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Autore: Mia addams    11/07/2017    0 recensioni
Il mio nome era Lily Potter. La mia vita non poteva definirsi noiosa ma di certo non era all'altezza della vita che aveva vissuto la mia famiglia. Spendevo il mio tempo mettendomi nei guai e progettando schemi di Quidditch, attività che adolescenti scalmanati potevano benissimo portare avanti senza finire un giorno sì e uno no in fin di vita.
Ero nata in una generazione che aveva tutto, che non aveva nulla per cui lottare, nulla in cui sperare. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava ma mi sentivo alquanto inutile.
« Sei fortunata! » mi rimbeccava continuamente mia madre. « Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato? »
« Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo! »
E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lysander Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Duelli proibiti, confessioni e promessi sposi.

Se alcuni studenti di Hogwarts si stavano chiedendo cosa fossero tutti quegli importanti uomini del passato che dal cielo erano scesi in terra, altri, invece, avevano chiaramente compreso cosa ci facessero lì nella scuola. A dire il vero, passavo più tempo urlando bestemmie a destra e manca e insultando chiunque mi capitasse a tiro che cercando di fare qualcosa per conquistare di nuovo il mio ruolo da Cacciatore nella squadra. Impresa del tutto impossibile se un Coleman particolarmente infuriato credeva davvero che avessi messo una pasticca vomitosa nella sua bevanda, liberando successivamente una trentina di tarantole per tutta Hogwarts che avevano morso il Cercatore della tua squadra di Quidditch e che avevano fatto sì che William Baston venisse ricoverato nuovamente in Infermeria per un forte crollo di nervi.
Era tutta colpa mia, in teoria. In pratica no.
Inizialmente pensai si trattasse di uno stupido scherzo ma, parlandone con Hugo e con Alex Olsen, arrivai alla conclusione che chi minacciava il nostro paese e la nostra scuola aveva appena creato una buona occasione per farmi fuori...
Erano stati i Serpeverde a boicottare la partita per vincere la tanto desiderata Coppa del Quidditch o c'era sotto, con molta probabilità, un progetto più grande su cui avremmo dovuto soffermarci? I Mangiamorte si erano infiltrati nuovamente a scuola oppure avevano lasciato fare il gioco sporco ai loro eredi?
« Sapevo di trovarti qui. »
Alzai lo sguardo dal grosso tomo che mi trovavo sotto al naso e inquadrai un Hugo particolarmente stanco e infangato corrermi incontro con la sua Nimbus altrettanto insozzata sotto braccio.
« Stanotte faccio un salto nel reparto proibito. » sussurrai, mentre mio cugino prendeva posto. Avevo preso l'abitudine di consultare la Mappa del Malandrino ad ore alterne. Non che prima non lo facessi ma, in quei giorni, la mania stava prendendo una piega del tutto convulsa. « Non ho trovato nulla riguardo a portali o collegamenti magici che non siano quelli che già conosciamo... »
Hugo annuì, mordendosi un labbro in maniera pensierosa e voltandosi per dare un'occhiata a Madama Prince che marciava tra gli scaffali come un fastidioso avvoltoio. Avevo ritenuto necessario confidarmi con mio cugino ma non mi fu di grande aiuto in quei giorni: la partita si sarebbe svolta tra sette giorni e Baston aveva organizzato distruttivi allenamenti di Quidditch.
« James non ti aveva dato il mantello dell'invisibilità? » chiese in un sussurro mio cugino. « Sei stata davvero stupida ad uscire oltre il coprifuoco senza mantello, devo dire. »
Sbuffai, sfogliando di malagrazia le pagine del tomo che stavo consultando.
« Ma giustamente come avrebbe fatto il tuo biondino a guardarti se fossi stata invisibile? E hai ragione. » accluse Hugo divertito, alzando entrambe le sopracciglia per mettere in evidenza la malizia nelle sue parole.
« Idiota. » replicai a voce alta, attirando parecchie occhiate dalla mia parte e un paio di sorrisini. « In ogni caso, come sono andati gli allenamenti? Baston... »
« L'abbiamo perso. » concluse mio cugino, tetro. « Stavolta sul serio. Il Cacciatore che ha preso il tuo posto per poco non ci lasciava le penne, quel dannato. Non sarà mai all'altezza della partita di lunedì. E il Cercatore, beh, non ne parliamo proprio... a momenti il Capitano piangeva come una femminuccia. »
Hugo fece uno sbuffo di risata, con l'espressione di chi ride per non disperarsi. Rimase per qualche minuto incantato a fissare il panorama dalla finestra, mentre io mi lasciavo sprofondare sempre più nel grosso volume ingiallito divorata da ingiusti sensi di colpa, e successivamente riprese parola, stavolta parlando in modo veloce e scattoso, come se avesse timore di quello che diceva.
« Alice sta venendo agli allenamenti. » proferì, arrossendo in zona orecchie.
« Ho notato. » risposi, con una smorfia. « Mi ha chiesto un paio di volte quando avessi gli allenamenti. Sembra proprio cotta a puntino. » lo rimbeccai, ridacchiando apertamente.
« L'ha detto anche Dominique... » disse piano mio cugino, interessato in modo particolare agli inesistenti granelli di polvere sulla sua scopa da corsa. « Mi ha fermato dopo gli allenamenti e abbiamo parlato. Mi ha chiesto di te e ha pianto un sacco: ero terrorizzato, miseriaccia. Mi sono sentito un verme per come mi sono comportato con lei così l'ho accompagnata nei sotterranei e... credo le manchiamo, e anche a noi lei manca. »
Dominique era la tipica persona che, una volta entrata nella tua vita, non vedevi l'ora di togliertela dai piedi ma che, una volta andata via, avresti immediatamente pensato che fosse uno sbaglio grosso quanto una casa.
« Sto benissimo così. » mi intestardii, mentendo spudoratamente di fronte alla persona che probabilmente mi conosceva più di tutti e che non credeva ad una sola parola che avevo pronunciato.
Hugo scosse il capo mentre si annusava con un rapido gesto le ascelle che emanavano un tanfo davvero poco gradevole. « Vado a fare una doccia... puzzo come la vecchia prozia Tess. » ci tenne a far sapere lui come se non fosse abbastanza evidente e corse via prima che la puzza arrivasse anche sotto le narici di Madama Prince e degli altri studenti presenti nella biblioteca.
Fui lasciata da sola come lo ero cinque minuti prima che arrivasse lui, seduta sulla sedia di legno accanto alla finestra. Rimettendo in ordine tutti i volumi che avevo consultato e prima di andare via dalla biblioteca, osservai un unico puntino nero tra gli anelli. Avrei giurato fosse il Capitano, sconsolato nel vedere la sua squadra completamente rasa al suolo e le speranze di vittoria sotto terra.
Come avrei fatto a finire l'anno scolastico senza Quidditch?
Con un nodo in gola, mi affrettai ad uscire dalla biblioteca e fui sorpresa quando, nel bel mezzo del corridoio, mi ritrovai ad udire delle voci particolarmente familiari, oltre che un gran caos, e che mi fecero bloccare di scatto e col cuore in gola.
« ... e dovresti mostrare più rispetto per le perdite di Grifondoro e per l'espulsione ingiusta della ragazza di cui dici di avere una cotta, Evans, non esserne felice. »
« Non mi interessa, Scamander, io non penso a lei. Io penso alla vittoria di Tassorosso. »
« Sei proprio un pezzo di merda, lo sai? »
« Come, scusa? »
Corsi verso la folla in cerchio dinanzi ai due litiganti e mi alzai sulle punte per vedere meglio, spiando tra una ventina di teste curiose: Scamander e Evans si tenevano testa a vicenda mentre molti studenti del settimo anno bloccavano il transito, e tra la calca emergeva particolarmente la squadra di Quidditch di Grifondoro, furibonda, e quella di Tassorosso. Messi a paragone in gran vicinanza notai che la somiglianza tra i due andava scemando e che non ci poteva mai essere competizione per quanto vagamente l'uno somigliasse all'altro.
« Cosa vuoi fare con quella bacchetta? Sfidarmi a duello, Scamander? Guarda che non puoi battermi. »
« Davvero? » riprese l'altro, serio e furioso. « Non mi sei mai piaciuto, Evans. E non per i tuoi modi garbati ma per il fatto che riesci sempre ad affascinare le persone in questo modo per poi rivelarti un coglione. Prendi la bacchetta! »
« I duelli sono proibiti nei corridoi. Sei un Prefetto, Scamander! »
Non si metteva bene.
« Fatemi passare. » dissi, spintonando gli studenti e facendomi spazio. Con uno sbuffo impaziente, individuai mio cugino alto due metri e mezzo tra la calca e non dovetti rifletterci molto per arrivare alla conclusione che si era issato sulle spalle di qualcuno per godersi lo spettacolo. « HUGO! » chiamai, con vocina acuta.
« LILY! » esordì mio cugino, agitando le braccia e ridacchiando. « Circolate voi, lasciatela passare! »
Mentre spintonavo gli studenti e afferravo la mano libera di Fred, che tenendo nostro cugino sulle spalle somigliava particolarmente ad un mulo da carico, si udì uno strano sibilo e il rumore di un incantesimo andato a fondo.
« Expelliarmus! »
« Stupeficium! »
« Circe maiala. » soffiai. « Stanno duellando davvero? »
Hugo, che stava battendo le mani a ritmo di incantesimo, annuì con un sorrisetto. « Miseriaccia se ci dà dentro Scamander. »
« Stiamo per saltare una lezione per assistere ad un duello non autorizzato nel bel mezzo del corridoio di collegamento tra le varie aule. » si intromise Frank Paciock preoccupato, rendendo la cosa ben nota al pubblico come se non lo fosse già abbastanza. « Non ci trovo niente di divertente. »
I miei cugini, in tutta risposta, fecero un'altra risatina.
« Sappiamo tutti che hai una cotta per lei, Scamander! »
« Non hai neanche idea di come mi sia svegliato storto stamattina, Evans, ti conviene sparire prima che ti riduca in polvere. Frunculus! »
« Tu osi minacciarmi! PROTEGO! »
Continuai a spintonare gli studenti, che commentavano vivacemente l'accaduto mentre altri protestavano a gran voce, e mi ritrovai faccia a faccia con un rassegnato Alex Olsen, che scuoteva il capo in maniera per niente preoccupata e ripeteva quanto quella scuola fosse una scuola di matti. Mi trattenni dal ridere e superai anche lui.
« Sei tu ad essere un pezzo di merda, Scamander, non io! Conosco quel che hai fatto, idiota. Ti piace spassartela con le vipere per poi tornare da lei come un cane bastonato? Sei proprio un... »
Ma non si seppe mai cosa fosse Scamander. In quel momento, il cosiddetto idiota che se la spassava con le vipere lasciò andare bruscamente la bacchetta, mollando un'inaspettato gancio così potente sulla mascella di Evans che avrei giurato di sentire le sue ossa scricchiolare. Arrivata in prima fila, scattai in avanti verso i due seguita da Alex e dal resto dei miei cugini e Frank Paciock.
« Sei impazzito? » strepitai, mentre la squadra di Tassorosso correva a soccorrere il loro compagno.
Lysander abbassò il pugno e mi guardò con uno strano sguardo sfinito. « Erano anni che morivo dalla voglia di farlo. »
« D'accordo, sei impazzito. » decretai, voltandomi verso Evans che si muoveva a scatti per terra con la bocca insanguinata. « Lo spettacolo finisce qui! Circolare, forza! » annunciai, agitando le braccia verso la folla che, sbuffando, si disperse.
« È stato fantastico! » fu il commento ammirato di Hugo, balzando giù dalle spalle malridotte di Fred e dando un buffetto affettuoso sulla schiena del biondino. « Se lo meritava proprio! Aspetta un momento... cos'è che avrebbe detto? »
Alzai gli occhi al cielo.
« Solo che Tassorosso avrebbe vinto. » riuscì a borbottare il malcapitato Evans, ancora a terra.
« Non farti sentire da William Baston, allora. » rispose Fred, ilaremente.
« L'hai davvero distrutto. » si inserì Louis, guardando in modo ansioso il Tassorosso a terra e rifilando una strana occhiatina bieca a Scamander. « Portatelo in Infermeria. »
« Ci penso io! » si offrì prontamente Fred, scoccando un rapido occhiolino ad Hugo, che lo seguì immediatamente; insieme, afferrarono Evans per le braccia e lo costrinsero ad alzarsi e camminare con loro.
« E tu sei uscita davvero con questo tizio? » sbuffò Scamander irritato, lisciandosi delicatamente le nocche e deponendo la bacchetta nella tunica sotto lo sguardo divertito di Alex, che continuava a scuotere il capo. « Davvero, non riesci a fare di meglio? »
« Riesco a fare di meglio del tuo pugno da principessa, sicuramente. »
« Ti auguro di cadere giù dalla scopa alla prossima partita, Scamander! » si udì in lontananza la voce di Zack Evans.
Lysander serrò la mascella e la sua mano sembrò scattare nuovamente verso la sua tunica ma un colpetto di tosse piuttosto familiare lo costrinse a non farlo: era Cassandra Smith e aveva tutta l'aria di aver osservato la scena dall'alto della sua incredibile malvagità d'animo.
« Ti sei appena beccato una punizione dalla sottoscritta Caposcuola, Scamander. »
Lysander spalancò la bocca, incapace di proferire parola in presenza di una soddisfatta Cassandra Smith, che probabilmente non vedeva l'ora di farla pagare al ragazzo per quello che era accaduto tra loro; dal mio canto, ero terribilmente scioccata dell'entrata in scena della Barbie mostro che mi accorsi a malapena che aveva tolto le extension, forse per timore che potessi nuovamente strattonargliele con cura, e che si era tagliata la frangia che ricadeva liscissima sulla fronte. Fu Alex a rompere quel silenzio carico di tensione con un lungo sospiro e un: « Complimenti, Jackie Chan. » seguito immediatamente dallo sguardo furioso di Lysander che diceva chiaramente che non avrebbe desiderato affatto dare ascolto alle beffe di una persona che aveva fatto fantasie erotiche su di lui.
« Taci, James Bond, 007 di questo grandissimo... »




« Cazzo! »
Inutile dire che neanche cinque minuti dopo l'episodio era sulla bocca di tutti e l'improvvisa gelosia di Lysander Scamander nei miei confronti e il rispettivo duello avuto con Zack Evans, mio ex uscente, appariva come un semplice e chiaro messaggio per tutta la popolazione femminile di Hogwarts, e anche per quella maschile che non si era rassegnata ad avere come partner una lunatica squilibrata nonostante i sei anni a scuola l'avessero ben dimostrato. E non solo quello fu di dominio pubblico ma anche la convocazione della McGranitt nel suo ufficio, esattamente un attimo dopo.
« La McGranitt lo sa che anche stavolta non c'entro nulla? » sbraitai, calciando un'armatura lì accanto e ricordandomi con un brivido di quando quegli stessi amichevoli pezzi di acciaio avevano tentato di uccidermi qualche giorno prima.
Lysander parve del mio stesso avviso ma, ancora scosso dalla punizione infertagli da Cassandra Smith, non disse una parola.
« Neanche noi c'entriamo. » si intromise Louis, indicando anche Frank Paciock. « Non credo si tratti di una punizione collettiva. »
« Lo spero bene. » sbottai, interrogandomi sul nostro disastroso destino di miserie.
Feci il mio ingresso spavaldo nell'ufficio della Preside e mi stupii in modo evidente quando mi trovai faccia a faccia con Lorcan Scamander, Dominique e Alice Paciock, le uniche tre persone che non avevano assistito allo spettacolo accaduto poco prima. Hugo e Fred, dopo aver trasportato il poco caro Evans in Infermeria, sedevano sulle sedie di fronte al trono della McGranitt e si voltarono verso di noi con lo stesso nostro sguardo inquisitorio. Incrociai gli occhi di mia cugina ma distolsi velocemente lo sguardo, fissando il volto neutrale della Preside McGranitt.
Non sarà mica per l'episodio delle Caccabombe alla fine dell'ora di Pozioni del giorno prima?
« Vi ho mandati a chiamare. » annunciò la McGranitt, con il tono sereno di chi non ha affatto intenzione di fare ramanzine a chicchessia e io ringraziai il cielo che le Caccabombe non avessero inquinato le segrete. « non per la vicenda accaduta nei corridoi poc'anzi, bensì per uno straordinario evento che vi coinvolge. »
« Rientro nella squadra di Quidditch di Grifondoro? » intervenni prontamente in maniera esaltata, beccandomi l'occhiataccia di Lorcan Scamander e quella della McGranitt. « Ah, capisco... un encomio speciale, allora? »
« Grifondoro vince la Coppa del Quidditch? » si intromise Hugo, vivacemente.
« Il professor Coleman va in pensione? » insistetti, pervasa dall'eccitazione.
« Tu credi? » esordì Hugo, commosso a dir poco.
« Sì, insomma, lo trovo abbastanza vecchio da... quanti anni ha? Ottanta? »
« Sessantaquattro, per la precisione. » si inserì la McGranitt, piccata. « E no, non vi ho mandati a chiamare per questo. Dovete immediatamente raggiungere casa, tutti quanti. La vostra famiglia vi desidera a casa per un importante matrimonio. »
Vidi Dominique agitarsi sulla sedia e sbarrare gli occhi, per poi voltarsi verso Louis e sorridere, di un sorriso radioso e cristallino che non le vedevo spuntare da una settimana. Louis aveva ricambiato e si era voltato verso il resto dei cugini con lo stesso sorriso luminoso della sorella. Nessuno capì il motivo di quei sorrisi. E neanche io, a dirla tutta.
« Sto parlando, naturalmente, del matrimonio di Ted Lupin e vostra cugina e sorella Victoire. »
« Che cosa? » esclamammo in coro io, Hugo e Fred, sgranando gli occhi.
« Oh, Louis! » la voce di Dominique era incrinata per l'emozione e il fratello corse ad abbracciarla.
La McGranitt sorrideva piuttosto felicemente. « Beh, mi auguro che passiate questi quattro giorni del weekend in serenità. Mi aspetto sempre che torniate con una testa nuova e con tutte le energie necessarie per vincere la partita contro Tassorosso e conquistare la Coppa. Ma adesso... via da qui! »




Che la mia famiglia fosse benestante era risaputo ma quello che mi ritrovai dinanzi una volta tornata a casa fu oltre la mia immaginazione. La prima tappa fu, per l'appunto, in casa mia dove ci accolse l'intera famiglia, Ted e Victorie, la famiglia Paciock e i Scamander, che con un grande brindisi e diversi abbracci commossi (e pianti isterici ed emozionati da parte di Fleur e delle zie) annunciarono ufficialmente il matrimonio.
Teddy aveva passato gran parte della sua vita in casa mia, era come un fratello adottivo per me e i miei fratelli e solo in quel periodo aveva considerato l'idea di abitare in Grimmauld Place con Victorie in modo da farsi una sua indipendenza. Non lo vedevo da moltissimo tempo, non ero riuscita a vederlo neanche durante le vacanze di Natale e Pasqua che aveva passato all'estero con mia cugina e i loro amici di scuola. Quando i nostri sguardi si incrociarono, mi accolse con un abbraccio così forte che temetti mi si incrinassero le ossa e con le lacrime che gli zampillavano dai grandi occhi nocciola; i capelli erano del solito colore turchese, il suo colore preferito, e il viso di Victoire era paonazzo per l'emozione.
Casa mia era addobbata a festa con tanta dovizia, in modo assolutamente accurato: le ringhiere presentavano dei nastrini argentei, palloncini dorati erano posti in ogni angolo di casa, ghirlande di fiori su tutti i mobili del salotto e fuori il giardino furono montati grandi gazebi per annunciare che l'addio al celibato di Teddy si sarebbe svolto lì.
« L'addio al nubilato di Victoire si tien chez moi! A Villa Conchilia! » trillava Fleur, fuori di lei dall'eccitazione e continuando a lisciare i capelli biondissimi della figlia, che non riusciva a staccarsi da sua sorella Dominique. « Naturalmonte, voi che siete della familia vi dovete organizzar. Potete far qualche oretta di qua e qualche oretta chez moi! »
« Sì, zia Fleur! » rispose Fred, che non faceva che dare buffetti concitati sulle spalle di Ted e saltellare iperattivo tra i parenti, abbracciando di tanto in tanto un commosso zio Bill. « Non ci perderemo le due festicciole per niente al mondo! »
C'era un gran caos in casa che quasi sembrava fosse diventata un hotel di gran lusso e in tutto quel baccano mi sentivo non un paio ma diversi occhi sul collo: quelli di mio padre che, mentre conversava con tutti i miei zii e con Luna e Rolf Scamander, sembravano perforarmi da parte a parte; quelli di Dominique, che non faceva che abbracciare la sorella e il fratello mentre Roxanne piangeva per la commozione; quelli di mio fratello James, che parevano i più pesanti da sostenere e, infine, gli occhi di Lysander che aveva intrapreso una conversazione civile con le mie cugine e Rose, che non vedevo da secoli e che era stata la prima ad abbracciarmi una volta uscita dal camino del salotto.
« Ci siam premurate di comprar abiti per tutti! » si udì tra il gran vociare la vocina stridula di Annie Delacour, che non avevo neanche intravisto in tutto quel caos. « Per non scomodare i racazzi che son stonchi per la scuola e per essere tutti belissimi allo stesso modo! »
« Giuriam di aver chiesto consilio ai vostri jenitori sui vostri gusti! » accluse Silvia, vivacemente. « Voi maschietti seguitemi di sopra! »
Di sopra in che senso? - mi ritrovai a pensare, guardando a sottecchi il biondino andare via insieme alla vacca numero uno.
James fece l'occhiolino alla donna e fu il primo a seguirla, offrendole il braccio e avviandosi insieme a lei su per le scale. Alcuni la seguirono con un certo imbarazzo, osservando le reazioni delle ragazze fin quando non sparirono al piano di sopra; altri chiacchierando allegramente e ridacchiando.
Annie sorrise. « Le feminusce con me! »
Rose mi affiancò velocemente e a braccetto seguimmo la vacca Delacour numero due in camera dei miei genitori dove mi sorpresi di trovare abiti in abbondanza per tutte quante: colorati ed elegantissimi strabordavano dal letto in maniera incredibile. Essi furono la gioia di Dominique che, superandoci a passo veloce e trascinando con lei Alice e Roxanne, si tuffò tra le vesti senza attendere alcuna indicazione.
Molly e Lucy stettero in disparte, a disagio, ad osservare nostra cugina che scartava i vari abiti.
« Allora? » mi disse Rose, con un sorrisino malizioso e con il desiderio sotto zero di unirsi alle nostre cugine e alle Delacour nella scelta dei vestiti da cerimonia. « Come va a scuola? Spero tu stia studiando dato che l'anno prossimo avrai l'esame. »
« Non male. » le risposi, ricambiando il sorriso. « Tu piuttosto? So che hai passato il Natale con... ehm, i tuoi suoceri, dico bene? Devono essere davvero tremendi, da come me le parla Hugo. »
« Mio fratello deve sempre esagerare. » riprese lei, scuotendo il capo. « Certo, Scorpius temeva che non avessi ricordato l'ordine delle posate ma tutto sommato siamo stati bene, loro non sono stati così tremendi con me. Ma non mi va di parlare di me, adesso... »
Oh, cavolo. Ditemi che quel dannato Albus Severus non ha davvero fatto la telefonata che disse che avrebbe fatto. - mi ritrovai a supplicare.
« Albus mi ha telefonata, sai. »
Come non detto, quel grandissimo figlio di...
« Davvero? » chiesi, scrollando le spalle come se la telefonata non riguardasse affatto me e pensando che Al meritasse calci in bocca più di quanti ne meritasse James, e solo per il semplice motivo che si era comportato da pezzo di sterco esattamente come l'altro mio fratello. « Mi fa piacere che vi siate tenuti in contat... »
Rose aveva incrociato le braccia al petto, piuttosto sorridente. « Non era affatto la tipica telefonata di piacere. »
Ma di dispiacere per me, mi sembra chiaro.
« Gli ho dovuto pagare il pranzo per una scommessa, lo sai? Una scommessa su di te. »
« Benissimo, ehm, io vado a provare l'abit... »
Sgattaiolai via dalle sue grinfie per unirmi alla Delacour, e anche a Dominique, se fosse stato necessario, ma la sua mano mi afferrò prontamente prima che potessi correre verso la libertà e, con un risolino soffocato, Rose mi costrinse a tornare indietro verso la porta, esattamente dove ero posizionata un attimo prima.
« Tu e Lysander, Lily, davvero? » ridacchiò mia cugina, in un sussurro roco e con espressione di chi la sapeva più lunga di tutti quanti ma mai quanto mio fratello Albus che, stranamente, riusciva a saperla sempre più lunga di una locomotiva.
Tossicchiai, scuotendo i capelli come se volessi rimettere a posto le idee. « Io non... »
Mia cugina mi offrì una delle più scettiche occhiate.
« E va bene. » abbassai la voce. « Va bene, sì. D'accordo. È come dici tu! »
« Beh, siete proprio due idioti. » ci tenne a far sapere Rose, con perspicacia e vantandosi da esperta in amore dopo che, per sette anni, aveva dichiarato guerra al suo acerrimo nemico per poi finirci insieme. Il che non la rendeva esperta in amore neanche un poco. « Ma tranquilla, durante questi giorni avrete modo di parlare. O forse parlare non è esattamente la cosa che potrebbe esservi d'aiuto, non so se sono stata abbastanza chiara... » concluse, meditabonda.
Deglutii mentre nella mia mente l'immagine del biondino con la gelatina tra i capelli e un paio di sensuali boxer aveva già preso perfettamente forma.
« Non pensarci! » Oh, no, io ci penso eccome! « Comportati come hai sempre fatto, insomma, sei abbastanza sfacciata senza che ti dia lezioni. Ti dico solo: indossa quel vestito e stendilo. È sempre un primo passo! »
Ed era quello che feci un attimo dopo: indossai l'abito che Annie mi porgeva e, dopo le mille bestemmie a causa di non riuscire a farmi sfilare l'abito addosso dato che continuavo ad infilare un piede dove non avrei dovuto e dopo le occhiatacce che le ragazze mi serbarono per la brutalità con cui cercavo di entrare lì dentro, fu con uno sguardo sorpreso che mi guardai allo specchio. Vidi, finalmente e per la prima volta in vita mia, una giovane bella donna con un abito lungo color vino rosso che risaltava a pieno le mie forme e che metteva in risalto la chioma fiammata. Dominique, perfetta nel suo lungo e morbido abito verde smeraldo, aprì la bocca per dirmi qualcosa ma la richiuse subito dopo in modo a dir poco lusinghiero. Rose, con il suo abito semplice color cobalto, mi sorrise soddisfatta. L'abito di Lucy, invece, era di un rosa pallido e quello di sua sorella blu scuro, che scendeva fino alla ginocchia e le copriva le imperfezioni; Roxanne indossava un abito dorato sbarazzino che faceva a pugni con la pelle scura e Alice Paciock emanava un certo candore con la veste di satin bianco.
« Sei belissima, Lilì! » esordì la Delacour, sinceramente ammirata dalla mia presunta bellezza. « Se solo avessi un poco più di grozia! »
« Va benissimo così, zia. » disse Dominique in fretta, mettendola al suo posto.
Roxanne fece una piroetta, esclamando eccitata: « Andiamo a vedere i ragazzi come se la cavano, forza! » trascinando con lei Dominique per un braccio e Alice per l'altro braccio e saltellando con i tacchi dorati in tinta ai piedi.
Rose mi fece l'occhiolino e uscì insieme alle ragazze, accodandosi a loro senza scomporsi minimamente. Con un sorrisino, le seguii fuori al pianerottolo e mi ritrovai faccia a faccia con Lysander che, non appena mi scorse, interruppe di botto la sua camminata, a bocca aperta per lo stupore. Malgrado l'orda di cugini e la confusione presente nelle varie camere, non potetti fare a meno di restare impalata a ricambiare il suo sguardo colpito come se non avessi mai visto una cosa tanto bella in vita mia: la giacca blu scuro, quasi nero, e i pantaloni in tinta gli calzavano a pennello e gli conferivano un'aria davvero...
Porca.
Sembrava addirittura più grande, un ventenne.
« Sei... » iniziò a balbettare lui, arruffandosi i capelli con un rapido gesto imbarazzato. « Sei davvero... »
« Splendida? » venne in aiuto Rose, maliziosamente.
« Sì. » rispose il ragazzo, senza esitare; mia cugina rise silenziosamente, le mani che coprivano l'intera faccia e il volto paonazzo. « Volevo dire, ti sta benissimo l'abito. »
« Grazie. » risposi, cercando di frenare gli ormoni e rivolgendo al ragazzo un mezzo sorriso impertinente nonostante le mie viscere si stessero contorcendo in quel momento e nonostante il fatto che non riuscivo a levare gli occhi da lui. « Anche tu non sei male. »
« Anche io non sono male? » si inserì James, intromettendosi nella conversazione e piombando nel pianerottolo con un sorriso. Sentii le stesse viscere che un attimo prima si contorcevano sparire lentamente, il sangue freddarmi la pelle e il cervello in tilt: non avevo ancora parlato con mio fratello e lui non parve accorgersi della mia espressione. « Fatti vedere, sorellina, fatti vedere! »
Troppo tardi: James mi aveva afferrata per una mano e mi aveva costretta a fare una giravolta. Lysander era visibilmente a disagio e in pena per me e, conoscendolo, immaginai stesse cercando un modo intelligente per intervenire e portarmi via da lì prima che la situazione creasse ulteriori danni.
« Wow, sei incantevole... davvero, sono colpito! » fu il commento sbalordito di James. « Non mi stupirei se molti dei vecchi amici di Ted e Victoire non caschino ai tuoi piedi seduta stante. »
« Sempre che non lo faccia prima qualcun altro. » ci tenne a precisare Rose, rivolgendo uno sguardo eloquente a Scamander, che arrossì mentre serrava le mascelle.
« Tranquilla, Rose, ci sono io ad osservarli tutti. » concluse mio fratello, divertito.
Mi guardò aspettandosi che replicassi ma, dal mio canto, le parole mi morirono tra le labbra e non facevo che osservarmi l'orlo dell'abito. La tensione non passò inosservata a James, a Rose e, soprattutto, al biondino, che parve capire cosa si stesse svolgendo nella mia testa e si affrettò a dire: « Andiamo a mostrarci ai parenti! Vieni, ti adoreranno. » e mi trascinò lontana da mio fratello, che continuava ad squadrarmi in maniera del tutto delusa.
Scesa al primo piano, sospirai e soffiai un sentito: « Ti ringrazio, Lysander. »
« Tranquilla. » disse Lysander dolcemente, guardandosi intorno con circospezione e parlando solo quando non si udirono più voci sul pianerottolo superiore. « Dovresti parlare con lui, Lily, non puoi far finta di niente. Infondo, si tratta di tuo fratello. »
Annuii: non aveva tutti i torti. « Non saprei cosa dire... »
« Troverai le parole. Fidati. »
Annuii nuovamente, fidandomi ciecamente di lui.
Lui mi fece un cenno positivo col capo e cambiò completamente discorso. « Pensi che debba farlo stringere dietro? » domandò, voltandosi di spalle a tre quarti e mostrando volutamente il sedere sodo in tutta la sua perfezione e le grosse spalle definite che mi comportarono un mezzo attacco di cuore.
Cavolo, biondastro, non così all'improvviso!
« Qui? »
Toccai con un dito un punto preciso proprio sotto al suo sedere e lo ritrassi una volta resami conto di quel che avevo fatto. Non potetti fare a meno di ridacchiare mentre lui arrossiva fino alla punta delle orecchie, spalancando gli occhi verdi e annuendo lievemente.
« Lascialo così. È perfetto. »
Sì, l'abito o il culo?
« Sicura? »
« Tu vuoi che vada stretto? Non devi mettere in risalto nessuna forma... »
È già tutto messo in risalto di suo.
« A te, invece, le risalta tantissimo... » mormorò lui, senza riuscire a trattenersi.
L'imbarazzo che seguì la sua affermazione fu tale che Lysander, sentendosi in difficoltà, distolse in fretta lo sguardo dalle mie grazie per puntarlo su qualcosa alle mie spalle che si rivelò essere la porta del bagno. Dal mio canto, più che imbarazzata mi sentivo esaltata come se fossi stata percorsa da una scossa elettrica: nutrivo il desiderio di baciarlo.
Il pensiero non finì neanche di formarsi nella mente che la voce della Delacour mi aveva già riportata alla realtà.
« Devo ajustorti l'abito, Lilì! Dove sei? »
« Arrivo! »
Con un'occhiatina da psicopatica innamorata al ragazzo, risalii le scale in tutta fretta e scivolai sui gradini a causa del mio essere a dir poco imbranata, facendo sì che il biondino corresse a recuperarmi dalle scale con un sorrisetto piuttosto rassegnato sulle labbra.




« Dopo domani abbiamo la cerimonia, Lily, e sono contenta che l'abito ti sia piaciuto. » stava dicendo mia madre, mentre preparava la cena per quella sera. Gli ospiti erano andati via ma all'indomani ci saremmo rivisti per celebrare l'addio al celibato e al nubilato dei due promessi sposi, che avevano deciso di dormire a Villa Conchiglia su grande insistenza di zia Fleur. « Lo so che te lo starai chiedendo ma ho cercato di dissuadere le due vacche a non intromettersi nella faccenda. Non hanno voluto sentir ragioni. »
« È stato un pensiero gentile, cara. » si intromise mio padre, accarezzando dolcemente i capelli di mia madre. Si voltò nella mia direzione e sorrise, dicendo: « L'abito ti stava benissimo, davvero. Somigliavi tanto a tua madre da giovane, ricordo che una volta indossò un abito molto simile. Era splendida. »
Bleah - mi ritrovai a pensare. Non in mia presenza.
« Anche io ero bellissimo. » si inserì James, facendo l'occhiolino ai genitori, che ridacchiarono mentre lui si arruffava i capelli e faceva il suo ingresso in cucina in ciabatte e coi soliti pantaloncini hawaiani.
Albus fece uno sbuffo. « Quel panciotto era orribile, Jamie. »
« I panciotti sono cool, Al, cosa ne vuoi capire di classe? »
Mia madre non si trattenne dal ridere. « Anche tu stavi benissimo, Albus. Il verde smeraldo ti dona: l'abito era in tinta coi tuoi occhi. »
« Sì, glielo dicono tutte che ha dei bellissimi occhioni da cucciolo. » continuava a punzecchiarlo James, suscitando irritazione da parte del fratello e cercando invano la mia complicità.
Per quanto mi riguarda, avrei volentieri riso e mi sarei immediatamente unita al simpatico giochetto "facciamo girare le pluffe ad Albus Severus Potter" se non fosse stato per il fatto che non appena James proferiva parola mi passava tutto il desiderio di divertirmi e di unirmi a lui come avrei solitamente fatto.
« Lo dicevano anche a vostro padre. »
« Anche tu, mamma? » chiese James, ilare.
« Oh, sì. » rispose la mamma, scoppiando a ridere. « A undici anni gli scrissi una filastrocca così ridicola che il puttino di San Valentino ebbe la brillante idea di recitarla dinanzi a tutta la scuola. Fu davvero imbarazzate, ricordi? »
« Per me o per te? »
« Per me, idiota! » sbuffò mia madre, sempre divertita.
Non potetti fare a meno di ridere vedendo i miei genitori finalmente riappacificati, vedendoli esattamente come li vedevo prima dell'estate: innamorati l'uno dell'altro come se fosse stata la prima volta. Credevo che col tempo quel sentimento fosse andato perduto, che l'amore era soltanto un'effimera illusione, che dopo si sarebbe caduti nella più totale monotonia... invece no. L'amore era molto di più.
E a casa mia sembrava essere tutto rose e fiori se non fosse stato per...
« A cosa pensi? » chiese mio padre, e tutti gli occhi della famiglia furono puntati su di me, che mi affrettai a scuotere il capo facendo danzare l'alta coda di cavallo.
Se sapessero a quante cose al secondo penso sarebbe più terrificante di vedere Lord Voldemort ballare la macarena.
« A niente in particolare, insomma, avete fatto pace, noto. » buttai lì, stendendo le gambe sulla sedia che avevo accanto.
« Non abbiamo mai litigato. » rispose mia madre, osservando la reazione di mio padre.
« Ma se somigliavi incredibilmente a zia Hermione durante il periodo di intenso lavoro! » esclamai, rimembrando con fastidio.
« Ti abbiamo fatto davvero una brutta impressione in questo periodo, vero? » mio padre sembrava penetrarmi intensamente nei pensieri, rendendoli evidenti al mondo intero. « Non hai nulla di cui aver timore, eravamo molto presi da tutto, ultimamente. »
Presi da tutto o presi dal ritorno dei Mangiamorte, evento che non volete rendere pubblico neanche a vostra figlia che rischia l'osso del collo nella stramaledetta scuola?
« Sono accadute tante cose, Lily, non mi aspetto che tu comprenda le mie decisioni. »
« Le comprenderei se mi fossero note! » sbottai, alzandomi di scatto dalla sedia e alterandomi seduta stante. « Non sono una bambina, sono cresciuta. Lo sai che sono stata attaccata in quella grotta maledetta? E che una settimana fa un bambino mi stava quasi strozzando? Lo sai questo, vero? Certo che lo sai ma non sei venuto da me a dirmi qualcosa! Mi hai dato uno stupido abbraccio e mi hai chiesto come stavo e io, davvero, vorrei sapere con quale faccia tosta ci tieni a domandarlo. »
Improvvisamente, miei genitori parvero davvero preoccupati e, soprattutto, incapaci di dire qualcosa a loro favore. Al mio contrario, che sembravo voler sputare fuori dall'anima tutto quello che era accaduto, oltre all'infinito veleno che avevo dentro, ma che dovetti trattenermi ancora una volta in modo da non suscitare sospetti.
« Cosa hai in mente? » chiese mio padre impaurito, una volta recuperato l'uso della parola.
Come non detto.
« Niente. » mentii, rispondendo fin troppo in fretta. « Non capisco... ti sto solo dicendo che mi aspettavo qualcosa da voi! »
Ero cresciuta, ormai, e avevo scoperto tantissime cose da sola, rischiando la vita più volta sia al castello sia a Londra; ero anche finita in televisione durante un servizio Babbano, avevo subito gli strani attacchi proprio sotto al mio naso e il mio vecchio ancora si ostinava a non essere sincero con me? Si aspettava davvero che fossi così stupida da non accorgermi di nulla? Oppure si illudeva?
« So che ti hanno espulsa dal Quidditch. » ci tenne a dire mio padre, sotto gli sguardi sbalorditi dei miei due fratelli.
« Ma certo che lo sai! Qualcuno ha messo una pasticca vomitosa nel succo di zucca di Coleman e lui mi ha espulsa ma questo, naturalmente, non importa a nessuno. » ringhiai, tra i denti.
Mia madre annuì più volte verso mio padre ma lui scosse il capo: sembrava terrorizzato e sul punto di scoppiare. Lui sapeva di certo che stavo indagando, mi conosceva, sapeva di che pasta ero fatta... per quale motivo continuava a parlarmi in quel modo?
Sbuffai, rassegnata. « Vado in camera mia. »




Quella sera stessa, non riuscivo a prender sonno: mille pensieri affollarono la mia mente già abbastanza piena e fu con uno strano presentimento che, a mezzanotte in punto, decisi di uscire dal mio nascondiglio. In maniera del tutto silenziosa, scoprii che la luce del salotto era accesa e che i miei genitori sedevano lì e discutevano animatamente e sottovoce, i toni ansiosi e affannati.
« ... la conosco, Gin, lei sa molto di più di quanto pensiamo. » sussurrava mio padre, teso e attento ad eventuali rumori.
Ah, sono più scontata di quanto pensassi, allora.
« Non puoi trovare un modo...? »
« No, non posso, dannazione! Lo sai come stanno le cose. »
Vorrei sapere anche io come stanno le cose, detto francamente.
« Devo scoprire cosa ha in mente ma il ragazzo, Olsen, non lo direbbe mai. Sa i piani dell'Ordine e sono sicurissimo che non li ha spiattellati lui a nostra figlia, anzi, l'ha protetta e ci ha aiutato tantissimo. Ma lei non avrebbe mai rivelato a lui cosa ha in mente sapendo il rapporto che ha con me e con l'Ordine. »
Era vero: con Alex avevo sempre parlato liberamente di tutti i miei dubbi ma non gli avevo mai detto che avevo intenzione di stanare i Mangiamorte, che io e mio cugino per mesi stavamo cercando il modo per beccarli con le mani nel sacco, che avrei combattuto contro di loro per dimostrare che anche io valevo. Intelligente com'era, Alex Olsen si era di sicuro fatto un'idea, anche per l'episodio accaduto a Diagon Alley mesi prima, ma non poteva confessare a mio padre di quella poco simpatica gita a Londra: era in trappola.
« Puoi sempre provare... »
« Non posso, Gin... »
Mi sporsi per osservare il profilo preoccupato di mio padre quando una mano mi tappò brutalmente la bocca e mi trascinò di peso nella mia camera. Seppi di chi si trattava al solo tocco e senza che mi voltassi verso il mio rapitore, ragion per cui non opposi alcuna resistenza.
« Non si origliano le conversazioni altrui. » proruppe James serio, senza giri di parole.
« E tu da quando sei diventato così scrupoloso? » ribattei, con forza. Piazzando le mani sui fianchi, feci due più due e la situazione apparve limpida come non lo era mai stata prima. « Tu sai tutto, James. »
Non era una domanda e lui non rispose: il chiaro di luna illuminava il volto dispiaciuto di mio fratello, lo stesso volto che avrei preferito non vedere in quel momento.
« Complimenti, davvero, lo metto nella lista delle cose che non mi hai detto subito dopo... »
« Me e Dominique? » concluse James, afflitto.
Mi sentii abbattere da un peso enorme, come una grossa montagna, e tutto quello che chiedevo in quel momento era essere lasciata lì, sofferente e senza energie, schiacciata dal peso del monte fin quando non avessi avuto le forze necessarie per liberarmene. E l'avrei fatto da sola, non avevo bisogno di nessuno in quel momento, tanto meno della mia famiglia. L'immagine di James e Dominique mi stava danzando prepotentemente nel cervello e un groppo grande quanto un Ungaro Spinato era balzato sul mio petto.
« Vattene dalla mia camera. »
« Non senza averti spiegato... »
« Cosa diavolo hai da dire, James? » sbottai, la voce spezzata e roca dal pianto; il desiderio di prendere mio fratello a schiaffi, cacciandolo dalla mia stanza per non rivederlo ancora. « Tu e Dominique vi piacete e siete cugini! È rivoltante, deleterio! »
Lui fece uno sospiro, abbassando la testa e osservandosi i piedi nudi. « Sapevo l'avessi presa così... »
« L'avrei presa molto meglio se avessi avuto la decenza di dirmi che... »
« Come avrei potuto dirtelo, esattamente? » rispose James, la voce sempre più affannata e nervosa e alzando gli occhi su di me per tenermi testa; i suoi occhi erano colmi di lacrime, esattamente come i miei ma in modo più evidente.
« Ad Al l'hai detto! » sputai, ricordando i continui riferimenti a Dominique di Albus.
« Ci è arrivato da solo, sai meglio di me che quel ragazzo ne sa una più del diavolo. Per favore, lascia almeno che... »
« È orribile ciò che state facendo, James! Siete repellenti. »
« E per quale motivo? » riprese lui, quasi urlando. « Siamo innamorati! Avete sempre decantato l'amore come quel sentimento vero che ti lascia il segno, io lo sto finalmente provando e volete privarmene?! »
« È la tua stramaledetta cugina, cristo! »
« Sssssh! Per favore... »
« Io non sono quel pervertito di Albus. Cosa dovrei fare adesso? Aprirmi ad un nuovo orizzonte? »
Il pianto irruppe d'un tratto ma James non ci badava e lasciava che le lacrime gli solcassero il viso. « Non puoi evitarci, cazzo, c'è un matrimonio in corso... non lo senti l'amore nell'aria? Io e Domi non possiamo mai finire in una relazione seria, rovinerebbe l'intera famiglia... vuoi davvero fare storie per un sentimento? Che scelta avevo di fronte ad un sentimento? »
« Hai scelto di non dirmelo... » soffiai, allontanando mio fratello e sbattendo la porta della mia camera.
   
 
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