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Autore: Kia_1981    09/07/2017    0 recensioni
Seguito di "Un Invito Inaspettato".
Cosa è successo durante il pranzo di Natale a cui Julian è stato invitato? E Megan andrà con lui a pattinare o cambierà idea all'ultimo momento?
Dal testo:
Jane squadrò indispettita la cugina, poi esibì un sorriso calcolatore.
«Visto che sei tanto stanca, immagino non andrai all’appuntamento che avevi in programma con Julian, vero?» Domandò con voce suadente.
«Non ho un appuntamento con Lord», fu la secca precisazione in cui risuonava l’eco minacciosa di una rabbia tenuta faticosamente a freno. «E non uscirò. Ho intenzione di rimanere a casa a studiare.»
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel Stuart, Julian Lord, Megan Linnet, Nuovo personaggio, Sophia Blackmore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Julian non si era più fatto vedere.
Megan era rimasta da sola a lungo, ripensando a quello che era successo. Forse era stata troppo brusca. Probabilmente non avrebbe dovuto rivolgergli quell’accusa che lo aveva offeso tanto, ma ormai quello che era fatto era fatto e non poteva certo tornare indietro.
Si stava preparando per fare ritorno a casa, dopo aver rifiutato l’offerta di Annabel di rimanere per la notte, quando qualcuno bussò. Convinta di trovarsi davanti Lord, andò ad aprire, decisa a sbarazzarsi di lui senza nemmeno lasciargli il tempo di aprire bocca; tuttavia si rese subito conto di essersi sbagliata.
 
«Posso entrare?», le chiese Annabel oltrepassando la soglia. «Parliamo un momento».
 
Megan la guardò perplessa augurandosi che la collega volesse solo essere rassicurata sulle sue condizioni di salute prima di lasciarla partire.
 
«Avrei preferito che ti fermassi qui, stanotte», esordì infatti quella. «Julian ha fatto di tutto per convincermi a non insistere con te su questa linea».
 
«E da quando il suo parere ha tutta questa importanza?», sbottò Megan. «Non è un medico, lui».
 
«Però devi ammettere che ha imparato molto alle tue lezioni!», rise la collega mentre lei roteava gli occhi esasperata. Non vedeva l’ora di andarsene.
 
«Ascolta, Annabel, se sei venuta per assicurarti che vada a farmi controllare, non ti preoccupare. Se invece sei qui per Lord…», inspirò a fondo, cercando il modo più delicato per farle capire di poter contare sulla sua discrezione. «Insomma, lo sanno tutti che tipo è. Non amo i pettegolezzi, ti assicuro che non dirò niente su di voi»
 
La collega la guardò come se non riuscisse a capire il senso di quella frase. Poi rise.
 
«Ma cosa dici? Come ti è venuta in mente un’idea del genere? Io e Lord?»
 
Rideva talmente tanto che era quasi piegata in due. Aveva perfino le lacrime agli occhi quando, finalmente, sotto lo sguardo spazientito di Megan, riuscì a calmarsi.
 
«Scusa. Lo conosco da quando era una matricola: mi recapitava messaggi e regali da parte di un giovane appartenente all’ordine della Chiave». Sorrise dolcemente a quel ricordo. «E la prossima primavera quello stesso giovane diventerà mio marito. Lord veniva sempre molto volentieri a cercarmi in ospedale, sai? Altre matricole preferivano intercettarmi in collegio».
 
Megan riuscì a non manifestare la sua sorpresa. Se tra Julian e Annabel non c’era niente, allora di chi era il ritratto che lui si era messo in tasca? Doveva trovare il modo di scoprirlo.
 
«Ascolta, nemmeno io amo i pettegolezzi. Il motivo che ti ha spinta a venire qui, con lui, riguarda solo te. Per quanto ne so io, stavi semplicemente imparando a pattinare».
 
«Infatti è proprio quello che stavo facendo».
 
«Splendido. Adesso rimane solo una questione da chiarire», affermò decisa Annabel. La faccia afflitta di Megan le suggerì che l’altra avesse intuito cosa stesse per dire.
 
«Spero che durante il viaggio di ritorno possiate appianare qualunque divergenza ci sia stata: non ha aperto bocca da quando è venuto a portarti il tè».
 
«L’ho accusato di aver cercato di rifilarmi un filtro d’amore con la scusa del tè», ammise, rendendosi conto di quanto fosse stato assurdo prendere in considerazione una simile eventualità. Lo conosceva abbastanza da avere la certezza che non si sarebbe mai abbassato a tanto.
 
Annabel era costernata.
 
«Sono sicura che sarà più che disposto ad accettare le tue scuse».
 
«Indubbiamente». 
 
***
 
Megan era appena salita in carrozza quando vide Lord uscire dalla casa che li aveva ospitati in compagnia di Annabel. Scambiarono poche parole, poi Julian la salutò con un perfetto inchino e un galante baciamano, quindi diede indicazioni al vetturino e salì.
Si sistemò il più possibile lontano da Megan, lasciando vagare lo sguardo fuori dal finestrino.
La dottoressa si sentì stranamente a disagio per quel comportamento, forse perché era ben consapevole di essere la causa del cattivo umore del giovane.
Doveva scusarsi, era stata davvero ingiusta: in fondo quei disegni, per chiunque altro, non avrebbero avuto alcun significato. Solo lei li aveva collegati alle esperienze che avevano condiviso, solo lei conosceva la storia che raccontavano. Ma qual era il soggetto del disegno che lui aveva tolto dall’album? Aveva un solo modo per scoprirlo: impadronirsi di quel foglio, a qualunque costo.
Sapeva già come fare, anche se non era entusiasta dell’unica idea che era riuscita a farsi venire.
Chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Sarebbe riuscita nel suo intento.
 
«Lord?», cercò di richiamare la sua attenzione, ma il ragazzo sembrava non avere alcuna intenzione di reagire.
 
«Sì, Milady?», rispose infine compiendo un evidente sforzo.    
 
«Non avrei dovuto dirti quelle cose, prima», ammise a bassa voce.
 
Quelle poche parole sembrarono folgorare il Cavaliere. Si raddrizzò e la guardò stupefatto, in cerca di qualcosa da dire che non rischiasse di allontanarla.
 
«State forse cercando di scusarvi con me?».
 
Megan si morsicò il labbro. Julian sembrava esitante, come se fosse rimasto spiazzato da quello che gli aveva detto. Forse era il momento migliore per portare avanti il suo piano.
Cercò di non pensare troppo a quello che stava per fare.
Si spostò sul sedile occupato da Julian e si avvicinò a lui, che la guardava interdetto. La dottoressa cominciò a pensare che raggiungere il suo obiettivo avrebbe potuto essere più facile del previsto.
 
«Mi dispiace. So che non faresti mai una cosa del genere», annuì sorpresa di sentirsi davvero in colpa.
 
L’altro non disse niente. Fissava le proprie mani che stringevano le ginocchia con forza: teso come una corda di violino, era certa di averlo in pugno.
Si avvicinò ancora di più e appoggiò una mano sulla sua mentre infilava l’altra mano nella tasca del ragazzo, in cerca del disegno.
 
«Mi perdoni?», chiese, inchiodandolo con lo sguardo. Lui stava trattenendo il respiro. Lo vide deglutire nervosamente.
Uomini: così prevedibili, così infantili, così facilmente manipolabili… sarebbe stato davvero semplice sottrargli quel foglio, se solo avesse cercato subito nella tasca giusta!
Sfortunatamente si rese conto troppo tardi di aver commesso un errore. Avrebbe dovuto portare avanti ancora per un po’ quella commedia, purtroppo.
Appoggiò la testa alla sua spalla.
 
«Julian?», lo richiamò leggermente spazientita.
 
«Sì. Va bene», acconsentì rilassandosi leggermente. «Credo che potrei fingere che non sia mai successo», soggiunse ironico. Megan lottò con se stessa per non reagire a quella provocazione: gli aveva detto la stessa cosa quando lui aveva cercato di scusarsi per averla baciata.
 
«Bene», annuì. Doveva raggiungere la tasca sull’altro fianco, come poteva fare? All’improvviso le venne un’idea.
 
«Credo di sentirmi ancora piuttosto assonnata», sbadigliò.
 
«Ma… avete già dormito tantissimo», ribatté preoccupato. «Forse sarebbe stato meglio accettare di fermarsi per la notte».
 
«Andrò subito in ospedale», promise Megan, «Voglio solo riposarmi un pochino durante il viaggio. Ti spiace se mi appoggio a te?»
 
Si accoccolò contro di lui, che sembrava sempre più confuso e incapace di reagire.
Era meraviglioso vederlo così insicuro e sentirsi finalmente padrona della situazione, perfino con lui.
Gli cinse la vita con le braccia, visto che era l’unico modo che aveva per frugargli nell’altra tasca. Lo sentì irrigidirsi e ridacchiò tra sé: era talmente scombussolato che non si sarebbe accorto se gli avesse messo le mani in tasca.
Cominciò a cercare, stringendosi sempre di più a lui. Dove diavolo era quella dannata tasca? Le sfuggì uno sbuffo frustrato.
A quel suono Julian sembrò improvvisamente tornare in sé.
 
«Sono a tua completa disposizione, Milady».
Ricambiò quello che doveva aver scambiato per un abbraccio nell’esatto momento in cui Megan stava esultando per aver infine raggiunto il suo obiettivo. Con mano leggera sfilò il foglio dalla tasca mentre una parte della sua mente registrava le parole e i movimenti di Julian. Si sentì avvolgere dalla sensazione rassicurante che provava ogni volta che la stringeva e non riuscì a impedirsi di chiudere gli occhi per un istante e godersi quel momento.
D’un tratto si riscosse: era forse impazzita? Perché si stava comportando in quel modo? Aveva recuperato il disegno, non aveva motivo di stare ancora lì. Inoltre Lord si era appena preso una confidenza che lei non gli aveva mai accordato.
Riuscì a nascondere il prezioso foglio nella tasca del proprio cappotto senza farsi scoprire, così si staccò da lui, spingendolo via.
 
«Mi hai dato di nuovo del tu?», lo apostrofò furiosa. «Se non sbaglio ti avevo già detto una volta di non parlarmi con tanta familiarità. Ti ho chiesto scusa, non ti ho concesso nient’altro».
 
Lasciando il giovane sbalordito, si alzò per tornare al suo posto, congratulandosi con se stessa per gli stra-tagemmi con cui aveva ottenuto quello che voleva, quando la carrozza sbandò. Cercò di mantenere l’equilibrio, o almeno di trovare un appiglio a cui aggrapparsi, ma non ci riuscì. Si sentì catapultare all’indietro e si preparò ad un altro doloroso capitombolo.
Con sua grande sorpresa, non successe niente di quello che aveva temuto perché finì dritta dritta in braccio a Julian. D’istinto il Cavaliere la prese al volo, stringendole la testa per proteggerla da un eventuale urto, così Megan si ritrovò con la fronte appoggiata contro il collo del ragazzo. Questa volta toccò a lei sentirsi confusa da quella vicinanza.
Si scostò un poco e alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di Julian. Sotto quello sguardo le sembrava di non poter nascondere alcun segreto. Forse si era accorto del suo piccolo furto?
Sembrò passare un’eternità prima che il ragazzo si decidesse a parlare.
 
«Milady, vi state comportando in un modo molto strano. Vi state prendendo gioco di me?», le domandò in un tono sommesso che le procurò un brivido.
 
Maledizione a lui e al vantaggio che era riuscito a prendersi di nuovo! Continuava a fissargli le labbra, chiedendosi se stesse di nuovo pensando di provare a baciarla. Si era messa in trappola da sola, incoraggiandolo come aveva fatto prima: non era come tutte quelle che civettavano con lui e poi erano felici quando riuscivano a ricevere le sue attenzioni. Non voleva niente da lui, eccetto quello che si era già presa.
Sentiva la sua mano accarezzarle i capelli, poi scese ad accarezzarle il collo, le sfiorò la gola con il dito e poi le sollevò il mento.
Megan sentiva il cuore battere sempre più forte mentre si malediva per essersi bloccata in quel modo. Era come se una parte di lei si fosse arresa e volesse solo stare a guardare cosa sarebbe successo.
 
«Forse il colpo in testa vi ha disorientata?», inspirò a fondo quindi le rivolse un sorriso sereno. «Sì, di sicuro è stato quello. Sempre se per voi va bene, ovviamente».
 
Scuse, sempre scuse. Era bravo a trovare ogni volta la giustificazione ideale, quella che le sarebbe sembrata più coerente, più accettabile. Quella più adatta a metterla in pace con se stessa.
Annuì.
 
«Ho dato disposizioni per essere lasciato alla Reggenza di Altieres. Poi la carrozza vi porterà in ospedale, o a casa, se preferite».
 
«Grazie», mormorò faticosamente Megan.
 
«E adesso ditemi, Milady, fino a quando pensate di sentirvi confusa per il trauma cranico?», le chiese e il suo sorriso si allargò ancora di più mentre un lampo di malizia gli attraversava lo sguardo, allarmandola. «Prendetevi pure tutto il tempo che vi serve, per me non è un disturbo tenervi qui».
 
«Imbecille», sbottò lei, divincolandosi per sciogliersi da quell’abbraccio. Qualcosa però sembrava trattenerla, così si liberò con uno strattone deciso.
 
La risata sommessa e divertita di Lord la accompagnò mentre tornava a sedersi.
Decise di lasciargli l’illusione di essere in vantaggio, tanto era riuscita ad ottenere quello che voleva.
Con un sogghigno soddisfatto rivolse l’attenzione al buio che si andava addensando all’esterno. Non vedeva l’ora di rimanere da sola per sbarazzarsi del ritratto.
   
 
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