Prologo, prima parte –
Ruined by Love.
-Si, lo
voglio.-
Se avesse
creduto
all’esistenza di Dio, in quel momento gli avrebbe chiesto per
quale motivo
avesse deciso, dall'alto dei suoi poteri divini, di fargli subire una
tortura
come quella.
Lo avrebbe implorato e pregato di dirgli perché,
dopo tutto quello che avevano passato insieme, le loro strade si erano
divise
così irrimediabilmente e drasticamente, perché un
dio buono dovesse aver anche
solo pensato a non garantirgli almeno quella felicità nella
sua rocambolesca
esistenza.
Si sarebbe inginocchiato ai piedi di qualsiasi divinità pur
di uscire da quella
stanza cerimoniale piena di gente ansiosa, accaldata e felice. Era il
mese di
maggio più caldo che avessero mai avuto da anni
lì a Tokio, e senza dubbio pure
il mese più lieto ed emozionante della famiglia Endou.
Si, perché finalmente il famoso capitano Endou Mamoru aveva
deciso di
sistemarsi, sposarsi, forse mettere su famiglia e finalmente smettere
di
pensare solo e solamente al calcio.
In quella stanza addobbata da capo a piedi gli invitati ascoltavano
felici le
parole del sindaco mentre legava intorno alle mani degli sposi la
catena
pesante del matrimonio.
Natsumi, bellissima nel suo candido vestito rifinito di pizzi
importanti e sbrilluccicanti,
sorrideva come non aveva mai fatto in tanti anni.
Aveva i capelli rossi rame raccolti in un nastro bianco fiorito, il
sorriso
incorniciato da un volto agitato ma sereno, mentre porgeva le delicate
mani
allo sposo, altrettanto teso e sorridente.
Endou, non poté fare a meno di notare dalla sua panchina
disgraziatamente
troppo a sinistra, era anche lui bellissimo e rapito dai lineamenti
della donna
che amava.
Stretto in quello smoking scuro e in quella cravatta classica, con i
capelli
laccati al indietro e senza la sua bandana portafortuna non sembrava
nemmeno il
famoso capitano che aveva riportato al mondo la famosa Inazuma Eleven,
ma per
Kazemaru questo non era importante:
Non erano i suoi strani vestiti infatti a attirare l'attenzione, non
erano i
suoi movimenti e tantomeno la sua voce tesa, ma il suo sguardo serioso
e
protettivo che, saltuariamente, dirigeva in direzione della rossa
sposa.
Erano passati circa 4 o 5 anni dalla fine del Football Frontear
International,
2 anni da quando la Inazuma Japan, o più semplicemente la
Raimon Eleven si era
definitivamente sciolta. Non era stata loro intenzione far finire tutto
cosi,
ma molti dei componenti avevano una famiglia da portare avanti, altri
desideravano magari crearsene una, altri ancora volevano semplicemente
continuare gli studi e laurearsi, magari nella loro città
che distava molti
chilometri dalla capitale.
Cosi piano piano, non erano rimasti in molti ad allenarsi al campetto
anche
durante la maturità, e lo stesso capitano Endou aveva deciso
di dedicarsi al
lavoro e alla vita sentimentale. Sembrava strano che persino lui
abbandonasse
quella grande passione, ma Kazemaru capì ben presto che, per
quanto potevano
fare finta di nulla e continuare a divertirsi come bambini ingenui, non
avevano
più 14 o 16 anni, e il mondo andava avanti senza di loro.
Goenji e Someoka, di quelli che erano rimasti a Tokio promettendo di
rimanere
uniti, furono i primi a sparire:
Goenji Shuuya, alla fine, era andato a studiare medicina. Nessuno di
loro
avrebbe mai pensato che, alla fine, avrebbe seguito gli ordini del
padre. Ogni
tanto telefonava o mandava cartoline descrivendo a Endou quando
trovasse
interessante il suo nuovo circolo di studi e quante
possibilità si trovava ad
avere finalmente davanti, ma dopo qualche tempo smise di scrivere pure
quelle.
Someoka Ryuugo, invece, era andato a studiare architettura in Hokkaido,
senza
mai più farsi rivedere. Qualche tempo dopo tornò
finalmente a Tokio senza
nessun avviso e, dopo una permanenza di qualche mese, sparì
nuovamente nell'nulla.
Chi di loro era rimasto, come Kidou, Hiroto e Midoriwaka,
cominciò ad essere
troppo impegnato con il lavoro e i problemi personali per occuparsi
dello
sport.
E quando Endou stesso aveva deciso di smettere, nessuno aveva fatto
resistenza.
Nessuno, a
parte Kazemaru.
Lui aveva protestato, oh sì che lo aveva fatto. Si era
recato tutte le mattine
al campetto nella speranza che qualcuno si presentasse, nella speranza
che
qualcuno si ricordasse di lui, nella speranza che il capitano tornasse
in sé e
finalmente riprendesse a infilarsi i suoi guantoni da
portiere per parare
i suoi tiri;
Ma la verità era che a nessuno importava più
della Raimon. E tanto meno, a
Mamoru non importava di lui.
Da qualche mese, aveva smesso di invitarlo a passare le serate a casa
sua. Ora
c'era Natsumi a dormire nella sua parte di letto, ora c'era Natsumi ad
accoccolarsi
la sera sul divano di casa Endou, ora c'era Natsumi a mangiare attorno
alla
playstation con il capitano.
E forse, a 18 anni compiuti, la parte nella quale solitamente dormiva
Nathan
ogni sabato sera era stropicciata e piena di sudore, sede della
passione che
abbracciava i due giovani fidanzati la notte. I sabati sera passati da
soli non
erano divertenti come quelli passati a casa di Endou.
E pensare anche solo al fatto che il suo
capitano potesse trovarsi tra le braccia di qualcun altro,
che il suo capitano stesse baciando
appassionatamente le intimità di un’altra persona
e che stesse condividendo
l'animo con chiunque altro al di fuori di lui lo gettava nella
disperazione
ardente.
Una mattina pensò che potesse riavere indietro il suo
innamorato ricordandogli
dei vecchi tempi, e così si precipitò al
cellulare di prima mattina raccontando
a Endou la sua falsa decisione di ritornare nel club di atletica per
tenersi in
allenamento, convinto che questi avrebbe cercato di farlo desistere
dalla
decisione organizzando una scampagnata soli come ai vecchi tempi. Ma
purtroppo
non fu la esatta reazione che quel gesto conseguì.
Mamoru Endou, rispondendo al telefono dopo una palese nottata d'amore
con la
ragazza rossa, accolse con entusiasmo la proposta del amico e gli
consigliò
addirittura di iscriversi al più presto, perché
oltre i 20 anni non sarebbe
stato accettato nel club cittadino.
Inutile dire che la reazione di Ichirouta fu terribile. Alla fine, lo
fece
ugualmente.
L'università non faceva per lui, lo capì
immediatamente prima della maturità, e
così corse a iscriversi in una palestra di atletica leggere
a livello
agonistico, trovando però non poche difficoltà
nel eguagliare ragazzini di 14 e
15 anni che correvano come scalmanati davanti a lui.
La sua mente, per quanto facesse fatica ad ammetterlo con l'inconscio,
era
sempre ferma a Endou.
Ogni tanto, all'uscita dagli allenamenti, lo incontrava in centro, mano
nella
mano con Natsumi che, suo malgrado, diventava sempre più
bella, più dolce e
delicata ogni giorno di più. Si fermavano a fare quattro
chiacchere veloci come
due genitori che aspettano all’uscita da scuola del figlio e
poi proseguivano
per la loro strada, senza voltarsi indietro. Endou sembrava felice,
però.
Kazemaru sapeva. Era prevedibile che prima o poi sarebbe accaduto:
Natsumi e
Mamoru erano spesso sulle copertine delle riviste di gossip, tutta la
città
parlava di loro come la coppia dell'anno ed ogni volta che venivano
avvistati
all’aperta erano sempre più affiatati.
Kazemaru sapeva che prima o poi si
sarebbero sposati.
Eppure, quando il postino suonò alla porta del suo
appartamento consegnandogli
il maledetto invito, per il ragazzo dai capelli blu che aveva sognato
un giorno
di vivere la tanto desiderata storia d’amore con
l’uomo dei suoi sogni, quello fu
solamente l’inizio di un incubo senza fine che lo avrebbe
perseguitato fino
alla fine dei suoi giorni. Fino alla fine dei suoi luridi giorni.
- E
vuoi tu, Natsumi Raimon, prendere come tuo legittimo sposo il qui
presente
Endou Mamoru, per amarlo ed onorarlo, in salute e in malattia, finché morte non vi
separi?-
- E vuoi tu, Ichirouta Kazemaru, prendere
come tuo legittimo sposo il qui presente Endou Mamoru, per amarlo ed
onorarlo,
in salute e in malattia, finché morte non vi separi?-
- Si, lo voglio.-
-Si, lo voglio.-
Tutta
la chiesa e il mare di invitati esplosero in ovazioni felici,
complimenti
sinceri, lacrime commosse. Kazemaru si limitò a sospirare e
a ricacciare
indietro la rabbia, la disperazione, il risentimento, tutto quello che
fino all’ultimo
sembrava averlo soffocato e a cui non era riuscito a dare un nome.
Ora
invece lo sapeva, sapeva che cosa fosse quella sensazione.
Era
gelosia, gelosia. Non semplice gelosia, non quella gelosia che lo aveva
pervaso
la prima volta che li aveva visti insieme, la prima volta che aveva
capito che
avevano fatto l’amore, la volta in cui i due avevano
annunciato il matrimonio.
La sensazione che sentiva era gelosia cattiva, terribile, piena di odio
per sé stesso
e quella donna che abbracciava il suo amato con il sorriso sincero
sulle
guance.
Kazemaru
non l’avrebbe mai perdonata, e non avrebbe mai smesso di
odiarla per ciò che
aveva fatto alla sua vita e al suo cuore. Lei sapeva, aveva sempre
saputo, ma
aveva agito ugualmente, senza mai nemmeno provare a nascondere
ciò che stava
nascendo tra loro. Avrebbe voluto ucciderla.
Avrebbe
voluto ucciderla.
La prima cosa che gli arrivò sulla pelle fu un dolce profumo
di neve bianca e
fresca, un odore pungente di pini invernali e una calda ondata di pane
caldo
appena sfornato dal panettiere in fondo alla strada.
Una folata di fresco venticello portava quegli odori piacevoli, che si
fermavano e aleggiavano nella stanza accompagnati da una luce
cristallina che
filtrava dalla finestra socchiusa sulla quale si affacciavano un
informe
ammasso di vie poco frequentate.
Le coperte frescamente sottili e morbide gli avvolgevano il corpo in un
dolce e
tenero abbraccio, solleticandogli le cosce e celando il proprio corpo
nudo al
mondo fuori stante.
Sospirò pesantemente, accoccolandosi
nello straniero materasso morbido. Poi, con un po’ di
nostalgia, Someoka aprì
gli occhi.
Fu accolto alla mattina da una risata di bambino particolarmente
rumorosa che
proveniva dal cortile sottostante, un fascio di luce innevato e una
piacevole
folata che gli stuzzicò il naso. Le mattine, in Hokkaido,
erano sempre
bellissime.
Si stiracchiò cercando di richiamare all'ordine i muscoli
ancora indolenziti
dalla nottata e i fianchi che ancora fremevano di quella dolce
sensazione che
lo aveva portato allo stremo del culmine della passione. Mai
avrebbe provato piacere fisico più forte, mai avrebbe
dimenticato
quella sensazione di paradiso al culmine di quell'atto così
peccaminoso.
Controllò velocemente la sveglia, ammettendo a
sé stesso di essere
nuovamente in ritardo per la giornata di università.
Sicuramente lo avrebbero
rimproverato, ma nulla al mondo gli avrebbe fatto rimpiangere di aver
vissuto
quella notte.
Ed esattamente come per tutta la famosa notte, ancora addormentato, con
i
capelli chiari spettinati, il volto arrossato e i
profondi segni purpurei
sul collo e sulle spalle, giaceva con il sorriso sulle labbra Fubuki
Shirou.
Sotto quella luce mattutina, intrecciato tra le scure braccia di
Someoka, la
sua pelle di porcellana appariva ancora più chiara e
glaciale, come quella di
ogni uomo del nord.
Fubuki, 3 anni prima, gli aveva raccontato di come, secondo un antica
leggenda,
i bambini e le bambine nate in Hokkaido venissero offerti alla neve
appena
usciti dal grembo della madre, e di come la loro pelle si colorasse di
una
particolare sfumatura regalata dai fiocchi di neve nei primi giorni di
vita,
durante questo strano rituale.
E i suoi capelli grigiastri, arruffati e crespamente morbidi,
sembravano nido
di mille diversi archi di colori mentre solleticavano il petto del
ragazzo più
grande.
Sul viso del amante, con gli occhi dalle lunghe ciglia chiuse e la
bocca fissa
in un sorriso pacifico, spiccava un’espressione innocente -da cucciolo.
Ma innocente non era esattamente la
parola che Someoka avrebbe usato per definirlo, da quella notte in poi.
Se Shirou Fubuki appariva così inesperto, timido e puro
nella vita quotidiana e
nei modi di fare lo stesso non si poteva dire dei momenti fra le
coperte :
Ryuugo poteva giurare a se stesso, dopo un annetto di esperienze, di
non aver
mai sperimentato nulla di più estremo e sessualmente spinto
di quella notte; Lo
aveva visto fare e ricevere attenzioni con così tanta
malizia e sete che in
confronto una persona del mestiere sarebbe arrossita di vergogna al
solo
pensiero, e questo ricordo svegliò nuovamente un eccitazione
assopita e
mattiniera.
Chiuse nuovamente gli occhi, stringendosi al petto la figurina
profondamente
addormentata e fredda.
Perse la cognizione del tempo, cullato dal dolce ricordo e dalla
soddisfazione
di essere finalmente riuscito a ritrovarsi nel letto della persona che
aveva
amato per così tanto, a stringerlo sul proprio petto con
possessività.
Poi, il suono di una fastidiosa suoneria proveniente dalla stanza
accanto gli
fece spalancare le palpebre nuovamente e, visibilmente seccato, scosse
il corpicino
addormentato dolcemente.
-Fubuki... Ti suona il telefono... Fubuki? Shirou!-
Quello sbatte velocemente gli occhi lucidi di stanchezza, sobbalzando.
Poi si voltò dandogli le spalle, cercando di
rotolare indietro e si
risistemò sul altro fianco, portandosi le lenzuola fino
sopra le spalle,
sbadigliando.
-Puoi andare a rispondere te?- sussurrò debolmente tra le
coperte fresche. -Io
non ce la faccio proprio...-
Someoka sorrise alla vocetta che gli arrivò alle orecchie, e
il pensiero gli
corse alle acrobazie notturne alle quali Fubuki si era sottoposto per
soddisfarlo, acconsentendo di buon grado alla richiesta di non farlo
stancare
nuovamente. -Va bene. - disse dolcemente, cercando la guancia del
amante per
stampare un candido bacio sulla sua pelle.
Colto alla sprovvista, si sentì trascinato in un torpore
piacevole mentre la
sua lingua si intrecciava con quella di Shirou, mentre le loro labbra
si
toccavano in un bacio completamente differente da ognuno di quelli che
avevano
condiviso quella notte.
Sorrise lo stesso, confermando la sua idea che il ragazzo fosse pieno
di
sorprese.
Con un ben assestato colpo di ancora doloranti anche si mise in piedi,
raccattò
i suoi boxer malamente abbandonati sul pavimento e si
precipitò nella cucina,
passando per il corridoio ancora disseminato di vestiti e bigiotterie
varie
dalla sera precedente e si fermò a guardare come i suoi
vestiti combaciassero
perfettamente con quelli di Fubuki, perdendo così tanto
tempo che quando arrivò
al telefono quest'ultimo aveva già smesso di suonare,
sostituito da una piccola
lucetta accanto al cordless che indicava la presenza di un messaggio
nella
segreteria telefonica, spasmodico di essere ascoltato.
Dimenticandosi per un attimo di non essere nel suo appartamento di
fronte
all'università, spinse senza rimorso il bottoncino rosso,
che si compresse in
timido click e liberò
una voce
registrata familiare.
-Shirou...
sono Shuuya.
Perché
non
rispondi alle mie chiamate? Ti ho telefonato tutta la sera
ieri, ma il
telefono squillava sempre a vuoto...-
Someoka
ricordò vagamente,
tra i sospiri e i gemiti della serata, una misteriosa vibrazione
fastidiosa che
ora non gli sembrava più così immaginaria.
Ma Goenjii Shuuya, esattamente, cosa aveva da dire di così
importante in quel
orario così disperato?
-Volevo dirti che mi dispiace.- Continuò
la voce dall'altro capo del telefono,
sempre più ossessivamente disperata. -Mi
dispiace per ciò che ho detto, ma per Dio devi perdonarmi.
Lo sai come sono
fatto, vado in palla per queste cose. Ho avuto paura...perdonami.
Io...Io...ho
bisogno di vederti.
Sono
tornato a casa da poco, ma pensavo che mercoledì avrei
potuto prendere l'aereo
e venire da te in Hokkaido, darti una mano con il lavoro e la prossima
volta
venire con te in ospedale, giusto per aiutarti.
Non
c'è
bisogno che io stia da te se non vuoi, posso benissimo affittare una
stanza lì
vicino e dormire lì se preferisci, ma ti prego ho bisogno di
rivederti.
Davvero. Ci
ho pensato, e... voglio aiutarti con la tua malattia, così
che tu capisca che
ci tengo a te, che sono davvero innamorato.
Ho bisogno
di vederti Shirou. Davvero. Non riesco a stare senza di te. Non
alzerò le mani
mai più, te lo prometto. Devi perdonarmi. Cristo...che cosa
ho fatto... senti,
chiamami quando senti il messaggio, cosi puoi dirmi per quale orario
d'arrivo
prenotare il biglietto. Chiamami okay? Chiamami.... Ti amo. -
Ryuugo
sentì come una forte
sensazione di tenaglia allo stomaco, e fu come scivolare su un
pavimento
ardente quando il suo pensiero corse a Fubuki e alle sue movenze
maliziose che
si strusciavano sopra una figura scura che non era lui.
Tradito. Era stato tradito.
Fubuki lo aveva trascinato in quel letto, prosciugato di tutte le sue
forze e
condotto al piacere in modo clandestino, finto, senza amore.
Fubuki non lo amava, non lo desiderava, lo aveva usato per sfogare la
rabbia e
la frustrazione di una storia finita male, per lo più con
Goenji, per
soddisfare il suo appetito di sesso.
Sentì un forte giramento alla testa assalirlo e strappargli
violentemente le
forze, lasciandolo come nudo di fronte alla consapevolezza del
accaduto,
costringendolo ad aggrapparsi di peso a una delicata fragile sedia
lì accanto.
Questa, incapace di reggere la sua furia distruttiva, si
rovesciò per terra
lasciando cadere sullo sporco pavimento una ventiquattrore di pelle
nera
aperta, seguita da un mare di fogli bianchi e cartellette colorate. Un
disastro
di segreti tutti davanti ai suoi occhi e rovinosamente abbandonati alle
fredde
mattonelle.
Uno dei piccoli fascicoli, più spesso degli altri e dal
colore più accesso,
attirò l'attenzione del suo sguardo sul pesante logo
dell'ospedale cittadino.
Fubuki, dopo l'incidente, non aveva parlato con nessuno se non con i
dottori;
Si era chiuso in casa per settimane e non aveva voluto più
uscire dal suo
piccolo appartamento senza dare nessuna apparente spiegazione logica.
Someoka
aveva bisogno di sapere se anche quel fatto non fosse solamente
un’altra
preziosa pedina in un castello di bugie, e cosi afferrò quel
pacco di fogli
colorati e cominciò a divorare le righe con lo sguardo,
ritrovandosi tra le
pagine della vita di Shirou.
Il logo dell'ospedale, generico ma pur sempre minaccioso, divenne
presto quello
ancor peggiore del centro di recupero psichiatrico dell’
Hokkaido, mentre in
tutte le pagine di diagnosi medica una frase precisa svettava sulle
altre.
Disturbo Dissociativo della
Personalità.
- dipendenza da farmaco
tranquillante
"Xygenos".
Il paziente risulta convinto della presenza di una
personalità autonoma e
differente al interno della propria psiche, con la quale afferma di
convivere
ed avere uno scambio dialogico frequente e che viene identificata dalla
psiche
stessa come Atsuya Fubuki, fratello gemello del "ospite".
Dopo numerose sedute il paziente ha rivelato l'identità
reale della personalità
secondaria come il fratello gemello morto all’ età
di 10 anni, al quale il
paziente risulta essere ancora legato emotivamente. I numerosi
tentativi di
scindere le due personalità tramite terapia forzata non
hanno presentato alcuna
guarigione.
Raccomandiamo forte cura tranquillante e un continuo sostegno
psichiatrico per
gli anni avvenire.
Impellente la necessità di fermare disturbi di
autolesionismo, alimentazione
scorretta e pensieri suicidi presentati dalla personalità
principale e fenomeno
di sex-addiction presentati dalla personalità secondaria.
Someoka quasi rifiutò di comprendere quelle parole
così terribili, ma ad un
tratto si sentì terribilmente in pericolo. Istintivamente,
strappò via dalla
cartelletta quei documenti e li accartocciò con rabbia
cieca, lanciandoli nel
centro della stanza e prendendo a scarpate ogni cosa che gli si
presentava a
tiro.
Si sentiva ferito, umiliato, deriso, tradito, sporco. Dopo anni di
complicità e
sorrisi fiduciosi Fubuki Shirou aveva usato il suo palese punto debole
per
usarlo e divertirsi una notte soltanto; Tutte le parole che aveva
detto, i
sospiri e i gemiti, non significavano nulla. Nulla. In quel momento,
nel suo
cuore c'era solo rabbia e paura.
Corse nuovamente nella stanza, chinandosi il più in fretta
possibile a
raccogliere gli abbandonati vestiti, cominciando a raccattare le
proprie cose e
inserirle nel borsone da viaggio.
Shirou, sentendo i rumori lesti e poco rassicuranti prodotti dal amante si alzò
improvvisamente, e
osservando il ragazzo dargli le spalle fu scosso da un brivido di
curiosità,
mentre quest'ultimo riponeva a casaccio vestiti ed effetti personali
nel
borsone. Il ragazzo sentiva ancora i muscoli intorpiditi dalla ferocia
delle
spinte del più alto, ma non poteva negare di provare una
certa soddisfazione
nell'essere riuscito, per una volta, a godersela tutta. Si
mise a sedere
coprendo il proprio corpo con il lenzuolo bianco, si sistemò
i capelli dietro
le orecchie e sprimacciò gli occhi ancora appannati, prima
di rivolgere un
sorriso invisibile alla persona con cui aveva condiviso la notte.
-Chi era Ryuugo?- Sussurrò alla fine, con lo stesso tono con
il quale aveva
cominciato a parlare la sera precedente.
Sentendo la sua voce, quell'amata e candida voce, Someoka
sussultò con l'ultimo
oggetto fra le mani. La rabbia e la disperazione per ciò che
ormai era palese
gli bloccarono le parole e le espressioni dolci in gola. Si
voltò, rosso in
viso.
-Dimmi, Shirou. Cosa significa per te questo?-
-Che cosa intendi?-
-Questo. Io, te, nudi nello stesso
letto. Abbiamo fatto sesso per quasi 3 ore ieri sera. Significa
qualcosa per te
tutto questo?-
Fubuki, accovacciato sul suo letto ancora svestito, arrossi a quelle
parole
esplicite, e quasi come per difensiva si coprì ancora di
più nelle coperte.
Cercò di aprire la bocca per parlare, ma un dolore al cuore
gli soffocò ogni
pensiero. Non disse nulla, limitandosi ad abbassare lo sguardo sulla
borsa
ormai socchiusa di Someoka. Lo stava abbandonando. Anche
lui.
-Come pensavo. Non significa nulla. - disse alla fine Ryuugo. Si
voltò di
nuovo, tuffando lo sguardo nelle vie cittadine che cominciavano ad
affollarsi
di bambini e commercianti. -Ho visto il messaggio di Goenji, e credo
non ci sia
nulla da spiegare. Spero che almeno ti sia divertito stanotte.-
-Goenji? Cosa intendi dire? - Finalmente Fubuki trovò il
coraggio di parlare,
mentre la pelle del suo niveo viso si colorava di una sfumatura
paonazza,
mentre i suoi occhi si spalancavano e mostravano le proprie iridi
fantasticamente grigiastre.
Someoka, di fronte a quella impaurita espressione, perse il controllo:
si
avvicinò al letto, stese le mani lungo il materasso e
fissò furiosamente quelle
pupille spalancate, arrivando a pochi centimetri dal viso del ragazzo.
-Certo, ora fai il finto tonto. Non scherzare con me, Shirou.
Avresti potuto, chessò, dirmelo
ieri
sera quando ti ho proposto di passare la notte con me, avresti potuto
dirmi che
eri già impegnato e che avevi solamente litigato,
così magari non sarei venuto
a scopare tranquillamente con te.-
L'accusato sentì come una spaventosa linea bollente
attraversargli l'intero
corpo fino alle dita dei piedi, seppellendo l'ultima goccia di
felicità che
stava provando in quel momento. Gli si arrossarono spaventosamente gli
occhi. A
gattoni, sempre avvolto dalle coperte, cercò di avvicinarsi
nuovamente a
Someoka.
-Non capisco di cosa tua stia parlando, davvero! - sussurrò
alla fine, quasi
sull'orlo del pianto.
-E invece nulla.- Continuò l'altro. -Hai preferito tacere e
venire a letto con
me senza problemi, troieggiando come la puttana che sei; Ti sei preso
gioco di
me, mi hai mentito, hai giocato con i miei sentimenti. Tu sapevi che ti
amavo,
sapevi che ti desideravo più della mia stessa vita, che ti
ho sempre
desiderato, e hai fatto finto di contraccambiare per una fottutissima
notte di
divertimento.-
Quasi per riflesso, Shirou alzò un braccio davanti al
proprio viso, come per
difendersi da un possibile schiaffo o pugno volante. Quando dopo pochi
attimi
non si sentì sfiorato, tornò a tremare tra le
coperte. Si trascinò velocemente
accanto alle muscolose braccia del amato, e si protese verso il suo
viso per
sussurrargli parole gravi al orecchio.
-Ti prego Someoka, ascoltami. Questo per me ha significato. Non
è affatto
andata come credi, ti posso giurare che non sono quel tipo di persona,
io non
sto giocando con i sentimenti di nessuno, io... io... io ci tengo a
te.-
Ci fu un istante di silenzio sacro. Shirou lasciò andare le
coperte che teneva
tra le mani, rivelando i lineamenti del suo corpo gracile e magro, ma
equilibrato e meraviglioso, lasciando che i lembi delle lenzuola gli
ricadessero sulle caviglie e le cosce. Le sue dita arrivarono a
sfiorare le
guance del amato, esplorandone ogni cicatrice e rientranza. Il
movimento delle
sue mani lisce, delle sue unghie pulite e curate e dei suoi polsi
candidi fece
cadere in trance il più grande, che rimase fisso a guardarlo
senza espressione.
La voce di Fubuki era ridotta ad un sussurro disperato ma terribilmente
sensuale, che amplificato dal silenzio in quella stanza sembrava una
melodiosa
cantilena maledetta di sirena. - Io... io sono innamorato, Someoka. Ti
amo,
come non ho mai amato nessun altro. .- E una lacrima gli
solcò il viso chiaro,
per quella verità non l'aveva mai rivelata nemmeno a se
stesso.
Poi, gli sfuggi. A Someoka sfuggì quella frase, e Shirou
perse il controllo.
-Chi dei due esattamente sta dicendo questa stronzata?-
Fubuki si staccò velocemente dal viso dell’ amato,
indietreggiando turbato e
tornando a coprirsi con gli ultimi lembi di dignità che gli
erano rimasti.
Fu risucchiato dalla vergogna e dall'umiliazione, così
dolorosa che dovette
abbassare lo sguardo verso il materasso e pregare che le lacrime non lo
raggiungessero, invano.
Esplose in un automatico pianto rumoroso, mentre i suoi polmoni
traboccavano di
dolore acuto.
Ryuugo raccolse gli ultimi effetti personali che gli erano rimasti da
trascinarsi via e si avviò verso la porta, non commosso
dalle lacrime del
ragazzino.
Poi, appena posata la mano sul pomello della porta di legno,
sentì una voce
chiamarlo tra i singulti. - Ti prego, resta. Ti posso spiegare anche
questa
faccenda, lo giuro. Ti racconterò tutto.-
Ma quello non ce la faceva più ad ascoltare scuse.
Mai nella vita avrebbe
dimenticato quanto dolore gli aveva provocato la consapevolezza di
essere solo
e solamente un giocattolo per il Lupo dei Ghiacci, per il ragazzo che
amava.
Semplicemente sospirò, imbarazzato dalle volgari lacrime che
fuoriuscivano
dalle pupille dell altro.
-Lo dico per te Fubuki.- alla fine lo sussurrò debolmente,
ma abbastanza
chiaramente da essere udito. - Fatti curare, e alla svelta.-
-Allora vattene! Vattene e non tornare
mai più! Non abbiamo
bisogno di te,
se sei davvero convinto vattene e non osare mai più
rimettere piede in casa
mia!-
-Me ne sto andando, Fubuki.-
-Però farti scopare ti è
piaciuto eh?
Quello sì che hai goduto come un maiale! Vai, vai
pure via, tanto uno che
ti fa i numeri che ti ho fatto io non lo trovi da nessuna parte il
fuori! E la
vuoi sapere una cosa? Sono stato con uomini che scopano decisamente
meglio di
te, Rocco Siffredi del mio cazzo!-