Ciao a tutti,
Capitolo XIII
La domenica era passata troppo rapidamente. Il cuore di Giacomo era rimasto
stretto in una morsa per tutta la giornata, anche se non aveva avuto il
tempo di riflettere. Dopo la confessione di Michela, dopo quelle parole
dette con tanta disperazione.
Questo bambino ci rovinerà la vita. Non possiamo tenerlo! Vuoi tenerlo
solo perché sei sicuro che io abortirò.
Michela non voleva quel bambino, non voleva sacrificare la sua vita, non
voleva continuare a lavorare in un call center per sempre, voleva fare il
suo master alla Bocconi, voleva una possibilità di carriera, ma quelli non
erano pensieri di Michela Pergolesi.
NdA: Michela ha cambiato idea sul bambino, sembra in maniera improvvisa, ma cosa si muove realmente dentro di lei? Giacomo le ha confessato di amarla, ma
la sua è solo confusione, autosuggestione o un sentimento sincero?
ormai ritardo su ritardo! Vi ringrazio della pazienza e, soprattutto, di continuare a leggere la storia. Spero di riuscire a terminarla.
Per ora vi auguro una buon lettura, sperando che il capitolo sia di vostro gradimento.
Lella
In bilico
Perché era così spaventata? Cosa temeva realmente?
La sua mente era affollata da mille pensieri, sui quali non era riuscito a
soffermarsi, perché la bambina assorbiva tutto il loro tempo. Avrebbe
voluto parlare con Michela, avrebbe voluto capire le ragioni immotivate di
quel suo impuntarsi, avrebbe voluto rassicurarla. Lei non era sola ad
affrontare quella gravidanza. Lui guadagnava abbastanza e la sua famiglia
era sufficientemente benestante da aiutarli all'inizio di quella nuova ed
inaspettata vita. Lei non avrebbe dovuto rinunciare a nulla. Milano era
lontana, ma era una sistemazione provvisoria. Le cose con il tempo si
sarebbero sistemate, invece lei ne parlava come se non ci fosse soluzione
alcuna a quella situazione. Doveva affrontare nuovamente Michela se voleva
rassicurarla, ma prima doveva superare il pranzo domenicale a casa dei
suoi.
Il ragazzo aveva temuto molto il pranzo a casa dei suoi genitori e lo
avrebbe evitato molto volentieri, ma l'amica aveva preso molto seriamente
quella storia della prova.
“Se dobbiamo replicare la vita genitoriale, i pranzi domenicali a casa
della mamma devono diventare un'abitudine; niente più pranzi fuori con gli
amici. I bambini sono molto impegnativi e staccare un po' non può che
essere utile per una mamma stanca. Trovare cucinato, la nonna che si occupa
della bambina per qualche ora, sono cose che non hanno prezzo. Quindi
niente storie” aveva ordinato Michela senza ammettere repliche.
Giacomo non era riuscito a controbattere, aveva accettato l'inevitabile
sperando nel meglio. Era rimasto con il cuore in gola per tutto il tempo e
aveva dimenticato tutti quei pensieri, sperando solo di non innervosire suo
padre e pregando che non venisse fuori quella storia della gravidanza prima
che Michela non avesse preso una decisione definitiva.
Era rimasto fuori dalla porta dei suoi genitori con il dito a mezz'aria.
“Pranziamo fuori dalla porta?” osservò Michela, sistemando meglio la
bambina sul fianco destro
“Facciamo sempre in tempo a tornare indietro” sostenne il ragazzo, nella
speranza di convincerla “Michi, amore mio, davvero non è una buona idea. Tu
non sai com'è fatto mio padre”
“Tua sorella ha detto che tua madre voleva stare un po' con la bambina e lo
sai come la penso su questa cosa” scosse leggermente il capo “Suona il
campanello ed entriamo!”
“Michi, ti prego” la supplicò come un bambino capriccioso. Cristo Santo, se
suo padre avesse saputo della gravidanza di Michela si sarebbe incazzato
come un picchio e lui proprio non aveva voglia di litigare con lui.
“Qual è il problema, Giacomo?” indagò la ragazza stringendo gli occhi
Se avesse detto la verità a Michela, sarebbe stata lei ad incazzarsi come
un picchio e lui non aveva voglia di litigare con lei, soprattutto con lei.
Sbuffò rumorosamente e, rassegnato, suonò il campanello. Che Dio me la mandi buona!, pensò, mentre la madre apriva la porta.
“Ciao tesoro” salutò la donna “ciao, tu devi essere Michela. Io sono Gaia”
si presentò prontamente la donna, avvicinandosi alla ragazza e mostrando un
largo sorriso “E questa invece è la bellissima nipotina della nonna” la
bambina allargò le braccia in cerca della donna “posso, Michela?”
“Certo, signora” replicò la ragazza serena
La donna prese la bambina dalle braccia della ragazza e si voltò, facendo
strada ai due giovani lungo il luminoso corridoio ricolmo di particolari
liberty. “Non chiamarmi signora, se mia figlia ti affida la mia nipotina” cosa che sua madre non aveva preso granché bene “e se mio figlio ti
porta a conoscere i suoi genitori, suppongo che la vostra sia una storia
importante”
notizia che invece aveva appreso con grande gioia e che le aveva fatto
superare l'affronto fatto da Agnese, che aveva la colpa di aver
affidato la preziosa discendente della famiglia Ferri ad una perfetta
estranea
“quindi chiamami pure Gaia”
Almeno non le aveva chiesto di chiamarla mamma! Sapeva che non era una
buona idea portare Michela a casa dei suoi. “Mamma non cominciamo con
questa storia” la redarguì il ragazzo, mentre entravano in salone
“Tesoro, è la prima volta che il mio bambino scapestrato invita una ragazza
a pranzo di domenica a casa nostra, quindi non rovinare tutto” si voltò
verso Michela, che era rimasta stranamente impassibile “Michela, nostro
figlio ha spesso parlato di te, della vostra amicizia, quindi mi sembra già
di conoscerti, mio marito ha detto che una volta vi ha incontrati in un bar
e mi aveva detto che sembravi una ragazza a modo”
“Suo marito è troppo gentile, Gaia, spero di non deludere le vostre
aspettative”
Giacomo fissò la ragazza stranito.
Che cosa aveva in mente? Perché non replicava dicendo che erano solo
amici?
“Non deluderai proprio nessuno” insistette lui fermamente
“Giacomo pensavo che questo giorno non sarebbe mai arrivato” replicò la
madre con gli occhi sognanti “Michela deve piacerti veramente tanto”
“Mamma smettila di mettermi in imbarazzo, potremmo pranzare per favore
senza parlare di me e di Michela o di qualsiasi altra cosa?” prese la
bambina e si sedette immusonito sull'enorme divano posto all'angolo
dell'ampio salone, cominciando a fare mille facce buffe alla nipotina per
strapparle una risata “Papà?” domandò, mentre la bambina rideva a
crepapelle
“Tuo padre sta portando il cane a spasso. È uscito quasi un'oretta fa,
quindi fra un po' dovrebbe rientrare. Quell'uomo adora quel cane” sentenziò
la donna rassegnata “Se potesse chiederebbe il divorzio per andare a vivere
con il suo adorato Tommy; credo di essere di troppo certe volte”
Michela scosse la testa divertita. “Allora so da chi ha preso suo figlio.
Lui è innamoratissimo di Pallottola; ne ha preteso anche l'affidamento
congiunto”
Giacomo per un attimo si immobilizzò.
“L'affidamento congiunto?”
“È una lunghissima storia, un giorno gliela racconterò. Diciamo che non
rinuncerebbe mai al suo cane” argomentò l'amica senza dare spiegazioni
“Mio marito e mio figlio si somigliano più di quello che entrambi pensano”
sostenne la donna complice “Che ne dici di darmi una mano in cucina, mentre
Giacomo si occupa di Nicole?”
“Mamma ti aiuto io” si offrì il ragazzo alzandosi di scatto. Non gli andava
di lasciare le due donne a parlottare. “Michela è un'ospite e non voglio
che alzi un dito oggi. È già stato abbastanza impegnativo occuparsi della
bambina”
“Resta con Nicole” ordinò Michela secca “Io aiuto tua madre”
“Sei sicura?” domandò il ragazzo premuroso
“Certo”
Il ragazzo si avvicinò e le schioccò un rumoroso bacio a stampo sulle
labbra. “Se ti serve aiuto, urla e correrò a salvarti dai tentacoli di mia
madre” volse uno sguardo severo sulla donna, che era evidentemente
gongolante “sembra inoffensiva, ma ti assicuro che è solo apparenza”
“Ce la caveremo benissimo, ma grazie per il supporto”
Le donne uscirono e lui cadde pesantemente sull'enorme divano nero a
penisola. Sembrava tutto enorme. La casa dei suoi era gigantesca. Quattro
stanze, due bagni, un'enorme balconata che percorreva l'intero perimetro
della palazzina di soli due piani e una cucina che era grande quanto il suo
appartamento. La casa dei suoi si trovava nel cuore della Camilluccia, uno
dei quartieri della Roma bene, quindi Michela sospettava che non fossero
proprio degli squattrinati. Quando si erano conosciuti, nel momento in cui
la ragazza aveva saputo che i genitori di Giacomo vivevano alla Camillucia,
gli aveva chiesto se fossero benestanti. Lui aveva semplicemente replicato: abbastanza! e, a quella secca replica, la ragazza non aveva fatto
altre domande. A Giacomo non piaceva che le persone si impicciassero degli
affari suoi, non lo aveva mai permesso a nessuno, Michela lo aveva capito
immediatamente e anche quando si erano lasciati ed erano diventati amici,
la ragazza aveva sempre evitato di essere insistente su domande personali,
che lui evitava con destrezza. L'amica non era mai stata a casa sua e ora
avrebbe sicuramente capito che la famiglia Ferri era più che abbastanza benestante. Se fosse stata una ragazza diversa,
probabilmente lui avrebbe guadagnato numerosi punti da quella inaspettata
scoperta, ma lui era più che sicuro che, invece, Michela si sarebbe
terribilmente incazzata per quella ennesima bugia, anche se, almeno
all'apparenza, sembrava averla presa abbastanza bene.
Dopo mezz'ora suo padre non era ancora rientrato, quelle due non sembravano
avere voglia di uscire dalla cucina e lui cominciava seriamente a
preoccuparsi. Temeva che quella faccenda della gravidanza venisse fuori;
forse avrebbe dovuto chiedere a Michela di evitare l'argomento con i suoi,
ma temeva ancor di più che la ragazza la ritenesse l'ennesima dimostrazione
della sua incapacità di prendersi delle responsabilità. Quando la tensione
aveva raggiunto livelli di ansia allarmanti aveva sistemato la nipotina sul
tappetino con i giocattoli e aveva raggiunto le donne in cucina.
Entrando trovò Michela che rideva, con quella risata schietta che gli
gonfiava il cuore di allegria, mentre sua madre parlottava fittamente.
“Di cosa ridete?” domandò Giacomo, entrando nella cucina professionale
della madre.
La madre era sempre stata una grande appassionata di cucina, prima ancora
che le trasmissioni culinarie invadessero le televisioni di tutto il mondo.
La donna aveva più accessori di cucina che scarpe e aveva trasmesso la
stessa passione anche al giovane figlio.
“Di niente, tesoro” si giustificò la donna sulla difensiva, mentre Michela
lo guardava senza riuscire a trattenere la risata
“Mamma, cosa le hai raccontato che mi imbarazzerà per tutta la mia
esistenza?”
“Nulla, Giacomo, stai tranquillo, solo cose tra donne” lo rassicurò serena
“Mamma” insistette il ragazzo preoccupato “qualcosa con cui Michela potrà
ricattarmi per tutto il resto della vita?”
“Giacomo, tua madre mi ha solo raccontato un episodio decisamente
divertente della tua infanzia, ma ti prometto che non lo userò contro di
te” spiegò l'amica sollevando la mano, promettendo il silenzio sulla
faccenda “sarò una tomba”
“Posso almeno conoscere questo episodio?” La madre sollevò le spalle.
“Preferirei saperlo”
“Hai lasciato Nicole da sola?” si informò Michela pratica, nel tentativo di
distarlo “Ti ricordo che dovevi badare a lei”
“Michi!”
“Se non sai tua madre cosa potrebbe aver raccontato di imbarazzante, vuol
dire che sono parecchi gli avvenimenti imbarazzanti della tua vita”
sostenne lei divertita “Mi sa che me li farò raccontare tutti e poi farò un
blog tutto su di te”
Era dall'inizio di quella faccenda, da quando l'aveva trascinata in quel
gioco di bugie e tradimenti che non la vedeva tanto rilassata. Era così
bella. Aveva dimenticato quanto era bello il suo sorriso. “Mamma?”
insistette fermo
“Tesoro, sei privo di senso dell'umorismo proprio come lo è tuo padre” si
rivolse a Michela con quell'aria di sopportazione che irritava suo padre e
che cominciava ad irritare anche lui “Meno male, mia cara, che si
affiancano a donne come noi, altrimenti sai che noia la loro vita” Michela
ricominciò a ridere.
Andavano veramente d'accordo quelle due! Ma le nuore e le suocere non
si dovevano odiare con garbo?
“Ti ricordi di Ciro Orso?”
“L'orsacchiotto di quando ero bambino?” indagò guardingo
“Ti ricordi quando a otto anni avevi fatto la pipì a letto e hai detto che
non eri stato tu, ma era stato Ciro?”
“Ero solo un bambino!” si giustificò allargando le braccia
“Quel giorno ho capito che da grande saresti stato un ottimo avvocato”
raccontò la madre, mentre Michela ricominciava a ridere “Quando ti dissi
che ero molto arrabbiata con te, non perché avevi fatto la pipì a letto, ma
perché dicevi le bugie incolpando il tuo amico orsacchiotto, tu mi
rispondesti, stringendo il tuo orsacchiotto al petto, che preferivi che io
fossi arrabbiata con te che con il povero Ciro. Mi dicesti: mammina, Ciro è
un bravo amico e se qualche volta fa la pipì a letto noi lo dobbiamo
perdonare. Se sei arrabbiata con me io lo posso sopportare, ma Ciro non se
lo merita” lo scimmiottò con voce fanciullesca, trattenendo a mala pena la
ridarella “Amore, eri veramente adorabile. Era impossibile essere
arrabbiati con te”
“Michi, non c'è niente da ridere”
“Invece, è veramente divertentissimo” scoppiò Michela singhiozzando “E poi,
hai fatto la pipì a letto fino a otto anni” sottolineò divertita
“Veramente fino a dieci” corresse la madre prontamente
“Mamma, per favore. Non è necessario che Michela sappia ogni cosa di me”
sostenne sbigottito
“Speriamo che il bambino non prenda da te” replicò Michela, asciugandosi
gli occhi
“Cosa?” domandò la donna incredula
Cristo!
“Quale bambino?” domandò una calda voce maschile alle loro spalle
Porca puttana! E lui da dove era saltato fuori?
Michela lo fissò allarmata. Chiaramente non l'aveva fatto a posto, le era
scappato, d'altronde la situazione era talmente rilassata che doveva
aspettarselo che saltasse fuori. Avrebbe preferito non dirlo ai suoi
genitori, avrebbe preferito non dirlo mai a suo padre, ma ormai era
fatta.
“Aspettiamo un bambino. Michi è incinta di quasi tre mesi, ma non sappiamo
ancora se terremo il bambino” spiegò tenendo lo sguardo fisso su suo padre
“stiamo valutando i pro e i contro”
“Non sapete se lo terrete o non sai se tu lo terrai?” domandò suo
padre caustico “stai valutando?” sarebbe sicuramente partito all'attacco
“Sarebbe la prima volta! E, ovviamente, cominci nel momento meno opportuno.
Un figlio non si valuta se tenerlo. Sei sempre pronto a estrometterti da
ogni responsabilità, mai che...”
“Ti stupisca?” lo interruppe il figlio furioso “E perché mai dovrei, tu
pensi sempre che io sia in errore, forse qualche volta potresti provare a
concedermi il beneficio del dubbio”
“Ho smesso di farlo molto tempo fa ed in ogni modo, in questo caso mi
sembrerebbe inopportuno concederti il beneficio del dubbio, ma forse
potremmo valutarlo!” terminò ironico
Giacomo scosse la testa indispettito. Senza sapere nulla suo padre, come
sempre, lo aveva giudicato e condannato. “Non sai nemmeno quello di cui
stai parlando e ti stai intromettendo in affari che non ti appartengono.
Questi sono fatti miei e di Michela e tu devi restarne fuori” urlò
spazientito
“Tua madre ti ha viziato troppo e il risultato è che non riesci a prenderti
le responsabilità che dovrebbe assumersi un uomo!” constatò il padre
furibondo, senza però perdere il controllo “Sei rimasto lo stesso
adolescente senza principi. Un uomo che ancora fa baldoria con i suoi amici
debosciati e gioca con i sentimenti e la vita degli altri”
“Giacomo vuole tenerlo il bambino” sbottò Michela in un fiato. Il silenzio
era caduto nella stanza e i due uomini avevano terminato immediatamente di
battibeccare. La ragazza chiuse gli occhi e sospirò profondamente. “Lui non
ha dubbi; sono io che non so che fare. Giacomo sta facendo di tutto per
convincermi che saremo dei buoni genitori” si volse verso l'uomo che la
fissava con stupore “Non credo che suo figlio meriti i suoi rimproveri; non
questa volta almeno” appoggiò la mano sul ventre ancora piatto “Il bambino
è mio e di Giacomo, spetta solo a noi due la decisione. Le dico quello che
ho detto a mio padre. Io e Giacomo siamo due persone adulte e non abbiamo
bisogno dell'approvazione di nessuno, con tutto il rispetto signore,
nemmeno della sua”
Giacomo fissò la ragazza con ammirazione, ma per un attimo temette la
reazione furiosa del padre. “Papà, preferirei che ne restassi fuori, quello
che vuole dire Michi”
“Mi sembra che quello che vuole dire la tua Michi sia abbastanza chiaro e,
ovviamente, il suo ragionamento non ha niente da eccepire” suo padre non
sembrava arrabbiato. Dov'era il trucco? “Qualsiasi decisione
prenderete per noi andrà più che bene, né io, né tua madre metteremo bocca
in questa storia” sorrise a Michela compiaciuto “Mio figlio è un uomo
fortunato, spero che qualsiasi decisione prenderete non ti lascerà andare”
diede una risoluta pacca sulla spalla al figlio “Nicole ha cominciato a
piangere, lasciamo le nostre donne alle loro chiacchiere e cominciamo ad
apparecchiare”
La situazione gli era sfuggita di mano e aveva sbattuto il muso contro
l'imprevedibilità di Michela, ma la ragazza era riuscita magistralmente a
sistemare le cose ed era riuscita, contro ogni sua più rosea aspettativa, a
conquistare i suoi genitori. Dopo quel battibecco e dopo la coraggiosa
reazione dell'amica, Giacomo aveva finalmente chiaro cosa doveva fare; suo
padre gli aveva inconsapevolmente mostrato la strada, anche se per un
momento se le era vista davvero brutta. Michela aveva combattuto come una
leonessa ed era quella parte del carattere della ragazza che lui aveva
sempre ammirato, quel carattere fiero che gli aveva impedito di lasciarla
andare anche quando la loro storia era finita.
La giornata era passata rapidamente. Nicole aveva fatto un po' di capricci,
ma la nonna si era occupata di lei, lasciando ai due ragazzi un po' di
meritato riposo. Suo padre aveva parlato a lungo con Michela e, il ragazzo,
aveva notato con stupore che l'uomo aveva letteralmente monopolizzato la
conversazione con lei. Avevano trovato moltissimi punti in comune; anche se
suo padre da bravo matematico non amava particolarmente gli economisti, ma
Michela aveva decisamente fatto colpo. L'uomo era convinto che il figlio e
la ragazza stessero insieme e, d'altronde l'amica non aveva detto nulla che
potesse convincerlo del contrario. Nonostante l'annuncio di quella inattesa
gravidanza, i suoi genitori avevano appreso la notizia della sua relazione
con Michela con estremo entusiasmo. Lui era letteralmente scomparso, la sua
intera figura era stata eclissata da quella di Michela. L'aveva osservata
per tutto il tempo chiacchierare con suo padre, civettare con sua madre e
occuparsi della bambina con la stessa attenzione che aveva a casa. Perché l'aveva lasciata andare? La vecchia che vendeva spezie e
dispensava saggezza in quel mercato turco aveva ragione: era talmente
impegnato a scansare l'amore che quando era arrivato non era stato in grado
di riconoscerlo. Non era sicuro di volere il bambino, non era sicuro che
sarebbe mai riuscito ad essere un buon padre, ma non voleva più lasciarla
andare, voleva stare con lei e gli era anche venuta una gran voglia di
scopare, voglia che sicuramente la ragazza non avrebbe soddisfatto.
Rientrarono a casa che erano le nove passate. In macchina nessuno dei due
aveva spiccicato una sola parola, erano entrati in casa ignorandosi,
entrambi rapiti dai loro pensieri. Giacomo, entrando, lanciò le chiavi sul
tavolo e portò un troppo esuberante Pallottola a fare la passeggiata
serale, mentre Michela si era dedicata alla messa a letto della bambina.
Camminava lungo il viale alberato pensando a quella serata, a suo padre, al
padre che lui avrebbe voluto essere. Era buio e la sera cominciava a
rinfrescare parecchio. Si strinse nel giubbetto di jeans, mentre il cane lo
tirava per andare verso il solito giardinetto. Pallottola non aveva gran
voglia di rientrare a casa, probabilmente perché lo avevano lasciato solo
troppe ore, ma sarebbe stato impossibile portarlo a casa dei suoi genitori,
sua madre aveva grosse difficoltà con gli animali e già sopportava con
stoicismo il cane che suo padre aveva quasi ucciso qualche anno prima e che
poi aveva deciso di tenere, nonostante le obiezioni della moglie.
D'altronde, neanche a lui andava di rientrare; temeva che il desiderio di
lei lo avrebbe sopraffatto e lo avrebbe spinto a rompere la promessa fatta
a Michela di non sedurla. Non voleva inutili scontri che sarebbero,
sicuramente, giunti all'impossibile. Non voleva concedere alla ragazza la
possibilità di rinfacciarle l'ennesima bugia sulla ricchezza dei suoi
genitori. Quando era rientrato, la casa era buia e silenziosa; c'era solo
la luce tenue dell'abat-juor che illuminava la camera da letto. Era stato a
passeggio per quasi tre quarti d'ora, quindi sperò che la ragazza dormisse
profondamente. Staccò il guinzaglio in pelle marrone dal collare in acciaio
di Pallottola, il quale sfrecciò in camera da letto, appallottolandosi
accanto al lettino della bambina. Michela, non dormiva, era seduta sul
letto a gambe incrociate e fissava la scena con tenero trasporto. Era
ancora sveglia e sembrava sul piede di guerra. Maledizione!
“Mi dispiace, non volevo che i tuoi lo sapessero così; pensavo che tu
glielo avessi detto” il ragazzo scosse la testa stupito da quello strano
atteggiamento arrendevole “Tuo padre è un uomo duro”
“Mio padre è un grandissimo stronzo” replicò Giacomo cominciando a
spogliarsi “Lui è sempre pronto ad attaccarmi per qualsiasi sciocchezza”.
Era la prima volta che esternava ad una persona estranea alla sua famiglia
i sentimenti contrastanti che provava per suo padre.
“Una gravidanza non è una sciocchezza” osservò la ragazza flemmatica,
giocherellando con le dita dei piedi
“Lo avrebbe fatto anche se gli avessi detto che avevi un callo” si sfilò i
calzoni e li sistemò sulla sedia sistemata accanto al comò “Mio padre
non...”
“Cosa è successo fra voi?” domandò Michela incuriosita, interrompendo il
filo dei suoi pensieri
“Perché deve essere successo per forza qualcosa? Mio padre e io
semplicemente non andiamo d'accordo. È semplice”
Michela scosse la testa e lo fissò con uno strano sorrisetto ironico. “Tuo
padre è un uomo razionale, Giacomo, e non credo che il suo giudizio sia
obnubilato dalle vostre differenze caratteriali. Che cosa gli hai fatto?”
“A lui, proprio un bel niente!” obiettò, sedendosi accanto alla ragazza
Il materasso scricchiolò appena, sollecitato dal suo peso. “Che fai resti
in boxer?” osservò la ragazza sgomenta “Non hai freddo?”
“Volevo proporti un intrattenimento di tipo ludico-ricreativo per distrarci
un po' da questa dura giornata, che sarebbe anche un ottimo rimedio per
riscaldarsi” propose ammiccante, avvicinando il suo viso a quello della
ragazza
“Giacomo, a questo punto direi che qualsiasi cosa sia successa fra te e tuo
padre, sicuramente non è stata una sciocchezza, visto che stai tentando di
sviare il discorso cercando di sedurmi, anche se avevi promesso che non lo
avresti fatto” replicò la ragazza senza scomporsi “Perché non provi a
raccontarmi la storia dall'inizio, magari potrei aiutarti”
Giacomo si inumidì le labbra. “Ci sono modi migliori in cui potresti
aiutarmi. Sono molto nervoso, Michi” sorrise, preda del desiderio di lei e
del desiderio di allontanare dalla sua testa scomodi ricordi “Perché non mi
aiuti a rilassarmi un po'?”
“Cosa hai fatto a tuo padre?” insistette lei risoluta
Perché era così insistente?
L'amica aveva infranto il tacito accordo che c'era fra loro: nessuna
domande, nessuna intromissione! “Te l'ho detto, non gli ho fatto un cazzo a
mio padre” sbottò staccandosi da lei e scompigliandosi i corti capelli
stizzito “Ero solo un ragazzo e i ragazzi fanno delle stronzate. Invece,
lui no, dopo dieci anni sta ancora lì a rompermi il cazzo su una cazzata”
“Non credo sia propriamente una cazzata, mi sembri troppo nervoso” strinse
le ginocchia al petto e lo osservò con aria malinconica “Se non gli hai
fatto niente; allora cosa non hai fatto a tuo padre che lo ha turbato così
tanto da ricordarlo ancora dopo dieci anni?”
“Mio padre è un uomo pesante”
“Ottima argomentazione per giustificarti”
Giacomo la fissava stranito. Se glielo avesse raccontato, Michela lo
avrebbe giudicato male, proprio come suo padre, non avrebbe capito. Lei era
dura ed inflessibile sugli errori, proprio come lui. Non poteva
raccontarglielo. La spinse supina sul letto e si sistemò sopra di lei
“Che vuoi fare?” il ragazzo le trattenne entrambe le mani sopra la testa e
avvicinò il suo viso a quello di lei “Lasciami Giacomo, mi fai male”
Appoggiò le sue labbra su quelle di Michela, aveva voglia di baciarla, di
sentire il suo sapore, aveva voglia di lei, di sentire il calore della sua
pelle, il sapore della sua carne eccitata dal desiderio. Accarezzava le
labbra di lei con le sue, mentre con la lingua cercava di trovare un varco
nella sua bocca. “Michi, ti prego” la ragazza, a quella accorata supplica,
dischiuse la bocca e permise alla lingua del ragazzo di spingersi in cerca
della sua. E, finalmente, accondiscese a quel suo impeto e si persero in un
coinvolgente bacio carico di desiderio. Giacomo, ormai sazio, si staccò da
lei e le liberò i polsi. “Ora va molto meglio” appoggiò la fronte su quella
calda della ragazza “Se non vuoi il bambino, non cercherò più di
convincerti a tenerlo”
“Sei già stanco di fare il padre?” lo schernì lei con distacco
“Dammi tregua, Michi” sospirò profondamente, fissando il suo viso deluso.
Chiuse gli occhi “Ascoltami. Ascolta prima quello che ho da dire. Io non
voglio che tu pensi che voglia stare con te solo per questo bambino, perché
non è così. Io voglio questo bambino perché voglio stare con te” le
confessò per la prima volta, sentendosi finalmente alleggerito da un enorme
fardello
“Perché fai così?” sbottò la ragazza, spingendo con forza le mani contro il
petto nudo del ragazzo, cercando di liberarsi dalla peso di lui “Lo avevi
promesso. Avevi promesso...”
Giacomo lasciò che lei si liberasse. “...che non ti avrei sedotto e non lo
farò” terminò sincero “Voglio solo che tu sappia che, anche, se deciderai
di non tenere il bambino, io voglio che tu tenga me al tuo fianco”
“Perché fai così?” ripeté la ragazza arrabbiata, cercando di non alzare la
voce per timore che la bambina piangesse
Non voleva più segreti con lei. Aveva fatto la sua scelta; aveva scelto di
lasciarsi andare. “Quando terminai il ginnasio e cominciai il liceo, mi
capitò un professore di matematica che era un ingegnere fallito e
frustrato. Antonio Cristiano. Io ero bravo a scuola, ma non avevo un
carattere facile. Avevo la media del nove, tranne in matematica. Quello
stronzo mi aveva rimandato in prima e in seconda liceo. Capirai l'affronto.
Mio padre, il grande matematico universitario, mi faceva lezioni
personalizzate, ma più lui mi pressava e più i miei voti peggioravano. In
quel periodo litigavo con mio padre continuamente, ad un certo punto mi
aveva anche proibito di uscire, visto che quel maledetto stronzo di
Cristiano gli aveva raccontato che a scuola ero noto per il mio
atteggiamento provocatorio nei confronti degli insegnanti e dei compagni di
classe più deboli”
“Mi stai dicendo che eri un bullo?” si informò Michela sgomenta
“No, ero solo piuttosto vivace, ma a mio padre non andava bene. Lui è un
uomo tutto d'un pezzo, un tipo all'antica. Avevo provato a parlare con il
professore Cristiano, dicendogli che avevo già problemi con mio padre e che
volevo evitarne altri. Gli assicurai che mi sarei comportato bene, che
avrei recuperato la sua materia, che durante la maturità sarebbe stato
orgoglioso di me, ma lui mi derise e mi disse.
Li conosco i tipi come te: figli di papà pieni di soldi che pensano che
tutto gli sia dovuto. Non fai nessuno sforzo, vai bene in quelle
materie dove non devi fare assolutamente nulla, ma non ti impegni nella
mia perché sei sicuro che avendo voti alti nelle altre, io sarò
costretto a promuoverti. La verità, Ferri, è che tu sei solo una mela
marcia e tutti i soldi di tuo padre non cambieranno mai quello che sei
”
“Era stato troppo duro!” constatò Michela con uno sguardo intenerito e
furioso
Giacomo, in tutti quegli anni, aveva cercato inutilmente di allontanare
quell'antico ricordo e di metterlo nel dimenticatoio. Era appena un ragazzo
ed era consapevole, ormai adulto, che quella decisione era stata solo il
capriccio di un ragazzino viziato eppure quella mattata, aveva cambiato il
corso della sua vita e aveva incrinato per sempre il rapporto fra lui e suo
padre.
“Invece aveva ragione e quelle parole mi avevano colpito profondamente”
incrociò le gambe e si piazzò proprio di fronte alla ragazza. Non era una
storia facile da raccontare, ma non avrebbe abbassato lo sguardo davanti a
lei. “Ero furioso e volevo fargliela pagare, ma lui era un professore ed io
un ragazzo all'ultimo anno di liceo. Cercai di fare quanto mi ero
ripromesso, cercai di rigare dritto, ma lui si era impuntato. All'ultimo
colloquio dell'anno aveva preteso di parlare con mio padre. Ero
terrorizzato da quella richiesta, ma non c'era modo di impedirlo e mio
padre non era uomo da rifiutare gli inviti. Cristiano gli raccontò che io e
i miei compagni di classe facevamo girare dei video spinti”
“Cosa?” esternò la ragazza basita “Spinti in che senso?”
“Non erano video, ma foto. Genitali femminili, maschili, mutandine, mani
che toccavano, cose del genere; ma mai volti. Era solo un gioco e nessuno
si faceva male”
“Era una cosa disgustosa!” esclamò la ragazza storcendo il naso “Perché?”
“Non so, allora suppongo ci sembrasse divertente. In ogni modo non era una
cosa da raccontare a mio padre. Quando arrivai a casa papà mi chiese se
fosse vero.
Non costringermi a controllare il cellulare, non vorrei rimanere più
colpito dalla realtà che dall'immaginazione
. Furono queste le sue testuali parole. Annuii e sperai che la punizione
non fosse troppo esemplare, visto che avevo confessato immediatamente. Mi
ordinò di cancellare tutte le immagini, tutte le foto, tutti i numeri dei
miei amici e poi mi sequestrò il cellulare e mi segregò in casa fino alla
fine dell'anno scolastico. Rimasi quindici giorni a casa a studiare come un
matto e quando rientrai a scuola mi fu comunque proibito di uscire di sera
fino a contrordine. Chiesi spiegazione al professor Cristiano e lui, con
aria flemmatica, disse semplicemente che sapeva bene di chi era stata
l'idea di quelle foto. Lui era convinto che fossi stato io, perché non
avevo rispetto per niente e per nessuno. Non replicai, presi semplicemente
atto che non potevo convincerlo del contrario, perché lui aveva già deciso”
“Eri stato tu?”
“Non era stata mia l'idea, se è questo che vuoi sapere, ma fu mia la prima
foto che girò per la scuola. Le mutandine di Giovanna Marra. Cotone bianco”
chiuse gli occhi perso in quel vecchio ricordo “una scommessa, niente di
più. Poi le scommesse tra noi della classe diventarono sempre più ardite e
la platea degli scommettitori sempre più estesa. Alla fine scomparvero
anche le mutande e ai genitali si susseguirono scene di sesso esplicito che
giravano incontrollate per tutta la scuola. Tutto terminò con la fine
dell'anno scolastico. Lui doveva solo far finta di niente”
“Era un insegnate e aveva il dovere di fermare una cosa che avrebbe potuto
ferire qualcuno”
“Eravamo solo dei ragazzi, Michi. Quello che tu e mio padre non siete mai
stati nella vita. Se pensava che potesse essere un problema avrebbe
semplicemente dovuto parlarne con noi e affrontare la faccenda all'interno
della classe, non avrebbe dovuto coinvolgere mio padre. Mi aveva sfidato”
esternò, ancora soggiogato dalla rabbia
“Che cosa hai fatto?” domandò lei con aria preoccupata
Giacomo appoggiò i palmi delle mani all'indietro e sollevò la testa. Non
avrebbe avuto il coraggio di raccontarlo se non avesse distolto lo sguardo.
“Cristiano aveva una figlia più giovane di me di un anno che frequentava la
prima liceo. Era carina ed era nota a scuola per essere una abbastanza
facile da rimorchiare”
“Ti sei scopato la figlia del tuo professore?” domandò la ragazza perplessa
“Tesoro, l'allegra Teresa se l'era scopata metà della mia classe e l'altra
metà non lo aveva fatto perché erano ragazze. Se non fossimo stati in un
liceo classico, in cui notoriamente il numero di ragazzi scarseggia,
avrebbe superato ogni record” sostenne riportando il suo sguardo su di lei
“Era notevole la ragazza, con un padre così era chiaro il perché tendesse
al sesso con una certa libertà, ma non sono qui per giudicarla. Ci siamo
divertiti parecchio io e Teresa. Ti ho detto che non c'erano video e che
non c'erano facce” sospirò “Non ci sono stati fino a Teresa Cristiano. La
filmai mentre mi faceva un pompino, con tanto di commenti, molto poco
lusinghieri per qualsiasi donna. Terminava con: Te lo posso mettere nel
culo alla faccia del tuo paparino? Lei che diceva di sì. Quello che è
successo dopo non l'ho filmato, ho preferito lasciare solo l'audio. Avevo
pensato che sarebbe stato molto più divertente se lui avesse immaginato
quello che stavo facendo alla sua bambina, invece che mostrarglielo”
“Sei uno schifoso pervertito!”
“Ero un ragazzo e lei era una vendetta facile e a portata di mano”
“Hai fatto girare il filmino nella scuola?”
“Nooo, certo che no! Non volevo punire Teresa, ma suo padre. Nessuno sapeva
di quel filmino, nessuno tranne Cristiano. Lo duplicai su un bel CD Rom e
glielo misi nel suo cassetto, dentro il registro personale. Cazzo, Michi,
sentivo che avrei potuto fare qualsiasi cosa dopo quello. Lo avevo
stracciato. Pensai che si sarebbe comportato bene, che per evitare che il
filmino della figlia girasse per la scuola avrebbe evitato ogni scontro, ma
Cristiano era un uomo imprevedibile e la sua imprevedibilità cambiò la mia
vita. Qualche giorno dopo l'esame di maturità, superato brillantemente,
anche se non a pieni voti, visto che Cristiano non cedette mai sulla sua
posizione, mio padre mi chiamò nel suo ufficio a lavoro. Pensavo che
volesse restituirmi il cellulare e la libertà come premio, invece mi fece
sedere e mi porse un CD Rom. Lo riconosci?, mi domandò con una
freddezza che mi aveva raggelato. So che non ha senso, era un CD qualsiasi,
senza nessuna scritta particolare, ma avevo capito subito di cosa si
trattava. Era il CD in cui era filmato il video della scopata con la figlia
del mio professore di matematica. Mio padre non mostrava nessuna emozione.
Mi disse che aveva visto il video, che lo avevo profondamente deluso, che
c'era differenza fra essere liberi ed essere degli stronzi senza coscienza.
Mi disse che l'unica cosa di cui era profondamente addolorato era che non
poteva smettere di essere mio padre, ma quello che avrebbe fatto, per il
bene di entrambi, era smettere di trattarmi come un figlio” Michela lo
fissava silenziosa, con lo stesso sguardo impassibile che suo padre aveva
quel giorno “Mi cacciò di casa. Mi informò che mi aveva già trovato una
sistemazione in un appartamento per studenti universitari. Una bettola con
quattro persone in una doppia, sulla Tiburtina. Mi disse, che per
tranquillizzare mia madre mi avrebbe pagato la retta universitaria, ma le
bollette, il cibo e il divertimento, me li dovevo guadagnare da solo. Disse
che i privilegi avevano annebbiato il mio giudizio, mi disse che i
privilegi andavano guadagnati, mi disse che io non ero degno dei privilegi
che mi erano stati concessi. Durante l'università, per potermi mantenere,
facevo tre lavori. Mi sono laureato in giurisprudenza in tre anni e una
sessione con il massimo dei voti. Mio padre non si presentò alla mia seduta
di laurea, vennero solo mia madre, mia sorella maggiore e mia zia Anna, in
rappresentanza della famiglia Ferri. Ho superato l'abilitazione al primo
colpo e qualche mese dopo, ho trovato lavoro nello studio di Petroli, che
era un vecchio amico di mio padre, anche se non ho mai ricevuto privilegi
per questo. Mio padre mi rivolge a malapena la parola da dieci anni,
figurarsi se muoverebbe un dito per me. Ho comprato il mio appartamento
tutto da solo e pagherò il mutuo per i prossimi vent'anni, nonostante la
mia famiglia sia molto più che abbastanza benestante, come ti sarai
accorta” Michela era troppo silenziosa e quel soliloquio cominciava ad
agitarlo “Nonostante la famiglia di mia madre sia una nota famiglia di
palazzinari, nonostante un giorno erediterò, insieme a mia sorella, non so
quanti appartamenti disseminati per Roma” sospirò, come se si fosse
finalmente liberato da un peso.”Resterai ancora per molto in silenzio?
Perché la mia storia è finita!”
“Cosa dovrei dire?”
“Quello che ti passa per la testa” esternò lui, carezzando il viso ambrato
di lei
“Perché me lo hai raccontato? Perché mi hai raccontato un episodio della
tua vita che mi conferma solo che sei un uomo prepotente, che sei un
bastardo manipolatore e vendicativo?” scosse la testa sgomenta “Perché?”
Perché era quello che lei aveva chiesto, anche se non immaginava di
scoperchiare un antico vaso
. “Perché volevi saperlo ed io ho risposto alla tua insistente domanda”
sostenne fermo “Ero solo un ragazzo, Michi, ma sono cambiato. Mio padre,
anche se ho sempre pensato che avrebbe potuto trovare una soluzione meno
radicale, mi ha aiutato ad essere un uomo migliore del ragazzo che ero”
sostenne orgoglioso “Mi sono guadagnato il suo perdono, anche se lui non
sembra essersene accorto. Per dieci anni ho provato ad espiare la mia
colpa, ma sembra che non sia mai sufficiente”
“Cosa ti aspettavi da lui? Cosa ti aspetti da me? Vuoi che ti dica quanto
sei stato bravo o preferisci un lungo applauso?”
“No, niente applausi, niente bravo Giacomo. Che cazzo, Michi, tu sei
identica a mio padre!” Michela strinse gli occhi furiosa, fissandolo con
astio. “Tu hai fiducia nelle persone; una fiducia incondizionata. La
maggior parte della gente non si fida del prossimo. Erge muri e preclude la
mente. Con la gente normale bisogna acquistare punti fiducia; perché la
fiducia è una cosa che si conquista lentamente, ma per quelli come voi è
diverso. Voi partite da fiducia dieci, quindi non si può migliorare, si può
solo perdere punti. E i punti persi difficilmente si riesce a recuperarli.
Voi non ergete muri per difendervi dal prossimo e poi togliete mattone dopo
mattone, per concedergli uno spiraglio, voi il muro lo tirate su,
aggiungendo mattone dopo mattone ad ogni errore, finché i muri sono
diventati troppo alti e le persone che vi amano restano fuori e senza
possibilità di rientrare”
“Non capisco dove vuoi andare a parare”
“Io sono mortificato di non essere perfetto, di commettere errori
imperdonabili, ma imparo dai miei errori e provo a migliorare me stesso.
Perché nessuno dei due riesce ad apprezzarlo? Mi dispiace di averti ferita,
di averti usata, di non aver capito prima quanto tu fossi importante per
me, ma sto cercando di recuperare”
La ragazza sospirò profondamente “Giacomo, recuperare cosa? Stai
inutilmente complicando le cose. Tu non sei capace di stare con una sola
donna e non sarai mai capace di prenderti cura di questo bambino. Non
capisco perché continui ad insistere. Sai come andrà a finire: che ti
stancherai e mi lascerai da sola ad occuparmi di lui. A quel punto, dimmi
cosa sarà di me e di tuo figlio quando questo accadrà?”
Se ne occuperanno i miei solerti genitori
! pensò, senza esternare quel pensiero che avrebbe fatto arrabbiare la
ragazza. “In Turchia ho conosciuto una donna”
“E che vuoi che me ne importi?” domandò attonita “Vuoi già raccontarmi
della donna che ti spingerà ad abbandonare la tua quasi famiglia?” lo
schernì svagata
“Era una donna anziana” puntualizzò serio “Abbiamo chiacchierato molto e
abbiamo parlato molto di te. Mi ha detto che non sarei mai riuscito a
trovare la donna della mia vita se fossi stato tutto il tempo impegnato a
scansarla” le sorrise con il cuore gonfio nel petto “Ho smesso di
scansarla, ho smesso di chiedere e di farmi domande, ho deciso di seguire
l'istinto. Tutto quello che è successo tra noi, questo bambino che forse
non nascerà mai, tutto quello che ho combinato. Tutte queste cose mi
aiutano a crescere. Io voglio stare con te, Michela Pergolesi. Ti prego,
non fare come mio padre, cerca di vedere oltre i miei errori, non lasciarti
accecare dalla delusione. Accetta i miei errori e, anche se non potrai mai
perdonarmi, cerca di vedere quello che poi sono diventato, non quello che
ero”
La ragazza affondò le mani nei corti capelli, abbassò la testa, chiuse gli
occhi e spinse con forza i palmi contro le tempie. “Non ti permetterò più
di spezzarmi il cuore!” pronunciò in un sussurro
Giacomo afferrò i sottili polsi della ragazza e allontanò le mani che
ancora spingevano con rabbia contro le tempie. Michela sollevò lo sguardo e
fissò i suoi splendidi occhi neri in quelli verdi di lui. “Non lo farò”
“Tu sei un bugiardo. Tu lo farai di nuovo. Lo farai altre mille volte”
sbottò, combattendo contro se stessa. “È nella tua natura, Giacomo!”
“Spezzami il cuore, Michi” ordinò lui risoluto
“Cosa?” fece la ragazza, fissandolo dubbiosa
“Io ti amo, quindi da questo momento in poi anche tu potrai spezzarmi il
cuore”
“Tu cosa?”
“Io ti amo” ripeté senza esitazione
Michela cercò di divincolarsi. “Lasciami, brutto idiota” urlò stizzita “Io
non voglio stare con te. Tu devi lasciarmi in pace! Non cadrò nel tuo
stupido trabocchetto”
Le sue urla avevano svegliato la bambina, che aveva cominciato a piangere
disperata. Forse se l'avesse chiusa in un armadio, avvolta in una coperta,
il pianto sarebbe risultato attutito e lui avrebbe continuato quella
fondamentale discussione con Michela. Sperò che suo figlio, semmai fosse
mai nato, non avrebbe avuto la stessa ugola della cuginetta. “Meglio”
replicò flemmatico “Se non vorrai stare con me, mi spezzerai il cuore e
allora saremo finalmente pari” appoggiò le sue labbra su quelle della
ragazza “Michi, fidati di me”
“Non posso” sussurrò. La sua voce era coperta dalle urla della bambina
“Lasciami Giacomo, devo occuparmi di Nicole”
“Michi” lasciò rassegnato i polsi della ragazza “Ti lascerò andare se è
questo che desideri, ma io ti amo per davvero”
La ragazza si alzò e sollevò la bambina dalla culla, stringendola al petto.
Andava avanti e indietro nella stanza in attesa che si riaddormentasse,
carezzandole la schiena e sussurrandole parole segrete e silenziose.
Giacomo la fissava, ipnotizzato da quei movimenti ripetitivi. Scosse la
testa, come per ridestarsi da un sogno fatto ad occhi aperti, si rialzò
lentamente e indossò la tuta grigia che usava per la notte. Rimase in piedi
a fissarla seccato, ma consapevole dell'inevitabile. Michela aveva fatto la
sua scelta. Era, inizialmente, sicuro che sarebbe riuscito a convincerla,
ma la sua risolutezza cominciava a traballare. Lei era irremovibile. Lo
aveva condannato senza possibilità di appello. Lei non si fidava più di
lui. Gli vennero alla mente le parole che aveva letto in un libro della
Fallaci. Un cappello pieno di ciliegie. Un mattone di quasi
novecento pagine che narrava delle vicende familiari dell'autrice dalla
fine del 1700 alla fine del 1800, passando attraversi un secolo di storia.
All'inizio non aveva capito perché la madre glielo avesse regalato per il
suo ventunesimo compleanno, non era il suo genere di libro, un libro da
femmina, pieno di introspezione e di storie raccontate bene, ma
esageratamente lente per il ragazzo che era allora. Eppure, mentre
proseguiva nella lettura della storia, anche se con troppa lentezza ne
venne rapito, perché comprese le ragioni di quel regalo. Sua madre voleva
parlargli, attraverso quel libro.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza
svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal
voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti
senti ingannato, beffato, umiliato. La vittima d’una ingiustizia che
non t’aspettavi, d’un fallimento che non meritavi.
A quei tempi aveva pensato che quelle parole rispecchiassero con precisione
i sentimenti di suo padre e che se era così che si sentiva l'uomo che lo
aveva cresciuto: ingannato, beffato, umiliato, tradito, allora non lo
avrebbe mai più perdonato. Ed in quel momento, guardando Michela che
cullava la bambina, quelle parole gli ritornarono prepotentemente alla
mente. Per la prima volta realizzò che anche se ci si sforzava di imparare
dai propri errori non sempre era possibile recuperare, forse doveva
imparare a non ferire le persone se non voleva perderle.
“Spero che il nostro bambino sia meno piagnone, altrimenti prima che vada
alla materna, noi saremo sotto tre metri di terra” osservò rimettendo la
bambina nella culla
Giacomo rimase per un attimo confuso. Fermo, immobile, inchiodato al suolo.
“Sei sicura?” balbettò incerto
Michela strinse con forza il legno della culla, sospirò profondamente e si
voltò. “Giacomo, non mi interessa se ti stancherai di me, non mi importa
nulla se deciderai di stare con Valeria, Fausta, Giovanna o Lucrezia o in
qualunque modo si chiamerà la tua donna del momento, ma se ti stancherai di
tuo figlio, se lo ferirai, lo deluderai e lo userai come hai fatto con me e
come fai con chiunque ti stia accanto, giuro su mio padre che io ti uccido”
latrò come una leonessa
Il ragazzo si avvicinò e le cinse i fianchi, spingendo il corpo della
ragazza contro il suo. “Fidati di me!” abbassò la testa, appoggiando la sua
fronte su quella calda di lei “Ti amo” era la prima volta che lo diceva ad
una donna con tanta sincera convinzione. Spinse le sue labbra su quelle
calde e umide di lei, perdendosi nel sapore della sua bocca. Si staccò di
malavoglia e rimase in attesa che le stesse due parole fossero pronunciate
anche dalla ragazza, con la stessa enfasi, lo stesso trasporto, la stessa
convinzione, ma quelle parole non arrivavano. La ragazza si girò e rimboccò
meglio la copertina di cotone arancio nella culla della bambina. “Posso
sperare di appianare le nostre ultime divergenze tra le lenzuola, in una
sana ginnastica da letto?” domandò indispettito, cercando di mascherare la
sua delusione “Ne ho una voglia matta e disperatissima. Ho voglia di te”
esternò con la voce arrochita dal desiderio “Michi” sussurrò appena,
stringendo la ragazza e perdendosi nel profumo fruttato che emanavano i
suoi corti capelli.
“Dovrai essere molto più convincente di così” esternò la ragazza con voce
piatta, anche se il suo respiro era pesante e il suo petto si sollevava
rapido; era evidente che anche lei combatteva contro il suo stesso
desiderio “La bambina domani mattina ritornerà a casa, sono sicura che
avrai molte più possibilità di riuscita” lo pungolò, rimanendo immobile tra
le sue braccia
Michela lo aveva nuovamente lasciato in bilico fra ciò che lui desiderava e
ciò che lei le concedeva. Era combattuto! Avrebbe voluto afferrarla per le
spalle, voltarla con forza e baciarla finché non avesse cambiato idea,
finché accondiscendente non si fosse arresa alle sue voglie, ma sarebbe
stato il solito Giacomo di cui lei non si fidava, le avrebbe solo porto su
un piatto d'argento l'ennesimo mattone per il suo muro di sfiducia. Era
frustrato per quella incerta condizione in cui Michela lo aveva fatto
sprofondare. Era sicuro che nel momento in cui le avesse confessato di
amarla lei avrebbe ceduto, che quel capitolo si sarebbe chiuso e che
sarebbero vissuti felici e contenti fino al capitolo successivo, invece non
era stato così; lei continuava con quella sua immotivata ritrosia. Ma,
sapeva che era solo questione di tempo, la ragazza aveva scelto di tenere
il bambino. C'era riuscito! Era riuscito a convincerla del suo
sincero desiderio di crescere il loro bambino, sarebbe riuscito anche in
quella nuova impresa. Michela lo desiderava, temeva solo che lui la ferisse
nuovamente, ma lui l'avrebbe protetta; loro sarebbero stati una famiglia,
lui sarebbe diventato papà.
Il pensiero gli strinse per un attimo il cuore nel petto. La sua vita aveva
preso una strana inimmaginabile piega... un figlio! Chi lo avrebbe
mai detto!
“Non mollo, Michi” replicò rilassato “Sono un ragazzo pieno di risorse e ho
ancora quattro giorni per convincerti ad intrattenerti con il padre di tuo
figlio in attività ludo-ricreative di elevatissimo livello” la stuzzicò,
cercando di smorzare la tensione che era dentro di lui
“Non credi di sopravvalutare un tantino le tue capacità?” domandò la
ragazza divertita
Giacomo sollevò il labbro in un sorriso sornione. “Mi piace questo gioco,
mi eccita da morire questa tua ritrosia. Mi concedi nuovamente la
possibilità di sedurti?” avvicinò le labbra all'orecchio della ragazza,
soffiando le parole in un roco sussurro. “Sento la tua eccitazione, Michi.
Ricordi, niente più muri. Nessun muro potrebbe resistere a questo mio
desiderio”
La ragazza si voltò e carezzò il viso del ragazzo con tenero trasporto,
spingendo le sue labbra contro l'orecchio sinistro del ragazzo. “Seducimi
senza desiderio ed eccitami senza cogliere il frutto”
Il respiro della ragazza, solleticando la pelle del suo orecchio, lo fece
vibrare di desiderio.
Cosa voleva dire?
Cosa gli stava chiedendo? In che modo poteva sedurla ed eccitarla senza
sesso e senza desiderio?
Qualunque significato avevano quelle enigmatiche parole, aveva preso la sua
decisione e non si sarebbe arreso finché non se la sarebbe ripresa.
Michi e il bambino erano la sua famiglia!
Nel prossimo capitolo farò un nuovo esperimento... alternerò il pensiero di entrambi su un medesimo evento. Lo avevo già fatto in un altra storia, ma era in
prima persona, provo a farlo in terza persona saltellando nella mente dei due protagonisti.
Spero di riuscire a riaggiornare in tempi brevissimi... ma non garantisco assolutamente nulla!
Per ora vi saluto e vi auguro un buon fine settimana.
Un abbraccio
Lella