La
strada per El Fancazzismo
Sabato; Ore 15:37
"Riesci a crederci che quella gran
baldracca di Shadis ci ha assegnato SETTE pagine di ricerca da portare
per LUNEDI'?" Sbottò Sasha, gesticolando furiosa e cercando
di riparare alla bell'e meglio lei, Connie e i loro voluminosi zaini
sotto un minuscolo ombrello da borsetta, totalmente inadeguato
all'infierire dell'ira di dio sulla loro città.
"Urbanistica di Berlino dal secolo IX al XX... che
stronzata." Rispose il ragazzo, leggendo la traccia sul foglio
protocollo e infilandolo nella tasca dei jeans, prima di aprire lo
sportello del pick up di Papà Braus, attento a non
continurare gli improperi mentre scivolava dentro l'abitacolo.
"Saaalve" lo salutarono entrambi,
con tono scherzoso e allungando volutamente la vocale.
"Ciao, ragazzi" replicò
l'uomo al volante, ingranando la retromarcia e uscendo dal cortile
quasi allagato. La sua guida era un po' aggressiva, tipica di chi da
giovane ha imparato a guidare su strade dissestate, tutte buche e
tornanti che s'abbarbicano attorno alle montagne, e una volta cresciuto
ha dovuto fare i conti con l'asfalto liscio e duro della
città.
"Grazie di esserci venuto a
prendere." disse Connie, infinitamente riconoscente per l'esser stato
salvato dall'annegamento. Era come se tutto il paese fosse in balia del
Diluvio Universale, e il pick up diventava l'Arca, con un buffo
Noè a bordo e lui e Sasha una coppia di bestiole
fradice.
"Figurarsi. E' impensabile che dopo
giugno smettano di passare quasi tutti gli autobus e le corriere, con
voi ragazzini che ancora andate a scuola. Il prossimo era alle-"
"Quattro e mezza, pa'. Sei stato
tanto buono a risparmiarci ore sotto la pioggia!" Sasha si
strizzò i capelli fradici, lasciando cadere tutta l'acqua
sulla testolina
pelata seduta alla sua sinistra. Connie
si limitò a fissarla malissimo e a soffiarle come un gatto,
strappandole un risolino incontrollabile.
Durante il resto del viaggio verso
casa Braus si parlò tranquillamente del più e del
meno, ridendo dei clienti da annullamento Q.I che entravano
quotidianamente nell'armeria di famiglia e dei pochi aneddoti legali e
family-friendly che i due baldi giovani potevano offrire. Accennarono
brevemente anche al compito che avrebbe divorato il loro fine settimana
e, per quanto venne ritenuto ingiusto anche da Papà, lui si
raccomandò comunque che facessero un buon lavoro. Dopo
più di dieci anni, sapeva benissimo quanto - sciaguratamente
- fossero predisposti la figlia e il fido compare a battere la fiacca,
procrastinare e usare tempo e intelligenza per tutto fuorchè
la scuola. Più che una raccomandazione era quindi
una mal riposta, vana, fumosa speranza.
Arrivati a casa, li fece scendere
proprio davanti al portoncino blindato, coperto da una pensilina di
tegole rossicce.
"Purtroppo oggi torno tardi, non
aspettatemi per cena. Non fate troppo casino."
"Quindi va bene un casino
moderato?" domandarono in coro, tutti sorrisi e sguardi complici.
"...andata" sospirò il
povero sventurato padre della castana.
Sasha e Connie lo salutarono a gran
voce, agitando la mano che non stringeva quella dell'altro. Il signor
Braus ricambiò suonando il clacson e percorse il vialetto
all'indietro. Allontanandosi col collo girato per la manovra, gli
sembrò d'intravedere un bacio dallo spiraglio del portoncino
semichiuso.
Ore
16:42
"Connie, mi annoio." Sasha
sbuffò, affondando nelle profondità del morbido
divano rosso del soggiorno, la mano a penzoloni a sfiorare il tavolino
da caffè e le gambe mollamente poggiate sul grembo del suo
ragazzo.
"E se cominciassimo la ricerca?"
Suggerì Connie, soffiando il fumo dalla bocca e facendo
cenno al compito infilato sotto il posacenere.
"E se... idea! E se facessimo dei
biscotti?!" Sasha balzò, puntellandosi coi gomiti sopra i
cuscini del sofà e fissandolo con occhi supplichevoli "Io ho
tanta fame." Occhioni da cucciolo bastonato, boccuccia
all'ingiù e manine strette a pugno: era la combinazione che,
lei lo sapeva, le avrebbe garantito il mondo, perchè il suo
amato Constantine non sapeva dirle di no. Non che adesso sia strettamente necessaria,pensò, ma meglio essere sicuri.
Tuttavia quella volta Connie le
disse che no, dovevano studiare e adempiere così al loro
dovere di studenti, rendendo fiere le loro famiglie e piantando invidia
nel cuore dei loro sciocchi amici che invece avrebbero lasciato
l'assegno in un angolo a prendere polvere per tutto il week-end. O
almeno, questo sarebbe successo in un mondo ideale, dove i fancazzisti
non esistevano e loro due non ne dividevano il comando dell'esercito -
e lo Springer non aveva un debole per la Manovra Cucciolo Bastonato.
Quindi, spenta la sigaretta, lui la
tirò su per i polsi e, saltellando come unicorni allegri,
felici e ignoranti, i due andarono in cucina.
Ore 19:56
"Mi sa che ci siamo fatti un po'
prendere la mano."
"Già."
Sul tavolo di legno, coperto da una
tovaglia in tela cerata, facevano bella mostra tre teglie strapiene di
biscotti vari e una crostata; nel frigo stavano riposando i budini e in
forno le meringhe avevano appena iniziato la loro lunga cottura a
calore basso. Avrebbero continuato a preparare e infornare ancora e
ancora, se non fosse stato per la dispensa quasi vuota e un'occhiata
rivolta per sbaglio al cucù sulla parete fra il fornello e
la porta.
"Lo senti questo profumo, Sasha?"
Connie annusò l'aria come un segugio, posandole una mano
sporca di zucchero sulla spalla.
"Sì, è quello
dei dolci" Disse lei, sorridendogli.
"No, questo è odore di
4."
"Pff, Connie Connie
Connie, Constantine
mio adorato, il tuo naso ha le traveggole!"
Sasha gli piroettò attorno, punzecchiandogli il collo e le
spalle. Reclinò la testa e, prendendolo in giro, disse "Ti
sei scordato un piccolo dettaglino chiamato domenica."
"Sì
ma-"
"Ma niente. Abbiamo tutto domani
per quella dannata ricerca!"
"Sono sette pagine, l'hai detto tu
stessa che è impossibile-"
"No no," lo interruppe di nuovo la
bruna, "Io non ho detto che era impossibile. Connie, noi abbiamo sempre
condensato otto ore di lavoro in tre minuti, al bar della scuola,
prendendo il cappuccino: vedrai che non avremo problemi." Ne
era assolutamente sicura,
anche perchè era assolutamente vero:
quello era il loro metodo di studio. E glielo fece notare con aria un
po' saccente, con l'indice bello dritto e il ghigno che Hermione
Granger vi rivolgerebbe dopo avervi corretto Leviosà -
non di certo mentre vi convince a procrastinare.
"... è vero... Mi hai
convinto!"
Se prima era stato l'inizio della
fine, quello fu il primo chiodo nella bara.
"Oh, meno male!" Sasha
alzò le braccia al cielo, vittoriosa. Il perchè
ci tenesse così tanto venne spiegato dal rumore di dieci
terremoti che improvvisamente riempì la stanza.
"...hai fame, n'è?" Un
estraneo avrebbe spalancato la mascella fino terra, sbracciandosi e
aggiungendo sbigottito "Dopo
tutto l'impasto e /anche/ i biscotti che hai già divorato?",
ma lui aveva smesso di meravigliarsi anni fa.
"Taaaanta." In punta di piedi
tornò alle spalle di Connie, che già temeva per
la sua incolumità. Invece lei si limitò a
posargli il mento sulla testa, incrociando le mani di fronte al suo
petto. "Ho tanta fame." Connie poteva vedere l'espressione beata della
ragazza dal pallido riflesso nella finestra. Sorrideva, con gli occhi
chiusi, e aveva sistemato ben bene la guancia contro la sua zucca. "La
padrona di casa s'è messa comoda?" Sembrava che le punte dei
suoi cortissimi capelli non le dessero alcun fastidio.
"Sì."
"Possiamo cenare coi dolci, se
vuoi, o cucinare altro."
"Sono troppo stanca per cucinare
altro," mugugnò, sfregandogli addosso la guancia. "e ho un
po' di cucuzze nel portafogli, pizza o cinese?"
"Both, both is good"
"Te amo, Miguel."
"Però
studiamo dopo cena, vero?" "Ma certo!"
Ore 22:24
"E'
una cosa bella che Spongebob non si sia rassegnato ad essere solo nella
nostra infanzia come cartone e che quindi ora ci accompagni
nell'adolescenza e nell'età adulta. Come meme,
dico."
"Esatto, Constantine, esatto. Spongy
non ci abbandona."
Annuirono entrambi, forti della
loro teoria, e tornarono a scrollare Facebook alla ricerca di nuovi
meme. Stesi nella semioscurità della stanzetta, la luce del
display del cellulare di Connie illuminava i loro visi di una luce
bianca, quasi accecante, che andava a mitigare la carica gialla
dell'abat-jour sul comodino.
"Historia potrebbe anche evitare di
postare tutte queste foto di Ymir. Povera anima, guarda: una mentre
starnutisce, una mentre beve, un'altra mentre cerca di afferrare il
telefono e ha l'aria scocciata - probabilmente cerca di farla smettere
- e questa qui che... oooh bella."
"... io lo sapevo che Ymir
piscia in piedi!" Commentò Connie, facendo sghignazzare
Sasha, dietro di lui. Provò anche ad accompagnare il tutto
con un gesto del braccio, ma, diamine, era
difficile senza tirarle una gomitata nella pancia. Il letto di Sasha da
anni non era più della taglia giusta per ospitare entrambi
comodamente e per starci dovevano stringersi e ingegnarsi, il
più delle volte con risultati scomodi e/o imbarazzanti.
Eppure, che uno dei due dormisse per terra, in un altro letto o
addirittura sul divano era fuori discussione.
"Ahia"
"Scusa"
"No, no, tranquillo. Non mi hai
fatto male, cioè, non tanto. Hai presente quando
dici ahia e
tipo non ti sei fatto niente?"
"Sì"
"Però la situazione
è una di quelle in cui ti saresti potuto far male e quindi
boh, lo dici. Ecco, come mo', solo che un po' mi hai fatto male
perchè hai i gomiti a punta."
"Me lo dici ogni volta."
"Magari perchè
è vero, nanerottolo"
"Io non sono un nanerottolo!"
"Oh, sì che lo sei"
"Come se tu fossi tanto
più alta, son solo dieci centimetri."
"Ma io, se anche fossi bassa - e
non lo sono - lo sarei solo come donna. Tu sei basso come uomo e come
donna, Constantine."
"E questa dove l'hai presa?"
Sbottò indignato, ma con una certa nota di
curiosità.
"Petra." rispose Sasha, con un
sorrisetto sornione che, dopo essersi voltato, Connie vide a malapena.
"Me l'ha insegnata lei. La usa molto spesso col Caporale" Caporale era
il nome che ormai tutti usavano per appellare Levi Ackerman, cugino di
terzo grado della loro amica Mikasa. L'origine non era ben chiara e
spesso dibattuta, tante erano le ipotesi, prime fra tutte la sua
altezza e camminata alla Napoleone, oltre che il complesso omonimo che
sembrava affliggere quella pallina iraconda di un metro e sessanta.
"Povera animaccia sua." E lo disse
sdegnante, con il suo miglior finto tono da snob. Lui non
voleva ridere, lui voleva fare l'offeso e tenerle un po' il broncio e
vedere come reagiva, ma Sasha aveva preso a fargli il solletico senza
motivo e quindi s'era ritrovato a sganasciarsi senza riuscire a
liberarsi, a contorcersi e cercare di scappare nel poco spazio che gli
era concesso.
"Ba-BASTA! Sasha, ti prego... dai,
basta, sto cadendo dal materasso!" A fatica era riuscito a implorare
aiuto, in bilico sul bordo del letto. Ma quando gli venne fatta la
grazia era troppo tardi, e riuscì a risparmiarsi botta e
bernoccolo solo sostenendosi con un braccio, a testa in giù.
Si trovarono di nuovo a ridere assieme, questa volta senza torture di
sorta, mentre lei lo afferrava per i polsi e lo riportava su. Si
aggrappò forte e in men che non si dica erano seduti a gambe
incrociate, l'uno di fronte all'altra.
"Constantine, mi perdoni?" questa
volta sì che la mossa del cane bastonato le serviva, e
infatti Sasha non esitò un istante a sfoderarla, ancora
più penosa e triste di quel pomeriggio.
"Dillo, avanti." Alzò il
mento e si sedette su un cuscino, per squadrarla dall'alto in basso.
Lei prese fiato. "Mi perdoni per
averti chiamato nanerottolo e averti quasi ammazzato con un attacco di
solletico coatto?"
"... forse"
"... non fare lo stronzo permaloso
manico-di-scopa-in-culo come Jean."
"Uff, e va bene, sei perdonata!" Il
ragazzo allungò la mano e, a mo' di prete, gliela
passò sopra il capo. "Ma non devi più riferirti a
me come nanerottolo, e
non chiamarmi Constantine!"
"Ma
è il tuo nome."
"Il mio nome è Connie."
"Il tuo certificato di nascita
sostiene tutt'altro."
"E' Connie."
"Posso rinunciare solo a uno fra
Nanerottolo e Constantine. A te la scelta."
"..." non le rispose, ma
ruotò le chiappe, voltandole le spalle.
"Oh no, scusa tesoro, dai!"
"No"
"Dai"
"None"
"E se ti dessi un bacio?"
Aveva accettato le scuse, Connie, e
in un battito di ciglia s'era ritrovato nuovamente disteso fra le
morbide lenzuola di cotone, con le labbra biscottose di Sasha
premute contro le sue. Pollice e indice, a tentoni, le accarezzavano il
capo alla ricerca dell'elastico. Lo trovarono e lui le sciolse la coda,
lasciandosi solleticare il viso dalle morbide ciocche color mogano. Ne
prese una e gliela ravviò dietro l'orecchio, baciandole la
guancia adesso libera. Bella, aveva
pensato, studiando il gioco di luci e ombre che le delineava i
lineamenti. Bella. Questa
volta fu lui a iniziare, tornando sulla sua bocca.
Se qualcuno avesse guardato con
curiosità il loro gruppo per strada, non tanti occhi si
sarebbero soffermati su di lei a dirle quanto era carina o sexy,
rivolti per lo più a Mikasa o Historia o Annie, che ad un
occhiata superficiale sarebbero sembrate oggettivamente più.
Ma era quella la parola chiave, occhiata superficiale. Perchè
per Constantine Springer, Sasha Braus era la ragazza
più più del
mondo, in tutto e per tutto. Era oggettivamente innegabile che lei non
spiccasse come le altre, ma non erano loro a fargli perdere la testa,
era lei. E
solo pensando a come lo stesso avveniva dall'altra parte - era ben
consapevole di non essere un Adone, lui - si sentiva contento come non
mai, leggero come se dovesse prendere il volo da un momento all'altro.
Glielo disse, che la trovava
bellissima. Fra un soffio e l'altro gliel'aveva mormorato a quello
stesso orecchio e Sasha s'era coperta la bocca, per nascondere un
risolino imbarazzato che, ancora, le imporporava le
guance ogni volta che le faceva un complimento. Poi lui le aveva
premuto una mano sulla nuca, portandosela più vicina, e
cominciò a baciarle il collo, con lei che schiacciava i
fianchi contro i suoi. Un paio di capelli gli finirono in bocca e di
nuovo risero, ai suoi tentativi di tirarli fuori e alle buffe linguacce
che ne risultavano. Amavano ridere tanto quanto si amavano fra loro.
Alla fine s'era ritrovato ad
accarezzarle la pelle calda e morbida sotto la maglietta del pigiama,
risalendo sino a stringerle piano i seni, il sangue che prima non gli
era andato alla testa affluito altrove mentre le mani di lei
vagavano attorno all'elastico dei boxer, quando
il portone che sbatteva al piano di sotto li fece improvvisamente
sussultare.
"Oh-oh, è tornato
papà." Sasha si alzò di corsa, avvicinandosi alla
porta, mentre Connie preferì restare nel letto con
un cuscino in grembo, non si sa mai. Il
Signor Braus non era un genitore bacchettone, tant'è che
aveva sempre lasciato che la figlia avesse pigiama party coi suoi amici
maschi, e la cosa per lui non era cambiata nemmeno con l'inizio della
loro relazione, quasi un anno e mezzo prima. Anche le raccomandazioni
erano sempre state poche, riassunte nella massima "utero vuoto e
credenza piena", sicuramente destinata a un futuro come proverbio
popolare. Tuttavia, non volevano certo approfittarsene e Connie trovava
scortese in ogni caso avere rapporti intimi con la figlia di un
buonuomo mentre questi era appena tornato da una lunga giornata a
lavoro, soprattutto dopo tutte le cortesie che aveva fatto loro.
Scocciati da quella sfortunata
interruzione rimasero in ascolto, lanciandosi occhiatine di tanto in
tanto, la casa tanto silenziosa da poter sentire ogni rumore in ogni
angolo. Si sentirono fieri di loro stessi nel sentire le lodi e il
sospiro soddisfatto che Papà aveva rivolto alla cucina che
si erano tanto impegnati a pulire e al cibo che gli avevano
premurosamente lasciato nel microonde.
"Ancora svegli?!" Chiese ad alta
voce dopo aver azionato l'elettrodomestico. Sapeva già la
risposta, ma quella piccola domanda era un'abitudine dura a morire.
"Sì papà!
Scendiamo a farti compagnia, vero Constantine?"
"...certo"
Avrebbe
destato sospetti se fosse andato con il cuscino ancora premuto sul
cavallo dei pantaloni?
Domenica; Ore 11:07
Quando provò a girarsi
sull'altro fianco, accecata dal sole che entrava dalle tapparelle
disgraziatamente scordate aperte, Sasha riuscì a malapena a
muoversi prima di ricadere pesantemente sul cuscino, come pugnalata
allo stomaco da qualcosa di estrememante appuntito. Immobilizzata in
posizione supina, schermò il viso con la mano prima di
aprire gli occhi per capire meglio quello che però era
già ovvio.
"Dannati gomiti di Co- oh" Sospirò e, senza
nemmeno pensarci, fece ricadere la mano a sfiorare la guancia del
ragazzo profondamente addormentato contro di lei, col viso premuto
sulla sua pancia e le braccia a stringerla, aggrapparsi al suo busto
come quelle di un bambino che si appisola avvinghiato al suo peluche.
Sorrise, accarezzandogli il viso con le dita, mentre con l'altra mano
tirava su le coperte per avvolgergliele meglio attorno alle spalle.
Arrivata con l'indice sulla punta del naso, il sorriso le si
allargò considerevolmente, occupando buona parte del suo
volto. Avrebbe voluto dargi un pizzicotto, ma si limitò a
premere piano, il gioco del
campanello, lo chiamavano mamma e papà
tanti anni prima. Se mai avessimo un
bambino, un giorno, vorrei che avesse il naso di Connie. Oh, e le sue
fossette! E si portò fino al
punto dove sapeva sarebbe comparsa una delle due, ogni volta che
sorrideva, ghignava o rideva. Erano semplicemente perfette, nella sua
grande-visione-delle-cose-e-de l-mondo, ed era impossibile resistere
alla tentazione, ogni volta che le vedeva, di poggiare i mignoli in
quei piccoli incavi. Sulla bocca appena dischiusa passò
appena il pollice, un tocco leggero.
"Sei la cosa più tenera
che io abbia mai visto, ma lo sai questo?" Sussurrò,
stringendolo forte, più forte di quanto Connie stesse
stringendo lei, gli occhi chiusi dalla contentezza.
Di nuovo, il rumore
di dieci terremoti si fece sentire in tutto il suo
fragore. Eppure, nonostante l'orecchio appoggiato proprio sulla fonte
del rumore, Connie sembrava non essersene minimamente accorto,
così come non aveva fatto caso alle carezze e alle parole di
Sasha. Lei stessa sì lasciò sfuggire una
soffocata esclamazione di sorpresa di fronte al suo stesso stomaco
brontolante.
"Dormi proprio come un sasso, tu", disse rivolta al ragazzo che,
imperturbato, si rannicchiò meglio contro di lei,
intrecciando le gambe con le sue.
Sasha girò la testa in
direzione della radiosveglia sul comodino. 11:11. Esprimi un desiderio.
"Voglio passare l'anno, porca
l'oca." mugugnò a denti stretti. Rabbrividì al
solo pensiero del compito che, adesso, la fissava accusatore dall'altro
capo della sua stanza, sulla scrivania piena di fogli accartocciati e
cianfrusaglie su cui l'avevano abbandonato la sera precedente, prima di
infilarsi sotto le coperte.
Considerò di nuovo
l'orario. Lei aveva fame. Ma Connie dormiva ancora - ed era adorabile, svegliarlo sarebbe stato un
reato gravissimo, nella sua grande-visione-delle-cose-
e-del-mondo - e alzarsi, andare contro a quel
rimasuglio di sonno che la tratteneva lì al calduccio
avrebbe significato affrontare il mondo e l'architettura berlinese nei
secoli. Per entrambi. Però lei aveva fame. Ma
nemmeno poteva fare questo al
suo adorato Constantine. Però lei...
E infine, accadde qualcosa di
straordinario. Per amore, per abnegazione, Sasha decise che poteva aspettare. Col petto
gonfio d'orgoglio per quella sua uscita di auto-disciplina, discese
nelle viscere del letto, lontana dalla luce che inondava la stanza e
protetta da quel giugno troppo freddo. Arrivata col viso al livello di
quello di Connie, si fermò e prese a sistemarsi e mettersi
comoda, avvolgendo a dovere lui e se stessa in un bozzolo doppio-strato
di lenzuola e copriletto. Felice e contenta, chiuse di nuovo gli occhi
e in breve tempo prese di nuovo sonno.
La domenica mattina a letto si
passa, di solito, in quello strano dormiveglia in sequenza: ci si gira,
si dorme un quarto d'ora, ci si gira di nuovo, si dorme ancora un
quarto d'ora e si ripete per un tempo a gradimento personale.
Sasha s'era svegliata e rimessa a
dormire ancora un'altra volta quando, finalmente, a destarla per
l'ultima, furono dei movimenti goffi e difficoltosi alla sua sinistra.
" 'giorno" biascicò
Connie, con la voce impastata e le palpebre ancora a mezz'asta.
"Buongiorno." Sasha si
stiracchiò, facendo attenzione a non colpirlo per sbaglio
con un braccio. "Come hai dormito?"
"Oddio Sasha, non lo so, dormivo."
"Vecchia e pure loffia."
"Che palle. Comunque: come un
sasso"
"Notato." commentò
divertita.
"Ah sì? E tu?"
"Io? Io ho dormito benissimo e mi
sono svegliata meglio." E detto questo gli schioccò un bacio
sulla fronte. Connie sorrise e, senza farselo ripetere due volte, Sasha
prese d'assalto le fossette.
"... Dopo colazione, ti andrebbe se
ci andassimo a fare una passeggiata?" le propose, senza smettere di
guardarla negli occhi con quell'espressione beata, un po' ebete.
"Sicuro, Constantine."
Ore
12:14
"Connie
guarda, guarda! Un cane!" Gridò Sasha, entusiasta,
interrompendo la loro passeggiata per indicare la bestiola che
trotterellava allegra per quel sentiero poco frequentato appena fuori
dal quartiere, accompagnato dal padrone, rimasto qualche metro
più giù. Non le fu nemmeno necessario trascinare
Connie per il polso, perchè fu il cane stesso ad andare
verso di loro, per approcciarli e rimediare così qualche
coccola o bocconcino.
"...noo, Sasha!" Gli occhi di
Connie si illuminarono alla sola vista dell'animale. "E' un doge! Un
DOGE ! Sasha, guardalo!" e continuava a ripeterlo, mentre lo splendido
esemplare di Shiba Inu si sedeva paziente di fronte a loro.
"Stupendo"
"Magnifico"
"Luce dei miei occhi"
"Un vero doge, Connie! Un doge!"
Carezze, buffetti, vocine ridicole
e celebrazioni al cane non si sprecarono, assieme a frasi come Who's a good boi?, oppure Ora ti rapisco e ti porto a casa, ma
quantoseibbbbello tu, eh? , mentre il padrone
osservava, sconvolto e senza la benchè minima idea sul da
farsi - oltre che un po' impaurito -.
"...vieni qui!" alla fine si decise
a richiamarlo, accompagnando le parole con un fischio. Obbediente, il
cane si alzò e voltò le spalle ai due ragazzi,
che lo salutarono con immenso dolore.
"Se solo avessimo chiesto al
padrone di farci fare delle foto!" disse Connie, pentito, rigirandosi
il telefono in tasca.
"E' vero-"
"Guarda Sasha! Un altro cagnetto!"
la bloccò lui, riferito all'alano nero in fondo alla strada
e che, di -etto, aveva davvero poco.
Ore
14:40
Da che era nata quella moda, la
loro non era mai stata una casa da "foto del cibo per Instagram". Anche
volendo, non ce ne sarebbe stato il tempo: appena servite a tavola le
pietanze venivano subito assalite, con velocità da
predatori, non solo da "ovviamente" Sasha, ma da tutti i commensali. La
buonanima di Nonna Braus e Papà avevano una piccola fama, in
zona, come ottimi cuochi, e Sasha sembrava aver ereditato il dono di
famiglia. Dopo il magnifico e abbondante pranzo, terminato in bellezza
con i dolci cucinati dai due ragazzi il giorno prima - le meringhe
erano squisite e perfette in ogni dettaglio; si appuntarono mentalmente
di ringraziare al più presto Jean per la ricetta -, loro e
Papà si divisero equamente i piatti da lavare e le pulizie
della cucina. Infine, terminate anche quelle, il divano rosso vide di
nuovo un collasso collettivo sui suoi morbidi cuscini. Papà
Braus, seduto sul lato destro del divano, scompigliò i
capelli della figliola e accese la tv, sintonizzando sul canale della
Formula 1 per poter attendere l'inizio della gara.
O almeno, provarci. "I
letti saranno anche comodi, ma i divani... i divani sono magici"
diceva un saggio anonimo a riguardo della soprannaturale
capacità di questi mobili di far addormentare chiunque
osasse rilassarsi troppo su di essi, in particolare dopo certi banchetti. Ma non era solo il
pranzo a tirar giù le palpebre del signor Braus: gli orari
del giorno prima, tutto il da farsi per l'armeria... Non
passò tanto tempo prima che l'abbiocco lo reclamasse, a
braccia incrociate e il capo chino sghembo verso il basso.
Sasha e Connie, che fino a quel
momento avevano parlato a bassa voce, attesero qualche minuto prima di
svegliarlo brevemente e solo per un motivo: quella posizione non gli
avrebbe fatto nessun bene, e lui si meritava di riposare comodo, come
un bambino.
"Papà? Scusa,
papà. Ti farà male stare col collo
così e ti sveglierai di continuo; devi dormire comodo. Vuoi
andare su?"
Il poveretto si sveglio grugnendo.
Si alzò con movimenti lenti, facendo presa sul bracciolo, e
con un mezzo sorriso assonnato mugugnò loro un
ringraziamento, prima di ritirarsi in stanza.
"Se hai bisogno di qualsiasi cosa,
chiamaci." Aveva aggiunto Connie, mentre Papà saliva le
scale.
Però, lui e Sasha
avrebbero mentito se non avessero ammesso che anche loro due, rimasti
soli con tutto il divano libero su cui accasciarsi, stavano
lì lì per appisolarsi. Una coperta non troppo
pesante li proteggeva dal fresco rimasto nell'aria dopo il diluvio di
sabato, mentre il volume della tv sfumava pian piano in un rumore di
fondo. L'abbiocco stava per mietere due nuove vittime.
"Mi annoio" questa volta fu Connie
a dirlo, tirando fuori la testa da sotto un lembo di stoffa color
porpora.
"Anche io, Connie. Però
se dormiamo il tempo passa e non ci annoiamo, no?"
"E' vero, ma io ho voglia di fare
qualcosa..."
"E se ci guardassimo un
fil- La strada per El Dorado!"
Sasha spalancò gli occhi e si girò a guardarlo
per proporgli la sua idea. "E se ci guardassimo El
Dorado? Ti prego, Miguel!"
Erano tanti anni che Connie non
rivedeva quel film, nonostante fosse stato uno dei suoi preferiti
quando era bambino: aveva passato serate interminabili nella sua
cameretta a cantarne le canzoni, mentre si fingeva uno dei buffi
protagonisti. Certi punti, ormai, nemmeno li ricordava più.
Ottimo, allora, avrebbe fatto un bel ripassino assieme alla
sua Ragazza Patata preferita.
"Vado a prendere il pc!" disse,
scattando verso il piano di sopra.
"Cosa? No!" Si girò,
perplesso. Sasha, ancora stesa sul divano, indicava qualcosa sotto la
tv. Un parallelepipedo di plastica grigia che era stato protagonista
delle loro infanzie: il videoregistratore della madre di Sasha,
superstite dell'estinzione tecnologica dei suoi coetanei che la signora
Braus aveva dimenticato lì anni prima. "Io ho ancora la
cassetta, lo vediamo con quella!"
"Deve essere qui da qualche parte."
Aveva borbottato la ragazza, aprendo la porta dello sgabuzzino: un
ambiente piccolo, polveroso e sovraccarico, con scaffali su tutte le
pareti, straripanti di oggetti e cianfrusaglie. Lo spazio rimasto per
muoversi era assai ristretto e il pavimento era affollato tanto quanto
i muri, fra casse di legno, damigiane vuote e scatoloni di cartone che
prendevano polvere sulle mattonelle bianche, che necessitavano davvero
di una bella spazzata. Il Caporale sarebbe rabbrividito solamente a
sapere dell'esistenza di un posto del genere.
Fu proprio su uno di quegli
scatoloni che si chinò Sasha, dopo aver constatato con un
verso di frustrazione che la lampadina s'era bruciata. Connie le fece luce col telefono,
mentre faceva vagare distrattamente lo sguardo sugli scaffali. C'era
veramente di tutto: da vecchi giocattoli, archi e frecce rotte,
barattoli di marmellata, fascicoli di documenti, sacchetti per
l'aspirapolvere...
"Mi vieni a dare una
mano?"
"Uh? Sì, subito." Si
riscosse, affiancandola accanto a un pacco che, data la dicitura "Vecchie cose cameretta" scritta in
pennarello indelebile su di un lato, aveva l'aria di essere quello
giusto.
Si sbagliavano.
Ma fu comunque un interessante
viaggio alla ri-scoperta di cose che avevano dimenticato da anni, date
per scomparse o direttamente mai esistite. Addirittura trovarono un
album di foto che valse l'interruzione delle loro ricerche - come
resistere alle foto del loro primo giorno di scuola? Dovevano
riconoscere di essere veramente due adorabili pesti - e una raccolta di
vecchi temi di Sasha, datati 2007. Dieci anni prima! Si fecero risate
assurde, rileggendo quelle pagine piene di orrori, errori, avventure e testimonianze
discutibili, scritti con l'elegante grafia delle protagoniste di
Galline In Fuga.
Però ben presto lo
scrigno delle meraviglie si esaurì, senza aver rivelato
nessuna cassetta. Senza inizialmente perdersi d'animo, provarono a
rovistare in altri scatoloni, poi nelle casse e gli scaffali... niente.
Dopo un totale di ricerca di
venticinque minuti - venticinque! - s'erano ormai dati per
vinti.
"Scusami tanto, Connie. Io
ricordavo di averla... tutto questo tempo sprecato per nulla!"
mugolò Sasha, abbassando la testa afflitta. "Allora dovremo
proprio salire a prendere il computer. Che peccato."
Di nuovo impegnato a vaneggiare con
gli occhi attorno allo sgabuzzino, Connie tardò a
rispondere. Annoiato, giocherellava con il contenuto della mensola di
fronte a lui, battendo le dita ritmicamente su uno sportellino di
metallo laccato. Sospirò.
"Oh, andiamo Sasha, fa nien-"
Spalancò gli occhi, e subito dopo aver analizzato
ciò che aveva davanti li richiuse, assalito dalla voglia di
morire. "Cazzo. Sasha, vieni a vedere dov'erano le cassette." Disse,
indicando lo sportellino che, nella sua noia, aveva aperto per puro
caso.
"Ma Miguel tipo Kronk, che si fa la
colonna sonora da solo?" disse Connie, prendendo una manciata di
popcorn dalla ciotola.
"Adovfabi'e" rispose Sasha a bocca
piena, cercando a tentoni la mano del ragazzo. Era presto e il sole era
ancora alto, in quelle giornate che erano le ultime ad allungarsi,
eppure nel salotto di quella casa gialla il buio era già
calato. Veneziane e tende erano state tirate per creare una piccola
sala cinema. Come la sera prima nella stanza, i loro volti e l'ambiente
tutto attorno erano illuminati solamente dalla luce artificiale di uno
schermo. Connie le venne incontro, muovendo la mano fra le pieghe della
coperta fino a toccarle il palmo.
"Trovata." Intrecciò le
dita alle sue, stringendo piano sulle nocche.
Rimase in silenzio appena un
istante, prima di riprendere a fare la telecronaca a qualsiasi cosa
degna di nota e commento.
"Dimmi quanto siamo Miguel e
Tullio, noi due?"
"Troppo, sopratutto quando
ci incolpiamo a vicenda per scamparci i casini!" Sasha
ridacchiò, battendogli un pugno sulla spalla a cui Connie
rispose senza esitazione. Lei allora gliene diede un altro, e in breve
tempo diedero inizio a una vera e propria lotta.
"Constantine! Mi hai fatto
rovesciare i popcorn! Ora dovrò ripescarli tutti dalle
tette!"
"... wow"
"Voglio dire," sbottò
Connie pochi minuti dopo "non capisco cosa ci trovi Tullio di
scandaloso se Miguel parla con un cavallo. Noi lo facciamo tutti i giorni!"
"Ma
infatti! Io lo sto facendo adesso!" Appena finita la
frase Sasha, che aveva il telefono in mano, aprì un vocale e
si avvicinò al microfono. "CIAO JEAN!"
Altivo - la spalla equina - era
decisamente il loro soggetto preferito, per quanto riguardava le
battute.
"Non mi
aspettavo il cavallo" fu la lagna di Tullio che fece
scoppiare a ridere quei due invasati. Non riuscivano a fermarsi,
nemmeno al pensiero di poter svegliare per sbaglio Papà, e
appena provavano a darsi un contegno e a parlare, ecco che
ricominciavano a battere le mani come foche, con gli occhi fuori dalle
orbite e gli addominali induriti e doloranti dallo sforzo.
"Oh mamma, ti ricordi..." si
interruppero di nuovo, Sasha quasi soffocando con la sua stessa saliva.
"Ti ricordi quando con Jean abbiamo affittato quel pedalò al
parco ed eravamo fusi, fatti come pigne!?" Alla sua risposta
affermativa, consistente in un annuire sfrenato accompagnato da
quell'insistente battere di mani e una risata muta, Connie
puntò il dito agli sventurati sullo schermo. "Noi, ERAVAMO
NOI!"
"Chel era ovunque,
eccetto vicino alla bocca di Tullio."
"Già."
Connie sbadigliò per
primo, contagiando anche il bozzolo di coperta seduto accanto a lui.
"Hai sonno?" gli chiese, strizzando
gli occhi per osservarlo in mezzo alla luce abbagliante del televisore.
"Un poco." Provò a
rispondere lui, ma la frase gli uscì terribilmente storpiata
da un altro sbadiglio.
"Più di un po', direi."
Sasha sorrise, calandosi il lembo di coperta che le faceva da
cappuccio. Connie lo prese come un invito ad appoggiare la testa sulla
sua spalla e andò subito ad accoccolarsi lì,
contro il suo collo. Lo lasciò fare, indisturbata.
"Io non ho voglia di addormentarmi,
però..."
"A chi lo dici."
Quando finalmente Miguel e Tullio
avevano salvato la città d'oro dalle brame di Cortes,
l'abbiocco s'era preso le sue ultime due vittime da un pezzo.
Ore
23:59
"Oh mio dio, oh mio dio!"
"Siamo degli idioti, Connie! Siamo
degli idioti!"
"Due grandissimi coglioni, ecco che
cosa siamo!"
Sasha si sbracciava, in piedi sul
letto, gli occhi strabuzzati e in mano il dannato foglio della
dannatissima ricerca, mentre Connie correva per tutta la stanza alla
ricerca del libro di testo.
"Fai qualcosa, Sasha!"
sbraitò dopo esser quasi inciampato sul suo zaino. "Accendi
il pc! Cerca qualcosa!"
Lei, che con le braccia aperte
dalla disperazione sembrava San Giovanni nel Compianto del Cristo Morto
di Giotto, si buttò giù verso la scrivania,
saltando con disinvoltura lo stesso zaino dove il suo ragazzo aveva
rischiato l'osso del collo e andando ad aprire Google senza nemmeno
sedersi.
"E' successo qualcosa?" Disse
Papà. Tutto quell'urlare e disperarsi come se fossero
arrivati i Cavalieri dell'Apocalisse vestiti per le grandi occasioni
l'aveva incuriosito e attirato di sopra, così che adesso la
sua testa sbucava dallo spiraglio della porta semi-aperta.
I due ragazzi si bloccarono sul
posto, Connie con le braccia cariche di volumi, astucci e quaderni
pericolosamente in bilico, e Sasha piegata a
cul en l'air sulla scrivania.
"Nulla." Rispose Connie, facendo
cadere per sbaglio un portamatite arancione.
"...sicuri?"
"Assolutamente, sissignore"
assicurò, chinandosi a raccoglierlo e facendone cascare
altri due.
"...okay. Buonanotte,
gioventù." E Papà Braus uscì,
perplesso, lasciandosi la porta chiusa alle spalle.
"Buonanotte,
papà- ahi!" Sasha
si girò di scatto, appena in tempo per vedere Connie
ritirare la mano aperta dal suo sedere.
"Scusa." Sornione, Connie prese
posto sulla sedia di plastica verde menta.
Sospirarono.
"Siamo nella merda."
"Dio esiste? E se sì,
perchè ci ha fatti così?!"
Connie si buttò in ginocchio a terra,
fissando il soffitto e, idealmente, il cielo oltre di esso con aria di
sfida, cercando risposte a interrogativi che avevano afflitto - e
sempre avrebbero affltto - la sua misera esistenza da
fancazzista.
"Non ce la faremo mai..." La bruna
si prese la testa fra le mani, dondolandosi accanto a lui sul tappeto.
Poi, l'illuminazione per entrambi.
"A meno che..."
"ARMIN!" Esclamarono in coro, gli
occhi illuminati da una nuova speranza e le mani dell'uno unite a
quelle dell'altro, sorrisi enormi che si allargavano da un lato
all'altro della faccia.
Si precipitarono sul comodino
accanto a letto, afferrando i cellulari e stringendoli come il
più caro dei tesori.
"Chiami tu o chiamo io?"
Domandò Sasha, mangiandosi le parole per la fretta mentre
inseriva il codice per sbloccare il suo.
"Tu, io, basta che si
chiami!"
Sasha annuì e, mentre
Connie ancora imprecava contro il suo telefono impallato, fece partire
la telefonata col suo.
"... sta squillando!"
"Metti in vivavoce!"
"Shhhh, Constantine, zitto!"
"...
pronto?" La voce dall'altro capo del telefono,
stanca e infastidita, venne accolta dai due come le parole del Messia
stesso.
"ARMIN!" Di nuovo in coro, Connie e
Sasha urlarono la loro gioia nel microfono.
"Sì,
lo so che mi chiamo così. Ma posso sapere perchè,
di grazia, avete deciso di chiamarmi al quarto minuto del nuovo
giorno?" E dopo le parole del loro compare biondo
sentirono, in sottofondo, qualcosa che poteva vagamente somigliare
a "chi checche in cruna e
maggiolino?" - o, più
probabilmente "chi è che
ci importuna, topolino?".
"Vedi,
amico, noi avremmo bi- aspetta." Connie
si soffermo per un istante sulle sillabe distorte che aveva sentito,
cercando di dar loro un senso e, magari, identificare la voce che
poteva averle pronunciate. "OH" fu
tutto quell che riuscì a pensare e guardando in faccia Sasha
capì che lei aveva avuto la sua stessa intuizione. "...ma
è la voce di Annie quella?!"
"Ohohoh, vecchio volpone! Porti le
ragazze a casa anche tu, adesso?!" Entrambi batterono le mani e presero
a ridere sotto i baffi, deliziati e divertiti da quello scoop
inaspettato - sembravano due allegre comari di paesino. "Hai capito
Blondie!"
"Abbiamo interrotto qualcosa?"
chiese Sasha, ridacchiando con addosso una faccia di bronzo da
antologia.
Come risposta ottennero un silenzio
imbarazzato scandito dai respiri pesanti del topolino,
che non durò a lungo prima di essere sostituito dal
crudele tu tu tu del
telefono sbattuto in faccia.
Smisero di sghignazzare, congelati
in orrore. Connie e Sasha si rivolsero un ultimo, lungo sguardo, con
gli occhi che sembravano voler cadere dalle orbite e le bocche aperte
che tremavano.
"Siamo rovinati."
E a nulla valsero i disperati
tentativi di richiamare Armin, mandargli messaggi su ogni social
possibile, tempestarlo di sms e intasargli la casella di una ventina di
e-mail (facendo il tutto quasi annegando nelle loro stesse lacrime).
Come se non bastasse, anche tutti gli altri - Jean, Historia, Ymir... -
sembravano essere sordi ai loro strazianti appelli di aiuto. Fu una
lunga sequela di chiamate appese, messaggi nemmeno consegnati e mail
finite ad ammuffire fra lo spam. Tutti i loro amici erano
irraggiungibili, disposti a vederli morire sotto i loro sguardi quella
mattina di Lunedì, alla primissima lezione.
C'erano due ipotesi: la prima, una
repentina presa al potere di DarkArmin, come
lo chiamavano loro, che doveva aver messo mano ai comandi del cervello
del giovane Arlet senza passare per il Via. La seconda, la pessima
influenza della graziosa ragazza mezza-russa con cui aveva deciso di
passare una serata in intimità.
"Tutt'e due?"
"Tutt'e due."
"Tutt'e due."
Bonus:
Il professor Shadis li stava perforando con occhi
di fuoco. Il labbro inferiore, circondato da rughe, tremava in anticipo
della supercazzola che sarebbe uscita da quella bocca, mentre la fronte
corrucciata era tanto rugosa da sembrare il culo di
un vecchio elefante, per dirla alla
Eren. Nelle mani stringeva quasi a volerle strappare tre misere pagine
spiegazzate, stampate con l'inchiostro agli sgoccioli e composte in
gran parte da immagini piazzate appositamente per riempire il foglio,
frasi di poco senso e, in ultimo, una supplica di grazia scritta a mano
e firmata da entrambi in fondo all'ultima pagina.
Sasha e Connie sentirono il sangue sparire dalle
loro facce e le gambe venir meno: quello si stava preparando a farli
sottovuoto - con l'anno scolastico agli sgoccioli! -, un desiderio che
nutriva da tanto tempo e che ora finalmente poteva realizzare. Non ci
avrebbe pensato due volte, a bocciarli, se non fossero riusciti a
compiere un miracolo e passare per il rotto della cuffia, salvati in
corner da chissà quale forza misteriosa. Ma come fare?
Connie ingoiò a vuoto, rifuggendo lo
sguardo incassato nelle orbite dell'insegnante, mentre Sasha, con
l'ultima manciata di coraggio e faccia tosta, continuava a fissare a
testa alta un punto indefinito della lucida pelata di Shadis.
Dalla gola dell'uomo
uscì un verso quasi animale e, poco prima che scoppiasse,
sembrava che del fumo dovesse uscirgli dalle orecchie e dal naso.
"Si può sapere
per quale motivo non avete svolto il compito che vi vale un terzo del
voto, dannati nullafacenti parassiti?!"
I parassiti si rivolsero uno sguardo complice. Okay, si dissero, adesso.
"Tu!" Sasha indicò
Connie, la voce eccessivamente teatrale a fingersi tradita. "Tu mi hai distratto!"
Il silenzio calò sulla
classe, senza che nemmeno i più coraggiosi a chiaccherare
durante l'ora di Shadis avessero la voglia di fiatare, sotto lo sguardo
mai più adirato di così del professore. Quei due
stavano esagerando, com'era anche solo pensabile che quella stupida
manovra barbina salvasse loro il culo?
"Che cazzo di intenzioni hanno?"
sussurrò Jean al suo compagno di banco, senza staccare gli
occhi dal palcoscenico di fronte alla cattedra. Marco alzò
le spalle.
"Non lo so. In due anni che abbiamo
Shadis, non hanno mai osato far questo con lu-"
"Ma come no, non ricordi l'anno scorso?" Ymir si
allungò dal banco dietro al loro, fino ad arrivare vicino
alle loro orecchie. "L'hanno fatto anche con lui, fidati."
"Beh, non ci resta che stare a
vedere." Mormorò Historia, mettendosi comoda sulla sua
seggiola di legno e alzando gli occhi al cielo.
Il pizzetto dell'insegnate era sul
punto di prendere fuoco, mentre Connie si preparava a rispondere alle
accuse.
"...Cosa
no!" sbottò incredulo, chiandosi verso di
lei con la mano sul petto.
"Sì, tu! Mentre io cercavo di riportarti sulla
retta via!"
"Pfff, ma cosa vai dicendo!" E fu
lui a puntare il dito contro Sasha, stavolta, letteralmente,
premendoglielo appena sotto la clavicola e spingendola all'indietro.
"Io non lo farei mai!"
"E invece l'hai fatto, mi hai
tradita!"
"Maledetta, piccola Dalila
bugiarda!" e si avventò su di lei, prendendola sulle spalle
e scambiando le loro posizioni, gesto a cui lei rispose dandogli una
botta sulla fronte e cacciandolo lontano da lei. Connie stava per
tornare alla carica, lanciando una fugace occhiata ai compagni di
classe. Entrambi gli attori nascondevano un sorrisetto divertito e
ormai quasi non pensavano più al professore orripilato
davanti a loro.
"BASTA!" Shadis
battè un pugno sulla cattedra che fece trasalire tutti i
presenti. Fece il giro del mobile e, senza nemmeno dar loro il
tempo di reagire, li prese per i colletti e li buttò fuori
con uno strattone, senza aggiungere altro e sbattendo la già
massacrata porta dell'aula.
Andarono a sedersi sul basso davanzale della
finestra che dava sul cortile interno, sapendo che sì,
davvero, non avevano altre possibilità, questa volta erano
finiti sul serio: segati, bocciati, morti. Nulla e nessuno li avrebbe potuti salvare, con
nessun altro dei loro prof disposto a mettere una buona parola per loro
due in consiglio di classe.
Stavano quasi per mettersi a
piangere quando videro un'ombra massiccia, riconoscibile per la
mancanza del braccio e il nodo alla manica, affiancare le loro.
"Santo cielo, ragazzi, posso sapere
cosa avete fatto stavolta?" Alzarono la testa, e di nuovo la speranza
si fece largo nei loro cuori martoriati, gli occhi di nuovo brillanti
di stelle e le bocche allargate dalla felicità e dallo
stupore. Forse, un insegnante disposto a salvarli c'era...
"...Professor
Smith!"
Note
dell'autrice:
Io.
Sono. Lenta.
Ci ho
messo un mese, un mese, a scrivere le 6856 (bonus
compreso) parole di sta fic: iniziata il 5 giugno e terminata (sempre
con l'aggiunta del bonus) il 4 luglio. Un parto, credetemi, un dannato
parto.
Ma ne
sono veramente soddisfatta C: è il mio secondo lavoro
più lungo ed il primo di questi a essere pubblicato.
Inoltre, fa parte di una mia piccola sfida/iniziativa autoimposta che
ho battezzato "Springles Spree". Siccome c'è pochissimo
materiale su questa adorabile ship, ho ben pensato di mettermi sotto e
aggiungerne io. Oltre a questa, se riesco e lo spero davvero tanto,
dovrei scrivere e far uscire altre due shottine su Connie e Sasha :3
più corte di questa, però: probabilmente
classiche flash o shot che non eccedono le 1000 parole.
Nella
fic non si nota il mio studio della Storia dell'Arte, poi, no no, ovvio
che no :v *sarcasm*
Un'ultima
cosa, se volete considerarlo come un "giochino": oltre ai funzionali
alla trama e pesantissimi riferimenti a La strada per El
Dorado, ho aggiunto altre due citazioni ad altrettanti
musical. Indizi: uno è un film d'animazione,
l'altro no!
Buona
fortuna e un biscottino a chi li troverà <3
Ps:
Arya Tata Montrose, la mia beta e bestbitchforever è
ovviamente esclusa a priori dalla competizione :v
A
presto, Nana C: