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Autore: lady lina 77    04/07/2017    1 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Sono contento!".

Clowance, dopo quel commento, alzò incuriosita lo sguardo sul fratello. "Contento di cosa?" - chiese, mentre camminavano insieme sulla spiaggia, di ritorno da scuola. Il tempo era ormai bello e avevano ottenuto dalla madre il permesso di tornare da soli a fine lezione, visto che ormai Jeremy aveva quasi dieci anni ed era sufficientemente grande per non essere accompagnato e per curare sua sorella.

"Che mamma e papà vanno d'accordo e non sono più tristi".

"Oh...". Clowance abbassò lo sguardo, dando un calcio a un sassolino. Beh, si era accorta che il clima in casa era migliorato ed era contenta di vedere la mamma serena e rilassata, ma per quanto la riguardava, nulla era cambiato... Il suo papà l'aveva tradita, abbandonata e allontanata e ora non le importava che provasse a fare pace con lei, non era più il papà a cui aveva voluto bene e che le voleva bene. La faccia, la voce e il corpo erano i suoi ma tutto il resto era diverso e non le piaceva. Una volta le aveva detto che era la sua preferita e che non se ne sarebbe dimenticato e invece alla fine era diventata la figlia che non voleva più. Non lo avrebbe mai perdonato, poteva benissimo stare senza papà per sempre, senza rivolgergli mai più la parola. Non le importava, non le importava per niente! Diede un altro calcio, stavolta rabbioso, al sassolino che aveva fra i piedi. "Sono contenta anche io per mamma".

"E per papà?" - chiese Jeremy.

Clowance alzò le spalle. "Non mi interessa niente di papà".

"Non è vero!".

"Si che è vero! A te che importa poi, di cosa penso?".

Jeremy le si parò davanti. "Mi importa invece, perché sei proprio antipatica quando fai così".

Clowance fece la faccia arrabbiata, mettendosi le mani sui fianchi. "Anche papà ha fatto l'antipatico con me. Ed è stato cattivo. Portava sempre te a fare un giro a cavallo e non voleva mai stare con me sul pony, ad esempio".

"Tu non volevi venire a cavallo con noi" – obiettò Jeremy.

Clowance abbassò lo sguardo, osservando il mare. Non era vero che non ci voleva andare con loro, ma cosa doveva fare? Conosceva il suo papà e sapeva di non essere desiderata. "A volte dico delle bugie, che non voglio fare qualcosa ma in realtà quella cosa la vorrei. Come per il cavallo o il pony".

"Ma perché?" - insistette Jeremy.

"Perchè sì, non ho voglia di spiegarlo".

Clowance accelerò il passo e il fratello le corse dietro, accodandosi a lei. "Sai, io credo che se tu stessi con lui, guarirebbe prima. Mica eri la sua preferita?".

La bimba abbassò lo sguardo, sorridendo con freddezza. "Erano solo bugie, non sono la preferita di nessuno". Si tolse gli stivaletti, entrando in acqua fino alle ginocchia. "E comunque, adesso non ho proprio voglia di parlare di papà con te. Siete tu e Bella i suoi preferiti, aiutatelo voi a guarire e lasciatemi in pace. Io sono arrabbiata e non voglio stare con lui. Vorrei invece giocare col mio amico Valentin ma mamma non vuole che lo riveda e non so il perché. Tu sai perché?".

Jeremy scosse la testa. "No, nemmeno so chi è questo Valentin".

"Abita a Trenwith, nella grande casa dopo la nostra".

Il fratellino alzò le spalle. "Non l'ho mai visto in giro. Ma se mamma non vuole che lo vedi, dovresti fare come dice lei e basta".

Clowance sospirò, scalciando col piede l'acqua. "Lo so, non ho scelta, mamma mi rimette in castigo a pulire la stalla, se le disubbidisco. Però mi dispiace, lui mi ha regalato Artù ed è mio amico".

Jeremy sospirò, deciso a cambiare argomento. "Senti, andiamo a giocare nella nostra grotta prima di tornare a casa?".

Clowance si voltò, sorridendogli. "Siii". Era un'ottima idea quella! La loro grotta era bellissima e piena di segreti, un posto magico dove lei, spesso, aveva giocato col suo papà.

Corsero come matti, saltando sul bagnasciuga e ridendo spensierati. Clowance guardò Jeremy di sfuggita e le venne il pensiero che era davvero un bel fratello, dopo tutto. E ora che non aveva più il suo papà, era fortunata che ci fosse Jeremy a preoccuparsi per lei. Certo, il papà era il papà, ma ormai era perso e non sarebbe tornato quello di prima...

Raggiunsero la grotta e rallentarono il passo, guardandosi attorno incuriositi. Era da tanti mesi che non ci mettevano piede, dallo scorso autunno quando con i genitori e Bella ci erano venuti per una scampagnata di fine stagione. Clowance pensò alle risate fra i suoi genitori, al modo in cui suo padre aveva preso la mamma in braccio e l'aveva lanciata in acqua, a come avevano combattuto fra le onde e al bacio che si erano dati. Si era sentita una bambina fortunata, in quel momento, pensò mentre sfiorava il muro di roccia e con Jeremy si addentrava nell'oscurità. Fortunata perché nessuno dei bambini che conosceva aveva una mamma e un papà che si volevano così bene e che ridevano tanto, insieme. Aveva sempre amato tanto il modo di stare insieme dei suoi genitori e in cuor suo, fin da quando era piccolissima, aveva pregato di essere felice come la sua mamma, quando fosse diventata grande e si fosse sposata.

Suo fratello d'un tratto si fermò. "Guarda! Cosa sono quelli?" - le chiese, indicandole dei grossi sacchi e delle casse di legno che riposavano contro la parete, semi coperti da una logora coperta nera.

Clowance si accigliò, grattandosi la testa. "Non so". Era confusa, chi poteva averceli portati lì? Era la loro grotta quella, la loro spiaggia.

Jeremy si avvicinò, curiosando fra i sacchi. "Dici che ce li hanno messi mamma e papà?".

La bimba scosse la testa. Che idee stupide che aveva ogni tanto, Jeremy! "No, perché dovrebbero portare qualcosa qui?".

"Non so Clowance. Lo diciamo a mamma quando torniamo?".

"Si, certo. Lei saprà cosa sono queste cose e cosa fare".

Si scambiarono un tacito accordo a non dire a nessuno quanto visto, eccetto che alla loro madre. E poi corsero a casa, avvertendo in loro l'esigenza di allontanarsi da quel posto.


...


Demelza finì di piantare i semi nell’orto, osservando di sottecchi Ross che riparava il tetto. Era strano svolgere assieme a lui quei lavori un tempo tanto abituali per loro e ora divenuti una nuova, piacevole consuetudine.

Certo, desiderava con tutta se stessa che Ross guarisse e ricordasse ogni cosa di loro, tutto ciò che li aveva uniti, tutto ciò che li aveva divisi, ogni lacrima e ogni risata insieme, ma già averlo lì accanto a lei, sentirlo vicino e avvertire la dolcezza dei suoi baci e delle sue carezze erano di per se un buon motivo per ringraziare Dio. C’era e anche se di fatto mancava quel piccolo passettino a ritrovare tutto ciò che era andato perso, lui era lì con lei, accanto a lei… Non erano più due estranei ma erano tornati ad essere un marito e una moglie che si amavano pur in mezzo a difficoltà e divergenze.

Lo osservò scendere dalla scala a grosse falcate, avvertendo un brivido freddo davanti alla sua spericolatezza a muoversi in bilico nel vuoto. “Attento o cadrai di nuovo!”.

Ross rise, prendendo in braccio Bella che giocava con dei sassolini. “Ah, nessun problema! Al massimo, se cado, ripicchio la testa e guarisco dall’amnesia” – esclamò, avvicinandosi e baciandola a sorpresa sulle labbra.

Bella rise, Demelza rise un po’ meno. Gli diede un pizzicotto sulla guancia e lo guardò con aria di sfida. “Prova a cadere e a farti ancora male e ti massacrerò di botte io stessa. Abbi cura di tua moglie e della sua serenità”.

Ma io ho cura di mia moglie!” – rispose lui, divertito, prima di baciarla di nuovo. "E ho a cuore anche la sua serenità" – concluse, strizzandole l'occhio. Poi mise a terra Bella che si aggrappò ai suoi pantaloni. “Andiamo a prendere altra legna nella stalla?” – disse alla bimba.

Ti”.

Ross le sorrise. Prese a camminare con la piccola aggrappata ai suoi pantaloni come un koala e in breve sparì alla vista della moglie.

Demelza sospirò, divertita, richinandosi per continuare il suo lavoro. Era stanca e faceva caldo, ma si sentiva rilassata e serena. Andava tutto bene e presto, ne era certa, anche le cose fra Clowance e Ross si sarebbero sistemate.

Mamma!”.

Alzò la testa, vedendo i figli più grandi aprire la staccionata e correrle incontro. “Siete stati al mare di ritorno da scuola, è?” – chiese loro, notando i vestiti bagnati.

Clowance la abbracciò. “Sì, abbiamo giocato sulla spiaggia e poi siamo andati alla nostra grotta prima di tornare”.

Demelza accarezzò le loro testoline, notando quanto stessero crescendo in fretta e diventando indipendenti. “Avete fatto bene, fa caldo”.

Jeremy annuì. “C’è una cosa strana nella grotta però”.

Cosa?”.

Clowance le prese la mano, stringendola. “Dentro alla grotta, qualcuno ha messo delle casse di legno piene di roba e dei sacchi. Uffa però, non devono farlo, quella è la nostra grotta mamma”.

Demelza si oscurò a quelle parole. La prima cosa che le venne in mente erano i tre contrabbandieri che aveva incontrato con Hugh qualche mese prima, che nascondevano merce proprio su quella spiaggia. Erano tre brutti ceffi che di certo non sarebbero mai stati di parola, questo lo sapeva e doveva aspettarselo. Tuttavia quella notizia riuscì a lasciarla pensierosa e incredula. “Contrabbandieri, di nuovo…” – borbottò, vaga.

Cosa?”. Jeremy la guardò negli occhi, preoccupato.

Demelza si chinò davanti ai suoi due bambini, parlando sotto voce perché Ross non sentisse. Se suo marito avesse saputo una cosa del genere, per difendere lei e i bambini, si sarebbe cacciato nei guai. Anche malato era irruento e istintivo, avrebbe agito d’impulso e si sarebbe cacciato nei guai. Era il suo Ross, certo, ma non era ancora in grado di muoversi da solo in certe situazioni e Demelza sentiva di doverlo proteggere. “Bambini, non dite nulla a papà o si preoccuperà. Stasera, con la scusa di portare Artù a fare un giro, andrò a dare un’occhiata”.

Jeremy spalancò gli occhi. “Ma mamma, da sola e al buio?”.

Demelza gli sorrise, accarezzandogli le guance. Era così protettivo con lei, suo figlio… “Non mi succederà niente, non sarò sola, c’è Artù. Voi mi dovrete aiutare però con papà, tenendolo occupato e mantenendo il segreto. D’accordo soci?” – chiese loro, usando quel tono di condivisione e quel termine che aveva fatto di loro tre una squadra quando vivevano a Londra senza Ross.

Jeremy annuì, non troppo convinto. Clowance scosse la testa. “No, io non ci sto a casa con papà, voglio venire con te”.

Oh, Clowance…”.

Se non mi porti, faccio la spia con papà” – ribadì la bimba con decisione.

Demelza alzò gli occhi al cielo. Eccola la sua piccola, fiera rappresentante del caratteraccio dei Poldark. “D’accordo, hai vinto! Ma mi studierò un castigo se continuerai a ricattarmi” – concluse, strizzandole l’occhio.

Jeremy sospirò. “E io e Bella terremo occupato papà”.

La conversazione finì così perché in quel momento Ross ricomparve alla loro vista, carico di assi di legno, e Demelza fece loro cenno di fare silenzio.

La donna finse tranquillità durante tutto il pomeriggio e la serata, comportandosi con naturalezza e pacatezza, nonostante la preoccupazione che la attanagliava. Possibile che non ci fosse mai da stare tranquilli? Il bracconaggio era un reato punito molto severamente e non voleva problemi di alcun tipo, soprattutto in virtù del fatto che stavolta nessun membro della sua famiglia ne era coinvolto.

Più difficile fu aggirare le resistenze di Ross del dopo cena. Suo marito non aveva piacere che uscisse da sola con Artù e Clowance al buio, di sera, ma Demelza, grazie a Bella che dormicchiava e a Prudie che lamentava mal di schiena, lo convinse a rimanere a casa e a lasciarla andare da sola per una passeggiata atta a far sgranchire le zampe al cane.

Torneremo presto, giocheremo un po' con Artù e poi quando saremo stanche verremo a casa!”.

E con quella frase pronunciata in maniera civettuola, era uscita con cane e figlia, lasciando suo marito pensieroso e perplesso sull'uscio della porta.

Mi piace passeggiare con te” – esclamò Clowance, prendendola per mano.

Demelza strinse la presa su di lei, in preda a una strana ansia. “Non è una passeggiata tesoro. Mi raccomando, deve rimanere un segreto”.

Giuro mamma, son brava a mantenere i segreti. Mi piace avere un segreto con te”.

Demelza, che avrebbe voluto condividere con lei il suo entusiasmo ma non le riusciva in alcun modo, alzò gli occhi al cielo, non troppo convinta né della parola della figlia né della sua decisione di portarla con se.

Camminarono a passo spedito nella sabbia, mentre Artù trotterellava felice davanti a loro, e in una decina di minuti raggiunsero la grotta.

Clowance corse a mostrarle dove era nascosta la merce e Demelza si morse il labbro. Era merce di contrabbando, non c’erano dubbi! Quei sacchi contenevano sale e le casse di legno vini e liquori. E quei tre brutti ceffi che aveva incontrato in quello stesso posto assieme a Hugh, non erano persone di parola.

Prese un sacco, se lo mise in spalla, decisa sul da farsi. “Buttiamo tutto in mare” – disse, risoluta.

Ma mamma, non sono cose nostre” – obiettò Clowance.

Esatto. E quindi non devono stare qui. Aiutami, faremo più in fretta”.

Con la figlia trascinò le casse fuori dalla grotta, ogni sacco, ogni cosa nascosta in quel luogo che apparteneva alla sua famiglia e che era fonte di bellissimi ricordi per ognuno di loro. Non avrebbe permesso a dei contrabbandieri di sporcarlo, mai!

Gettarono tutto fra le onde, dispersero il contenuto dei sacchi nel mare e alla fine, stanche e sudate, osservarono la loro grotta tornata intatta e pulita, senza la macchia del contrabbando ad inquinarla.

Siamo state brave mamma?”.

Demelza le sorrise, mentre il cuore le balzava nel petto. “Si, brave!”. Ma lo sapeva, era una vittoria temporanea. Quei brutti ceffi sarebbero tornati di sicuro, ne era certa.

I guai, si sentiva, erano appena cominciati. E non avrebbe permesso per nulla al mondo che riguardassero il suo Ross.




  
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