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Autore: Ibuki Satsuki    12/07/2017    2 recensioni
«Non hai proprio niente da fare, di sabato pomeriggio? Ce l’avrai, qualcun altro da importunare?» Gli domandò, in un sibilo. Lo vide stringersi nelle spalle, con nonchalance.
«Sì» annuì. «Te» aggiunse poi, guardandola arrossire ancora di più. Quello spettacolo gli stava piacendo fin troppo. Se non avesse iniziato a fare qualsiasi altra cosa, l’avrebbe presto acchiappata per i fianchi per baciarla. Lì davanti a tutti.
«Prima o poi, ti metterò le mani addosso» mormorò la mora, con un perfetto timbro da serial killer e l’espressione omicida. Si chinò a raccogliere lo skate nuovo di zecca che Adrien avesse depositato in terra, sollevandolo e rigirandoselo fra le mani. Tuttavia, quella battuta non fece altro che aumentare il divertimento che il biondo stesse ricavando, dall’intera faccenda.
«Non vedo l’ora» commentò lui, giocherellando col piercing al labbro.
[bands!AU | university!AU | punk!Adrien | skater!Marinette | humans!Tikki/Plagg]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Black Flag





 
❚❚⟲  Millencolin - Sense & Sensibilit
«This is the rational side of me I guess
The same side that I use when playing chess
Lex yin and yang there's also the other side of me
Acting based on emotion and sensibility»


 


 

Marinette non si era mai sentita più oltraggiata in vita sua. Quel ragazzo con i piercing era riuscito a rovinarle una giornata che, inaspettatamente, era riuscita a prendere la piega giusta. Aveva trovato Renoir ad attenderla alle macchinette, già pronto a porgerle il suo solito caffè macchiato con due cucchiaini di zucchero, unito ad un caloroso sorriso e un bacio affettuoso sulla guancia. Inoltre, il giovane si era perfino accertato che loro avessero i posti assicurati, passando in aula e occupandone due con il proprio zaino e quaderno. Tuttavia, ella aveva comunque dovuto passare di lì, per liberarsi del peso della sua tavoletta, prima di accompagnarlo a fumare in giardino. Così, si era seduta sul muretto a gambe incrociate, guardando Renoir accendersi il suo drum con fatica, a causa del vento fresco d’inizio marzo. Aveva assaporato quella calma che li circondava, proprio come facevano le foglie con la luce del sole. Non era arrivata in ritardo, il caffè era ottimo ed era mercoledì pomeriggio. Poteva essere perfetto.
Peccato per quell’unica macchia scura nella candida tela della sua fragile gioia quotidiana. Quando aveva implorato il suo amico di tornare in classe, incrociando il docente e altre due studentesse sulla porta, non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi due alunni seduti dietro di sé. Probabilmente, avevano anche dovuto recuperare le sedie da un’altra classe, per non dover seguire la lezione dal pavimento. Marinette aveva lanciato loro una fugace occhiata, soffermandosi sul più giovane per qualche istante di più. Renoir lo chiamava, scherzosamente, “Chat Noir”. Era al primo anno e seguiva inglese e cinese. Tuttavia, non veniva spesso a lezione, lasciando intuire quanto a cuore potesse mai avere la propria istruzione. Il suo amico l’aveva dipinto come una figura quasi mitologica, l’ombra della facoltà di lingue. Il ragazzo biondo alto e ben piantato, che vestiva di nero tutto l’anno e parlava solamente con il suo amico di filosofia. Non si sarebbe mai aspettata di ritrovarselo in classe, non l’aveva mai incrociato prima di allora. Forse perché tendevano sedersi alle gradinate più avanti, grazie al tempismo di Renoir. Il quale sembrava possedere un talento, nell’infilarsi nella classe nei momenti giusti. Quel giorno, invece, doveva aver fatto tardi anche lui, per aver recuperato due sedie all’ultima bancata, quella più in alto di tutte. Ad ogni modo, Marinette aveva cercato di non darci peso, comportandosi come se nulla fosse. Non avrebbe mai dato a vedere che, in altri contesti, si sarebbe pietrificata sul posto, guardandolo.
Nonostante l’abbondante abuso di indumenti scuri e dispendio di metallo, quello Chat Noir era decisamente attraente, per essere una matricola. E lei non avrebbe dovuto indugiare quell’istante di troppo a fissargli il labbro inferiore, decorato dall’anellino all’estremità destra. Pregando che nessuno avesse fatto caso a quella scena pietosa, si era accomodata accanto a Renoir, appoggiando il caffè ormai tiepido sul banco. Dunque, aveva afferrato il suo skate, voltandosi per depositarlo a terra. Ma quale sorpresa, ritrovarsi la Dr. Martens lucida e minacciosa di quel ragazzo conturbante proprio sotto il naso. Gli aveva lanciato l’occhiata più neutra di cui avesse disposto il suo repertorio da Oscar, chiedendogli di farle posto. Però, il bastardello, aveva sorriso e si era rifiutato. Aveva declinato il suo cortese invito, schiaffando anche l’altro piede ad occuparle lo spazio, per il puro gusto di provocarla. Così, senza neanche rendersene conto, aveva iniziato a discutere con quell’indisponente matricola, pentendosi all’istante di aver formulato anche un solo, misero pensiero poco casto su di lui. Dopo che perfino Renoir l’ebbe sgridata, per avergli impedito di ascoltare la lezione in pace, si era risolta a procurarsi quasi una lussatura alla spalla, pur di posare il suo skate poco lontano dal piede di Chat Noir. Che continuava a guardarla con quell’aria maliziosa nei grandi occhioni smeraldini dal taglio felino, credendosi una divinità assisa nel suo trono.
Egli sembrava la personificazione di tutto ciò che Marinette detestasse: indisponenza, arroganza, ego sovrasviluppato e modi assurdi di conciarsi ed andare in giro, peggio di come il suo amico si divertisse a vestirsi quando andava alle fiere del fumetto. Era perfino certa che potessero condividere metà del repertorio musicale, sebbene quel particolare le diede immediatamente sui nervi. Quel ragazzo non le dava alcuna possibilità di poter creare dei calcoli o supposizioni sulla sua persona, benché, suo malgrado, ella le avesse già fatte. Sentiva semplicemente di provare un’istintiva antipatia, verso di lui. Avrebbe volentieri trovato l’algoritmo esatto, per inclinare la sedia sulla quale era seduto, nell’angolo giusto. Per farlo cadere in terra, solamente al fine di fargli un dispetto. Rimase di cattivo umore per tutta la lezione, captando di volta in volta parole sconnesse che non avevano alcun senso fra di loro, invidiando la costanza con cui Renoir prendesse appunti, facendo scivolare la sua sinuosa mano sul quadernino, riempiendolo di frasi di senso compiuto. Lei riusciva solo a concentrarsi per figurarsi scene in cui Chat Noir finiva scaraventato dentro i cestini dei rifiuti, in giro per l’ateneo.
«Prima di andare avanti e affrontare l’argomento, vorrei dividervi in coppie e affidarvi delle scene da approfondire. Lavorerete in due ad un essay di massimo trenta pagine, in cui esporrete tutto ciò che sarete stati in grado di trovare in giro per internet o la biblioteca, che possa essere relativo agli argomenti trattati lì dentro. Il termine ultimo per consegnarmi i vostri lavori sarà entro la fine di aprile, quindi avete un intero mese per lavorarci su» annunciò il docente, lentamente. Di modo che tutti potessero afferrare il significato delle sue parole, a prescindere dal suo accento.
«Ah» si lamentò Renoir, lasciando andare la penna sul banco e sventolando la mano, aprendo e chiudendo le dita ritmicamente. «Che gioia, non vedo l’ora di rompermi la testa sulle inutili parole di Antonio e Bassanio» commentò. «La facciamo insieme, vero?» Domandò, del tutto relativamente.
«Ovvio» convenne ella, annuendo.
«E sappiate che le coppie le deciderò io. La prima cosa che voglio, in una classe, è la collaborazione fra i membri. Così potrete coinvolgere anche i nostri ragazzi Erasmus» aggiunse il professore, scatenando un coro di sommesse rimostranze.
«Ma ti pare?» Esclamò il giovane dai capelli di tramonto, sbuffando e incrociando le braccia. «Non ho alcuna intenzione di dover perdere tempo con qualche sconosciuto che legge una riga all’ora» si lamentò, senza nemmeno prendersi la briga di abbassare la voce. Marinette non trovava le parole adatte, per esprimere il suo sconforto. Neanche i suoi adorati calcoli riuscirono a trarla in salvo dalla voragine di panico che un compagno sconosciuto avrebbe potuto creare. Conosceva Renoir dal liceo, erano migliori amici. Lui non faceva domande sulle sue piccole abitudini, ascoltava i suoi ragionamenti astrusi e, soprattutto rispettava i suoi tempi. Come avrebbe fatto, con una persona diversa da lui? Era inconcepibile.
«Ribelliamoci» suggerì, dando di gomito al giovane accanto a lei, ottenendo un verso di sofferenza.
«Non possiamo. Questa è la vita reale, non l’ultimo video dei Blink-182» ribatté, mentre il docente già annunciava le prime coppie.
«Fingi di essere gay. Fai una scenata. Piangi e urla che, senza la tua best friend forevr, non farai nulla» mormorò allora Marinette all’orecchio del suo amico. Ottenendo immediatamente un’occhiataccia in risposta.
«Perché dovrei frignare come una ragazzina e fingere che mi piacciano i maschi? Solo perché ho i capelli tinti, non vuol dire che io abbia altre preferenze sessuali» s’indignò. E l’amica gli rivolse un’occhiata neutra.
«Perché io non faccio la femminuccia isterica e dobbiamo riuscire a lavorare insieme ad ogni costo» disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Renoir chiuse gli occhi e scosse la testa, quasi a voler dimenticare quel che lui avesse appena udito.
«Non voglio essere costretto a sprecare il mio talento da attore per delle stronzate, ne avevamo già parlato».
«Ti prego, Ree» lo supplicò, sporgendo il labbro in fuori, come faceva quando erano al liceo insieme e lei finiva sempre per convincere il suo amico a cederle metà della merenda, quando si scordava la propria a casa.
«No» rispose quello, fermo. «E non farmi il labbruccio» aggiunse, coprendosi gli occhi per non guardarla. In compenso, la sentì sbuffare, mentre si afflosciava contro lo schienale della sedia.
«Nino Lahiffe e Renoir Couffaine. Atto uno, scena quattro» annunciò il professore, facendo scattare il giovane dai capelli color tramonto sull’attenti, quasi come se gli avessero infilzato uno spillo nei reni. Si guardò attorno, alla ricerca di un volto con la sua stessa espressione guardinga ma confusa, finché una voce non lo richiamò.
«Da questa parte» e il ragazzo si voltò indietro, focalizzando la figura del castano seduto accanto alla matricola dark. Marinette si girò per riflesso, osservando quello sconosciuto fortunato, che il caso avesse preferito a lei. Affascinante, di ottima presenza e dall’aria placida e tranquilla. L’esatto opposto di quel tornado di ossidiana nordica che gli sedesse al fianco.
«Mettiamoci d’accordo sulla tabella di marcia, alla fine della lezione» gli propose Renoir, cercando di dimostrarsi amichevole fin da subito. «Prima cominciamo, meglio sarà per entrambi» aggiunse, vedendo l’altro annuire. Dunque, si voltò nuovamente, iniziando a raccattare i suoi oggetti dal banco. «E più in fretta io potrò tornare ai miei videogames» proseguì, a voce bassa. Poi, diede una leggera gomitata alla ragazza, sollevando un angolo delle belle labbra rosate. «Ho vinto l’amico di Chat Noir» commentò, conciliante.
«Oh, evviva. Aspetta che adesso salto di gioia» ribatté ella, in tono mortifero.
«E dai, Marinette, non sarà poi così mal…»
«Adrien Agreste e Marinette Dupain-Cheng. Atto uno, scena due» passò oltre il docente. E una fragorosa risata dai posti di dietro fece gelare il sangue nelle vene della ragazza. Che si voltò lentamente, come avrebbe fatto se fosse stata costretta a fronteggiare un fantasma in un film horror. Similitudine non molto calzante, visto che il suo sguardo incontrò il volto ben definito e dal labbro decorato dal piercing della matricola alle sue spalle, che le sorrideva come un gatto dinanzi ad un indifeso cardellino.
«Adrien Agreste» mormorò lei, con una punta d’incertezza.
«Marinette Dupain-Cheng» rispose il biondo, e la luce guizzò sulla sferetta del piercing che egli aveva sulla lingua, facendo deglutire con fatica la skater, mandando giù il groppo che le si fosse formato in gola. «Chiamami solo Adri, è più facile da memorizzare» parlò nuovamente il giovane, scoccandole un provocatorio occhiolino, sorridendo con malizia. La mora si voltò di scatto, prim’ancora che quello potesse anche solo pensare a qualcos’altro da dire. Senza aprir bocca, Marinette iniziò ad infilare astuccio e quaderno nello zaino, con un’espressione determinata in volto.
«Mari, che stai architettando?» Le chiese Renoir, che conosceva fin troppo bene la sua espressione da calcolo subdolo.
«Vado a parlare con il professore, lo convincerò a scambiare le coppie» ribatté infatti ella, in una mortale serietà. Il giovane dai capelli di tramonto sospirò.
«È inutile, non ti darà mai retta» le disse, mettendole una mano sulla spalla.
«Watch me» rispose la ragazza, citando una delle battute delle sue serie tv preferite. Gli lanciò un’occhiata di sfida, facendo per alzarsi. Tuttavia, la pressione delle dita dell’amico la forzarono a sedersi, nuovamente.
«Ho un’idea migliore» le disse, allora. «Potremmo convincere questi due, qui dietro, a lasciarci svolgere il lavoro scambiandoci di posto. Però, non alterando le formazioni sulle firme dell’essay» propose, attendendo che ella processasse le informazioni.
«Fammi capire… dovrei prestare il mio nome a quella testa vuota con il piercing al labbro? Per poter fare lo stramaledetto compito insieme a te?» Chiese, in conferma. Vide Renoir annuire, con un sorriso conciliante. Era una buona proposta, più che fattibile. Del tutto ragionevole. Annuì. «Affare fatto» decretò.
«Non ci resta che metterci d’accordo, allora», aggiunse il suo amico, lanciando un’occhiata di traverso alla coppia di amici alle sue spalle. Che parlottavano fra di loro, ridacchiando per delle parole che egli non poteva udire. Sperando che non sarebbero stati poi così difficili, da convincere.



 



 


✿ Ibuki's little letter:  perdonate la lunga attesaaaaa! Però, con l'esame di oggi la mia sessione estiva è terminata... e sono finalmente in vacanza! Questo vuol dire che non toccherò più libri universitari per almeno un mese, yeah! E quindi eccomi qui a festeggiare con un nuovo capitolo di BF! Voglio spendere giusto due paroline su Renoir: è un mio OC e gli voglio molto bene (okay, detta così è terribile). Non fraintendetemi, non ho davvero idea di come sia uscito fuori. Si è semplicemente creato e la sua funzione, come vedrete, sarà quella del "grillo parlante" sulla spalla della nostra Marinette. Lo so, nel cartone questo ruolo è di Tikki. Ma nella mia ff nulla va come dovrebbe e quindi per la nostra Kwami avevo altri piani! Poi farete anche la sua conoscenza!
Che dire? Non vedo l'ora che Marinette ed Adrien inizino a tirarsi matite e quaderni, anche se dubito che il nostro KittyCat sia in una simile disposizione d'animo. Comunque, ho trovato un'illustrazione che boh, è lo spirito di questa ff. E voglio mostrarvela, perché ve la meritate... quindi la allegherò in basso! La maglietta della ragazza ha anche scritto sopra "Black Flag". 100% appropriate.
Adesso, procedo con i miei consueti ringraziamenti, le vostre recensioni sono piacevoli come i quattro secondi di ventilatore, quando gira nella mia direzione! Ringrazio tantissimo anche tutti coloro che hanno inserito BF fra le seguite/preferite/ricordate e i lettori silenziosi! Non mi resta che lasciarvi al vostro nuovo capitolo, e al disegno!
Alla prossima!!
 


credits to: A
dams Carvalho
 

   
 
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