Dopotutto
il Sole scioglie la Neve
Era
una normale giornata di autunno
a Tokyo. Yuki era seduto al suo solito posto vicino alla finestra
nell’Anteiku.
Per lui era molto rilassante inebriarsi del sapore amaro del
caffè mentre
osservava attento le strade. Forse proprio per questo gli piaceva
l’autunno:
c’erano più particolari al quale far caso come le
foglie colorate che
volteggiavano prima di cadere finalmente a terra o ancora le goccioline
di pioggia
che ticchettavano sull’asfalto. Yuki portò alla
bocca la tazzina bianca e bevve
un altro sorso del liquido marrone mentre spostava la frangia castana
da
davanti ai suoi occhi riprendendo poi a guardare l’esterno.
Di giorno era solo
un calmo osservatore lasciando scorrere su di sé la sua
vita. Spesso si
chiedeva se avrebbe continuato così fino alla fine dei suoi
giorni e subito
arrivava sempre alla stessa risposta: sì.
Si
appoggiò con un gomito sul tavolo
quando i suoi soliti pensieri vennero interrotti da una voce conosciuta.
«Yuki-kun
- era Irimi la cameriera
dell’Anteiku – com’era il
caffè?» gli chiese con dolcezza.
«Buono…»
rispose con calma Yuki
continuando a osservare il viavai delle persone. Anche quello faceva
parte del
suo carattere: l’essere freddo, distaccato.
«Mi
fa piacere» gli sorrise di
rimando Irimi che subito dopo si diresse a prendere le ordinazioni
degli altri
tavoli.
Tutti
i frequentatori dell’Anteiku
conoscevano di vista Yuki. Era tristemente noto come il cliente
solitario dallo
sguardo malinconico. Eppure Yuki era quasi contento di quella sua fama.
«Emh,
mi scusi…»
La
voce questa volta era sconosciuta
a Yuki che lentamente si girò verso il suo proprietario.
«È
occupato?» a parlare era una
giovane ragazza dal completo bianco.
Yuki
lanciò un rapido sguardo verso
gli altri tavoli notando che erano tutti pieni quindi scosse la testa.
La
ragazza si sedette velocemente appoggiando qualcosa a terra.
«Piacere,
io sono Haru» disse
sorridendo amichevolmente la ragazza e gli porse la mano.
“Non
potrebbe esserci nome più
appropriato” pensò il ragazzo.
«Mi
chiamo Yuki» le rispose senza
cambiare espressione allungando poi anche lui la mano. Haru gliela
strinse
vigorosamente. Dopo poco però piombò il
silenzio.
Haru
incrociò velocemente le braccia
e gonfiò una guancia guardandolo severo. Agli occhi di Yuki
quello risultava un
comportamento abbastanza buffo, stava tentando di sembrare seccata o
cosa?
«Non
è di molte parole lei!»
«Già…»
«Posso
darle del tu?»
«Come
vuole.»
«Va
bene. Allora, Yuki, cosa stai
aspettando di preciso?»
Yuki
la guardò confuso, fu spiazzato
da quella domanda. Aspettare qualcosa?
«Come
scusa?» chiese sorpreso Yuki
senza però scomporsi più di tanto.
«Beh
sì! Sei sempre seduto qui da
solo con la tua tazza di caffè e...» gli rispose
con una strana luce nei grandi
occhi verdi.
«N-niente…
E comunque non credo di
essere un oggetto di studio» balbettò e
arrossì leggermente infastidito
abbassando lo sguardo. Solo in quel momento notò sotto al
tavolo una valigetta
grigia. Il ragazzo sbiancò tornando velocemente a guardare
Haru negli occhi.
Sentì crescere nel suo petto emozioni contrastanti: paura,
angoscia,
eccitazione… Una sua parte avrebbe voluto mettersi al riparo
e un’altra avrebbe
voluto mettersi alla prova. Era come dominato da due
personalità diverse.
Nonostante fosse “Neve” in egli risiedevano ben
poche caratteristiche dei
fiocchi e di certo tra quelle non rientrava la purezza. Quando arrivava
il
momento di mangiare, la sua parte solitaria scompariva e emergeva
l’altro lato
di sé spietato e vendicativo. Inseguiva strenuamente le sue
prede e le uccideva
senza pietà mentre le osservava sprezzante con le iridi
iniettate di sangue. Il
giorno seguente alla sua caccia si sentiva sempre schifosamente in
colpa ma non
riusciva mai a fermarsi e reprimere quella ebbrezza che provava mentre
uccideva. Il rimpianto contribuiva insieme a molte altre cose a farlo
diventare
lo Yuki che di giorno viveva senza vivere realmente. Era un circolo
vizioso il
suo.
«Ehi,
qualcosa non va?» gli chiese
Haru leggermente preoccupata.
«No,
no, niente. Devo andare, ho
delle faccende urgenti da sbrigare. Buonasera Haru» disse con
calma mentendo e
inventando una scusa per far terminare quella conversazione quindi si
alzò e
andò a pagare.
«Yuki,
vai via muoviti» gli sussurrò
Koma mentre dava il resto al ragazzo. Ok, era ovvio, stava dando
decisamente
nell’occhio.
Yuki
salutò tutti i camerieri e uscì
dal bar chiudendo dietro di sé il portone.
«Fa
sempre così?» chiese
innocentemente Haru ad Irimi appena il ragazzo se ne era andato. Lei
era
davvero interessata e incuriosita da Yuki.
«S-sì»
rispose imbarazzata la
barista cercando di non lasciarsi sfuggire nessuna parola di troppo.
«Ah…»
sbuffò di rimando Haru
incrociando le braccia e abbandonandosi sullo schienale della sedia.
Avrebbe
fatto di tutto pur di riuscire a conoscerlo meglio, per lei era un tipo
molto
interessante.
Il
giorno seguente faceva abbastanza
freddo. Mentre camminava Yuki si strinse nel suo parka marrone e si
coprì naso
e bocca con la sciarpa scura. Fece ancora qualche passo e
arrivò al bar. Spinse
il portone ma, appena entrato, venne bruscamente interrotto, mentre
cercava di
articolare qualche parola per salutare i proprietari, da una voce
allegra.
«Signor
Yuki, salve» disse ad alta voce
Haru sventolando la mano e facendogli segno di sedersi con lei. Yuki
rimase di
stucco e con non poca stizza si avvicinò al tavolo,
spostò la sedia con un
piede e si sedette. Parlarono del più o del meno, o meglio,
Haru faceva domande
senza sosta e Yuki rispondeva cautamente a monosillabi accompagnando i
suoi
mugolii con piccoli cenni o scuotendo lentamente la testa.
«E
così hai ventisei anni?» chiese
Haru amichevolmente.
«Già»
rispose vago.
«Ma
pensa, io ne ho ventiquattro!»
sorrise Haru.
Yuki
non rispose nulla. Subito Haru
si zittì imbarazzata abbassando velocemente lo sguardo.
Quando lo rialzò prese
a guardare gli occhi di Yuki come incantata. Il ragazzo notando quel
comportamento spostò lo sguardo girando la testa e
accennò un piccolo sorriso.
«Oh,
scusami ma hai degli occhi
davvero belli» disse Haru.
«Come?»
rispose stupito Yuki
ritornando a guardarla.
«I
tuoi occhi sono bellissimi: color
nocciola con sfumature chiare, li adoro!»
«Grazie…
-rispose arrossendo
grattandosi nervosamente la guancia - Anche se sono totalmente anonimi,
in
tanti li hanno così…»
«Non
è vero! I tuoi sono diversi,
speciali, come se raccontassero una storia tutta loro!»
Tra
i due, che erano entrambi
arrossiti, piombò un silenzio imbarazzante. Dopo poco
continuarono la loro conversazione
e poi entrambi tornarono a casa.
La
stessa cosa accade l’indomani, il
giorno seguente e quello successivo ancora . Passarono così
intere settimane e
mesi. Oramai era diventata di routine quella chiacchierata pomeridiana
e Yuki
non la considerava più tanto fastidiosa, anzi era quasi
contento. Stare con
Haru, dal carattere così solare, lo aveva aiutato un bel
po’ e forse si era
affezionato a lei. Da un po’ si era accorto di provare
più di una semplice
simpatia o amicizia nei confronti della ragazza, insomma da quanto si
era
interessato ai riflessi biondissimi che la luce creava su dei capelli?
Mai, ma
ultimamente si compiaceva a osservare i giochi di luce che creava la
chioma
chiara di Haru. E soprattutto di quella valigetta non si era
più vista nemmeno
l’ombra, non poteva andare meglio.
Anche
quel pomeriggio di primavera i
due si erano incontrati al bar occupando sempre lo stesso tavolo.
«Ahaha
– rise di gusto Haru –
davvero hai vinto una sfida impossibile a braccio di ferro?»
«Sì»
rispose imbarazzato Yuki.
«Beh
non me lo sarei mai aspettato
da te Yukicchi, però devo dire che con quelle belle braccia
non sarebbe del
tutto impossibile» disse Haru mentre indicava le maniche
della maglietta verde
indossata dal ragazzo.
Yuki
arrossì grattandosi la guancia.
Apprezzava molto quei complimenti così spontanei.
«Come
fai ad essere così in forma
senza praticare nessuno sport? Sono così invidiosa. Io sono
sempre in
allenamento e guarda che pancia!» sbuffò ridendo
Haru prendendo una patatina
fritta dal piatto e portandosela alla bocca.
«Costituzione.
E comunque… non ti
serve la palestra, vai benissimo così» rispose
Yuki accennando un piccolo
sorriso sincero mentre si portava la tazzina bianca alla bocca.
«Davvero?»
arrossì Haru colpita da
quel piccolo complimento. Yuki non si ricordava spesso di farne.
«C-certo»
balbettò il ragazzo
spostando velocemente lo sguardo.
Haru
fece una piccola risata e si
mise a frugare nella borsa alla ricerca di un qualcosa. Poco dopo
cacciò due
foglietti e una penna. Ne prese uno e iniziò a scriverci dei
numeri.
«Ecco
-disse girando il foglietto e
spingendolo nella direzione di Yuki- il mio numero. Sentiamoci ogni
tanto»
«Sicuro»
le rispose il ragazzo.
Yuki
prese l’altro foglio e scrisse
il suo, poi sollevò il pezzo di carta dal tavolo e lo pose
davanti agli occhi
di Haru. La ragazza glielo strappò di mano.
Yuki
contento incrociò le braccia e
alzò gli occhi fermandoli sul pendolo del locale. Erano le
sette e mezza.
Incredibile come il tempo era passato.
«Ah
accidenti, si è fatto tardi»
disse Yuki con una nota di dispiacere nella voce: aveva davvero
apprezzato quel
pomeriggio in compagnia di Haru. Poi si alzò dal tavolo,
salutò tutti e uscì
dal bar.
Mentre
camminava sul marciapiede il
cellulare prese a squillare. Lo prese e rispose.
«Yukicchi!»
Riconobbe
subito la voce solare
proveniente dall’altro lato. Sorrise contento sentendo
all'altezza del cuore un
leggero calore e istintivamente alzò lo sguardo alla
finestra a cui si
affacciava il loro tavolo. Haru lo salutava con la mano sorridente.
«Che
ne pensi se ci incontriamo da
qualche parte stasera?» chiese imbarazzata ma contenta.
«Mhh…
Non male» rispose Yuki.
«Perfetto,
allora ceniamo insieme?
Alle otto al ristorante!»
« Haru,
asp...»
«N-non
preoccuparti di nulla! Più
tardi ti mando l’l'indirizzo per messaggio. Puntuale, mi
raccomando.»
«As…»
stava tentando di rispondere
ma subito sentì il tu tu del telefono. Rimase immobile come
pietrificato ad
osservare lo schermo del telefono.
“Un
a-appuntamento?” pensò
emozionato arrossendo leggermente.
La
sera era arrivata e Yuki era già
arrivato davanti al locale. L'idea di dover mangiare poco e dopo
rimettere
tutto non lo esaltava particolarmente ma nonostante ciò era
abbastanza felice.
Alzò la manica del suo fidato parka per guardare l'ora.
Mentre leggeva “20:01”
gli arrivarono due pacche amichevoli sulle spalle accompagnate dal
più bel “Ehi
Yukkichi” del repertorio della ragazza.
Yuki
si girò e appena la vide fece
un piccolo sorriso contento. Era felice di vederla bellissima in quel
completo
nero con una blusa bianca.
“Forse
posso benissimo sopportare
quel cibo nauseante” pensò Yuki contento.
I
due entrarono nel locale e
si sedettero al tavolo prenotato. La cena procedette regolarmente con
Haru che
mangiava deliziata e Yuki che ordinava sempre porzioni più
piccole.
«Non
sei di buon appetito, non lo
avrei mai detto!» commentò sconsolata Haru
spostando una ciocca bionda dietro
all'orecchio.
Yuki
iniziò leggermente a sudare
freddo. “E adesso? -pensava- cosa mi invento?”
«Ahah
stavo scherzando – disse Haru
– Non fa niente se non mangi molto»
continuò.
Yuki
portò il bicchiere pieno
d’acqua alla bocca.
«Insomma
mica sei un ghoul?» scherzò
Haru disegnando con la forchetta dei cerchi nell'aria mentre lo
scrutava da
capo a piedi con i suoi occhioni verdi.
Yuki
si dovette trattenere dallo
sputare il sorso appena bevuto e dopo averlo ingoiato a fatica
strozzandosi
quasi disse:
«N-no!?»
«Certo
che no, me ne sarei accorta
quasi subito, sono una esperta io» disse indicandosi fiera
con il pollice e
scoppiando poi a ridere.
Solo
che il ragazzo non la prese per
nulla sul ridere, anzi. A Yuki ritornò in mente il primo
giorno che si erano
incontrati e la valigetta grigia che aveva visto. Aveva più
volte tentato di
non pensarci autoconvincendosi che fosse una valigia normale usata per
viaggiare. Possibile che quando qualcosa andava finalmente per il
meglio
dovesse poi all'improvviso ritorcersi contro di lui? Forse stava solo
viaggiando con la fantasia facendosi trasportare dal pessimismo ma non
voleva
assolutamente ritornare ad essere solo. O meglio, lo era ancora ma non
più
tanto quanto prima. Ma soprattutto non voleva perdere Haru, la sua cara
Haru.
Negli occhi di Yuki comparve uno sguardo di paura e subito prese a
guardare il
pavimento.
Mentre
era perso nei suoi pensieri
sentì un tocco sulla sua mano, quella che aveva lasciato
distesa sul tavolo. La
piccola mano calda di Haru avvolse una parte di quella fredda
di Yuki. La
ragazza inziò ad accarezzare leggermente con il pollice la
mano di Yuki. Egli
alzò lo sguardo verso la ragazza che lo guardava sorridente
mentre continuava a
tenere dolcemente la presa sulla sua mano. Era preoccupata avendo visto
Yuki
abbassare lo sguardo e vestire la più macabra e triste
faccia che avesse mai
visto. Quel piccolo tocco caldo però infuse sicurezza nel
ragazzo che le
abbozzò un piccolo sorriso.
La
cena continuò ancora per un po' e
le mani dei due ragazzi non si staccarono mai. Quando anche
l’ultimo piatto fu
riportato nella cucina, i due si alzarono dal tavolo e uscirono dal
ristorante.
«Ti
va di fare una passeggiata?»
chiese Haru imboccando subito la strada che portava al parco. Yuki la
seguì
camminando lentamente. Presto arrivarono alla loro meta. I due si erano
fermati
vicino ad un laghetto. Intorno a loro tutto era illuminato dalla
pallida luce
della luna che creava splendidi riflessi magici sulle calme acque del
laghetto.
Soffiava un lieve venticello e la serata era illuminata anche dalle
piccole
lucciole che volavano nel cielo.
«Certo
che è proprio una bella
serata» disse con calma Haru portando ancora una volta una
chiocca dietro
l'orecchio.
Yuki
la guardò. Era davvero bella,
non aveva fatto altro che osservarla per tutta la sera. Il cuore gli
batteva
forte e sentiva le farfalle nello stomaco. Per la prima volta stava
provando
dei sentimenti tanto profondi per qualcun altro. Il chiarore della luna
faceva
luccicare come oro i capelli chiari della ragazza e la tuta nera che
indossava
esaltava tutta la sua bellezza. Yuki istintivamente le si
avvicinò guardandola
profondamente con i suoi occhi ambrati. Imbarazzato le
accarezzò una guancia e
poi la strinse in un forte abbraccio affondando le mani nella chioma
bionda.
«Haru,
io…»
Per
lui era molto difficile riuscire
ad esprimere i suoi sentimenti. Per anni aveva continuato a tenere
dentro per
sé ogni emozione: odio, rabbia, sensi di colpa,
inadeguatezza...
Haru
sciolse leggermente l’abbraccio
e alzandosi sulle punte si avvicinò al suo volto arrossato.
Osservò
profondamente gli occhi di Yuki arrossendo anche lei e lo
baciò. Le piccole e
soffici labbra di Haru si posarono su quelle fredde e leggermente
screpolate di
Yuki provocando nei due ragazzi un’esplosione di emozioni. Fu
un piccolo ma
dolce bacio che racchiudeva tutto l'amore provato da entrambi.
«Ci
avrei scommesso tutto…» sospirò
felice Haru appoggiando la testa sul petto del ragazzo mentre
arricciava
dolcemente le sue corte ciocche castano scuro.
«Su
cosa?» chiese Yuki dolcemente.
«Sai
di caffè» rispose la ragazza
rubandogli un altro piccolo bacio.
Erano
passati diversi mesi da quella
serata primaverile e oramai era ritornato l'autunno. La relazione tra
Yuki e
Haru procedeva bene e spesso i due si incontravano. La ragazza aveva
rivelato
al fidanzato del suo particolare lavoro. Dal canto suo Yuki disperato
stava in
tutti i modi cercando di diminuire le sue sedute di caccia arrivando a
digiunare per interi mesi soprattutto per proteggere la sua
relazione con
Haru alla quale teneva più di ogni altra cosa. Ma non tutto
andò come previsto
dal ragazzo.
Haru
quella sera stava inseguendo un
ghoul di livello A. Non sapeva chi fosse ma lo conosceva molto bene. La
sua
maschera era presente in tutti i suoi incubi notturni in cui riviveva
la
tragica morte dei suoi genitori. Il salotto in disordine, le pozze di
sangue, i
corpi squartati, grondanti e gli occhi rossi selvaggi continuavano a
tormentarla. Proprio per quello aveva scelto di diventare un agente del
Ccg,
per avere la sua vendetta. E finalmente era arrivato quel giorno. Stava
rincorrendo, per la quinta volta in tre anni, il ghoul per il distretto
20
osservando i suoi movimenti. Eppure in quella figura che correva e
saltava
c'era qualcosa di fin troppo familiare, forse le spalle, le braccia, ma
Haru
non ci fece caso. Per diversi mesi quel ghoul non si era fatto vedere e
finalmente la ragazza aveva una possibilità per porre fine
ai suoi incubi e
perciò non doveva assolutamente sprecarla. In compagnia del
suo collega inseguì
la preda per alcune miglia fino a giungere in un grigio vicolo cieco.
Haru
prese il suo quinque e iniziò a combattere contro il ghoul
dalla maschera
completamente nera. Stranamente il suo nemico non si stava opponendo e
continuando a schivare i colpi cercava una via di fuga. Dopo averla
trovata
saltò verso l’alto ma fu colto di sorpresa dal
collega di Haru. Il lungo
quinque lo aveva trafitto all'altezza dello stomaco da dove usciva
molto
sangue. Il ragazzo ritirò il quinque e il ghoul cadde per
terra tenendosi lo
stomaco con le mani. Haru era soddisfatta, finalmente aveva avuto la
sua
vendetta. Si portò le mani alla bocca e iniziò a
singhiozzare scoppiando in un
pianto liberatorio.
«Mi…dispiace»
disse il ghoul con un
filo di voce sofferente.
Haru
esterrefatta si girò. Non
poteva essere.
«Ha…ru,
mi dispiace» disse il ghoul
con un ultimo sospiro di voce.
La
ragazza lasciò cadere a terra la
sua valigetta e corse verso il corpo moribondo di quello che poco prima
era il
suo nemico. Si abbassò e con la mano tremante
spostò la maschera dal volto: era
Yuki. La osservava con le sue iridi rosso sangue piangendo. Egli
allungò una
mano sporca di sangue per poter accarezzare il volto della ragazza.
Haru che lo
stringeva a sè piangendo e gridando disperatamente prese la
mano del ragazzo e
la avvicinò alla sua guancia.
«Ti
amo» sussurrò flebilmente per
l'ultima sorridendo leggermente.
Infondo Yuki lo aveva sempre saputo: il sole scioglie sempre la neve.
Angolo
dell'autrice:
Ciao! Sì, proprio tu che stai leggendo queste note, ciao!
Prima di tutto ti
ringrazio infinitamente per essere giunto qui giù fino alle
note dell'autrice.
Questa è la mia prima One shot e soprattutto la prima
fanfiction che scrivo nel
fandom di Tokyo Ghoul. Ma credo che tutte queste piccole precisazioni
non ti
possono interessare di meno. Ok, allora passiamo alla parte pratica e a
qualche
piccola spiegazione. Se mastichi un pochino di giapponese avrai ben
capito che
i nomi Yuki e Haru si possono tradurre rispettivamente come Neve e
Sole. Proprio
un destino triste il loro. Comunque se ti è piaciuta la
storia ti invito a
farmelo sapere con una piccola recensione e se non ti è
piaciuta ti invito lo
stesso a scrivermi un commentino per farmi sapere il perchè.
Bene credo di aver
finito il mio discorso. Ti ringrazio ancora per aver letto tutto
ciò!
Ps: la storia è stata pubblicata anche sul mio profilo wattpad Anchestral.
-Ale_chan