loro era palese, anzi, c'era sicuramente anche dell'affetto profondo, che trasudava da molti dei loro gesti: il modo che avevano di guardarsi, o di toccarsi fugacemente per poi ritrarsi come se quei contatti li spaventassero… o anche la scena di un'oretta prima sulla terrazza, per esempio, quando Briz era scoppiata a piangere rifugiandosi tra le braccia di lui. Alcuni sapevano anche che qualche bacio c'era stato, e non robetta da amici o fratelli; e persino i battibecchi e le punzecchiature, come in quel momento, avevano assunto una connotazione diversa. Tuttavia era evidente anche che, per qualche assurdo motivo, entrambi erano decisi a resistere a… questa cosa, che agli occhi di tutti gli altri, naturalmente, aveva un unico nome: Amore.
Daimonji, a quel punto, aveva dato le disposizioni per la partenza per Marte, prevista per l'alba del giorno seguente. Il Drago era emerso dalla sua caverna e aveva liberato il Gaiking, Balthazar e gli altri mezzi, poi erano atterrati tutti sull'ampia costa sabbiosa dove, per quella notte, sarebbero stati lasciati, come un gruppo di imponenti sentinelle, a vegliare nel silenzio.
Briz era rientrata al Centro, dalla spiaggia antistante il Faro, insieme ai compagni, per seguire il consiglio di Daimonji e dei medici e concedersi un'altra notte di sonno. Ne aveva un bisogno dannato: si sentiva ancora debole, le faceva male la testa, e solo eseguire la semplice manovra, senza connessione, di far uscire Balthazar dal Drago e posizionarlo in riva al mare le era costata fatica.
Arrivata nell'atrio, si appoggiò alla parete a fianco dell'ascensore, mentre gli altri si dirigevano alla mensa; l'idea di mangiare il cibo della cucina del Centro le faceva ancora decisamente schifo, non perché non fosse buona, tutt’altro, ma era ancora troppo pesante e gli odori troppo penetranti per il suo stomaco provato, che era, a tratti, ancora indolenzito dai crampi.
– Briz, che ti succede? Stai bene? – le chiese Jamilah, preoccupata.
– No, ho mal di testa e un gran bisogno di andarmene in camera e starmene un po' in silenzio, mangiare qualcosa di veloce e senza sapore e fiondarmi nel letto.
Pete le si avvicinò: – Ti accompagno, ci manca solo che mi svieni in ascensore.
Il tono non ammetteva repliche, e Fabrizia decise di prenderla in ridere.
– Sì, papà. Vieni pure a rimboccarmi le coperte?
– Se vuoi; magari ti do anche il bacio della buonanotte.
– Ma anche no – scansò lei, pensando che in realtà, un bacio della buonanotte, l'avrebbe fatta sicuramente stare meglio. O forse peggio, a dire il vero… Ahh, era meglio lasciar perdere!
– Ti lascio in buone mani o devo venire anch'io? – si informò Jamilah scherzando.
– Ma vai a mangiare, dai! È pure troppo persino lui, ma se mi oppongo mi frantumerà le palle a morte, tanto vale accontentarlo – rispose Briz ironica, rivolta all'amica, come se Pete non ci fosse.
Lui sorvolò, con un mezzo sorrisetto di condiscendenza, un sopracciglio sollevato e lo sguardo al cielo: ormai lo sapeva, che Briz si divertiva così.
Ridacchiando, Jamilah lasciò Fabrizia in compagnia del loro Capitano ad attendere l'ascensore, e un pensiero le si insinuò nella mente: nel loro equipaggio l'unica vera coppia erano Sanshiro e Midori, ma sapeva che, agli occhi degli altri, anche lei e Sakon, e Briz e Pete, erano considerati alla stregua di coppie virtuali o, per così dire, in attesa. Volendo guardare la faccenda in quest'ottica, saltava all'occhio una cosa: il giorno dopo, lei sarebbe partita per Marte insieme a Sakon; Sanshiro e Midori sarebbero rimasti tutti e due sulla Terra; Fabrizia e Pete, invece, sarebbero stati gli unici a separarsi.
E questo, per quanto potessero negarlo persino a sé stessi, era il loro tormento.
Jamilah scosse la testa: le cose non andavano bene, né dal punto di vista di quel logorante conflitto, di cui non riuscivano a scorgere la fine, tantomeno da quello emotivo e affettivo, per molti di loro. Briz e il Capitano erano in una fase di stallo dalla quale non sembravano avere intenzione di uscire, tanta era la convinzione di non essere fatti l'uno per l'altra, sommata alla paura di soffrire e ferirsi a vicenda.
E quanto a lei e Sakon… Spesso Jami si era detta che, se Lisa fosse sopravvissuta, avrebbe potuto giocarsela con lei ad armi pari, e una delle due ne sarebbe uscita vincitrice; se a diventare la donna di Sakon fosse stata Lisa, lei se ne sarebbe fatta una ragione: sarebbe stata felice per lui e se la sarebbe fatta passare, in qualche modo. Ma Lisa era morta, e lei non era stata tanto meschina da gioirne: non era fatta così. Vedere Sakon distrutto da quella perdita l'aveva fatta soffrire insieme a lui, ma si era anche resa conto che combattere contro un fantasma, era molto più difficile che affrontare una persona viva. Al ritorno dalla loro brutta avventura, quando erano stati prigionieri nel sottosuolo del Sahara, aveva avuto l'impressione che qualcosa stesse come per… sbloccarsi, tra di loro. E invece… niente: un abbraccio caldo e avvolgente, nel quale lei si era crogiolata per qualche meraviglioso minuto, e un casto bacio sulla fronte. Poi, c’era stato quel bacio per caso sulla terrazza, poche settimane addietro, del quale lui si era persino scusato: questo era tutto ciò che aveva avuto da Sakon.
Lei lo amava in silenzio da una vita; lui le voleva bene, ma amava il suo lavoro. E se oltre al ricordo di Lisa, aveva ipotizzato Jami, nel passato del suo capo ci fosse stata qualche esperienza che lo aveva deluso, al punto di non voler più considerare la possibilità di creare un legame amoroso importante con una donna? A volte la sua sensazione era proprio questa…
In ogni caso, doveva rassegnarsi: non ce n'era! Lanciando un ultimo sguardo alle porte dell'ascensore che, chiudendosi, nascosero Briz e Pete alla sua vista, Jami pensò che fosse davvero meglio che ci pensasse lui, ad accompagnarla. Chissà che non fosse la volta buona che… boh, magari sarebbe successo qualcosa! Certo Fabrizia, in quel momento, era prostrata, a livello fisico, ma a confessarsi di amarsi non ci voleva chissà quale forza disumana. O forse si sbagliava?
Sospirò… Almeno Briz se lo era baciato come si deve più di una volta, il suo bel Capitano!
Al diavolo, era stufa di essere per Sakon solo una specie di sorella-segretaria-tuttofare, scontata come una tazza di latte e cereali per colazione! Che fosse ora pure per lei, di darsi una svegliata e provare a smuovere un po' le acque?
Anche lei un po' abbattuta, Jami raggiunse il resto della truppa per risolversi a mandare giù qualcosa, e poi concedersi qualche ora di sonno, prima della loro avventura marziana.
– Se Doc si accorge che sali alla Piccionaia, ti fa degradare – mugugnò Briz a Pete, tenendo la testa bassa, mentre l'ascensore li portava all'ultimo piano.
– Tsz! E allora Sanshiro, che ci dorme pure? Che poi… dorme… Oddio…
– Ma taci, un po'! Ci arrivavo anche da sola, alla mia stanza, non sono mica diversamente abile. 
– No, infatti: tu sei diversamente suonata, che è un'altra cosa. Ma se non ti reggi in piedi! Prega che l'Orrore Nero non si faccia vivo per un po', ché non oso immaginarti a combattere in queste condizioni.
– Figurati io – commentò lei, mentre le porte si aprivano – Ecco, sono arrivata viva, visto? E non sono nemmeno collassata ai tuoi piedi! Coraggio, sparisci, bel pupone.
– Veramente hai l'aria di una che sta davvero per collassare da un momento all'altro – disse Pete, come se non l'avesse nemmeno sentita, passandole un braccio attorno alle spalle – Mi ricordi Melissa, una sera che l'accompagnai a casa completamente in sbornia.
– Io non sono ubriaca, non ho mica bevuto! E in camera mia non ti ci faccio entrare, come invece ha senz'altro fatto, a suo tempo, la tua scopamica Melissa…
– Piantala di dire baggianate, Cuordileone. Tanto per cominciare, non è nel mio stile approfittarmi di una ragazza sbronza, neanche di Melissa che, quella volta, ce la mise davvero tutta; figurati se lo farei con te! E poi lo so benissimo che sei solo distrutta. Vai a dormire, forza: domani starai meglio – la esortò, lasciandola e sospingendola verso la sua porta.
– Come potrò star meglio, guardando il Drago che se ne va lasciando qui me e più di mezzo equipaggio? "E soprattutto che si porta via te" aggiunse col pensiero.
– Continuo a pensare che non sia una buona idea, sappilo – ribadì appoggiandosi alla porta con la schiena, incrociando le braccia e osservandolo.
– Nessuno ne ha una migliore, Briz.
– Lo so – concluse sommessa, sapendo che non c'erano alternative.
Gli fece un sorriso stanco, che lui ricambiò avvicinandosi e scostandole dal volto la ciocca bianca; Fabrizia sentì le sue dita sfiorarle prima la guancia e poi l'orecchio, dietro al quale le fermò i capelli. Si accorse di star trattenendo il fiato e, senza volerlo, si passò rapidamente la punta della lingua sulle labbra secche.
– Non farlo mai più – disse Pete, sottovoce.
– Che cosa?
– Qu… quella cosa… con… con la lingua – articolò lui, completamente in confusione, posando l'altra mano sul muro a fianco della sua testa e abbassando appena il viso, fino a sfiorarle la punta del naso con il proprio. Briz girò appena la testa, cercando di evitare il suo sguardo, ma soprattutto le sue labbra.
– Ti prego, Pete, no! Non baciarmi… Non qui, non adesso.
Un no e tre non: quattro negazioni in un'unica frase… Non potevano essere ignorate, anche se per lui fu una fatica immane.
– Perché? Dammi una buona ragione – le chiese in un soffio, che le solleticò appena le labbra socchiuse.
 
Non-baciarmi
 

Briz gli posò una mano, aperta e decisa, al centro del petto e spalancò gli occhi, che erano stati sul punto di chiudersi in quell'attimo di pericoloso abbandono. A Pete non restò che scostare il volto di qualche centimetro e affrontare quello sguardo smeraldino.
– Vuoi una ragione, Pete? Bene, te la do: in questo momento non sono nel pieno delle mie facoltà mentali, non abbastanza per riuscire a resisterti. E non propinarmi stronzate su Melissa o il non approfittarsi di ragazze sbronze e quant'altro: se mi baci, io apro questa porta e ti faccio entrare; e se ti faccio entrare, non te ne andrai prima di domattina, con tutto ciò che ne consegue. Lo so io, e lo sai tu. Devo spiegarmi meglio?
Pete prese un respiro, allontanandosi di mezzo passo e chiudendo gli occhi. Briz lo vide deglutire e poi riaprirli, facendo un lieve cenno di diniego con la testa.
– Ti sei spiegata perfettamente – le disse a voce bassissima; non riuscì a resistere e le lasciò un bacio leggero tra la guancia e l'orecchio.
Fu un contatto lievissimo e rapido, che lasciò come una sensazione di caldo formicolio, a lei sulla pelle e a lui sulle labbra.
– Buona notte, fanciullina, ci vediamo domattina all'alba.
Briz continuò a fissarlo, mentre Pete indietreggiava di qualche passo e lei cercava con la mano lo scanner digitale che fece scivolare silenziosamente la porta metallica di lato. Fece anche lei un passo indietro ed entrò nella stanza, prima che il pannello di acciaio, richiudendosi, tagliasse l’invisibile filo che legava i loro sguardi.
 
***
 
“Ci vediamo domattina all'alba”.
Quell'ultima frase che Pete le aveva rivolto continuò ad aleggiare tra i pensieri di Fabrizia, e nei suoi sogni tormentati, per tutta la notte.
"Ci vediamo per cosa? Per dirci addio?" pensò confusa, quando si risvegliò definitivamente, ben prima dell'orario stabilito.
Però, nonostante tutto, il suo corpo era riuscito a riposare e, un po’ alla volta, quel senso di spossatezza cominciava ad abbandonarla.
Accantonare il desiderio che lei e Pete provavano l'uno per l'altra, semplicemente decidendo di smettere di baciarsi a ogni occasione, si stava rivelando più difficile del previsto. Anzi, più si imponeva di rinunciare a momenti del genere, più li desiderava. Non voleva cedergli, pur sapendo che anche lui provava, Dio solo sapeva perché, una prepotente passione nei suoi confronti.
Ma… era davvero solo così? A volte i suoi gesti sembravano tradire molto di più, come il bacino sulla guancia che le aveva dato la sera prima. Lei aveva sentito, in quel lieve contatto, un universo di sentimenti, da parte di Pete, quasi di più che in un appassionato bacio sulla bocca. Possibile che avesse commesso anche lui la stupidaggine di innamorarsi? Forse aveva sbagliato tutto; forse avrebbe davvero dovuto lasciarlo entrare la sera prima.
In fondo erano grandi, e liberi; e se anche da parte di Pete non fosse stato amore, che male poteva mai esserci, nel lasciare che accadesse? Dopotutto, sarebbero potuti morire domani, perché non avrebbero dovuto prendersi tutto il possibile? Lo aveva detto anche con Midori, a suo tempo: evidentemente predicare bene e razzolare male era un difetto comune… 
Tuttavia, paradossalmente, fu proprio questo ragionamento a convincerla di aver fatto la scelta giusta…
Infilò velocemente la divisa e mise da parte questi pensieri che, in quei momenti, le sembrarono terribilmente futili: avevano ben altro a cui pensare.
Raggiunse la spiaggia prima degli altri e rimase per un po' lì, seduta sulla sabbia a gambe incrociate, accanto ad una delle immense zampe di Balthazar, a guardare il sole sorgere dal mare.
L'aurora: era persino il suo secondo nome, e in tanti la consideravano un simbolo di speranza… ma la bellezza e il significato di quel fenomeno naturale non le suggeriva, al momento, niente del genere; la percezione di oscuri presagi si fece, anzi, più forte.
Nella luce dorata, vide arrivare il resto della truppa in procinto di raggiungere il Drago Spaziale, chi per partire alla volta di Marte, chi per ricevere le consegne.
Eccolo lì, Peter Jonathan Richardson, Capitano e pilota del Drago Spaziale: alto e biondo, bello, serio e coraggioso. Uno così… non sarebbe stato mai veramente suo, ma… ciò non toglieva che fosse l'amore della sua vita.
Il dottor Daimonji designò Sanshiro comandante in capo del gruppo che sarebbe rimasto a terra e Briz suo secondo, in quanto piloti dei due mezzi più potenti. Briz pregò che non ci fosse proprio nessun bisogno che lei dovesse davvero comandare qualcosa, o qualcuno, senza l'aiuto di Sanshiro, perché se ciò fosse accaduto, sarebbe stato un brutto segno; un gran brutto segno.
La legge di Murphy le balenò nella mente: ”Se qualcosa può andar male, lo farà!”
Scosse la testa, come per rimuovere quella vecchia stronzata tanto pessimista quanto inopportuna, e si concentrò sui compagni. Sakon e Daimonji, dopo aver salutato tutti, avevano guadagnato la rampa d’imbarco, insieme a Pete che, però, sembrava temporeggiare.
E Jamilah…? Dov'era? Non era ancora arrivata! Una manciata di secondi e Briz la vide raggiungerli di corsa, affannata.
– Scusate, scusate! Sono imperdonabile! Non so perché, la sveglia del mio cellulare non ha suonato! – esclamò, abbracciando velocemente le sue amiche e salutando gli altri, che le augurarono buona fortuna mentre lei correva sulla rampa per raggiungere Sakon e il dottore.
Il giovane ingegnere si fermò e, con un'espressione ferma e severa, le sbarrò la strada.
– No, Jami: tu resti.
Il tono era pacato, ma imperioso. Gli occhi di Jamilah diventarono tondi e grandi come piattini, arcuò le sopracciglia e spalancò la bocca.
– Prego? Non ho capito bene – ansimò incredula.
– Hai capito benissimo: tu resti al Faro. È solo una missione esplorativa, non c'è bisogno di te.
– Non c'è bisogno… di me… – ripeté lei, in tono incolore; poi esplose: – Non c'è bisogno di me?! Perché a terra invece sì, secondo te? Cosa faccio a terra? Il mio posto è sul Drago, Sakon! È il Drago il mio lavoro, la mia casa! Oh, no, non mi lascerai indietro, Prof, non te lo sognare neanche! – concluse con convinzione, spostando il braccio del giovane che le impediva di proseguire.
Lui tenne la posizione e Jami, affrontando il suo severo cipiglio, trasse le sue conclusioni sul motivo per cui fosse arrivata in ritardo.
– Hai manomesso la sveglia del mio telefono di nascosto!?
Sakon non rispose, confermando implicitamente l'accusa.
– Ma come ti sei permesso?! – si indignò Jamilah.
– Sarai più al sicuro, qui – le disse, duro.
– Al sicuro da che, esattamente? Hai appena detto che è solo una missione esplorativa! E sai benissimo che ho affrontato cose peggiori, insieme a voi, sul Drago! Cosa ci sarebbe di diverso, stavolta? – rimarcò Jamilah, più arrabbiata che mai.
Sakon, davanti a quella furia, sembrò per un attimo non avere più argomenti, poi si riprese.
– Sono un tuo superiore, Jami: devi fare quello che ti dico io!
– Ah, fantastico, ti rifai sul tuo ruolo, per darmi ordini!? Ma col cavolo, non ci provare! Tu puoi obbligarmi a qualcosa solo per questioni tecniche che riguardino il lavoro sul Drago, chiaro? Ora mi stai solo impedendo di esercitare il mio libero arbitrio! Tu sei l’ingegnere capo, io sono il tuo secondo: io e te, insieme, siamo la mente del Drago! – gli gridò in faccia – E che debba essere io a ricordartelo… beh, è… ridicolo, davvero! – concluse, sconcertata.
Gli amici li guardavano esterrefatti: Sakon e Jamilah che litigavano erano qualcosa al di fuori di ogni immaginazione, dato che entrambi erano considerati da tutti l’emblema della calma e della ragionevolezza. Nemmeno Daimonji si sarebbe mai aspettato uno scontro del genere, tantomeno che Sakon volesse escludere Jamilah da quella missione.
– Non dirmi mai più quello che devo fare, o guai a te, Esimio Professor Gen! – chiuse categorica la ragazza, facendo di nuovo per proseguire.
Sakon stavolta la afferrò per le spalle con una presa ferrea, e la fissò negli occhi con fredda determinazione; Jami non gli aveva mai visto un'espressione così e, improvvisamente, realizzò un paio di cose.
In primis: forse lui temeva, immaginava, o addirittura sapeva, che la missione sarebbe stata più pericolosa di quanto potesse sembrare…?  In secundis: era talmente preoccupato, da arrivare al punto di rinnegare la sua natura pacata e tranquilla; era preoccupato… per lei! E, a differenza di ciò che Sakon sperava, quella seconda motivazione portò Jami ad arroccarsi ancora di più sulla sua posizione: la ragazza decise di mettere in pratica ciò che aveva pensato la sera prima, e di giocarsi il tutto per tutto.
Sotto gli occhi allibiti del resto dell'equipaggio, Jamilah affondò le dita di una mano tra i folti capelli neri di Sakon e lo tirò, quasi con malagrazia, contro di sé, schiacciando la bocca morbida e carnosa contro la sua.

 
Sakon-Jami-bacio-imbarco

Sakon rimase per un istante paralizzato da quel gesto assolutamente imprevisto: Jami lo sentì tendersi come la corda di un arco e si aspettò di venire respinta bruscamente, così lo prevenne e rafforzò la situazione passandogli l'altro braccio intorno al collo e schiudendo le labbra, rendendo il bacio profondo e appassionato e costringendo Sakon a una risposta. A dire il vero, costringere non fu proprio il verbo adatto a descrivere la reazione del giovane che, alla buon’ora, si decise a chiudere le braccia intorno alla ragazza stringendola a sé, e a rispondere al bacio, assaporando di nuovo quelle labbra calde e dolci, come aveva sognato di fare ogni giorno, in quelle ultime settimane.
Per essere tanto intelligente, era stato davvero stupido… Dio, quanto tempo perso! Jami si lasciò andare fra le sue braccia, mentre le usciva un mugolio soddisfatto e, in un certo senso, fu lei che continuò a condurre il gioco, perché quel bacio rovente, per quanto pienamente ricambiato, finì solo quando fu lei a deciderlo. E quando lo fece si ritrovò ansante, con la bocca e le guance in fiamme, ma incenerì con lo sguardo lo sbalordito ingegnere.
– E adesso lasciami qui, se ti riesce! – lo sfidò Jamilah, con gli occhi chiari e fiammeggianti affondati in quelli neri di lui.
Sakon riuscì solo a sondare il suo sguardo senza riuscire a dire una parola, tantomeno a lasciarla andare, tenendo le dita intrecciate nei suoi riccioli scuri.
Jamilah si sciolse bruscamente dal suo abbraccio e lo superò, incamminandosi a testa alta sull'ultima parte della rampa di imbarco, lanciandogli una penetrante occhiata di sfida da sopra la spalla e seguita dagli sguardi divertiti dei loro compagni.
– J-Jami… – cominciò Sakon, esitante, allargando appena le braccia. Lei si voltò repentina e gli puntò un indice contro.
– Zitto, Prof! Jami un accidente! Stampatelo a fuoco in quel tuo supercervello: dove vai tu, vado io! E che non se ne parli mai più! – e, a passo di carica, sparì all'interno dell'astronave, non prima di essere passata davanti a Pete che, guardandola ammirato, le fece un occhiolino con un pollice sollevato.
Il resto dell'equipaggio rimase a fissare Sakon che, a sua volta, massaggiandosi la nuca, guardava il punto in cui Jami era scomparsa dentro al Drago Spaziale.
– Evvai, dottoressa Nyong’o! Così si fa! – esultò Briz, sollevando i pugni chiusi e tirando indietro i gomiti bruscamente, in un gesto di soddisfazione.
– Ahahah! – rise Yamatake, dandosi un paio di manate sulle cosce – Guarda che ci voleva, per mandare ai matti il nostro imperturbabile super-ingegnere! E brava la nostra Jami: ha tutta la mia stima!
Sakon, completamente frastornato, sbuffò esasperato.
– Uff! Ma le donne…! – esclamò, come se stesse parlando della più grande catastrofe dell'universo; senza aggiungere altro, si affrettò anche lui all'interno, lasciando tutti a chiedersi come sarebbe andata a finire.
Sulla rampa di imbarco era rimasto solo Pete, che rivolse agli amici un'espressione tra il divertito e il perplesso e scosse appena la testa, prima di portare la mano alla fronte in un rapido saluto, e voltare loro le spalle per raggiungere anche lui il suo posto a bordo.
E a Briz, quasi si fermò il cuore.
Yamatake intervenne di nuovo: stavolta non parlò ma, con uno sguardo eloquente e posandole una mano al centro della schiena, spinse con decisione Briz verso il Drago. Lei non poté fare a meno di dargli retta.
– Pete! Aspetta!
Lui era già arrivato all'ingresso, al limite della rampa, ormai seminascosto alla vista degli altri, ma si fermò, girandosi a guardarla con aria interrogativa: la ragazza lo raggiunse, armeggiando concitata col fermaglio del proprio braccialetto… ma che diavolo stava facendo? Sempre più sorpreso, la vide avvicinarsi e afferrargli una mano, per poi agganciargli al polso il gioiello: il piccolo cuore d'acciaio luccicò, ai primi raggi del sole.
– Ma… perché? – le chiese soltanto.
– Perché così lo avrai sempre sotto gli occhi! E ogni volta che ti capiterà di guardarlo ti ricorderai che, se non tornerai indietro, io mi incazzerò molto, con te! Ma non molto così per dire! Proprio molto… molto! – e prima ancora di finire la frase, lo abbracciò stringendogli le braccia intorno al collo.
– Mi hai dato un ottimo motivo per rientrare, e pure puntuale: di te incazzata faccio anche a meno, persino da Marte – replicò lui, con l'accenno di una risata che gli vibrava nella voce e ricambiando l'abbraccio, con il viso tra i suoi capelli di biancospino – Andrà tutto bene, tranquilla. Il Drago viaggia in ipervelocità, lo sai: prima di ventiquattr'ore saremo di nuovo qui.
Briz gli posò le mani sulle guance.
– Fa' in modo che non sia una bugia, Dragonheart: torna a casa, tu e tutti gli altri.
– Lo faremo, Bri – le rispose piano, gli occhi azzurri affondati nei suoi.
Bri… quell'improbabile nomignolo era saltato fuori di nuovo, mandandole il cuore in fibrillazione.
Fabrizia chiuse gli occhi… e lo baciò sulla bocca, mandando definitivamente al diavolo tutte le stupide regole che lei stessa aveva stabilito, tanto non riuscivano a seguirle, nessuno dei due: che fosse quel che doveva essere e basta!
Pete doveva aver pensato la stessa cosa, perché la strinse a sé con più forza, mentre il loro bacio diventava profondo e impetuoso, lasciando che a guidare i loro gesti fosse, anche solo per qualche attimo, quella passione divorante che provavano ormai da tempo l'uno per l'altra.
Si riempirono il cuore e l’anima del loro sapore e del loro respiro… e  quando si sforzarono di mettere qualche centimetro fra le loro labbra, erano entrambi affannati.
– Ehi, però! Mi mancava, questa cosa – commentò lui, naso contro naso, senza trattenere un sorriso – Me ne dai un altro così, al mio rientro?
Briz si morse le labbra, poi le distese anche lei in un sorriso, mentre annuiva convinta.
– Anche due, tre… dieci; quelli che vuoi, promesso.
– Okay: considerami praticamente già tornato – affermò Pete, prendendole un altro bacio, un breve e appassionato contatto sulla sua bocca ancora dischiusa in un sorriso.
– Pete…
Il tono con cui Briz aveva bisbigliato il suo nome era suonato dannatamente serio: frugò di nuovo nei suoi occhi verdi, alla ricerca di un seguito che arrivò come un fulmine a ciel sereno.
– Tu torna a casa… e avrai molto di più.
Il cuore gli rimbalzò violento contro le costole, lasciandolo senza respiro: il senso di quelle parole non lasciava spazio a fraintendimenti.
– F-fanciullina… ti rendi conto di cosa hai appena detto, sì…?
Lei gli posò un dito sulle labbra, serissima, e annuì.
– Avrei potuto lasciarti entrare, ieri sera, ma… l’incertezza e il pericolo incombente che provo verso questa missione mi hanno frenata: avrebbero dato a tutto un sapore così… dolceamaro, triste, disperato. Qualcosa come… prendiamoci quel che si può, prima di separarci per sempre, o di morire… e… no, io… non volevo che fosse… così
Pete, ancora incredulo, si sentì chiudere la gola e si appoggiò la testa di Briz contro la spalla, le dita fra i suoi capelli, in un gesto che lei percepì tenerissimo, sentendosi quasi sciogliere.
– Ora mi sento come se… averti detto questa cosa, mi garantisse il tuo ritorno. Capisci cosa intendo?
Pete annuì e dopo qualche secondo le sussurrò all’orecchio:
– Credo proprio… che io e te avremo un po' di cose da dirci, quando tornerò, vero?
– Mmm… forse sì – bofonchiò Fabrizia, il volto contro l'azzurro cupo del giubbetto di lui.
– Bene… ci vediamo domani, allora, piccola matta – finì Pete, abbassando appena la testa per rubarle un ultimo bacio.
Non sentirono il dottor Daimonji che, tornato all'ingresso, vedendoli si schiarì la voce per riscuoterli.
– Ah-ehmm! Al Drago servirebbe un pilota! – annunciò, guardando da un'altra parte.
Le labbra della coppia si staccarono di colpo, con un lieve schiocco, e i due lo fissarono per un attimo, storditi e imbarazzati, prima di rivolgersi un ultimo sorriso e separarsi definitivamente.
E che diavolo, si disse lo scienziato, ma che stava succedendo proprio quella mattina? Stava scoppiando un'epidemia di qualcosa? Non che gli facesse piacere interromperli, anzi… ma la loro missione, ora, aveva la priorità su tutto.
Briz scese sulla spiaggia, guardando Pete e Daimonji che venivano inghiottiti dalla semioscurità, scomparendo nei meandri all'interno del Drago Spaziale, mentre la rampa si richiudeva.
Pochi minuti più tardi i componenti dell'equipaggio rimasti, in piedi uno a fianco all'altro sul terrapieno che dominava la spiaggia, guardavano il Drago alzarsi in volo nel cielo dorato dell'alba. Sapevano che dai monitor al suo interno, anche i compagni vedevano le loro braccia alzate in segno di saluto.
Briz fece un passo avanti, lo sguardo al cielo, e si posò il pugno destro contro il cuore, in un gesto che esprimeva fedeltà assoluta agli amici che li lasciavano. Sanshiro fece la stessa cosa e, uno dopo l'altro, anche Midori, Yamatake, Fan Lee e Bunta li imitarono; rimasero in quella posizione finché il Drago non fu scomparso fra le nuvole rosse e dorate dell’alba.
Fabrizia portò l'indice e il medio al ciglio.
– Buona fortuna, mon Capitain. Torna da me, ti prego… Io ti amo, e al tuo rientro, cascasse il mondo, te lo dirò. E poi… che vada come deve andare.
 
 
> Continua…
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Poca roba  (che bello, si sente commentare).
Direi che Briz ha dato a Pete un’ottima ragione per tornare sulla Terra. Ma stiamo comunque sempre parlando di due teste de coccio, quindi si vedrà…
I disegni sono dedicati a Morghana 
  
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