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Autore: lenina blu    11/07/2017    1 recensioni
Oltre a San Valentino, in Giappone si festeggia il White Day: esattamente un mese dopo il 14 febbraio, i ragazzi si dichiarano alle loro amate regalando qualcosa, rigorosamente bianco. Ricevere un regalo da parte di un ragazzo è qualcosa di impensabile dentro il Collegio femminile Furinkan, nel centro di Tokyo, soprattutto per Hikari Tanaka, che i maschi nemmeno sa come sono fatti. Lei ha un solo sogno, diventare una rockstar. Eppure prima di tornare a casa, trova nascosto nel suo armadietto una lettera. Completamente Bianca.
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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20 Marzo. Tokyo, quartiere di Ikebukuro, appartamento di Hikari.

Quella settimana di vacanza stava per volare via. Hikari ci stava pensando mentre guardava dalla sua piccola finestra, il cielo notturno illuminato dalle luci intermittenti degli aerei, quasi come stelle cadenti artificiali. Valeva lo stesso se esprimeva un desiderio?

Una settimana e avrebbe iniziato il suo terzo e ultimo anno. Sarebbe stato l'anno in cui decidere cosa fare delle propria vita. Doveva essere questo l'anno del cambiamento. Di certo avrebbe continuato a vivere nel mondo della musica, in un modo o nell'altro. Il 7 luglio al WM Club avrebbe dato tutta se stessa.

Sulla scrivania di fronte a lei, se ne stava in bella vista il biglietto da visita di Heiji. Nonostante avesse ripensato a lui in quei giorni, era un po' preoccupata. Quel tipo non le piaceva proprio. Anche solo parlarci a telefono l'avrebbe messa a disagio. Eppure le sembrava la sua unica strada per poter partecipare, per poter iniziare così ad entrare in quello che voleva diventasse il suo mondo.

Era ancora assorta nei suoi pensieri quando, un rumore metallico e sommesso la catturò. Era il

suono di una chitarra. Si irrigidì immediatamente. Da dove proveniva? Chiuse gli occhi, rimase in ascolto.

Aveva un ritmo ripetitivo, cadenzato, non troppo veloce. Una nota dopo l'altra, la melodia che emergeva era di una tristezza infinita. Ogni tanto era interrotta. Il ritmo era dato dalle dita che si appoggiavano sulle corde. Sembrava un addio colmo di speranza. Nessuna parola, nessuna voce. Una muta dichiarazione di arresa al dolore.

Le corde erano sfiorate appena, eppure ogni nota, ogni suono era un taglio netto. Era una protesta ormai senza forza. Il silenzio era riempito completamente dalle corde metalliche, che vibravano e sembravano piangessero ogni volta che le dita cambiavano posizione sulla tastiera.

In quel momento Hikari spalancò la porta del balcone. La melodia si interruppe improvvisamente. Quando la ragazza, con gli occhi pieni di lacrime, si affacciò, vide il suo vicino di casa, seduto per terra, che la guardava. Anche gli occhi di Shou erano lucidi. Rimase solo il rumore delle macchine in lontananza e di qualche cane lontano che abbaiava. Occhi neri riflessi in altri occhi neri. Sconosciuti ma allo stesso tempo mai così connessi. Gli occhi, le stelle, i loro cuori, tutto in quella sera di primavera, brillava. Durò il tempo che dura una stella cadente nel cielo.

Shou abbassò in un attimo il volto, nascondendo gli occhi dietro i ciuffi di capelli castani, cercando di ricostruire la sua corazza. Hikari spostò il suo sguardo sulla punta dei piedi, cercando di nascondere quel dolore che aveva rinchiuso in un posto lontano. Entrambi erano leggermente imbarazzati. Avevano condiviso qualcosa di così intimo, con qualcuno che era un estraneo.

-Scusa se ti ho disturbato- disse Shou alzandosi in piedi. Teneva la chitarra acustica per il collo, il corpo che appoggiava sul suo piede destro. Hikari come scossa, si affrettò a negare.

-Non mi hai disturbato. Era bellissima, anche se troppo triste- disse lei sforzandosi di guardarlo negli occhi. Shou sorrise un po' amaro senza guardarla. Era vero. Stava male. Gli mancava tutto di Miyuki. Aveva suonato ad occhi chiusi, lasciandosi trasportare, immaginando in quel momento che lei fosse lì con lui. Poi tutto ad un tratto si era avvicinata e lo aveva abbracciato. Shou, in quel momento, avrebbe potuto giurare di aver sentito per un istante il suo profumo, il suo calore. Ogni parte di lui l'aveva cercata. Poi si era aperta la porta. La sua vicina di casa era rimasta a guardarlo in balcone. Shou si era svegliato ad un tratto, rendendosi conto di avere solo sognato.

-Già- disse lui semplicemente. Shou non aveva nemmeno voglia di provare a negare. Lo aveva visto nel momento di maggior debolezza.

-Ti manca qualcuno?- chiese Hikari un po' titubante. Quella canzone le aveva messo così tanta tristezza addosso, che non poteva semplicemente far cadere il discorso. Shou si era tenuto tutto dentro. Si sentiva come una caffettiera pronta a fischiare. Ma non avrebbe parlato. Il suo orgoglio non glielo permetteva.

Abbassò ancora una volta la testa e cominciò a pensare ad una scusa per andarsene.

-Continua a suonare. Era triste, è vero, ma bellissima. Solo pochissime volte mi sono commossa così sentendo suonare qualcuno dal vivo. Continua- disse Hikari. Capiva che lui non volesse aprirsi, d'altronde non si conoscevano nemmeno. Si sentiva in colpa perché si rendeva conto che quel ragazzo, qualunque cosa fosse successo, aveva bisogno di sfogarsi e lei lo aveva interrotto. Se a parole non ne aveva il coraggio, lo avrebbe continuato a fare con la musica.

 

Shou era un po' sorpreso, però ancora una volta non sapeva come comportarsi. Da un lato era bloccato, dall'altro moriva dalla voglia di buttare fuori tutto quel dolore. Era stanco. Era da giorni che continuava a pensare a Miyuki, a tutto quello che avevano fatto insieme. Aveva cercato di rileggere tutti i loro momenti, cercando un indizio che in qualche modo gli suggerisse che doveva andare proprio così. Sapeva che Miyuki da sempre era stata brava a scuola, ma addirittura andarsene senza avvertirlo prima. Come aveva potuto? Si era goduta i giorni con lui, gli istanti che stavano insieme con la consapevolezza che presto sarebbe tutto finito. Aveva deciso tutto lei.

Era incazzato, ma se solo le avesse risposto a quei dieci messaggi-papiro che le aveva scritto, le avrebbe perdonato tutto. Avrebbe aspettato mesi prima di rivederla ancora, ma gli sarebbe andato bene lo stesso. A lui non interessavano altre, non interessava dover occupare il suo tempo con una ragazza. A lui interessava solo lei.

Si sedette nuovamente per terra, le spalle nuovamente rivolte al muro, imbracciò la chitarra e le sue dita finirono immediatamente a premere le corde. Prese il pletro incastrato tra le corde vicino al capotasto e la mano cadde violenta in una prima pennata. La cupa melodia invase il silenzio.  

   
 
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