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Autore: Civaghina    04/07/2017    3 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sabato, 24 dicembre 2011

Sono quasi le 10:30 quando entro in cucina stiracchiandomi.

"Buongiorno!" mi sorride mamma seduta al tavolo, intenta a preparare i segnaposto per il pranzo di domani.

"Buongiorno..." rispondo io con la voce ancora assonnata, chinandomi a darle un bacio per poi proseguire verso il frigo e prendere il mio bicchierone di caffellatte freddo che, come al solito, lei mi ha già preparato.

"Cosa vuoi da mangiare? Biscotti? Pane e marmellata?"

"Faccio io, tu stai lì."

Lei mi rivolge un sorriso dolce e si alza: "Mi fa piacere Leo, lo sai".

Sì, lo so.

So che le fa piacere prendersi cura di me, ma io ho sempre paura che si stanchi troppo.

"Va bene" sospiro. "Pane e marmellata."

"Due fette?" mi chiede illuminandosi.

"Facciamo tre" rispondo io sedendomi al tavolo e cominciando a bere il mio caffellatte.

"Come fai a bere quella roba ghiacciata in inverno, io lo devo ancora capire!" esclama lei mentre spalma la marmellata di albicocche sul pane.

"E io devo ancora capire com'è che a voi non fa schifo il latte caldo" dico mentre do un'occhiata ai cartellini sparsi sul tavolo, su cui lei ha già scritto i nostri nomi con una biro dorata che deve aver preso in prestito da Asia. "E Asia dov'è?"

"E' in camera sua a studiare". Mamma appoggia il piatto col pane davanti a me e poi mi si siede di fronte, ricominciando a scrivere.

"A studiare?! Di già?! Certo che è proprio una secchiona!"

Lei ride, facendo ridere anche a me. "Dovresti seguire il suo esempio appena un po' e saremmo a posto!"

"Dai, non ti puoi mica lamentare! Non sono mai stato bocciato!"

"Sì, ma la prossima volta ci mando papà a parlare con i professori, che io non ne posso più di sentirmi dire sempre le solite cose: ha le capacità ma non si impegna, durante le lezioni è distratto, fa troppo lo spiritoso..."

"Vabbè dai..., brontolano un po' ma poi la sufficienza per promuovermi me la mettono!" esclamo mordendo il pane.

"Perché stai simpatico a tutti! Però..."

"Tranne a quella di matematica!" puntualizzo io. "Lei credo proprio che non mi sopporti e la cosa è reciproca, sia con la prof che con la materia!"

"A proposito di matematica, io e papà stavamo pensando che dopo le vacanze di Natale sarebbe il caso che prendessi qualche ripetizione."

"Eh?! No, no, mi arrangio da solo!"

"L'anno scorso c'è mancato poco che ti rimandasse, è meglio pensarci per tempo."

"Ma che palle! Non ne ho voglia! Mi basta già sorbirmela a scuola, la matematica!"

"Leo, non essere testone come al tuo solito!"

"Riparliamone dopo le vacanze, ok? Parliamo di Natale adesso" dico affrettandomi a sviare il discorso. "Chi viene domani?" domando prendendo in mano un cartellino su cui c'è scritto Gianni.

"Mettilo giù che hai le mani sporche di marmellata!" protesta mamma togliendomelo di mano. "I soliti: Beppe e Simona coi bambini, Grazia, Giorgio e Sandra con Eleonora e Gianni da solo."

"Da solo? Ma quindi Marco e Claudio non ci sono?" domando deluso.

"No, quest'anno fanno il Natale con la madre."

"Che palle!".

Gianni è un collega di papà e i suoi figli hanno più o meno la mia età; speravo ci fossero, così mentre gli altri giocano a tombola io avrei potuto giocare con loro alla Play, come facciamo ogni anno o, ancora meglio, come l'anno scorso, avremmo potuto fare il tavolino da poker, con cui, tra l'altro, ho vinto un bel gruzzoletto.

"Vorrà dire che quest'anno giocherai a tombola con noi!"

"Ah no!" esclamo sgranando gli occhi e scuotendo la testa. "Non ci penso proprio!".

Vorrà dire, invece, che convincerò Eleonora a rinunciare alla tombola e me ne andrò in camera con lei.

Io ed Eleonora siamo cresciuti insieme e non ci siamo mai sopportati. Lei ha due anni più di me e se l'è sempre tirata un casino; è la classica fighetta con la puzza sotto il naso, firmata da capo a piedi, con unghie e capelli sempre perfetti: proprio il tipo di ragazza da cui giro alla larga, insomma, e anch'io sono ben lontano dall'essere il suo ideale. Il Natale scorso, però, qualcosa è cambiato e abbiamo cominciato a guardarci in modo diverso, o meglio lei ha cominciato a guardarmi in modo diverso, perché io è già da tre anni che, pur trovandola sempre insopportabile, non ho potuto fare a meno di apprezzare l'esplosione improvvisa delle sue curve.

Fino a un anno fa, per lei io rimanevo un ragazzino e non mi aveva completamente in nota, finché lo scorso Natale, non appena mi ha visto, è rimasta bloccata per un attimo sulla porta d'ingresso per poi entrare, togliersi il cappotto come se stesse facendo una sfilata di moda e mettermelo tra le braccia.

"Sei cresciuto dall'ultima volta che ti ho visto!" mi aveva detto senza neanche salutarmi. Non ci vedevamo da parecchi mesi e, nel frattempo, io l'avevo superata in altezza, avevo finito di cambiare la voce e avevo cominciato a fare pallanuoto.

"Mi hai scambiato per il tuo attaccapanni?" le avevo risposto dandole indietro il cappotto e andandomene in cucina per vedere se a mamma serviva una mano.

A tavola era seduta di fronte a me e per tutto il pranzo non aveva fatto che fissarmi, facendomi venire più volte il dubbio se davvero mi stesse guardando in quel modo o se fosse solo una mia fantasia.

Era mai possibile che Miss Perfettina ci stesse provando con me?

Quando, arrivati al dolce, avevo sentito il suo piede scalzo accarezzare la mia gamba sotto il tavolo, ogni dubbio era sparito: Miss Perfettina ci stava davvero provando con me.

Lì per lì non sapevo come comportarmi; lei è più grande di me ed io ero completamente impreparato. I miei rapporti con le ragazze, fino a quel momento, si erano limitati a qualche occhiata furtiva e a qualche battutina maliziosa e adesso una di sedici anni ci stava provando con me.

Come ci si comporta in questi casi?

Io ero imbarazzatissimo e non ne avevo idea; lei a quanto pare, invece, aveva le idee chiarissime sul da farsi: "Oh! È finita l'acqua..." aveva detto con noncuranza; si era alzata da tavola, aveva preso la bottiglia vuota e si era diretta in cucina.

Io ero rimasto un attimo interdetto, indeciso sul da farsi, poi mi ero detto che non potevo lasciarmi sfuggire una simile occasione, mi ero alzato facendo finta di niente e l'avevo raggiunta in cucina.

Avevo appena fatto in tempo a metterci piede che lei mi aveva afferrato per un braccio e mi aveva attirato verso di sé; un attimo dopo la sua lingua era già nella mia bocca ed io cercavo di farmi venire in mente i racconti del mio amico Mattia sul suo primo bacio e su quelli successivi, per poi spegnere immediatamente il cervello e seguire semplicemente l'istinto: le avevo preso il viso tra le mani e l'avevo baciata con passione, inspirando il suo profumo costoso, mentre lei ricambiava con altrettanta passione.

Il mio primo bacio è stato così: nessun batticuore e nessuna farfalla che si agitava nello stomaco; un po' più in basso invece sì; un po' più in basso sì che qualcosa si agitava.

Da lì ho preso il via e in quest'anno che è trascorso di ragazze ne ho baciate parecchie, tra cui ancora Eleonora, che ho rivisto in un paio di occasioni organizzate dai nostri genitori; continuo a trovarla insopportabile, ma tra tutte quelle che ho baciato, rimane una delle mie preferite.

"Allora, Leo?" mi domanda mamma.

"Eh? Cosa?"

"Ti va o no?".

Non so assolutamente di cosa stia parlando. Mi ero del tutto perso tra i miei pensieri e adesso non so proprio cosa mi stia chiedendo.

"Cosa?"

"Ma non mi stavi ascoltando?!"

"No, scusa, mi ero distratto" ammetto, ricominciando a mangiare il pane.

Lei guarda in alto e sospira: "Ti ho chiesto se ti va di aiutarmi a preparare la cena di stasera, dato che papà è a lavoro e Asia ha già abbastanza da fare per il pranzo di domani."

"Oh, sì, certo!".

Mi piace molto cucinare insieme a lei; con Asia o con papà invece, quando capita, finiamo sempre col battibeccare, perché sono troppo precisi e metodici.

"Ci sono da pulire i frutti di mare?" le chiedo sorridendo, conoscendo già la risposta.

Non c'è vigilia di Natale, in casa nostra, senza le sue trofie ai frutti di mare: deliziose e piccantissime.

"Sì" sorride lei.

"Va bene, vado a fare la doccia e poi ti aiuto".

Da due anni, ormai, per la vigilia di Natale siamo solo noi quattro: mamma è figlia unica e i suoi genitori sono morti quando era ragazza; papà invece ha un fratello, ma vive in Germania; la nonna è morta quando io ero piccolo e la ricordo appena; il nonno, invece, se n'è andato un paio d'anni fa, alla fine di una giornata di tarda estate che sembrava come tutte le altre: si era alzato prima dell'alba, era andato col trattore nei suoi campi, aveva dato da mangiare agli animali, era andato al bar a trovare i suoi amici, aveva cenato presto e poi, dopo il tramonto, si era seduto nella sua poltrona di vimini sotto il portico, a godersi l'aria fresca della sera, e lì si era addormentato e non si era svegliato più.

Ho pianto tanto quando l'ho saputo, non solo per la sua morte in sé, ma perché all'improvviso mi aveva colto la consapevolezza che quella era la fine di un'era: con la morte del nonno finivano le lunghe estati passate a correre scalzo tra i campi di grano, a succhiare i gambi dei fiori sdraiato sull'erba, a guidare il trattore con lui di nascosto da mamma e papà; finivano le vendemmie, la raccolta delle olive, le scorpacciate di nespole e di fichi raccolti direttamente dagli alberi.

E insieme a tutto questo, me ne resi conto nel momento stesso in cui accadde, finiva anche la mia infanzia.

Gli animali furono subito venduti o regalati e la masseria, con tutto quello che la circonda, fu messa in vendita perché non c'era nessuno che se ne potesse occupare. Dopo due anni è ancora invenduta e dentro di me spero segretamente che rimanga tale fino a che non possa occuparmene io, ma di questo mio sogno non ho parlato con nessuno, nemmeno con mamma, forse per timore che venga sminuito o forse per scaramanzia.


Quando papà rientra dalla caserma sono già passate le 20:30 e Asia sta finendo di apparecchiare in soggiorno; di solito mangiamo in cucina, ma per le grandi occasioni no: per quelle si usa il tavolo del soggiorno, la tovaglia senza macchie, i piatti non spaiati, il servizio di posate dove ce ne sono di così tanti tipi che non ho ancora capito a cosa servano tutte e, dato che è la vigilia di Natale, ci sono anche le candele rosse.

"Che buon profumo!" dice papà entrando in cucina e dando un bacio a mamma. "Non è che ti sei stancata troppo?"

"Ma no!" sorride lei abbracciandolo. "Ho avuto il mio super aiutante!"

"Il tuo super grande cuoco, vorrai dire!" esclamo io prendendo il piatto con i crostini alla burrata e portandolo in soggiorno.

"Li hai fatti tu, questi, grande cuoco?" mi domanda Asia mentre finisce di accendere le candele.

"Sì!"

"Mi devo fidare?"

"Come ti pare, se non ne vuoi ce n'è di più per me!"

"Grazie, Leo, per aver aiutato la mamma" dice mio padre portando il vino in tavola.

Io sorrido e mi stringo nelle spalle: "Mi diverte!"

"Forse dovevi fare l'istituto alberghiero anziché il liceo!" mi prende in giro Asia. "Avresti voti migliori!"

"Sei solo invidiosa perché mi promuovono anche se studio solo lo stretto indispensabile!" la rimbecco io.

"Ma l'albero era così storto anche prima?" domanda mamma raggiungendoci in soggiorno e fermandosi ad osservare l'albero di Natale.

L'albero lo abbiamo sempre decorato io e lei, l'8 dicembre, fin da quand'ero bambino. Quest'anno, però, l'8 dicembre è stata una giornata particolarmente pesante per lei: si è svegliata senza forze e senza forze è rimasta per tre giorni, ma ha insistito che facessimo comunque l'albero quel giorno preciso, come tutti gli anni; così me ne sono praticamente occupato io, mentre lei, seduta sul divano, liberava le palline e le decorazioni di vetro dai vari strati di carta di giornale per poi porgermele.

"Non è storto!" mi difendo io. "È la tua prospettiva che è sbagliata! Se vieni qua vedrai che non è storto!".

Ok, forse un po' storto lo è, però le lucine le ho distribuite bene e anche gli addobbi.

"Va bene..." dice mamma senza troppa convinzione. "Su, mangiamo i crostini che tra un po' è pronta la pasta!".

I miei crostini sono ottimi e vengono mangiati tutti, anche da Asia; la cena prosegue serena, gioiosa e papà mi lascia persino bere mezzo bicchiere di vino.

"Solo perché è Natale!" si affretta a puntualizzare. "Non farci l'abitudine!".

Sì, è Natale.

È Natale e nonostante tutto abbiamo avuto la nostra cena della vigilia con le trofie ai frutti di mare.

È Natale e nonostante tutto mamma si è ricordata che il mio i-pod si è distrutto, cadendomi dalla tasca della felpa mentre correvo, e lei e papà me ne hanno regalato uno nuovo, ancora più figo di quello di prima, mentre Asia mi ha regalato un paio di caldi guanti touch screen, così non ho più scuse per andarmene in giro senza.

È Natale anche se l'albero pende vistosamente a sinistra, anche se per il pranzo di domani cucinerà Asia, anche se mamma doveva di continuo sedersi mentre preparavamo la cena e anche se adesso è così stanca che si è già addormentata.

È Natale e siamo ancora qua, tutti e quattro insieme, nonostante tutto e, nonostante tutto, siamo ancora felici.

   
 
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