Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover
Segui la storia  |       
Autore: TwistedDreamer    18/07/2017    0 recensioni
«Cioè, fammi riassumere un attimo la situazione. Il famoso "punto" della questione è che Brian voleva solo scopare e tu ti sei innamorato?»
«Dom, perché nei tuoi riassunti io sembro sempre la ragazzina sedotta e abbandonata?»
«Perché lo sei, Matt!!! Sei una fottuta ragazzina! Come ti salta in mente di innamorarti di Brian Molko? Dopo che lui ti ha chiaramente intimato di non farlo, per di più!»
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8

Il backstage del festival è immenso ed è, ovviamente, un gran casino di gente che va e viene, trasportando le cose più varie, da vassoi pieni di cibo a immensi gomitoli di cavi elettrici. Brian siede su una delle casse che contengono gli strumenti e l’attrezzatura dei Placebo, in silenzio. Finge di ascoltare il gruppo francese che sta per concludere la sua esibizione, ma in realtà fissa il vuoto, l’ansia crescente tradita solo dal nervoso agitare dei piedi penzoloni. Stefan, in piedi accanto a lui, non trova di meglio che offrirgli una presenza silenziosa ma solida e lui gliene è estremamente grato. Steve, Nick e Fiona stanno chiacchierando poco distanti da loro e devono aver intuito che quella è una delle giornate in cui è meglio lasciarlo stare. È grato anche a loro.
Ogni piccolo movimento inaspettato alle estremità del suo campo visivo lo fa sobbalzare, si aspetta che Matt spunti da un momento all’altro, ma i minuti passano e lui non arriva. Ovviamente, perché dovrebbe arrivare due ore prima del previsto? Non di certo per ascoltare lui cantare, né sperando di incontrarlo prima dell’esibizione dei Placebo.
Brian sbuffa, irritato dai suoi stessi pensieri, guadagnandosi un’occhiata interrogativa da Stefan.
È quasi tentato di andare a fare un giro, ma il pensiero di incontrare Matthew lo terrorizza quanto quello di non incontrarlo, quindi afferra saldamente il bordo della cassa e lo stringe, tanto per ricordare a se stesso di non scendere.
 
***
 
8 maggio
Matt fece un sonoro sbadiglio e allungò le gambe davanti a sé, socchiudendo gli occhi e godendosi il piacevole calore del sole che aveva appena fatto capolino da una nuvola. Brian, seduto accanto a lui sulla panchina del grande giardino condominiale, fece un verso di disapprovazione.
«Ma si può sapere perché non te ne vai a casa a dormire?»
Aveva ragione, ovviamente. Era rientrato quella mattina da Los Angeles dopo troppe ore di volo e invece di cedere alla stanchezza e al jet lag – il suo corpo credeva fossero circa le due di notte – aveva deciso di onorare la promessa fatta a Cody prima della sua partenza e aveva portato Angus in giardino per farlo giocare col bambino, che infatti cercava da una buona mezz’ora di farsi riportare una palla senza alcuna speranza di successo.
«Non ho così tanto sonno.» replicò, ma la bugia fu smascherata da un altro sonoro sbadiglio. Brian inarcò le sopracciglia e lo guardò scettico. Evidentemente decise di lasciar perdere, perché cambiò argomento.
«Com’è andata a Los Angeles?»
«Bene…!»
«Sembri sorpreso.»
Matt ridacchiò, vagamente a disagio.
«No, è che prima di arrivare ho sempre il terrore che Bing non mi riconosca.»
«Come fa a non riconoscerti? Ti vede quasi ogni mese!»
«Sì, ma…» si interruppe. «Lascia stare, so che è una paura stupida, ma non mi sento proprio il padre dell’anno, ecco.»
«Ci provi, Matt.» cercò di consolarlo. Poi, lanciando uno sguardo a Cody in lontananza, aggiunse: «Ci proviamo tutti.»
«Vorrei solo che si trasferissero qui.» sospirò Matt, passandosi una mano sugli occhi.
«È una possibilità?»
«Non al momento. Forse fra qualche anno, quando Bing comincerà ad andare a scuola. L’istruzione europea è sempre migliore di quella americana.»
«Hai ragione.» convenne Brian.
Il discorso fu troncato dall’arrivo di un sudatissimo Cody, seguito da Angus, sempre scodinzolante.
«Matt, secondo me questa palla non gli piace.» borbottò, sedendosi tra loro sulla panchina.
«Davvero? Credevo fosse la sua preferita!»
«No! La sua preferita è quella gialla con l’odore particolare!»
«Eh, Matt! Come fai a non ricordartelo?» rincarò la dose Brian, sarcastico.
«Credo che quella gialla si sia persa.»
«No!» esclamò il bambino, sinceramente dispiaciuto, come se si fosse perso uno dei suoi giocattoli preferiti. «Come ha fatto a perdersi?»
«Un pomeriggio, al parco, è finita nel laghetto.»
«E tu l’hai lasciata lì?» fu la domanda accusatoria, neanche avesse abbandonato un essere vivente.
«Matt, sei proprio un teppista! Dopo tutte quelle canzoni sul rispetto dell’ambiente!» continuò Brian con tono ilare, per il puro piacere di affondare il coltello.
Dannati Molko.
«Va bene, va bene, domani pomeriggio andiamo a comprarne un’altra, ok? Vieni con me, così la scegli tu.» propose, issando bandiera bianca.
Cody cambiò improvvisamente espressione, distogliendo lo sguardo, e mormorò: «Domani non posso.»
Brian si accigliò.
«Perché non puoi?»
«Mamma e Ben vogliono andare allo zoo…» borbottò.
Brian incassò il colpo trasformandosi in una statua di cera e congelando l’espressione sul suo viso prima che potesse mostrare segni di disappunto. Matt gli invidiò quella capacità di controllo e lo invidiò ancora di più quando gli sentì chiedere, con la voce più tranquilla del mondo: «E perché lo dici con quella voce? Non sei contento?»
«Sì, sì.» fece il bambino, poi cambiò subito argomento, rivolgendosi a Matt: «Allora possiamo andarci lunedì?»
«Certo.» rispose quello, gli occhi fissi su Brian che ora era concentrato su un punto imprecisato di fronte a lui. Era chiaro che Cody non amava parlare di Ben davanti al padre, doveva aver capito quanto la cosa lo ferisse e cercava di nascondergli, a modo suo, quanto quel piccolo nucleo familiare si stesse rafforzando. Il bambino che proteggeva il padre. Matt pensò che fosse la cosa più tenera e allo stesso tempo più triste a cui gli capitasse di assistere da molto, molto tempo.
Più tardi, rientrato a casa, poco prima di andare – finalmente - a dormire, afferrò d’istinto il cellulare e scrisse un messaggio: “Non vorrei intromettermi, perché so che il rapporto con tuo figlio è forse la cosa di cui sei più geloso sulla faccia della terra, ma voglio dirti una cosa. Non importa chi lo porti allo zoo, Brian. Sei presente ogni giorno della sua vita, vi adorate a vicenda nessuno potrà mai rimpiazzarti. Tu sei bravo a controllarti, ma Cody è fin troppo perspicace. Non costringerlo a tenerti lontano da una parte della sua vita, cerca di accettare la situazione. Buonanotte”.
Matt interpretò l’assenza di una risposta pungente come il segnale che Brian avesse deciso di valutare seriamente il contenuto del messaggio.

 
***

Un movimento di Stefan, alla sua sinistra, gli fa alzare lo sguardo. Il bassista sta salutando qualcuno che gli viene incontro e che Brian, dalla sua angolazione, non riesce a vedere finché questi non entra nel suo campo visivo, rivelandosi essere un altro bassista: Christopher Wolstenholme.
Cazzo.
Se lui è qui, sarà qui anche LUI.
Chris si avvicina a Stefan e gli porge la mano in segno di saluto, poi la agita in direzione di Brian. Qualcosa nella sua espressione è cambiata, rispetto a quando si sono incontrati nel parcheggio del Werchter e dalla consapevolezza nel suo sguardo Brian capisce che deve essere stato messo al corrente della situazione.
«Chris!» sta intanto dicendo Stefan, «Siete già arrivati?»
Brian ringrazia mentalmente il suo migliore amico, perché sa che quella domanda è stata fatta a suo esclusivo beneficio.
«Sì, in hotel non c’era più niente da fare e abbiamo pensato di venire a goderci un po’ il festival prima di suonare. Matt e Dom sono laggiù» dice, indicando la zona dalla parte opposta del palco, Brian fa del suo meglio per non seguire con lo sguardo la direzione del suo braccio, «io stavo andando a prendere qualcosa da bere.»
«La zona catering è ben fornita.» commenta Stefan.
«Infatti stavo andando proprio là.» ribatte l’altro con un sorriso, «A più tardi.»
«Ciao.»
«Ciao.» fa eco Brian.
Attende che il bassista se ne vada, poi lancia furtivamente uno sguardo che attraversa il retro del palco e si posa su una cassa nera con una figura magrolina seduta sopra. Gli scappa un risolino incredulo: sono seduti esattamente nella stessa posizione. Da dove si trova non riesce a vedere Dominic, ma è sicuro che sia nei paraggi.
Stefan segue la direzione del suo sguardo e si unisce alla sua risata.
«Certo che siete proprio fatti l’uno per l’altro.» commenta, guadagnandosi una gomitata infastidita.
«Non siamo un bel niente, Stef, non dire idiozie.»
«Certo, certo.» lo rabbonisce, «Comunque, lo sai che tocca a te andare a parlare con lui, vero?»
Brian strabuzza gli occhi e lo guarda come se fosse impazzito.
 
***

 
12 maggio.
Il pallore delle loro mani faceva a gara col candore delle piastrelle su cui erano premute; sulle braccia intrecciate finivano le gocce d’acqua, dopo aver percorso la linea delle spalle, in caduta libera dai capelli che si mischiavano - nero contro castano - confondendo i loro colori. Matthew stava tracciando una scia di baci che dalla punta della spalla di Brian muovevano verso il suo collo. Il rumore dell’acqua che cadeva su di loro era sovrastato da quello dei loro gemiti che andavano all’unisono, al ritmo delle spinte che li allontanavano e immediatamente riavvicinavano, come se anche la più piccola distanza tra loro non fosse tollerabile. L’orgasmo li colse all’improvviso, le gambe tremanti li fecero sbilanciare all’indietro e accasciare a terra senza forze, ancora scossi dalle ultime ondate di piacere.
Qualche minuto prima, Matthew si stava godendo la potenza del getto d’acqua sulla pelle, sentendo i muscoli rilassarsi dopo un intero pomeriggio passato nel letto di Brian, quando il padrone di casa aveva ben pensato di intrufolarsi nella doccia di soppiatto con la scusa più vecchia del mondo.
Posso lavarti la schiena?
Brian, quella non è la mia schiena…
 
L’acqua della doccia continuava a scendere, ignorata dalle due figure aggrovigliate che riprendevano fiato sotto il getto. Matt sedeva con la schiena addossata al muro e le gambe distese, Brian era scompostamente adagiato su di lui, i lunghi capelli neri, resi leggermente ondulati dall’umidità, si aprivano sul petto di Matt, continuando a disperdere acqua. Entrambi i loro toraci si alzavano e abbassavano insieme, rallentando gradualmente il ritmo.
Il braccio destro di Brian era abbandonato su quello di Matt, le loro mani si sfioravano e nessuno dei due faceva niente né per interrompere quel contatto, né per intensificarlo. Lo sguardo di Matt si posò sulla linea nera che si stagliava sulla pelle diafana del polso dell’altro e mosse appena la mano per poterne seguire il contorno col pollice. Un triangolo equilatero inscritto in un cerchio.
«Non mi hai mai detto cosa significhi.»
«Non me l’hai mai chiesto.» rispose Brian, alzando il braccio per fargli osservare meglio il disegno del tatuaggio.
«Ho sempre immaginato che fosse qualcosa con un significato più complesso di quanto tu potessi ricordare.» lo prese in giro, e subito un gomito finì contro le sue costole, trasformando la risata in colpi tosse.
«L’ho fatto per celebrare i miei cinque anni di sobrietà.» lo informò, poi. «È un simbolo che ha moltissimi significati, alcuni piuttosto complessi, ma diciamo che per me rappresenta il ritrovato equilibrio della mente e del corpo.»
«Cazzo, Brian, se non ti conoscessi penserei che sei un tipo new age che fa solo sesso tantrico e comunica con le foglie degli alberi.»
 
*
 
«Matt, tu sei un idiota.»
Dominic si dà una manata sulla fronte e poi scende a stropicciarsi gli occhi.
«Lui ti fa queste confessioni così intime e personali e tu rispondi la prima cazzata che ti viene in mente? Ci credo che è scappato.»
«Ma io non mi sarei mai aspettato una confidenza del genere!» protesta Matt, «Mi ha colto alla sprovvista, mi sono sentito vagamente a disagio e come ogni volta…»
«Come ogni volta, quando sei a disagio spari la prima cazzata che ti viene in mente.» conclude Dominic.

 
***
 
Matt è sempre seduto nella stessa posizione, fissa il palco e dondola i piedi, le mani saldamente ancorate al bordo della cassa. C’è un po’ di spazio accanto a lui ed è lì che Brian va a sedersi, in silenzio, guardando il palco anche lui. Sa che Matthew si è irrigidito non appena ha registrato la sua presenza, ma non è niente che non avesse previsto.
«Ma guarda, è proprio Brian Molko che mi onora della sua attenzione.»
Continua a guardare in lontananza. Il sarcasmo che usa è debole, quasi forzato, e lascia trapelare un velo di amarezza, ma nonostante ciò Brian deve mordersi la lingua per trattenere una risposta a tono. Si aspettava che Matt fosse ancora risentito nei suoi confronti e sapeva che non gli avrebbe reso le cose facili.
«La gente intorno a me è stata tanto carina da farmi notare che ti dovevo delle scuse…» esordisce.
Matthew finalmente posa su di lui quello sguardo cristallino, gli occhi blu accesi da una scintilla di irritazione, e inarca un sopracciglio.
«Ah, la gente intorno a te?»
«Helena.» specifica tranquillo, cercando di non lasciarsi intimorire «E Stefan.»
«Quindi mamma e papà ti hanno sgridato e hai deciso di fare il bravo e venire a chiedere scusa?»
Brian sospira. Decisamente Matt non gli sta rendendo le cose facili. Fissa lo sguardo sul palco e comincia a raccontare, quasi assorto.
«Per quindici anni non ho quasi avuto momenti di sobrietà. Tu mi hai conosciuto davvero da pochi mesi, per cui probabilmente tendi a dimenticare o non hai mai capito davvero in che stato mi trovassi… prima. Annegavo nell’alcool e nella cocaina tutte le mie insicurezze, le paure, i dolori, i cuori infranti. Sai come succede, ti ritrovi ad avere troppi soldi all’improvviso, troppa gente che si interessa a te, troppa pressione dai “pezzi grossi”. So che sembra il classico cliché della rockstar e in gran parte lo ero, ma ciò non ha reso meno grave la mia dipendenza. È successo che ho saltato a piè pari un periodo di vita in cui la gente normale impara a coltivare i rapporti con gli altri e anche le relazioni d’amore.» arrischia un’occhiata verso di lui e incontra il suo sguardo attento, che gli fa perdere un battito. Riprende a parlare prima che l’altro intervenga: «Non sto dicendo tutto questo per giustificarmi, voglio solo che tu capisca.» accenna a un sorriso timido, poi abbassa lo sguardo a osservare gli anfibi che ha ai piedi. Sono graffiati, usurati, ma restano i suoi preferiti, li indossa sul palco da tempo immemorabile e non riesce a decidere di buttarli.
«Comunque,» prosegue, «poi, nove anni fa, è nato Cody. Ho passato circa un anno e mezzo a promettere ad Helena che mi sarei disintossicato del tutto per lui, per loro, ma ogni sera puntualmente la deludevo, finché non è stato troppo. Non avevo mai creduto davvero che l’avrebbe fatto, nonostante le continue minacce, ma mi ha lasciato e mi ha messo davanti a un ultimatum: o Cody o lo sballo. Ho scelto Cody, ovviamente. Mi sono disintossicato da tutto, anche da ciò che mi poteva indurre in tentazione come le feste e i locali notturni. Non credo che tu possa immaginare il contraccolpo che ho avuto quando, dopo oltre un decennio di emozioni anestetizzate, mi sono ritrovato ad affrontarle tutte in una volta e a combattere con la fine dell’amore della mia vita e la lontananza forzata da mio figlio.» gli trema la voce al solo ricordo di quel periodo buio, della stanza della clinica in cui si era volontariamente relegato, delle crisi di astinenza, dell’assenza di contatto umano se non con psicologi e dottori, della voglia spasmodica di spegnere tutto, di fuggire, di farla finita, di arrendersi. Si ferma un attimo per ricomporsi e Matthew - gli è grato – attende. La sua presenza lì, la sua attenzione discreta, la sua disponibilità lo commuovono profondamente.
«Non so come io abbia fatto a superare tutto questo. L’unica cosa che so è che allora mi sono ripromesso che non mi sarei mai più trovato in una situazione che anche lontanamente potesse spingermi a tornare in quello stato e, conseguentemente, mi sono sempre tenuto alla larga da nuove relazioni, perché se finissero male, se io dovessi rimanerne deluso o soffrirne, so che il mio primo istinto sarebbe attaccarmi a una bottiglia e non me lo posso più permettere.»
Fa un respiro profondo e si passa le mani sui jeans scuri. Matt continua a tacere, lui ingoia un rospo immaginario e conclude: «Mi dispiace essere sparito in quel modo. Hai ragione quando dici che sono un adolescente, a volte, e ora ti ho spiegato il perché. Le cose tra di noi stavano superando il confine che ho deciso di tracciare intorno a me e non avevo intenzione di lasciarlo accadere. Forse avrei dovuto parlartene prima o sul momento, o rispondere al telefono.» gli scappa una risatina totalmente inopportuna, ma deve sfogare la tensione in qualche modo.
«Grazie». Tra tutte le risposte possibili, Matt ha dato quella che Brian meno si sarebbe aspettato e non riesce a trattenere un’occhiata perplessa nella sua direzione. Incontra il blu di quegli occhi e cede, per un attimo si abbandona, pensa che sarebbe facile arrendersi, scavalcare i confini, provare a stare con Matthew senza inibizioni, vedere dove li porteranno la chimica che hanno sempre avuto, l’intesa che hanno creato e l’affetto che stava nascendo, ma poi si riscuote. È tutto un bel sogno, ma lui non ha il coraggio di provare a farlo avverare. La sua vita ha raggiunto un equilibrio quasi perfetto e rischierebbe troppo a tentare di rivoluzionarlo.
«Grazie per avermi spiegato tutto questo.» prosegue l’altro, «So che non dev’essere stato facile. Certo, avrei preferito che tu me l’avessi detto qualche mese fa, ma non so a quanto sarebbe servito, credo che ci troveremmo lo stesso in questa situazione.»
Brian fa per dire qualcosa, ma Matt lo interrompe: «Ti prego, fammi finire, voglio dirti come la penso. Ho capito quello che mi hai detto, ho capito perché te ne sei andato e perché non tornerai, però devo dirti anche che mi sembra una cosa assurda e allo stesso tempo tristissima il voler rinunciare a priori a innamorarsi, anzi, ad approfondire qualsiasi rapporto umano per paura di innamorarsi. E non lo dico solo perché sono di parte, lo penso in generale, per quanto il motivo che ti ha spinto a prendere questa decisione sia serio. Sono passati anni da quel periodo, Brian, e prima o poi dovrai ricominciare ad avere una vita normale.»
«Forse.» replica, «Ma non credo di poter ricominciare oggi, Matt, mi dispiace.»
Sa che deve alzarsi di là, sa che deve tornare dalla sua band e smettere di importunare lo sfortunato Matt Bellamy che è finito tra le sue grinfie. A parte tutto, i loro tecnici hanno quasi finito di allestire il palco e i Placebo dovranno entrare in scena entro qualche minuto, quindi è decisamente l’ora di tornare.
Scivola lentamente verso il bordo della cassa e fa un piccolo saltello per scendere, atterrando senza fare rumore. Matthew sembra assorto in mille elucubrazioni e non può dargli torto: sicuramente gli ha dato molto a cui pensare.
«Ora devo andare, tra poco tocca a noi. Buon concerto.» gli augura.
«Grazie» risponde quello, automaticamente. Poi, quando Brian è ormai di spalle e sta già muovendo qualche passo, riprende a parlare. «Vorrei che tu ci ripensassi.» gli dice, tutto d’un fiato, lui si volta a guardarlo, per una volta senza parole. «Vorrei che tu lo facessi per me. Non devi decidere ora, però per favore, contempla la possibilità.»




Note di servizio:
Il prossimo capitolo è l'ultimo e poi c'è un piccolo epilogo. Verranno postati insieme, quindi se cliccherete su "ultimo capitolo", andate di un capitolo indietro ^__^
Grazie a chi passa di qui, a presto!
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > MultiBand/Crossover / Vai alla pagina dell'autore: TwistedDreamer