Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: NanaLuna    04/07/2017    1 recensioni
Questa che sto per raccontarvi è una storia di eroi moderni alle prese con demoni moderni: procrastinazione, abbiocco e ricerche di sette pagine.
Connie e Sasha, eroi poco volenterosi, partono per la loro impresa di un fine settimana con la più genuina delle volontà, ma perdono presto la retta via per raggiungere un'altra meta, a loro destinata in quanto Supremi Fancazzisti Del Pianeta Terra.
[Modern!Au. Springles!centered con tanto fluff, accenno implicito di AruAni nel finale]
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La strada per El Fancazzismo


Sabato; Ore 15:37

"Riesci a crederci che quella gran baldracca di Shadis ci ha assegnato SETTE pagine di ricerca da portare per LUNEDI'?" Sbottò Sasha, gesticolando furiosa e cercando di riparare alla bell'e meglio lei, Connie e i loro voluminosi zaini sotto un minuscolo ombrello da borsetta, totalmente inadeguato all'infierire dell'ira di dio sulla loro città.
"Urbanistica di Berlino dal secolo IX al XX... che stronzata." Rispose il ragazzo, leggendo la traccia sul foglio protocollo e infilandolo nella tasca dei jeans, prima di aprire lo sportello del pick up di Papà Braus, attento a non continurare gli improperi mentre scivolava dentro l'abitacolo.
"Saaalve" lo salutarono entrambi, con tono scherzoso e allungando volutamente la vocale.
"Ciao, ragazzi" replicò l'uomo al volante, ingranando la retromarcia e uscendo dal cortile quasi allagato. La sua guida era un po' aggressiva, tipica di chi da giovane ha imparato a guidare su strade dissestate, tutte buche e tornanti che s'abbarbicano attorno alle montagne, e una volta cresciuto ha dovuto fare i conti con l'asfalto liscio e duro della città.
"Grazie di esserci venuto a prendere." disse Connie, infinitamente riconoscente per l'esser stato salvato dall'annegamento. Era come se tutto il paese fosse in balia del Diluvio Universale, e il pick up diventava l'Arca, con un buffo Noè a bordo e lui e Sasha una coppia di bestiole fradice. 
"Figurarsi. E' impensabile che dopo giugno smettano di passare quasi tutti gli autobus e le corriere, con voi ragazzini che ancora andate a scuola. Il prossimo era alle-"
"Quattro e mezza, pa'. Sei stato tanto buono a risparmiarci ore sotto la pioggia!" Sasha si strizzò i capelli fradici, lasciando cadere tutta l'acqua sulla testolina pelata seduta alla sua sinistra. Connie si limitò a fissarla malissimo e a soffiarle come un gatto, strappandole un risolino incontrollabile.
Durante il resto del viaggio verso casa Braus si parlò tranquillamente del più e del meno, ridendo dei clienti da annullamento Q.I che entravano quotidianamente nell'armeria di famiglia e dei pochi aneddoti legali e family-friendly che i due baldi giovani potevano offrire. Accennarono brevemente anche al compito che avrebbe divorato il loro fine settimana e, per quanto venne ritenuto ingiusto anche da Papà, lui si raccomandò comunque che facessero un buon lavoro. Dopo più di dieci anni, sapeva benissimo quanto - sciaguratamente - fossero predisposti la figlia e il fido compare a battere la fiacca, procrastinare e usare tempo e intelligenza per tutto fuorchè la scuola. Più che una raccomandazione era quindi  una mal riposta, vana, fumosa speranza. 
Arrivati a casa, li fece scendere proprio davanti al portoncino blindato, coperto da una pensilina di tegole rossicce. 
"Purtroppo oggi torno tardi, non aspettatemi per cena. Non fate troppo casino."
"Quindi va bene un casino moderato?" domandarono in coro, tutti sorrisi e sguardi complici.
"...andata" sospirò il povero sventurato padre della castana.
Sasha e Connie lo salutarono a gran voce, agitando la mano che non stringeva quella dell'altro. Il signor Braus ricambiò suonando il clacson e percorse il vialetto all'indietro. Allontanandosi col collo girato per la manovra, gli sembrò d'intravedere un bacio dallo spiraglio del portoncino semichiuso.

Ore 16:42
"Connie, mi annoio." Sasha sbuffò, affondando nelle profondità del morbido divano rosso del soggiorno, la mano a penzoloni a sfiorare il tavolino da caffè e le gambe mollamente poggiate sul grembo del suo ragazzo.
"E se cominciassimo la ricerca?" Suggerì Connie, soffiando il fumo dalla bocca e facendo cenno al compito infilato sotto il posacenere.
"E se... idea! E se facessimo dei biscotti?!" Sasha balzò, puntellandosi coi gomiti sopra i cuscini del sofà e fissandolo con occhi supplichevoli "Io ho tanta fame." Occhioni da cucciolo bastonato, boccuccia all'ingiù e manine strette a pugno: era la combinazione che, lei lo sapeva, le avrebbe garantito il mondo, perchè il suo amato Constantine non sapeva dirle di no. Non che adesso sia strettamente necessaria,pensò, ma meglio essere sicuri.
Tuttavia quella volta Connie le disse che no, dovevano studiare e adempiere così al loro dovere di studenti, rendendo fiere le loro famiglie e piantando invidia nel cuore dei loro sciocchi amici che invece avrebbero lasciato l'assegno in un angolo a prendere polvere per tutto il week-end. O almeno, questo sarebbe successo in un mondo ideale, dove i fancazzisti non esistevano e loro due non ne dividevano il comando dell'esercito - e lo Springer non aveva un debole per la Manovra Cucciolo Bastonato.
Quindi, spenta la sigaretta, lui la tirò su per i polsi e, saltellando come unicorni allegri, felici e ignoranti, i due andarono in cucina.

Ore 19:56
"Mi sa che ci siamo fatti un po' prendere la mano."
"Già."
Sul tavolo di legno, coperto da una tovaglia in tela cerata, facevano bella mostra tre teglie strapiene di biscotti vari e una crostata; nel frigo stavano riposando i budini e in forno le meringhe avevano appena iniziato la loro lunga cottura a calore basso. Avrebbero continuato a preparare e infornare ancora e ancora, se non fosse stato per la dispensa quasi vuota e un'occhiata rivolta per sbaglio al cucù sulla parete fra il fornello e la porta. 
"Lo senti questo profumo, Sasha?" Connie annusò l'aria come un segugio, posandole una mano sporca di zucchero sulla spalla.
"Sì, è quello dei dolci" Disse lei, sorridendogli.
"No, questo è odore di 4."
"Pff, Connie Connie Connie, Constantine mio adorato, il tuo naso ha le traveggole!" Sasha gli piroettò attorno, punzecchiandogli il collo e le spalle. Reclinò la testa e, prendendolo in giro, disse "Ti sei scordato un piccolo dettaglino chiamato domenica."
"Sì ma-"
"Ma niente. Abbiamo tutto domani per quella dannata ricerca!" 
"Sono sette pagine, l'hai detto tu stessa che è impossibile-"
"No no," lo interruppe di nuovo la bruna, "Io non ho detto che era impossibile. Connie, noi abbiamo sempre condensato otto ore di lavoro in tre minuti, al bar della scuola, prendendo il cappuccino: vedrai che non avremo problemi." Ne era assolutamente sicura, anche perchè era assolutamente vero: quello era il loro metodo di studio. E glielo fece notare con aria un po' saccente, con l'indice bello dritto e il ghigno che Hermione Granger vi rivolgerebbe dopo avervi corretto Leviosà - non di certo mentre vi convince a procrastinare.
"... è vero... Mi hai convinto!" 
Se prima era stato l'inizio della fine, quello fu il primo chiodo nella bara.
"Oh, meno male!" Sasha alzò le braccia al cielo, vittoriosa. Il perchè ci tenesse così tanto venne spiegato dal rumore di dieci terremoti che improvvisamente riempì la stanza.
"...hai fame, n'è?" Un estraneo avrebbe spalancato la mascella fino terra, sbracciandosi e aggiungendo sbigottito "Dopo tutto l'impasto e /anche/ i biscotti che hai già divorato?", ma lui aveva smesso di meravigliarsi anni fa. 
"Taaaanta." In punta di piedi tornò alle spalle di Connie, che già temeva per la sua incolumità. Invece lei si limitò a posargli il mento sulla testa, incrociando le mani di fronte al suo petto. "Ho tanta fame." Connie poteva vedere l'espressione beata della ragazza dal pallido riflesso nella finestra. Sorrideva, con gli occhi chiusi, e aveva sistemato ben bene la guancia contro la sua zucca. "La padrona di casa s'è messa comoda?" Sembrava che le punte dei suoi cortissimi capelli non le dessero alcun fastidio.
"Sì."
"Possiamo cenare coi dolci, se vuoi, o cucinare altro."
"Sono troppo stanca per cucinare altro," mugugnò, sfregandogli addosso la guancia. "e ho un po' di cucuzze nel portafogli, pizza o cinese?"
"Both, both is good"
"Te amo, Miguel."

"Però studiamo dopo cena, vero?" "Ma certo!"

Ore 22:24
"E' una cosa bella che Spongebob non si sia rassegnato ad essere solo nella nostra infanzia come cartone e che quindi ora ci accompagni nell'adolescenza e nell'età adulta. Come meme, dico." 
"Esatto, Constantine, esatto. Spongy non ci abbandona."
Annuirono entrambi, forti della loro teoria, e tornarono a scrollare Facebook alla ricerca di nuovi meme. Stesi nella semioscurità della stanzetta, la luce del display del cellulare di Connie illuminava i loro visi di una luce bianca, quasi accecante, che andava a mitigare la carica gialla dell'abat-jour sul comodino.
"Historia potrebbe anche evitare di postare tutte queste foto di Ymir. Povera anima, guarda: una mentre starnutisce, una mentre beve, un'altra mentre cerca di afferrare il telefono e ha l'aria scocciata - probabilmente cerca di farla smettere - e questa qui che... oooh bella."
"... io lo sapevo che Ymir piscia in piedi!" Commentò Connie, facendo sghignazzare Sasha, dietro di lui. Provò anche ad accompagnare il tutto con un gesto del braccio, ma, diamine, era difficile senza tirarle una gomitata nella pancia. Il letto di Sasha da anni non era più della taglia giusta per ospitare entrambi comodamente e per starci dovevano stringersi e ingegnarsi, il più delle volte con risultati scomodi e/o imbarazzanti. Eppure, che uno dei due dormisse per terra, in un altro letto o addirittura sul divano era fuori discussione. 
"Ahia" 
"Scusa"
"No, no, tranquillo. Non mi hai fatto male, cioè, non tanto. Hai presente quando dici ahia e tipo non ti sei fatto niente?"
"Sì"
"Però la situazione è una di quelle in cui ti saresti potuto far male e quindi boh, lo dici. Ecco, come mo', solo che un po' mi hai fatto male perchè hai i gomiti a punta."
"Me lo dici ogni volta."
"Magari perchè è vero, nanerottolo"
"Io non sono un nanerottolo!"
"Oh, sì che lo sei"
"Come se tu fossi tanto più alta, son solo dieci centimetri."
"Ma io, se anche fossi bassa - e non lo sono - lo sarei solo come donna. Tu sei basso come uomo e come donna, Constantine."
"E questa dove l'hai presa?" Sbottò indignato, ma con una certa nota di curiosità.
"Petra." rispose Sasha, con un sorrisetto sornione che, dopo essersi voltato, Connie vide a malapena. "Me l'ha insegnata lei. La usa molto spesso col Caporale" Caporale era il nome che ormai tutti usavano per appellare Levi Ackerman, cugino di terzo grado della loro amica Mikasa. L'origine non era ben chiara e spesso dibattuta, tante erano le ipotesi, prime fra tutte la sua altezza e camminata alla Napoleone, oltre che il complesso omonimo che sembrava affliggere quella pallina iraconda di un metro e sessanta.
"Povera animaccia sua." E lo disse sdegnante, con il suo miglior finto tono da snob. Lui non voleva ridere, lui voleva fare l'offeso e tenerle un po' il broncio e vedere come reagiva, ma Sasha aveva preso a fargli il solletico senza motivo e quindi s'era ritrovato a sganasciarsi senza riuscire a liberarsi, a contorcersi e cercare di scappare nel poco spazio che gli era concesso.
"Ba-BASTA! Sasha, ti prego... dai, basta, sto cadendo dal materasso!" A fatica era riuscito a implorare aiuto, in bilico sul bordo del letto. Ma quando gli venne fatta la grazia era troppo tardi, e riuscì a risparmiarsi botta e bernoccolo solo sostenendosi con un braccio, a testa in giù. Si trovarono di nuovo a ridere assieme, questa volta senza torture di sorta, mentre lei lo afferrava per i polsi e lo riportava su. Si aggrappò forte e in men che non si dica erano seduti a gambe incrociate, l'uno di fronte all'altra.
"Constantine, mi perdoni?" questa volta sì che la mossa del cane bastonato le serviva, e infatti Sasha non esitò un istante a sfoderarla, ancora più penosa e triste di quel pomeriggio. 
"Dillo, avanti." Alzò il mento e si sedette su un cuscino, per squadrarla dall'alto in basso.
Lei prese fiato. "Mi perdoni per averti chiamato nanerottolo e averti quasi ammazzato con un attacco di solletico coatto?" 
"... forse"
"... non fare lo stronzo permaloso manico-di-scopa-in-culo come Jean."
"Uff, e va bene, sei perdonata!" Il ragazzo allungò la mano e, a mo' di prete, gliela passò sopra il capo. "Ma non devi più riferirti a me come nanerottolo, e non chiamarmi Constantine!"
"Ma è il tuo nome."
"Il mio nome è Connie."
"Il tuo certificato di nascita sostiene tutt'altro."
"E' Connie."
"Posso rinunciare solo a uno fra Nanerottolo e Constantine. A te la scelta."
"..." non le rispose, ma ruotò le chiappe, voltandole le spalle.
"Oh no, scusa tesoro, dai!"
"No"
"Dai"
"None"
"E se ti dessi un bacio?"
Aveva accettato le scuse, Connie, e in un battito di ciglia s'era ritrovato nuovamente disteso fra le morbide lenzuola di cotone, con le labbra biscottose di Sasha premute contro le sue. Pollice e indice, a tentoni, le accarezzavano il capo alla ricerca dell'elastico. Lo trovarono e lui le sciolse la coda, lasciandosi solleticare il viso dalle morbide ciocche color mogano. Ne prese una e gliela ravviò dietro l'orecchio, baciandole la guancia adesso libera. Bella, aveva pensato, studiando il gioco di luci e ombre che le delineava i lineamenti. Bella. Questa volta fu lui a iniziare, tornando sulla sua bocca. 
Se qualcuno avesse guardato con curiosità il loro gruppo per strada, non tanti occhi si sarebbero soffermati su di lei a dirle quanto era carina o sexy, rivolti per lo più a Mikasa o Historia o Annie, che ad un occhiata superficiale sarebbero sembrate oggettivamente più. Ma era quella la parola chiave, occhiata superficiale. Perchè per Constantine Springer, Sasha Braus era la ragazza più più del mondo, in tutto e per tutto. Era oggettivamente innegabile che lei non spiccasse come le altre, ma non erano loro a fargli perdere la testa, era lei. E solo pensando a come lo stesso avveniva dall'altra parte - era ben consapevole di non essere un Adone, lui - si sentiva contento come non mai, leggero come se dovesse prendere il volo da un momento all'altro.
Glielo disse, che la trovava bellissima. Fra un soffio e l'altro gliel'aveva mormorato a quello stesso orecchio e Sasha s'era coperta la bocca, per nascondere un risolino imbarazzato che, ancora, le imporporava le guance ogni volta che le faceva un complimento. Poi lui le aveva premuto una mano sulla nuca, portandosela più vicina, e cominciò a baciarle il collo, con lei che schiacciava i fianchi contro i suoi. Un paio di capelli gli finirono in bocca e di nuovo risero, ai suoi tentativi di tirarli fuori e alle buffe linguacce che ne risultavano. Amavano ridere tanto quanto si amavano fra loro.
Alla fine s'era ritrovato ad accarezzarle la pelle calda e morbida sotto la maglietta del pigiama, risalendo sino a stringerle piano i seni, il sangue che prima non gli era andato alla testa affluito altrove mentre le mani di lei vagavano attorno all'elastico dei boxer, quando il portone che sbatteva al piano di sotto li fece improvvisamente sussultare.
"Oh-oh, è tornato papà." Sasha si alzò di corsa, avvicinandosi alla porta, mentre Connie  preferì restare nel letto con un cuscino in grembo, non si sa mai. Il Signor Braus non era un genitore bacchettone, tant'è che aveva sempre lasciato che la figlia avesse pigiama party coi suoi amici maschi, e la cosa per lui non era cambiata nemmeno con l'inizio della loro relazione, quasi un anno e mezzo prima. Anche le raccomandazioni erano sempre state poche, riassunte nella massima "utero vuoto e credenza piena", sicuramente destinata a un futuro come proverbio popolare. Tuttavia, non volevano certo approfittarsene e Connie trovava scortese in ogni caso avere rapporti intimi con la figlia di un buonuomo mentre questi era appena tornato da una lunga giornata a lavoro, soprattutto dopo tutte le cortesie che aveva fatto loro.
Scocciati da quella sfortunata interruzione rimasero in ascolto, lanciandosi occhiatine di tanto in tanto, la casa tanto silenziosa da poter sentire ogni rumore in ogni angolo. Si sentirono fieri di loro stessi nel sentire le lodi e il sospiro soddisfatto che Papà aveva rivolto alla cucina che si erano tanto impegnati a pulire e al cibo che gli avevano premurosamente lasciato nel microonde.
"Ancora svegli?!" Chiese ad alta voce dopo aver azionato l'elettrodomestico. Sapeva già la risposta, ma quella piccola domanda era un'abitudine dura a morire.
"Sì papà! Scendiamo a farti compagnia, vero Constantine?"
"...certo" 
Avrebbe destato sospetti se fosse andato con il cuscino ancora premuto sul cavallo dei pantaloni?

Domenica; Ore 11:07
Quando provò a girarsi sull'altro fianco, accecata dal sole che entrava dalle tapparelle disgraziatamente scordate aperte, Sasha riuscì a malapena a muoversi prima di ricadere pesantemente sul cuscino, come pugnalata allo stomaco da qualcosa di estrememante appuntito. Immobilizzata in posizione supina, schermò il viso con la mano prima di aprire gli occhi per capire meglio quello che però era già ovvio.
"Dannati gomiti di Co- oh" Sospirò e, senza nemmeno pensarci, fece ricadere la mano a sfiorare la guancia del ragazzo profondamente addormentato contro di lei, col viso premuto sulla sua pancia e le braccia a stringerla, aggrapparsi al suo busto come quelle di un bambino che si appisola avvinghiato al suo peluche. Sorrise, accarezzandogli il viso con le dita, mentre con l'altra mano tirava su le coperte per avvolgergliele meglio attorno alle spalle. Arrivata con l'indice sulla punta del naso, il sorriso le si allargò considerevolmente, occupando buona parte del suo volto. Avrebbe voluto dargi un pizzicotto, ma si limitò a premere piano, il gioco del campanello, lo chiamavano mamma e papà tanti anni prima. Se mai avessimo un bambino, un giorno, vorrei che avesse il naso di Connie. Oh, e le sue fossette!  E si portò fino al punto dove sapeva sarebbe comparsa una delle due, ogni volta che sorrideva, ghignava o rideva. Erano semplicemente perfette, nella sua grande-visione-delle-cose-e-de l-mondo, ed era impossibile resistere alla tentazione, ogni volta che le vedeva, di poggiare i mignoli in quei piccoli incavi. Sulla bocca appena dischiusa passò appena il pollice, un tocco leggero.
"Sei la cosa più tenera che io abbia mai visto, ma lo sai questo?" Sussurrò, stringendolo forte, più forte di quanto Connie stesse stringendo lei, gli occhi chiusi dalla contentezza. 
Di nuovo, il rumore di dieci terremoti si fece sentire in tutto il suo fragore. Eppure, nonostante l'orecchio appoggiato proprio sulla fonte del rumore, Connie sembrava non essersene minimamente accorto, così come non aveva fatto caso alle carezze e alle parole di Sasha. Lei stessa sì lasciò sfuggire una soffocata esclamazione di sorpresa di fronte al suo stesso stomaco brontolante. 
"Dormi proprio come un sasso, tu", disse rivolta al ragazzo che, imperturbato, si rannicchiò meglio contro di lei, intrecciando le gambe con le sue. 
Sasha girò la testa in direzione della radiosveglia sul comodino. 11:11. Esprimi un desiderio
"Voglio passare l'anno, porca l'oca." mugugnò a denti stretti. Rabbrividì al solo pensiero del compito che, adesso, la fissava accusatore dall'altro capo della sua stanza, sulla scrivania piena di fogli accartocciati e cianfrusaglie su cui l'avevano abbandonato la sera precedente, prima di infilarsi sotto le coperte.
Considerò di nuovo l'orario. Lei aveva fame. Ma Connie dormiva ancora - ed era adorabile, svegliarlo sarebbe stato un reato gravissimo, nella sua grande-visione-delle-cose- e-del-mondo - e alzarsi, andare contro a quel rimasuglio di sonno che la tratteneva lì al calduccio avrebbe significato affrontare il mondo e l'architettura berlinese nei secoli. Per entrambi. Però lei aveva fame. Ma nemmeno poteva fare questo al suo adorato Constantine. Però lei...
E infine, accadde qualcosa di straordinario. Per amore, per abnegazione, Sasha decise che poteva aspettare. Col petto gonfio d'orgoglio per quella sua uscita di auto-disciplina, discese nelle viscere del letto, lontana dalla luce che inondava la stanza e protetta da quel giugno troppo freddo. Arrivata col viso al livello di quello di Connie, si fermò e prese a sistemarsi e mettersi comoda, avvolgendo a dovere lui e se stessa in un bozzolo doppio-strato di lenzuola e copriletto. Felice e contenta, chiuse di nuovo gli occhi e in breve tempo prese di nuovo sonno.
La domenica mattina a letto si passa, di solito, in quello strano dormiveglia in sequenza: ci si gira, si dorme un quarto d'ora, ci si gira di nuovo, si dorme ancora un quarto d'ora e si ripete per un tempo a gradimento personale.
Sasha s'era svegliata e rimessa a dormire ancora un'altra volta quando, finalmente, a destarla per l'ultima, furono dei movimenti goffi e difficoltosi alla sua sinistra.
" 'giorno" biascicò Connie, con la voce impastata e le palpebre ancora a mezz'asta.
"Buongiorno." Sasha si stiracchiò, facendo attenzione a non colpirlo per sbaglio con un braccio. "Come hai dormito?"
"Oddio Sasha, non lo so, dormivo."
"Vecchia e pure loffia."
"Che palle. Comunque: come un sasso" 
"Notato." commentò divertita.
"Ah sì? E tu?"
"Io? Io ho dormito benissimo e mi sono svegliata meglio." E detto questo gli schioccò un bacio sulla fronte. Connie sorrise e, senza farselo ripetere due volte, Sasha prese d'assalto le fossette.
"... Dopo colazione, ti andrebbe se ci andassimo a fare una passeggiata?" le propose, senza smettere di guardarla negli occhi con quell'espressione beata, un po' ebete.
"Sicuro, Constantine."


Ore 12:14

"Connie guarda, guarda! Un cane!" Gridò Sasha, entusiasta, interrompendo la loro passeggiata per indicare la bestiola che trotterellava allegra per quel sentiero poco frequentato appena fuori dal quartiere, accompagnato dal padrone, rimasto qualche metro più giù. Non le fu nemmeno necessario trascinare Connie per il polso, perchè fu il cane stesso ad andare verso di loro, per approcciarli e rimediare così qualche coccola o bocconcino.
"...noo, Sasha!" Gli occhi di Connie si illuminarono alla sola vista dell'animale. "E' un doge! Un DOGE ! Sasha, guardalo!" e continuava a ripeterlo, mentre lo splendido esemplare di Shiba Inu si sedeva paziente di fronte a loro.
"Stupendo"
"Magnifico"
"Luce dei miei occhi" 
"Un vero doge, Connie! Un doge!"
Carezze, buffetti, vocine ridicole e celebrazioni al cane non si sprecarono, assieme a frasi come Who's a good boi?, oppure Ora ti rapisco e ti porto a casa, ma quantoseibbbbello tu, eh? , mentre il padrone osservava, sconvolto e senza la benchè minima idea sul da farsi - oltre che un po' impaurito -.
"...vieni qui!" alla fine si decise a richiamarlo, accompagnando le parole con un fischio. Obbediente, il cane si alzò e voltò le spalle ai due ragazzi, che lo salutarono con immenso dolore.
"Se solo avessimo chiesto al padrone di farci fare delle foto!" disse Connie, pentito, rigirandosi il telefono in tasca.
"E' vero-"
"Guarda Sasha! Un altro cagnetto!" la bloccò lui, riferito all'alano nero in fondo alla strada e che, di -etto, aveva davvero poco.


Ore 14:40

Da che era nata quella moda, la loro non era mai stata una casa da "foto del cibo per Instagram". Anche volendo, non ce ne sarebbe stato il tempo: appena servite a tavola le pietanze venivano subito assalite, con velocità da predatori, non solo da "ovviamente" Sasha, ma da tutti i commensali. La buonanima di Nonna Braus e Papà avevano una piccola fama, in zona, come ottimi cuochi, e Sasha sembrava aver ereditato il dono di famiglia. Dopo il magnifico e abbondante pranzo, terminato in bellezza con i dolci cucinati dai due ragazzi il giorno prima - le meringhe erano squisite e perfette in ogni dettaglio; si appuntarono mentalmente di ringraziare al più presto Jean per la ricetta -, loro e Papà si divisero equamente i piatti da lavare e le pulizie della cucina. Infine, terminate anche quelle, il divano rosso vide di nuovo un collasso collettivo sui suoi morbidi cuscini. Papà Braus, seduto sul lato destro del divano, scompigliò i capelli della figliola e accese la tv, sintonizzando sul canale della Formula 1 per poter attendere l'inizio della gara. 
O almeno, provarci. "I letti saranno anche comodi, ma i divani... i divani sono magici" diceva un saggio anonimo a riguardo della soprannaturale capacità di questi mobili di far addormentare chiunque osasse rilassarsi troppo su di essi, in particolare dopo certi banchetti. Ma non era solo il pranzo a tirar giù le palpebre del signor Braus: gli orari del giorno prima, tutto il da farsi per l'armeria... Non passò tanto tempo prima che l'abbiocco lo reclamasse, a braccia incrociate e il capo chino sghembo verso il basso. 
Sasha e Connie, che fino a quel momento avevano parlato a bassa voce, attesero qualche minuto prima di svegliarlo brevemente e solo per un motivo: quella posizione non gli avrebbe fatto nessun bene, e lui si meritava di riposare comodo, come un bambino. 
"Papà? Scusa, papà. Ti farà male stare col collo così e ti sveglierai di continuo; devi dormire comodo. Vuoi andare su?"
Il poveretto si sveglio grugnendo. Si alzò con movimenti lenti, facendo presa sul bracciolo, e con un mezzo sorriso assonnato mugugnò loro un ringraziamento, prima di ritirarsi in stanza. 
"Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamaci." Aveva aggiunto Connie, mentre Papà saliva le scale.
Però, lui e Sasha avrebbero mentito se non avessero ammesso che anche loro due, rimasti soli con tutto il divano libero su cui accasciarsi, stavano lì lì per appisolarsi. Una coperta non troppo pesante li proteggeva dal fresco rimasto nell'aria dopo il diluvio di sabato, mentre il volume della tv sfumava pian piano in un rumore di fondo. L'abbiocco stava per mietere due nuove vittime.
"Mi annoio" questa volta fu Connie a dirlo, tirando fuori la testa da sotto un lembo di stoffa color porpora.
"Anche io, Connie. Però se dormiamo il tempo passa e non ci annoiamo, no?"
"E' vero, ma io ho voglia di fare qualcosa..."
"E se ci guardassimo un fil- La strada per El Dorado!" Sasha spalancò gli occhi e si girò a guardarlo per proporgli la sua idea. "E se ci guardassimo El Dorado? Ti prego, Miguel!"
Erano tanti anni che Connie non rivedeva quel film, nonostante fosse stato uno dei suoi preferiti quando era bambino: aveva passato serate interminabili nella sua cameretta a cantarne le canzoni, mentre si fingeva uno dei buffi protagonisti. Certi punti, ormai, nemmeno li ricordava più. Ottimo, allora, avrebbe fatto un bel ripassino assieme alla sua Ragazza Patata preferita.
"Vado a prendere il pc!" disse, scattando verso il piano di sopra.
"Cosa? No!" Si girò, perplesso. Sasha, ancora stesa sul divano, indicava qualcosa sotto la tv. Un parallelepipedo di plastica grigia che era stato protagonista delle loro infanzie: il videoregistratore della madre di Sasha, superstite dell'estinzione tecnologica dei suoi coetanei che la signora Braus aveva dimenticato lì anni prima. "Io ho ancora la cassetta, lo vediamo con quella!"

"Deve essere qui da qualche parte." Aveva borbottato la ragazza, aprendo la porta dello sgabuzzino: un ambiente piccolo, polveroso e sovraccarico, con scaffali su tutte le pareti, straripanti di oggetti e cianfrusaglie. Lo spazio rimasto per muoversi era assai ristretto e il pavimento era affollato tanto quanto i muri, fra casse di legno, damigiane vuote e scatoloni di cartone che prendevano polvere sulle mattonelle bianche, che necessitavano davvero di una bella spazzata. Il Caporale sarebbe rabbrividito solamente a sapere dell'esistenza di un posto del genere.
Fu proprio su uno di quegli scatoloni che si chinò Sasha, dopo aver constatato con un verso di frustrazione che la lampadina s'era bruciata. Connie le fece luce col telefono, mentre faceva vagare distrattamente lo sguardo sugli scaffali. C'era veramente di tutto: da vecchi giocattoli, archi e frecce rotte, barattoli di marmellata, fascicoli di documenti, sacchetti per l'aspirapolvere...
"Mi vieni a dare una mano?" 
"Uh? Sì, subito." Si riscosse, affiancandola accanto a un pacco che, data la dicitura "Vecchie cose cameretta" scritta in pennarello indelebile su di un lato, aveva l'aria di essere quello giusto.
Si sbagliavano. 
Ma fu comunque un interessante viaggio alla ri-scoperta di cose che avevano dimenticato da anni, date per scomparse o direttamente mai esistite. Addirittura trovarono un album di foto che valse l'interruzione delle loro ricerche - come resistere alle foto del loro primo giorno di scuola? Dovevano riconoscere di essere veramente due adorabili pesti - e una raccolta di vecchi temi di Sasha, datati 2007. Dieci anni prima! Si fecero risate assurde, rileggendo quelle pagine piene di orrori, errori, avventure e testimonianze discutibili, scritti con l'elegante grafia delle protagoniste di Galline In Fuga. 
Però ben presto lo scrigno delle meraviglie si esaurì, senza aver rivelato nessuna cassetta. Senza inizialmente perdersi d'animo, provarono a rovistare in altri scatoloni, poi nelle casse e gli scaffali... niente.
Dopo un totale di ricerca di venticinque minuti - venticinque! - s'erano ormai dati per vinti. 
"Scusami tanto, Connie. Io ricordavo di averla... tutto questo tempo sprecato per nulla!" mugolò Sasha, abbassando la testa afflitta. "Allora dovremo proprio salire a prendere il computer. Che peccato."
Di nuovo impegnato a vaneggiare con gli occhi attorno allo sgabuzzino, Connie tardò a rispondere. Annoiato, giocherellava con il contenuto della mensola di fronte a lui, battendo le dita ritmicamente su uno sportellino di metallo laccato. Sospirò.
"Oh, andiamo Sasha, fa nien-" Spalancò gli occhi, e subito dopo aver analizzato ciò che aveva davanti li richiuse, assalito dalla voglia di morire. "Cazzo. Sasha, vieni a vedere dov'erano le cassette." Disse, indicando lo sportellino che, nella sua noia, aveva aperto per puro caso.

"Ma Miguel tipo Kronk, che si fa la colonna sonora da solo?" disse Connie, prendendo una manciata di popcorn dalla ciotola.
"Adovfabi'e" rispose Sasha a bocca piena, cercando a tentoni la mano del ragazzo. Era presto e il sole era ancora alto, in quelle giornate che erano le ultime ad allungarsi, eppure nel salotto di quella casa gialla il buio era già calato. Veneziane e tende erano state tirate per creare una piccola sala cinema. Come la sera prima nella stanza, i loro volti e l'ambiente tutto attorno erano illuminati solamente dalla luce artificiale di uno schermo. Connie le venne incontro, muovendo la mano fra le pieghe della coperta fino a toccarle il palmo.
"Trovata." Intrecciò le dita alle sue, stringendo piano sulle nocche.
Rimase in silenzio appena un istante, prima di riprendere a fare la telecronaca a qualsiasi cosa degna di nota e commento.
"Dimmi quanto siamo Miguel e Tullio, noi due?"
"Troppo, sopratutto quando ci incolpiamo a vicenda per scamparci i casini!" Sasha ridacchiò, battendogli un pugno sulla spalla a cui Connie rispose senza esitazione. Lei allora gliene diede un altro, e in breve tempo diedero inizio a una vera e propria lotta. 
"Constantine! Mi hai fatto rovesciare i popcorn! Ora dovrò ripescarli tutti dalle tette!"
"... wow"

"Voglio dire," sbottò Connie pochi minuti dopo "non capisco cosa ci trovi Tullio di scandaloso se Miguel parla con un cavallo. Noi lo facciamo tutti i giorni!"
"Ma infatti! Io lo sto facendo adesso!" Appena finita la frase Sasha, che aveva il telefono in mano, aprì un vocale e si avvicinò al microfono. "CIAO JEAN!"
Altivo - la spalla equina - era decisamente il loro soggetto preferito, per quanto riguardava le battute.
"Non mi aspettavo il cavallo" fu la lagna di Tullio che fece scoppiare a ridere quei due invasati. Non riuscivano a fermarsi, nemmeno al pensiero di poter svegliare per sbaglio Papà, e appena provavano a darsi un contegno e a parlare, ecco che ricominciavano a battere le mani come foche, con gli occhi fuori dalle orbite e gli addominali induriti e doloranti dallo sforzo.
"Oh mamma, ti ricordi..." si interruppero di nuovo, Sasha quasi soffocando con la sua stessa saliva. "Ti ricordi quando con Jean abbiamo affittato quel pedalò al parco ed eravamo fusi, fatti come pigne!?" Alla sua risposta affermativa, consistente in un annuire sfrenato accompagnato da quell'insistente battere di mani e una risata muta, Connie puntò il dito agli sventurati sullo schermo. "Noi, ERAVAMO NOI!"

"Chel era ovunque, eccetto vicino alla bocca di Tullio."
"Già." 
Connie sbadigliò per primo, contagiando anche il bozzolo di coperta seduto accanto a lui.
"Hai sonno?" gli chiese, strizzando gli occhi per osservarlo in mezzo alla luce abbagliante del televisore.
"Un poco." Provò a rispondere lui, ma la frase gli uscì terribilmente storpiata da un altro sbadiglio.
"Più di un po', direi." Sasha sorrise, calandosi il lembo di coperta che le faceva da cappuccio. Connie lo prese come un invito ad appoggiare la testa sulla sua spalla e andò subito ad accoccolarsi lì, contro il suo collo. Lo lasciò fare, indisturbata.
"Io non ho voglia di addormentarmi, però..."
"A chi lo dici."
Quando finalmente Miguel e Tullio avevano salvato la città d'oro dalle brame di Cortes, l'abbiocco s'era preso le sue ultime due vittime da un pezzo.

Ore 23:59

"Oh mio dio, oh mio dio!"
"Siamo degli idioti, Connie! Siamo degli idioti!"
"Due grandissimi coglioni, ecco che cosa siamo!"
Sasha si sbracciava, in piedi sul letto, gli occhi strabuzzati e in mano il dannato foglio della dannatissima ricerca, mentre Connie correva per tutta la stanza alla ricerca del libro di testo.
"Fai qualcosa, Sasha!" sbraitò dopo esser quasi inciampato sul suo zaino. "Accendi il pc! Cerca qualcosa!"
Lei, che con le braccia aperte dalla disperazione sembrava San Giovanni nel Compianto del Cristo Morto di Giotto, si buttò giù verso la scrivania, saltando con disinvoltura lo stesso zaino dove il suo ragazzo aveva rischiato l'osso del collo e andando ad aprire Google senza nemmeno sedersi.
"E' successo qualcosa?" Disse Papà. Tutto quell'urlare e disperarsi come se fossero arrivati i Cavalieri dell'Apocalisse vestiti per le grandi occasioni l'aveva incuriosito e attirato di sopra, così che adesso la sua testa sbucava dallo spiraglio della porta semi-aperta.
I due ragazzi si bloccarono sul posto, Connie con le braccia cariche di volumi, astucci e quaderni pericolosamente in bilico, e Sasha piegata a cul en l'air sulla scrivania.
"Nulla." Rispose Connie, facendo cadere per sbaglio un portamatite arancione.
"...sicuri?"
"Assolutamente, sissignore" assicurò, chinandosi a raccoglierlo e facendone cascare altri due.
"...okay. Buonanotte, gioventù." E Papà Braus uscì, perplesso, lasciandosi la porta chiusa alle spalle.
"Buonanotte, papà- ahi!"  Sasha si girò di scatto, appena in tempo per vedere Connie ritirare la mano aperta dal suo sedere. 
"Scusa." Sornione, Connie prese posto sulla sedia di plastica verde menta.
Sospirarono.
"Siamo nella merda."
"Dio esiste? E se sì, perchè ci ha fatti così?!"  Connie si buttò in ginocchio a terra, fissando il soffitto e, idealmente, il cielo oltre di esso con aria di sfida, cercando risposte a interrogativi che avevano afflitto - e sempre avrebbero affltto - la sua misera esistenza da fancazzista. 
"Non ce la faremo mai..." La bruna si prese la testa fra le mani, dondolandosi accanto a lui sul tappeto. Poi, l'illuminazione per entrambi.
"A meno che..."
"ARMIN!" Esclamarono in coro, gli occhi illuminati da una nuova speranza e le mani dell'uno unite a quelle dell'altro, sorrisi enormi che si allargavano da un lato all'altro della faccia.
Si precipitarono sul comodino accanto a letto, afferrando i cellulari e stringendoli come il più caro dei tesori.
"Chiami tu o chiamo io?" Domandò Sasha, mangiandosi le parole per la fretta mentre inseriva il codice per sbloccare il suo.
"Tu, io, basta che si chiami!" 
Sasha annuì e, mentre Connie ancora imprecava contro il suo telefono impallato, fece partire la telefonata col suo.
"... sta squillando!"
"Metti in vivavoce!"
"Shhhh, Constantine, zitto!"
"... pronto?" La voce dall'altro capo del telefono, stanca e infastidita, venne accolta dai due come le parole del Messia stesso.
"ARMIN!" Di nuovo in coro, Connie e Sasha urlarono la loro gioia nel microfono.
"Sì, lo so che mi chiamo così. Ma posso sapere perchè, di grazia, avete deciso di chiamarmi al quarto minuto del nuovo giorno?"  E dopo le parole del loro compare biondo sentirono, in sottofondo, qualcosa che poteva vagamente somigliare a "chi checche in cruna e maggiolino?" - o, più probabilmente "chi è che ci importuna, topolino?". 
"Vedi, amico, noi avremmo bi- aspetta." Connie si soffermo per un istante sulle sillabe distorte che aveva sentito, cercando di dar loro un senso e, magari, identificare la voce che poteva averle pronunciate. "OH" fu tutto quell che riuscì a pensare e guardando in faccia Sasha capì che lei aveva avuto la sua stessa intuizione. "...ma è la voce di Annie quella?!"
"Ohohoh, vecchio volpone! Porti le ragazze a casa anche tu, adesso?!" Entrambi batterono le mani e presero a ridere sotto i baffi, deliziati e divertiti da quello scoop inaspettato - sembravano due allegre comari di paesino. "Hai capito Blondie!" 
"Abbiamo interrotto qualcosa?" chiese Sasha, ridacchiando con addosso una faccia di bronzo da antologia.
Come risposta ottennero un silenzio imbarazzato scandito dai respiri pesanti del topolino, che non durò a lungo prima di essere sostituito dal crudele tu tu tu del telefono sbattuto in faccia.
Smisero di sghignazzare, congelati in orrore. Connie e Sasha si rivolsero un ultimo, lungo sguardo, con gli occhi che sembravano voler cadere dalle orbite e le bocche aperte che tremavano.
"Siamo rovinati."

E a nulla valsero i disperati tentativi di richiamare Armin, mandargli messaggi su ogni social possibile, tempestarlo di sms e intasargli la casella di una ventina di e-mail (facendo il tutto quasi annegando nelle loro stesse lacrime). Come se non bastasse, anche tutti gli altri - Jean, Historia, Ymir... - sembravano essere sordi ai loro strazianti appelli di aiuto. Fu una lunga sequela di chiamate appese, messaggi nemmeno consegnati e mail finite ad ammuffire fra lo spam. Tutti i loro amici erano irraggiungibili, disposti a vederli morire sotto i loro sguardi quella mattina di Lunedì, alla primissima lezione.
C'erano due ipotesi: la prima, una repentina presa al potere di DarkArmin, come lo chiamavano loro, che doveva aver messo mano ai comandi del cervello del giovane Arlet senza passare per il Via. La seconda, la pessima influenza della graziosa ragazza mezza-russa con cui aveva deciso di passare una serata in intimità.
"Tutt'e due?"
"Tutt'e due."
"Tutt'e due."






Bonus:
Il professor Shadis li stava perforando con occhi di fuoco. Il labbro inferiore, circondato da rughe, tremava in anticipo della supercazzola che sarebbe uscita da quella bocca, mentre la fronte corrucciata era tanto rugosa da sembrare il culo di un vecchio elefante, per dirla alla Eren. Nelle mani stringeva quasi a volerle strappare tre misere pagine spiegazzate, stampate con l'inchiostro agli sgoccioli e composte in gran parte da immagini piazzate appositamente per riempire il foglio, frasi di poco senso e, in ultimo, una supplica di grazia scritta a mano e firmata da entrambi in fondo all'ultima pagina.
Sasha e Connie sentirono il sangue sparire dalle loro facce e le gambe venir meno: quello si stava preparando a farli sottovuoto - con l'anno scolastico agli sgoccioli! -, un desiderio che nutriva da tanto tempo e che ora finalmente poteva realizzare. Non ci avrebbe pensato due volte, a bocciarli, se non fossero riusciti a compiere un miracolo e passare per il rotto della cuffia, salvati in corner da chissà quale forza misteriosa. Ma come fare?
Connie ingoiò a vuoto, rifuggendo lo sguardo incassato nelle orbite dell'insegnante, mentre Sasha, con l'ultima manciata di coraggio e faccia tosta, continuava a fissare a testa alta un punto indefinito della lucida pelata di Shadis.
Dalla gola dell'uomo uscì un verso quasi animale e, poco prima che scoppiasse, sembrava che del fumo dovesse uscirgli dalle orecchie e dal naso.
"Si può sapere per quale motivo non avete svolto il compito che vi vale un terzo del voto, dannati nullafacenti parassiti?!"
I parassiti si rivolsero uno sguardo complice. Okay, si dissero, adesso.
"Tu!" Sasha indicò Connie, la voce eccessivamente teatrale a fingersi tradita. "Tu mi hai distratto!"
Il silenzio calò sulla classe, senza che nemmeno i più coraggiosi a chiaccherare durante l'ora di Shadis avessero la voglia di fiatare, sotto lo sguardo mai più adirato di così del professore. Quei due stavano esagerando, com'era anche solo pensabile che quella stupida manovra barbina salvasse loro il culo?
"Che cazzo di intenzioni hanno?" sussurrò Jean al suo compagno di banco, senza staccare gli occhi dal palcoscenico di fronte alla cattedra. Marco alzò le spalle. 
"Non lo so. In due anni che abbiamo Shadis, non hanno mai osato far questo con lu-"
"Ma come no, non ricordi l'anno scorso?" Ymir si allungò dal banco dietro al loro, fino ad arrivare vicino alle loro orecchie. "L'hanno fatto anche con lui, fidati."
"Beh, non ci resta che stare a vedere." Mormorò Historia, mettendosi comoda sulla sua seggiola di legno e alzando gli occhi al cielo.
Il pizzetto dell'insegnate era sul punto di prendere fuoco, mentre Connie si preparava a rispondere alle accuse.
"...Cosa no!" sbottò incredulo, chiandosi verso di lei con la mano sul petto.
"Sì, tu! Mentre io cercavo di riportarti sulla retta via!"
"Pfff, ma cosa vai dicendo!" E fu lui a puntare il dito contro Sasha, stavolta, letteralmente, premendoglielo appena sotto la clavicola e spingendola all'indietro. "Io non lo farei mai!"
"E invece l'hai fatto, mi hai tradita!"
"Maledetta, piccola Dalila bugiarda!" e si avventò su di lei, prendendola sulle spalle e scambiando le loro posizioni, gesto a cui lei rispose dandogli una botta sulla fronte e cacciandolo lontano da lei. Connie stava per tornare alla carica, lanciando una fugace occhiata ai compagni di classe. Entrambi gli attori nascondevano un sorrisetto divertito e ormai quasi non pensavano più al professore orripilato davanti a loro.
"BASTA!"  Shadis battè un pugno sulla cattedra che fece trasalire tutti i presenti. Fece il giro del mobile e, senza nemmeno dar loro il tempo di reagire, li prese per i colletti e li buttò fuori con uno strattone, senza aggiungere altro e sbattendo la già massacrata porta dell'aula.
Andarono a sedersi sul basso davanzale della finestra che dava sul cortile interno, sapendo che sì, davvero, non avevano altre possibilità, questa volta erano finiti sul serio: segati, bocciati, morti. Nulla e nessuno li avrebbe potuti salvare, con nessun altro dei loro prof disposto a mettere una buona parola per loro due in consiglio di classe.
Stavano quasi per mettersi a piangere quando videro un'ombra massiccia, riconoscibile per la mancanza del braccio e il nodo alla manica, affiancare le loro.
"Santo cielo, ragazzi, posso sapere cosa avete fatto stavolta?" Alzarono la testa, e di nuovo la speranza si fece largo nei loro cuori martoriati, gli occhi di nuovo brillanti di stelle e le bocche allargate dalla felicità e dallo stupore. Forse, un insegnante disposto a salvarli c'era...
"...Professor Smith!"



Note dell'autrice:
Io. Sono. Lenta.
Ci ho messo un mese, un mese, a scrivere le 6856 (bonus compreso) parole di sta fic: iniziata il 5 giugno e terminata (sempre con l'aggiunta del bonus) il 4 luglio. Un parto, credetemi, un dannato parto.
Ma ne sono veramente soddisfatta C: è il mio secondo lavoro più lungo ed il primo di questi a essere pubblicato. Inoltre, fa parte di una mia piccola sfida/iniziativa autoimposta che ho battezzato "Springles Spree". Siccome c'è pochissimo materiale su questa adorabile ship, ho ben pensato di mettermi sotto e aggiungerne io. Oltre a questa, se riesco e lo spero davvero tanto, dovrei scrivere e far uscire altre due shottine su Connie e Sasha :3 più corte di questa, però: probabilmente classiche flash o shot che non eccedono le 1000 parole.
Nella fic non si nota il mio studio della Storia dell'Arte, poi, no no, ovvio che no :v *sarcasm*
Un'ultima cosa, se volete considerarlo come un "giochino": oltre ai funzionali alla trama e pesantissimi riferimenti a La strada per El Dorado, ho aggiunto altre due citazioni ad altrettanti musical. Indizi: uno  è un film d'animazione, l'altro no!
Buona fortuna e un biscottino a chi li  troverà <3
Ps: Arya Tata Montrose, la mia beta e bestbitchforever è ovviamente esclusa a priori dalla competizione :v

A presto, Nana C:
   
 
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