Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    14/07/2017    6 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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IL PREZZO DELLA VITTORIA

 
 
“I hear my battle simphony
All the world in front of me
If my armor breaks
I’ll fuse it back together
Battle simphony
Please just don’t give up on me
And my eyes are wide awake
For my battle simphony”
(Linkin Park – Battle simphony)
 

 
 
 
Il Gaiking si stava allontanando, togliendo, al dottor Daimonji e ai suoi tre ragazzi, ogni speranza…
Il Capitano lanciò un'occhiata fugace a Sakon e Jamilah, e valutò rapidamente un paio di cose: erano stati lontani dalla plancia un paio d'ore; Jami era senza giubbotto e Sakon pure, e aveva la tuta nera troppo slacciata; non avevano nemmeno i cinturoni con le pistole, come se si fossero rivestiti in tutta fretta. Si tenevano per mano, con le dita intrecciate, e nei loro occhi, nonostante la drammaticità del momento, danzava qualcosa, come una scintilla luminosa, che non riusciva a venire offuscata del tutto dall'ombra della delusione di vedere il Gaiking che si allontanava.
A dispetto di tutto, a Pete sfuggì un mezzo sorriso: non ci voleva una mente superiore per capire cosa fosse successo tra questi due, in quelle due ore…
E a quel punto, quel senso di sconfitta e rassegnazione che aveva rischiato di sopraffarlo, si dileguò. Pete ricominciò a bersagliare la cupola con i raggi fulminanti, sparandoli in ogni direzione: non servivano a scalfire la superficie trasparente, ma mandavano violenti lampi intermittenti, che poi ne percorrevano scintillanti l'interno per scaricarsi a terra. Non sapeva se Sanshiro li avrebbe visti, né se, nel caso, sarebbe riuscito ad aiutarli, ma doveva continuare a provarci.
Voleva farlo per Sakon e Jami; e per Midori e Sanshiro; e per vedere se, così, avrebbero avuto una possibilità anche lui e Fabrizia.
Sanshiro aveva sorvolato la superficie rocciosa e rossastra di Marte per più di un'ora, senza riuscire a trovare traccia del Drago Spaziale, tantomeno della fortezza che avevano avvistato dalla Terra; eppure… le coordinate erano quelle.
Ormai col morale abbattuto, e quasi pronto a rinunciare alla ricerca, un lampo di luce gli balenò ai margini del campo visivo. Sanshiro invertì la rotta per controllare, pregando che non fosse una trappola, e finalmente lo vide: i lampi di luce si interruppero e il Drago Spaziale si palesò in mezzo alle rocce, intrappolato in una semisfera trasparente.
Il Gaiking lo raggiunse, mostrando di averli avvistati e accendendo un barlume di speranza nei cuori dei quattro prigionieri.
I raggi fulminanti dell'astronave ricominciarono a lampeggiare, concentrandosi su un unico punto: era evidente che Pete stesse suggerendo a Sanshiro dove concentrare i suoi colpi.
Il buon senso gli disse che l'arma migliore sarebbe stato il raggio perforante e lo lanciò, continuo e intenso, concentrandolo nello stesso punto in cui, dall'interno, colpivano i raggi del Drago. Proseguirono per un tempo interminabile e, proprio quando le speranze cominciavano a vacillare da entrambe le parti, una piccola crepa si disegnò sulla superficie trasparente: il sollievo intensificò i loro sforzi e la crepa si allungò e si allargò.
Pete ordinò agli altri di agganciarsi ai loro posti con le cinture e cominciò a colpire la sommità della cupola con tutta la poderosa mole del Drago, con gli spuntoni che gli correvano lungo la schiena. I suoi sforzi furono premiati: con uno schianto, la crepa si aprì completamente, lasciando emergere il Drago tra le urla di trionfo dell'equipaggio e le schegge luccicanti e taglienti della loro prigione che volavano in ogni direzione. Sanshiro eseguì le manovre di sganciamento senza molti convenevoli e rientrò nel Drago che, con la testa cornuta al suo posto, riprese il suo solito aspetto. Il pilota del Gaiking giunse in plancia proprio mentre Pete, senza perdere tempo, rimetteva rapidamente in rotta il Drago Spaziale verso la Terra.
Daimonji abbracciò brevemente Sanshiro.
– Bravo ragazzo, sapevo che a terra avreste capito. È tutto okay?
– Lo era, quando sono partito. Spero solo che lo sia ancora…
Anche Sakon lo abbracciò rifilandogli un paio di cameratesche pacche sulle spalle, ma Jamilah, al colmo della gioia, gli buttò le braccia al collo sbaciucchiandogli tutta la faccia.
– Ti adoro, Sanshiro! Non immagini quanto sia felice di vederti! – esclamò mentre lui ricambiava l'abbraccio, sorpreso ma non troppo, da quella dimostrazione di affetto. Jamilah si ricompose e lo guardò negli occhi, e anche lui notò una luce in più nel suo sguardo, dovuta a qualcosa che non era solo la felicità per essere finalmente liberi e sulla rotta di casa.
– Scusami, so che Midori non sarebbe troppo felice di assistere a queste smancerie, ma capiscimi, ti prego – gli disse lei, ridendo.
– Tranquilla, Jami, anch'io sono felice che stiate bene. E poi, a parte che non avrebbe niente da dire, data la circostanza, Midori non c'è: “Occhio non vede, cuore non duole” – scherzò Sanshiro.
A quel punto intervenne Sakon che, mantenendo il tono scherzoso e allungando un braccio attorno alle spalle di Jamilah, la allontanò appena da Sanshiro.
– L'occhio di Midori non vede, ma il mio sì! – esclamò, con uno sguardo più che eloquente.
– Ohilà, mi son perso qualcosa? Qui basta lasciarvi soli ventiquattr'ore che succede di tutto! – disse Sanshiro, battendo un cinque sulla mano di Sakon – Dovevate farvi imprigionare addirittura su Marte, voi due, per darvi una svegliata? – concluse, mentre anche Pete e Daimonji si lasciavano sfuggire una risata che sciolse momentaneamente la tensione.
Poi si avvicinò a Pete, che stava attivando l'ipervelocità. Il Drago fu attorniato da lunghe scie luminose, un tunnel luccicante e quasi fiabesco che, in poco tempo, li avrebbe condotti a casa.
Sanshiro mise una mano su una spalla di Pete, che lo guardò e gli sorrise.
– Se tu non avessi fatto tutto quel caos accecante con i raggi fulminanti, non vi avrei mai visti: sei stato grande, Capitano. Torniamo a casa: hai anche tu una ragazza che ti aspetta, sulla Terra e… un po' di cose da dirvi, mi è parso di capire.
– Avete tutti delle belle orecchie lunghe, eh? Spero che io e Briz ne avremo l'opportunità… ho fatto una mezza promessa a Sakon.
– Mmm… interessante. Allora diamoci una mossa, perché sono molto preoccupato – ammise Sanshiro, mentre l'ultimo barlume di ilarità andava spegnendosi.
– Anch'io sono preoccupata – aggiunse Jamilah, trafficando insieme a Sakon e al dottor Daimonji sulla consolle delle comunicazioni – Il dispositivo tracciante deve aver subito dei danni, perché non riesco a riattivarlo, e siamo troppo lontani per comunicare via radio. Loro non sanno più niente di noi, ma nemmeno noi possiamo sapere se sulla Terra vada tutto bene.
– No, infatti: ho il terrore di quello che potremmo trovare – confessò Pete.
– Se è per questo, anch'io, credimi – concluse Sanshiro.

Il capitano tenne la rotta, sperando di arrivare il più presto possibile, riempiendosi la mente della sua fanciullina, sperando con tutte le sue forze che, là sulla Terra, non fosse stata costretta a scendere il battaglia con il suo leone.
 
Fabrizia-e-Balthazar



                        ***                                         

Fabrizia Cuordileone era quasi convinta di essere morta: non avvertiva dolore, non vedeva nulla, non sentiva più suoni.
Ricordava solo il Mostro Nero che era comparso all'improvviso sui radar, dirigendosi verso Tokyo. Il distaccamento giapponese dell'esercito dell'Alleanza Terrestre lo aveva intercettato ai piedi del Monte Fuji, e Balthazar e gli altri quattro mezzi lo avevano prontamente raggiunto.
Era un drago, una specie di immenso rettile con diverse teste, piene di denti, creste, aculei… ed era immenso, almeno quanto il Drago Spaziale, che ora non c'era e di cui si sentiva in modo più che tangibile la mancanza; e intanto il mostruoso nemico seminava morte in ogni dove, distruggendo senza fatica mezzi corazzati dell'esercito e caccia bombardieri dell'aviazione. Anche dall'America e da altri paesi stavano giungendo rinforzi per via aerea e, per un po', l'arrivo di Balthazar e dei suoi compagni sembrava aver capovolto l'esito della battaglia, ma la speranza non era durata molto.
L'assenza del Drago Spaziale e del Gaiking era come una voragine scavata nella determinazione e nella coscienza dei cinque piloti rimasti a difendere la Terra: non avevano più avuto notizie dal Drago, e la speranza di vederlo tornare era, poco alla volta, diminuita fin quasi a scomparire.
Briz e Midori erano scese in battaglia insieme a Bunta, Fan Lee e Yamatake, entrambe ormai quasi convinte di aver perduto gli uomini che amavano, i loro migliori amici e un padre, un dolore pesante sui loro cuori impossibile da ignorare e da gestire. Ma anche gli altri tre piloti si sentivano terribilmente orfani dei loro compagni e dei loro potenti mezzi da guerra.
E adesso Balthazar giaceva sconfitto, rovesciato sul terreno devastato e arso dal fuoco della battaglia, e Briz era riversa all'interno della carlinga, imprigionata nell'armatura bianca e oro, immobile e immersa come in un sogno, dopo aver combattuto fino allo stremo. Il mostro era riuscito a schivare persino il Thunderbolt, e aveva approfittato della sua momentanea debolezza. La palla di fuoco verde che si era sprigionata dalle sue fauci aveva avvolto Balthazar, e la ragazza si era ritrovata assolutamente impotente, mentre il grande leone rotolava al suolo privo di forze. Gli ultimi pensieri si erano rincorsi confusi nella sua mente: Pete, i suoi amici, Daimonji, Marte… Ancora Pete, i suoi cavalli, Alessandro e i suoi genitori… E di nuovo Pete… E di nuovo Alessandro.
Ale!? Dov'era Ale? I suoi pensieri continuavano a cercarlo, tentando di aggrapparsi a quell'ultimo ricordo mentre si sentiva precipitare nel vuoto, ma non riuscì a sentire dentro di lei la sua presenza rassicurante.
Balthazar aveva perso il suo cuore, la sua mente, la sua anima; e il resto della squadra aveva perso il suo Comandante.
Fan Lee, Bunta, Yamatake e Midori avevano cercato di riscuotere Briz,  parlandole attraverso gli auricolari, nonostante fossero impegnati a combattere contro il dragone alieno, ma lei sembrava aver smarrito ogni contatto con la realtà: i suoi compagni temettero seriamente, a un certo punto, di averla perduta.
Fu a quel punto che un boato penetrò l'atmosfera e un riflesso infuocato accese di rosso la luce del mezzogiorno, trasformandosi poi in un'immensa ombra che oscurò il campo di battaglia.
Il Drago Spaziale!
Gli animi di tutti furono pervasi da un'ondata di sollievo: gli amici erano tornati!
Quando Pete vide Balthazar ridotto all'impotenza, sentì come un colpo nel cuore.
– Briii! – urlò nel microfono, senza ottenere alcuna risposta.
– È così già da diversi minuti, Pete! – gli rispose Fan Lee, dimostrando così che le comunicazioni erano tornate a pieno regime.
L'amico cinese aveva, in un certo senso, preso il comando delle operazioni e, insieme a Midori e agli altri due compagni, era impegnato nello sforzo di tenere il mostro lontano dal leone steso a terra.
Midori ebbe appena il tempo di rendersi conto che il Drago Spaziale era rientrato, che vide i componenti del Gaiking uscire e il grande robot assemblarsi in pochi secondi, e anche per lei fu come tornare a respirare dopo una lunga apnea: Sanshiro c'era, era tornato! Erano tornati tutti! Purtroppo solo per mettere di nuovo a repentaglio le loro vite.
Il mostro approfittò del loro attimo di sollievo per lanciarsi contro Balthazar, ma aveva fatto male i conti, non avendo calcolato la furia che aveva assalito il Capitano Richardson alla vista del leone sconfitto e inerme. Veloce e implacabile, il Drago Spaziale si mise tra Balthazar e il Mostro Nero: due immensi leviatani pronti a fronteggiarsi. Lanciò prima i missili, poi il raggio che si sprigionò dalle corna della pseudo-testa; il dragone nemico arretrò, sotto la potenza dei colpi.
– Tu non la tocchi, bastardo! Non finché ci sono io! Briii! Rispondi!
La voce di Pete ci mise un po', a penetrare la coltre di silenzio che aveva avvolto il cervello della ragazza. All'inizio non si stupì più di tanto di sentirlo: era talmente sicura che lui fosse morto, che sentirsi chiamare da lui, per Briz, non fu altro che la conferma di essere morta anche lei… E se anche nell'Aldilà potevano incontrarsi, allora andava bene così: sarebbe stata la fine della guerra, dell'orrore, della paura…
Ma nel giro di pochi secondi subentrarono altre sensazioni: un dolore acuto le si diffuse per tutte le membra, i polmoni le si dilatarono e cominciò a tossire e a respirare affannosamente; la luce le ferì la vista e il frastuono della battaglia le colpì i timpani, insieme alla voce del pilota del Drago Spaziale che continuava a chiamarla.
– Bri! Bri, parla! Dimmi che stai bene!
Briz riacquistò faticosamente la sua coscienza: era viva, di questo era, adesso, piuttosto sicura; e se lei era viva, e sentiva la voce di Pete, allora voleva dire… che era vivo anche lui!
– Sei… tornato – riuscì ad articolare, nonostante l'aria le bruciasse in gola, passando attraverso la trachea infiammata e dolorante.
– Sono tornato, sì! E anche tu, a quanto pare! Siamo di nuovo al completo, fanciullina! Sveglia, adesso, hai dormito abbastanza!
– Dio, grazie, sei tornato! – riuscì solo a ripetere Briz, senza credere alle sue orecchie e ai suoi occhi, quando vide il Drago Spaziale ergersi, immenso e potente, a sua difesa.
Il dolore si attutì di colpo, mentre si rialzava e riprendeva possesso della sua lucidità, e in quell'attimo, in cui sollievo e felicità le spalancarono il cuore, un'altra voce si fece strada tra i suoi sensi.
"Ehi, non mi crollare ora, perché credo che stavolta siamo arrivati alla resa dei conti! Sei pronta, Gnappetta?"
Si sentì scossa da un brivido: quella voce… non l'aveva mai sentita così forte, nitida e chiara. E poi… Gnappetta! Solo lui la chiamava così!
– Ale? Sei tu! Finalmente! Credevo di aver perso anche te!
Per quanto assurdo potesse essere, a tutti sembrò assolutamente normale ascoltare Briz che comunicava con tanta naturalezza con suo fratello. Il fatto che lui fosse morto tre anni prima, appariva ormai a tutti loro come un dettaglio insignificante: la componente paranormal-fantasy che avvolgeva il rapporto Balthazar-Fabrizia-Alessandro era ormai stata accettata da tutti loro, soprattutto negli ultimi tempi, quando questa particolarità si era intensificata.
Il dragone nemico fu distratto dalla presenza del Drago Spaziale e Sanshiro ne approfittò per colpirlo con la Scossa Mortale, abbarbicandosi al suo dorso e stringendogli parte della corazza tra le grandi corna, dalle quali si sprigionò il micidiale flusso. Il mostro fu scosso da un incontrollabile tremito che lo indebolì e, mentre Infinity e Skylar continuavano a ronzargli attorno senza smettere di colpirlo dal cielo, e Bazzora e Nessak, da terra, gli martellavano le possenti zampe con potenti raggi laser, Balthazar lanciò il Ruggito Paralizzante. Quella del leone fu più una reazione rabbiosa, che un vero gesto di offesa, ma sortì l'effetto voluto: il dragone rimase immobile diversi secondi, quanto bastò perché tutti gli altri, ad un ordine del Capitano, si allontanassero. La lama gigante fuoriuscì dall'addome del Drago Spaziale e la grande astronave si abbatté sul nemico, trapassandolo da parte a parte, attraversandolo letteralmente e lasciandosi alle spalle solo il riverbero dell'esplosione.
Mezzi di soccorso volanti e terrestri cominciarono a confluire da ogni dove, portando aiuto ai feriti tra rumori di motori e pale di elicotteri; una specie di pronto soccorso da campo fu allestito a tempo di record, non molto lontano dai margini del teatro dello scontro.
I robot da battaglia rimasero immobili, i loro piloti e il resto dell'equipaggio straniti e sconcertati: il mostro era battuto, loro erano di nuovo tutti insieme, eppure sentivano che c'era ancora qualcosa di irrisolto. La sensazione che non fosse finita lì serpeggiava tra loro come una minaccia silenziosa e inespressa e le parole di Fabrizia, pronunciate con voce ansante e affaticata, confermarono l'inquietante impressione.
– Mio fratello dice… di non abbassare la guardia.
– Sono propenso a credergli, temo che questo sia solo l'inizio… – disse Pete a mezza voce; e il fatto che a dirlo fosse proprio lui, il più pragmatico e calcolatore dell'equipaggio, la diceva lunga sulla questione.
– L'… l'inizio di cosa, Pete? – chiese la voce tremolante di Midori.
Fu Sanshiro a rispondere: – L'inizio… della fine… credo.
Nessuno, però, avrebbe saputo dire di cosa, sarebbe stata la fine: di quell'incubo, che consumava i loro giorni da sedici lunghissimi mesi… o della Terra e delle loro vite?
La risposta sarebbe arrivata anche troppo presto, lo sapevano, lo sentivano… tutti; il senso di attesa e anticipazione li pervase, dilatandosi in lunghi attimi.
Fabrizia sollevò la celata dell'elmo felino, e richiamò sul suo monitor il contatto di Pete: il volto del Capitano apparve, pallido e provato, ma assolutamente fermo e determinato nell'affrontare qualunque prossima minaccia, un po' come doveva apparirgli lei, pensò Briz.
Si sorrisero, e come per incanto la paura si dileguò; Briz allungò una mano ricoperta di metallo sullo schermo, verso il volto di Pete, come per dare al giovane una carezza virtuale; lui fece la stessa cosa con la mano guantata, e fu quasi come se, sfiorando i rispettivi monitor, le loro dita si fossero toccate.
– Pete… io…
Briz esitò… sapeva che non era il momento, per certe esternazioni, e non proseguì. Sperò solo che le venisse concessa un'altra occasione, per dirgli tutto ciò che sentiva traboccarle dal cuore.
– Sono qui, squinternata: andrà tutto bene – le disse lui rassicurante, come se avesse capito quello che lei aveva taciuto.
All'improvviso una luce giallastra e inquietante tinse le nuvole, spezzando quella calma apparente: con uno schianto secco, più forte di quanto sarebbe mai potuto essere qualunque tuono, una formazione si materializzò, disegnando una croce fiammeggiante contro l'azzurro del cielo.
– Oh, Dio! I Grotector! – ansimò Midori, incredula.
Il senso di compiutezza, di un cerchio che finalmente si chiudeva, si fece più forte: se i Quattro Grandi, i maledetti giganteschi Generali, si mostravano di persona, forse erano davvero arrivati alla fine di tutto.
Quattro fasci di luce, di un orrendo verde malato, si sprigionarono dal fondo delle quattro astronavi fino a toccare terra: all'interno di essi i mostruosi corpi umanoidi di Dankel, Desmon, Killer e Ashmov, presero forma e discesero fino a posare i piedi sul terreno, facendolo tremare. All'incirca delle stesse dimensioni del Gaiking e di Balthazar, i quattro si disposero schiena contro schiena, fronteggiando i mezzi terrestri che li circondavano, lasciandosi andare a una collettiva risata di trionfo: si sentivano invincibili, quegli esseri disumani!
A Daimonji balenò in mente che in quel modo non li avrebbero mai sconfitti: erano come un unico, massiccio muro, fatto di connessioni informatiche e materiale sintetico, per di più con quattro sofisticatissime intelligenze artificiali a guidare le loro azioni.
Una frase sommessa di Pete riscosse il dottor Daimonji.
– Divide et impera… – sussurrò il pilota del Drago, dando voce ai pensieri di Doc: una frase latina che più o meno tutti loro conoscevano, ma forse non chi veniva da Zela…
Separa e regna: nel corso della storia, imperatori e tiranni avevano conquistato e sottomesso popoli e nazioni, seguendo questo motto, facendo in modo che, restando divisi, non potessero mai dare vita a potenze sufficienti per contrastarli.
Tutti capirono al volo: il Drago, il Gaiking, e Balthazar si sarebbero scelti un generale ciascuno; Bazzora, Nessak, Infinity e Skylar si sarebbero presi il quarto.
La voce di Briz risuonò negli auricolari dei compagni, un sibilo rabbioso mal trattenuto.
– Ashmov è mio!
"No, Folletta: Ashmov è nostro!" ringhiò a sua volta Alessandro, nella sua mente.
– Credevo di averti ucciso, piccolo bastardo! – proruppe il gigante zelano, raggelando Fabrizia: com’era possibile che Ashmov avesse percepito la presenza di suo fratello?
Anche Pete, sentendo le parole del mostro, inorridì: aveva già intuito a suo tempo che Ashmov dovesse essere stato l'artefice materiale della morte di Alessandro, ma non aveva voluto dirlo con Briz, che gli era sembrata già abbastanza traumatizzata. Ma ciò che aveva appena sentito negli auricolari gli diede l'ennesima prova di quanto la fanciullina fosse diventata forte, sveglia, coraggiosa e pronta ad accettare le verità più sconvolgenti.
La risposta di Alessandro risuonò nella mente di Briz, e le sue corde vocali le diedero voce.
– "Puoi uccidere i nostri corpi, mostro! Ma noi umani abbiamo qualcosa che tu non potrai mai avere: un'anima immortale!" 
Ashmov si sentì assurdamente spiazzato, come non gli era mai capitato nel corso della sua lunga pseudo-esistenza. Non era sicuro di avere ben chiaro il significato di quella frase: tutto ciò che lui conosceva era fatto di ordini da eseguire, di guerra, distruzione e piani di conquista.
– Avete finito di intralciare i nostri piani, odiosa coppia di gemelli maledetti! Vengo a prendervi! – tuonò, pensando di spaventarli.
Il Cuordileone, che entrambi i gemelli possedevano di nome e di fatto, esplose in un unico ruggito.
– "Cos'è che fai, tu? Non hai capito, schifoso bastardo: siamo noi che veniamo a prendere te!" 1 
Fu esattamente quello, che Briz e Ale, due anime fuse in un solo corpo, fecero di colpo, senza nessun altro preavviso, col generale Ashmov: andarono a prenderlo!
Con un ruggito feroce e un poderoso balzo, il leone attaccò, affondando gli artigli nel petto del generale zelano e gli acuminati denti nella sua spalla.
Da quel momento in poi, nella mente di Fabrizia tutto si fece piuttosto confuso e fu come se a combattere, in certi momenti, fosse qualcun altro; e forse era proprio così: a tratti, Alessandro prendeva davvero il sopravvento.
Nello stesso istante in cui Balthazar aggredì Ashmov, con sincronia perfetta il Gaiking si scagliò addosso a Desmon e il Drago prese di mira Killer, mentre gli altri quattro cominciavano a martellare ininterrottamente gli occhi e le gambe di Dankel.
Distruggere Killer non fu uno scherzo, per il Drago, nonostante la mole molto superiore: sembrava che il più corpulento dei Grandi Quattro fosse in grado di produrre una specie di scudo deflettore invisibile che diede a Pete, Sakon, Jamilah e Daimonji, parecchio filo da torcere. Ma in qualche modo, per caso o per abilità, riuscirono a trovare un punto debole e ciò segnò la sconfitta del primo generale mentre, pochi secondi più tardi, il Gaiking, dopo un furioso corpo a corpo con Desmon, riuscì prima a stordirlo con la Scossa Mortale e poi a trapassarlo con il Pugno Perforante.
A quel punto si diressero verso Dankel, il Generale dai lineamenti più fini ed affilati, ma alquanto diabolici, che si dibatteva come uno scimmione attaccato da quattro grossi calabroni: Nessak, Bazzora, Skylar e Infinity. Fan Lee coordinava le operazioni, e i movimenti dei quattro mezzi erano rapidi e sincronizzati, ma appariva chiaro che da soli non avrebbero mai potuto aver ragione del mostro.
Pete cercò con lo sguardo Balthazar, ma non riuscì a vederlo: probabilmente nell'intento di tenere separati i quattro generali, si era spinto più lontano. Pregando che la simbiosi tra Fabrizia e Alessandro fosse tanto forte da riuscire a sopraffare il loro acerrimo nemico, si concentrò su Dankel insieme al Gaiking, nello sforzo di dare man forte agli altri compagni.
Tutti inorridirono quando una specie di saetta, scaturita dalle corna di Dankel, colpì l'Infinity: il mezzo alato pilotato da Midori si ritrovò con un'ala fuori uso e tutti i circuiti in tilt. Le comunicazioni saltarono, mentre l'Infinity, lasciando una scia scura nel cielo azzurro, precipitava, scomparendo dietro un'altura.
Sanshiro lanciò un urlo disperato, ma si rese conto di non poter lasciare la battaglia: vide con la coda dell'occhio un elicottero di soccorso dell'esercito dirigersi sul posto, e cercò di farsi forte del fatto che non ci fossero state esplosioni. Ciò non toglieva che Midori, nell'impatto a terra, avrebbe comunque potuto essere rimasta ferita, se non peggio, ma cercò di non considerare questa eventualità, nonostante il patto che avevano stabilito tra loro: se uno dei due fosse caduto in battaglia, l’altro avrebbe continuato a combattere per entrambi. Sanshiro, inferocito da ciò che quel mostro aveva fatto alla sua compagna, si gettò sul generale Dankel con tutta la furia che la situazione richiedeva e, sotto i colpi incrociati del Gaiking, del Drago e degli altri tre, al sottoposto di Darius non restò altro che soccombere.
Nel frattempo, più lontano, Fabrizia lottava con tutte le sue forze contro Ashmov, che pareva invincibile: per ogni colpo che lei riusciva ad infliggergli, lui rispondeva con altri due; per ogni arma che Balthazar gli neutralizzava, il generale ne tirava fuori un'altra. Lo scontro era perfettamente equilibrato, ma ad un certo punto la presenza rassicurante di Alessandro nei suoi pensieri sembrò vacillare: non sentiva più i suoi suggerimenti e i suoi consigli, se non a tratti. Ashmov sembrò accorgersene e si lanciò sul leone, sfoderando lui stesso lunghi artigli che gli trafissero il metallo sul petto, sbattendolo con la schiena al suolo e Briz, all'interno dell'abitacolo, finì a sua volta a terra, battendo la testa contro la parete; pur essendo protetta dall'elmo, il colpo la lasciò dolorante e intontita.
Tentò il Ruggito Paralizzante, ma non riuscì a formularne nemmeno il pensiero; lo stesso accadde con l'Onda di Ghiaccio, danneggiata dagli artigli di Ashmov; inoltre il Thunderbolt, con Balthazar così steso sulla schiena, era praticamente inutilizzabile.
Fabrizia cominciò a sentire che le forze scemavano: Ale sembrava scomparso, e non sapeva cosa ne fosse stato dei compagni.
La risata diabolica di Ashmov le riempì le orecchie, e non ci fu più spazio per altro che non fosse sconforto puro. Se almeno avesse saputo che gli altri stavano bene, non le sarebbe più importato molto di lasciarci la pelle, a quel punto… Poi la voce di Pete le risuonò negli auricolari:
– Ti abbiamo localizzata, Briz! Arriviamo!
Come sempre, la sua voce le diede una scarica di adrenalina che le serpeggiò lungo le membra come un'ondata di energia pura, pungendole i sensi. Vide il Drago arrivare in suo soccorso e le sembrò di rivivere i fatti di un'ora prima, quando il Drago era tornato da Marte: una specie di déjà-vu… come tornare a vivere e a respirare. E all'improvviso… anche Alessandro tornò: la sua voce fu come un fulmine che colpì la sua mente, forte e prepotente come non l'aveva mai sentita… tranne una volta, quando, circa un anno prima, nel momento del bisogno le aveva urlato la parola che l'aveva salvata: Thunderbolt.
E stavolta non ci fu nulla di diverso, tranne la parola in sé…
Tra i gangli cerebrali, le rimbombò un altro termine e, allo stesso tempo… lo gridò con tutte le sue forze, insieme al suo gemello.
– Supernova Starfire!
Il Drago e il Gaiking erano sopraggiunti, pronti per strappare il nemico di dosso al leone, ma si bloccarono di colpo nel sentire quell'urlo quasi disumano, più simile a un ruggito che a una voce e, proprio per questo, dannatamente più appropriato.
I componenti dell'equipaggio videro, incuriositi e attoniti, il metallo che formava la criniera di Balthazar diventare all'improvviso incandescente, colorandosi di un arancione sfavillante che poi, rapidamente, si schiarì fino a diventare di un bianco luminoso e accecante. Tutti faticarono a tenere gli occhi aperti, mentre dalla criniera del leone si staccavano globi di quella luce bianchissima che in pochi secondi ricoprirono interamente il corpo del generale zelano, il quale lasciò la presa e si allontanò barcollando di qualche passo.
Briz non sapeva se quel mostro fosse in grado di provare dolore, ma mentre si rimetteva in piedi insieme al suo robot, sperò intensamente, e perfidamente, di . E forse, dalle grida di Ashmov, era davvero così. Il Fuoco di Supernova brillò, e bruciò, e distrusse, finché dell'ultimo sottoposto di Darius non rimase che un misero mucchio di cenere, nera come l'Inferno, che il vento si affrettò a disperdere.
Poteva anche essere vero, che il fine per cui Fabrizia combatteva non era la vendetta personale, bensì la salvezza della Terra, però l'ondata di soddisfazione le attraversò le vene come un fiume di lava rovente, e la presenza del fratello in lei si manifestò ancora più potente. Era sicura che anche lui, tramite il suo corpo, avvertisse quella stessa sensazione: Fabrizia e Alessandro si lasciarono sfuggire un urlo, che attraversò le fauci spalancate di Balthazar e si trasformò in un fiero e assordante ruggito di trionfo. Quel trionfo che anche tutti gli altri riuscirono quasi a percepire, il Capitano Richardson forse più degli altri. Pete sentì un moto di orgoglio salirgli nel petto: la sua fanciullina era davvero diventata la guerriera più strepitosa che avesse mai incrociato sulla sua strada!
Il pensiero di tutti, Sanshiro e Daimonji in primis, corse a Midori, ma nessuno ebbe il tempo di dire o fare qualcosa: un improvviso tremito scosse la terra, e tutti i mezzi da guerra presenti barcollarono e ballonzolarono.
Dalla sommità del Monte Fuji un essere mostruoso, grande almeno come il Gaiking o forse di più, emerse con una risata diabolica e assordante, che lasciò tutti atterriti e senza fiato.
La forma era vagamente umanoide, come ricoperta da un lungo mantello, e il volto era terrificante, poiché era difficile persino chiamarlo con questo nome. Non era un volto, era una maschera dai lineamenti scombinati: la bocca, dalle labbra carnose, lasciava intravedere denti aguzzi e lunghi canini come zanne acuminate; il fatto era che… quella bocca non era posta sotto il naso, era sulla fronte! Ai lati di quella faccia mostruosa e barbuta scendevano due ondulate escrescenze, e gli occhi, ai lati di un naso adunco, erano scintillanti di odio, come due pozze di fuoco dell'Ade.
Quello era Black Darius il Grande.
Non era ancora finita…
– Merda, ci siamo… – ansimò Bunta, senza fiato.
Lo capirono tutti: il Gran Capo che si palesava di persona doveva significare qualcosa di grosso. La sensazione di ognuno fu di essere giunti al confronto finale, e che tutto si sarebbe concluso presto, in un modo o nell'altro.
I guerrieri si ripresero in fretta da quell'attimo di smarrimento che li aveva per un attimo travolti e lasciati allibiti e spaventati.
– Cos'è quella schifezza? – esclamò Yamatake, facendo uscire una vena di bullismo per non cedere allo sconforto.
Fabrizia, come era nel suo stile, fu lesta a seguirlo su quella strada:
– Vacca boia, questo a dargli del mostro gli fai un complimento! Scommetto che gli fa male la faccia, da quanto è brutto! – esclamò spavalda e arrogante, decisa a non pensare al terrore che le incuteva quella figura incombente, pronta a massacrarli tutti. Persino Pete non riuscì a trattenere un sorriso sarcastico: c'era forse un altro modo, per racimolare il coraggio necessario ad affrontare quell'orripilante creatura?
Gli aerei dell'aviazione attaccarono, con colpi e armi di tutti i generi che Darius non sentiva nemmeno, mentre il Drago lanciava i suoi micidiali missili e Sanshiro interveniva con i pugni perforanti.
Briz era stanca e debilitata per aver sfruttato la nuova arma contro Ashmov, ma faceva il possibile con i raggi al plasma e i boomerang luminosi, senza contare gli altri tre mezzi che bersagliavano incessantemente l'immenso mostro. Ma non serviva a niente: Darius sembrava inattaccabile, non veniva nemmeno scalfito, in compenso lanciava raggi infuocati dalle mani e dagli occhi che seminavano morte e distruzione ovunque colpissero.
– Che ne hai fatto degli Zelani, bastardo? Ti hanno creato e tu li hai abbandonati al loro destino! – gli gridò il dottor Daimonji, sapendo che Zela era sulla via del collasso, ai bordi del buco nero.
La voce di Darius e la sua risata furono come un terrificante tuono, che squarciò l'aria rossa e fumosa del campo di battaglia.
– Ahahaha! Vuoi dire la feccia Ribelle? Credi che possa importarmi? Erano rifugiati come conigli nelle tane, nelle viscere di Zela! A quest'ora sono già stati inghiottiti tutti dal buco nero!
Quelle parole fecero imbestialire Daimonji: i Ribelli Zelani avevano fatto di tutto per mandare sulla Terra, a lui, tutte le informazioni possibili per combattere Darius, ma se ora, grazie ad essi, c'era ancora una speranza per salvare la Terra, per loro invece non ce n'erano più; non potevano fare più niente…
A quelle parole, e al pensiero che Yock e Lyra Zenon sarebbero rimasti gli ultimi Zelani superstiti, tutti si sentirono sopraffatti da un'ondata di odio puro. Darius doveva scomparire dall'Universo, proprio come quel popolo che lo aveva creato, sperando di trovare in lui aiuto e salvezza, e che invece era stato vigliaccamente manipolato, schiacciato, e poi abbandonato, per i suoi fini di conquista e potere.
A differenza della tattica che avevano usato per distruggere i Quattro, questa volta i terrestri si unirono, creando un anello compatto che circondò Darius e concentrando i loro colpi più potenti nei punti che lui lasciava scoperti. L'operazione diede i suoi frutti dopo interminabili e faticosi minuti. Nonostante la spossatezza che l'uso del Supernova Starfire le aveva lasciato addosso, Briz e Ale sferrarono il Thunderbolt, in perfetta sincronia con i Raggi Fulminanti del Drago e con una vampata di fuoco rosso che uscì dalle fauci del Drago poste al centro del petto del Gaiking. Fabrizia avvertì la perdita di forze in modo tangibile, il respiro le si accorciò e fu colta da un attacco di vertigini che riuscì per miracolo a tenere a bada.
Darius fu avvolto dalle fiamme che, implacabili e divoranti, bruciarono e consumarono. Stavano per cantare vittoria, tutti quanti, guardando il riverbero del grande rogo, quando dal fuoco e dalle fiamme si eresse spaventosa la vera natura del despota zelano: una struttura massiccia di metallo luccicante e impenetrabile, come un immenso scheletro dall'aspetto diabolico e invincibile. I terrestri lo guardarono, inorriditi e sfiancati, sia fisicamente che mentalmente: ma non sarebbe mai più finito, quell'interminabile scontro?
– È un androide – mormorò sconvolto Daimonji.
Pete fu il primo a esternare la sua personale e, come sempre, pratica conclusione.
– È un robot! È solo un oggetto, non è il diavolo in persona: può essere distrutto!
Senza che fosse aggiunto altro, dal ventre del Drago si sfoderò la Lama Gigante, e il Capitano lanciò l'astronave contro il torace del mostro.
La Lama colpì il metallo con un orribile stridìo… e si spezzò!
Con una forza superiore e inaspettata, il nemico si scagliò addosso al Drago che, già sbilanciato dall’offensiva non riuscita, venne sbattuto a terra con brutalità. I quattro componenti dell’equipaggio a bordo finirono rovinosamente sul pavimento della plancia di comando, compreso Pete che sbatté violentemente la testa contro la consolle.
Balthazar e il Gaiking attaccarono di nuovo, con fredda determinazione, nell'intento di distogliere il mostro dal Drago e dargli il tempo di tornare operativo. La tattica riuscì, anche se il Gaiking, il leone e gli altri tre mezzi erano più che altro un fastidio, per il gigantesco androide. Se solo fossero riusciti a trovare un varco, un punto debole…
All'interno del Drago, Pete, con un rivolo di sangue che dalla fronte gli scendeva lungo un lato del naso, tentava di riappropriarsi delle sue facoltà mentali aiutato da Jamilah, mentre Sakon dava fondo a tutta la sua abilità per ripristinare tutte le funzioni dell’astronave, alquanto malridotta, che erano finite fuori uso. Jamilah aveva poi lasciato il capitano, ancora parecchio frastornato, ai comandi, e, insieme a Daimonji, si era impegnata al computer centrale, tentando di eseguire una scansione del mostro, alla ricerca di un punto vulnerabile.
– Eccolo! – gridò Jami a un certo punto, quando sul monitor del computer, sul quale appariva Darius in lotta con i mezzi terrestri, si palesò una luce rossa che lampeggiava al centro del cranio di metallo. Sakon non si stupì della sveltezza con cui la sua amata era riuscita in quel compito.
– Quello è cervello artificiale di Darius: è il fulcro di tutto, Jami, brava! Sanshiro, Briz! Dovete arrivare lì!
Fabrizia, che era più vicina, tentò il tutto per tutto, appoggiata in pieno dalla mente di Alessandro e, per quanto fossero stremati, lanciarono di nuovo il Supernova Starfire: la luce brillò, prima arancio e poi bianca, e si aprì nei globi luminosi. Le sfere di luce fecero il loro lavoro: ricoprirono il mostruoso androide che, per parecchi secondi, si ritrovò completamente bloccato dalla sfolgorante incandescenza. Le sue risate diaboliche si trasformarono in urla, ma Sanshiro non si lasciò trarre in inganno: sapeva che il Fuoco di Supernova non sarebbe stato sufficiente, da solo, a distruggere Darius, però lo stava momentaneamente immobilizzando e, sicuramente, indebolendo, ed era esattamente ciò di cui lui aveva bisogno. Intervenne fulmineo: fece partire l'Idroraggio, una palla di fuoco che si sprigionò dal centro del muso del Drago e che la mano del Gaiking fu lesta ad afferrare. Il giovane aveva già visto dove colpire: una fessura tra due placche di metallo, alla base del collo del mostro, che avrebbe portato dritto al cervello sintetico.
Il Gaiking sollevò il braccio, e il lancio magico di Sanshiro, degno del più grande dei campioni, compì il miracolo: la sfera infuocata colpì con precisione millimetrica e si infilò implacabile all'interno della testa del gigantesco androide, dividendosi in altre più piccole che serpeggiarono tra i circuiti che formavano la mente dell'Imperatore di Zela.
Questa volta lo sforzo per Briz era stato immane, e la ragazza ebbe appena il tempo per vedere l'Idroraggio colpire Darius, accasciandosi poi sul pavimento della carlinga. La presenza di Alessandro si dileguò, e lei sprofondò nelle tenebre, mentre Balthazar stramazzava a terra, con un tonfo che si ripercosse sul terreno facendolo tremare.
Intanto, le urla di terrore di Darius si alzarono verso il cielo: la sua intelligenza, per quanto artificiale, percepì di essere arrivata all'epilogo.
La testa metallica esplose, sparando pezzi di metallo in ogni dove, subito raggiunti da quelli del corpo, che seguì in pochi secondi la sorte del cervello.
Una lamina di metallo impazzita raggiunse il vetro della carlinga del Gaiking, senza penetrare all'interno, ma spaccandolo: schegge di vetro schizzarono addosso a Sanshiro come proiettili e, dopo aver rotto anche la celata del casco, lo ferirono di striscio al viso e più profondamente ad un braccio, ma lui se ne accorse appena. Si tolse il casco e si passò una mano guantata su una guancia striata di sangue, appurando che non era niente di grave: solo graffi. Decise che anche il braccio non fosse preoccupante, l’unica cosa che avvertiva era l’urgenza di correre a vedere cosa ne fosse stato della sua Midori, ma ebbe comunque anche lui un attimo di smarrimento, nel realizzare quanto era appena accaduto.
Sia i guerrieri del Drago Spaziale, che i soldati a bordo dei mezzi dell'esercito dell'Alleanza Terrestre, rimasero a guardare increduli le fiamme, col fiatone e coi cuori impazziti, quasi tutti scossi da un tremito incontrollabile, senza capacitarsi di ciò che stavano contemplando.
Molti di loro si aspettavano di vedere Darius ergersi e rinascere nuovamente dal suo stesso rogo, come una mostruosa e demoniaca Fenice, ma le fiamme si estinsero; il fumo si diradò: rimase solo una larga macchia scura di ceneri e detriti da cui, questa volta, nulla sarebbe più risorto.
Al suo limitare, si stagliava l'imponente mole bianca e dorata di Balthazar, ancora disteso su un fianco, assolutamente immobile, disperatamente silenzioso.
Una gigantesca, indomabile fiera, colpita a morte.

 
Balthazar-sconfitto

 
> Continua...
 
 
 
 
 
Note dell’Autrice:
 
1Questa frase, "Siamo noi che veniamo a prenderti" l’ho spudoratamente copiata da un famoso film, “Rambo 2”. Mi piaceva troppo! 🤭
 
 
Chi conosce l’anime, forse avrà notato che la battaglia, quella dell’ultimo episodio, intitolato “L’ultima eroica battaglia per la Terra” (una fantasia, gente…) è stata un po’ stravolta rispetto all’originale. Ma io quell’episodio l’ho visto solo una volta, e non avendo avuto tempo di andare a riguardarlo, sono andata a sentimento e a mio piacimento. È stata una faticaccia! E se ci sono cose poco plausibili, ricordate che è una fanfiction e, soprattutto, che è ambientata in un anime robotico. Non ve lo sarete mica dimenticati quel famoso dodecalogo?
 
 
Vi avviso che non so quando aggiornerò, poiché fra due giorni parto per la montagna, dove non avrò internet. Ne approfitterò per disintossicarmi anche dal web per una quindicina di giorni. 
Ne approfitto per salutare tutti quelli che leggono questa storia e che mi recensiscono: mi state dando davvero una grande soddisfazione! Grazie di cuore a tutti, vi voglio bene!

 
 
E… sì. Vi lascio qui, così, come dei ciù, come si dice dalle mie parti.
Con Midori precipitata.
E Briz immobile e silenziosa dentro a Balthazar.
La vittoria ha preteso un prezzo.

Titolo del prossimo capitolo: "Ghost".

Aggiunta del 18 maggio 2018:
Il disegno in CGI di Fabrizia e Balthazar è opera della mia amica Morghana. 
  
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