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Autore: Huilen4victory    22/07/2017    1 recensioni
La storia di Seokjin e Namjoon, come si sono incontrati, le difficoltà che hanno attraversato, come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza.
“Signora Kim, Signor Kim, vostro figlio Kim Namjoon è l’anima gemella dell’erede dei Kim, Kim Seokjin.”
Improvvisamente tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono su di lui. Namjoon si sentì di nuovo come quella volta in cui aveva rotto senza volere la tazza preferita di sua madre. A quel punto, si disse, tanto valeva mangiare qualcosa. Si infilò un cornetto in bocca per evitare di urlare.
La sua vita, lo sapeva, era sul punto di cambiare ma non sapeva se questa volta avrebbe gradito la svolta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.4


 


 

Ricordava bene l'odore acre di fumo e di come era stato quasi schiacciato dalla folla mentre cercava di avere una visuale del palco. Nonostante la sua altezza, non c'era niente che un tredicenne potesse fare per tentare di conquistarsi un po' di spazio in mezzo a quel marasma. Ma dopotutto non era esattamente una brutta cosa, in quel modo perlomeno sarebbe passato inosservato perché era vero che il Pub era frequentato da un sacco di gente fuori dalla norma, ma Namjoon era un po' troppo anche per il pub data la sua giovane età.

Ricordava bene anche il momento in cui era accaduto, come aveva controllato due volte quello stesso palco prima di credere ai suoi occhi, perché lassù, proprio di fronte a lui che sputava le sue rime come se la sua vita dipendesse da questo, c'era un ragazzino che reggeva possessivamente il microfono con pallide dita tremanti.

Dopo quella scena tutti i suoi piani erano andati in fumo. Era deciso. Doveva rimanere.

Non era stata sua intenzione quella di rimanere lì per troppo tempo. Namjoon era semplicemente stato curioso di controllare questo posto dopo che un paio di ragazzi più grandi della sua scuola, avevano parlato del Pub come il posto da non mancare se amavi la musica, e aveva quindi deciso di sgattaiolare nottetempo dalla sua stanza e andarci. Sorprendentemente era riuscito a farlo senza svegliare nessuno quando era uscito di nascosto dalla finestra, il che data la sua goffaggine era una sorta di miracolo, ma non voleva sfidare la sua fortuna e se sua madre avesse mai saputo che era fuori dal suo letto a quell'ora, sarebbe finito in guai seri.

Tuttavia, dopo aver visto che c'era qualcuno così giovane (non poteva essere troppo più grande di lui) su quello stesso palco su cui lui aveva fantasticato per settimane, i piedi erano rimasti incollati in quel punto e Namjoon era quindi rimasto fino alla fine dello spettacolo, nella speranza di vedere nuovamente quel ragazzo. Purtroppo il ragazzino aveva avuto solo un paio di versi nella canzone di chiusura di gruppo, ma Namjoon era stato contento di essere rimasto, lo spettacolo era stato fantastico e sarebbe stato un ricordo che avrebbe conservato con cura, sperando un giorno di aggiungerne di altri più preziosi.

Il suo cervello dopotutto aveva appena elaborato un paio di un piani e affinché funzionassero, aveva bisogno di quel ragazzino.

Aveva visto quest'ultimo scendere dal palco mentre la folla cominciava a disperdersi lentamente ma Namjoon era rimasto lì giusto in tempo per vedere il ragazzo entrare nella stanza sul retro da cui lui si era intrufolato prima. Aveva trovato la porta aperta e la confusione era tale, che nessuno si era accorto dell'ingresso di un ragazzino. Quindi Namjoon era uscito di corsa dal pub, per farsi trovare nel vicolo su cui dava quella stessa porta.

Il ragazzo era uscito un paio di minuti dopo insieme ad altri ragazzi più grandi, ma questi ultimi si erano allontanati ridendo e fischiando, e per loro la notte era ancora giovane e quel momento solo l'inizio del loro divertimento. Il ragazzo era rimasto indietro fortunatamente, le mani che affondavano nelle tasche dei suoi jeans in cerca di un accendino e di una sigaretta.

Namjoon aveva deciso che fosse il caso di rendere la sua presenza nota e il ragazzo era sembrato sorpreso dalla sua alta silhouette, occhi che si riducevano a due fessure nel tentativo di capire se lui fosse un pericolo o meno. Ma non appena la faccia di Namjoon fu colpita dalla luce proveniente dalla porta aperta, il ragazzo aveva quasi sbuffato annoiato. Aveva acceso quindi la sigaretta rilassando le spalle.

"Che cosa ci fa un bambino fuori a quest'ora e in questo posto?" Aveva chiesto, il tono annoiato.

"Potrei dire lo stesso," Namjoon aveva risposto, felice di essere perlomeno alto dal momento che questo ragazzo lo intimidiva un sacco a dispetto delle sue dimensioni. Quella volta il ragazzo aveva finito per sbuffare per davvero.

"So come calciare molto bene, non importa se sei più alto di me,” aveva risposto in tono seccato.

"Bene, puoi farlo dopo, ma prima devo chiederti una cosa,” aveva detto Namjoon mentre l'altro si voltava verso di lui, sopracciglio inarcato in modo sdegnoso, come se non riuscisse credere all'impudenza di quel moccioso e se Namjoon era onesto con se stesso, neanche lui sapeva da dove veniva tutta quella baldanza.

"Insegnami.”

"Che cosa?"

"Avrai iniziato da qualche parte e non puoi essere tanto più grande di me, quindi chi meglio di te. Perciò insegnami! "Namjoon aveva ripetuto con veemenza, afferrando l'altro per le spalle in modo brusco come se fosse qualcosa di troppo importante da lasciar andare. Era stato allora che il ragazzo gli aveva dato un calcio. Forte.

E quello era stato come lui e Yoongi si erano conosciuti.

Ogni volta che Namjoon ripensava a quell'episodio non poteva fare a meno di sentirsi imbarazzato, era stato così pesante e insistente e allora non sapeva neppure quello che stava chiedendo veramente.

"Non è qualcosa che può essere insegnato, è qualcosa che hai, qualcosa che è in te,” Yoongi gli aveva detto quella volta, ma non aveva esattamente respinto la richiesta di Namjoon.

Namjoon non seppe mai cosa era stato che Yoongi aveva visto in lui quella notte, ma anche se non avesse detto subito sì, aveva lasciato che Namjoon continuasse a venire a salutarlo dietro le quinte e prima che ne rendessero conto, la cosa era diventata una routine. Namjoon sgattaiolava fuori per guardare gli spettacoli rap e Yoongi gli dedicava del tempo.

I loro incontri notturni si erano trasformati presto in pomeriggi e, alla fine, Yoongi aveva finito per insegnargli davvero come fare, anche se il maggiore insisteva nel dire che lui lo aveva semplicemente aiutato a togliere gli strati di qualcosa che c'era già. Il suo amico aveva avuto ragione. Perché Namjoon aveva sempre avuto pensieri da esprimere, parole da dire, così tanti che talvolta si aggrovigliavano nel suo cervello, causandogli orribili mal di testa. Scrivere i suoi pensieri lo aveva aiutato e avevano offerto un po' di sollievo, ma mettere in ordine quel groviglio affinchè acquistasse un senso era un'altra cosa. Non sapeva che nel sistemare quei pensieri armoniosamente su una traccia musicale, avrebbe finito col dare un senso anche a se stesso.

Era stato come trovare la via del ritorno a casa dopo essersi sentiti persi per così tanto tempo, era stato come tornare a respirare aria pura dopo anni di nebbia.

Era iniziato tutta quella notte, era iniziato tutto con Yoongi e Namjoon gli era grato in molti modi anche se non avrebbe mai potuto esprimere i suoi sentimenti in modo adeguato perché Namjoon era beh, se stesso, un disastro ambulante, e Yoongi era allergico alle dimostrazioni di affetto e non l'avrebbe mai permesso. Sarebbe finita con Yoongi che lo calciava di nuovo e lui sapeva per esperienza quanto fossero duri i suoi calci.

Yoongi che amava agire, che era duro e tutto spigoli, ma Namjoon aveva sempre saputo che sotto tutti quegli strati c'era una morbidezza di fondo. Ma dopotutto non era così difficile da capire era sufficiente ascoltare le sue canzoni per rendersene conto e tuttavia mai avrebbe pensato che quel che c'era sotto fosse così profondo. Era stato così stupido. Era stato così preso dalla sua tragedia personale tutto quel tempo che non aveva notato fin dall'inizio che se Yoongi era così bravo e in grado di trasmettere così tanto nonostante fosse così giovane, era perché quelle parole scaturivano dalle sue esperienze personali e da un cuore danneggiato quanto quello di Namjoon, o forse ancora di più.

Aveva sempre guardato Yoongi e lo aveva giudicato forte perché lo era. Ma era anche fragile come la persona che tanto lottava di essere.

Namjoon avrebbe voluto prendersi a calci da solo per tutte le volte in cui nonostante avesse saputo che Yoongi fosse dolorante, non aveva notato come questo dolore lo avesse spezzato.

Era il peggiore degli amici, pensò Namjoon mentre trascinava Yoongi fuori dall'atrio del palazzo e nella notte buia. Non potevano allontanarsi troppo comunque, perché Namjoon era ancora vestito del suo smoking, e anche dopo senza essersi tolto la giacca, attirava lo stesso un sacco di sguardi curiosi. Così entrarono rapidamente in una caffetteria, e comprarono due tazze di caffè fumanti da portare via e andarono verso il posto più vicino che avesse uno spazio su cui sedersi per una chiacchierata.

Erano finiti quindi in un parco e più precise sulle altalene, Namjoon sorseggiava dalla tazza di carta mentre guardava con preoccupazione crescente Yoongi. Non l'aveva mai visto così prima di allora, non aveva nemmeno provato a tirare fuori una sigaretta come era diventata sua abitudine ogni volta che si trovavano all'aperto, se ne stava seduto lì, spalle ricurve, che si dondolava leggermente sull'altalena che cigolava con suono triste. Namjoon non sapeva se doveva essere lui a intavolare la conversazione o se fosse meglio invece aspettare che fosse Yoongi ad aprirsi, e si sentiva così inutile e così impotente, ma fortunatamente il suo amico lo levò dall'impaccio. Namjoon lo udì sospirare, rassegnato, prima di aprire la bocca per parlare.

"Come ben sai sono nato un numero due, come te. La gente dice che siamo quelli giusti, che siamo quelli fortunati. Non ho mai pensato che avessero ragione e non ho mai pensato di essere fortunato. Ma ci sono alcuni vantaggi, devo ammetterlo. Essere numeri due mi ha permesso di non dovermi mai preoccupare della mia scelta di carriera, posso amare la musica, ma soprattutto mi lascia libero di provare a fare della musica una carriera. Era una piccola consolazione, ma mi ci aggrappavo con tutto me stesso perché era la mia sola consolazione. Li odio tutti Namjoon, per quello che pensano di essere, per quello che fanno ogni giorno a me, a quelli che non sono come me. Non potevo accettare di essere così, di appartenere alla stessa categoria di quelle persone che odiavo così tanto. Così non l'ho fatto. Era facile farlo quando ero piccolo e il mio diciottesimo compleanno sembrava così lontano. Era facile ingannarmi e convincermi di avere, tempo. Di avere una sorta di scelta. Ma non ce l'abbiamo, e tu più di ogni altro sai bene che è così. Mi andava bene però, perchè credevo di poter accettare di annegare nel mio odio finché potevo continuare ad avere quell'amore, la mia musica. "

Yoongi sorrise amaramente e Namjoon sapeva che non doveva interromperlo con le sue domande, sebbene ne avesse parecchie, che doveva ascoltare perché il suo migliore amico stava per svelare qualcosa, probabilmente quel qualcosa per cui Yoongi era apparso sconvolto per tutte quelle settimane, ma Namjoon era stato troppo codardo per chiedergli cosa fosse.

Erano amici, il loro legame si fondava su uno stesso febbrile amore per la musica e anche se davano voce alle proprie sofferenze attraverso le loro canzoni, non ne avevano mai parlato tra di loro e questo era stato il loro errore per tutto quel tempo. Perché alcune cose andavano dette esattamente come erano. Nessun fronzolo ad abbellire il tutto.

"Ma poi ho incontrato da lui,” Yoongi ridacchiò amaramente mentre abbassava la testa e la sua voce si abbassava di un ottava, come a voler accarezzare il ricordo con il tono della sua voce.

"Ho incontrato lui e tutto è cambiato. Non ho mai pensato di poter desiderare qualcosa che non fosse la musica prima di incontrare lui. Perché lui è così spensierato, così incontaminato dalla bruttezza di questo mondo, così autentico, che non potevo lasciarmelo scappare. Sono un egoista. Sono un fottuto egoista perché anche se so che non mi è permesso, anche se so che non è mio e non sarà mai mio da avere, non ho potuto lasciarmelo scivolare tra le dita. Quindi non l'ho fatto, ho intrecciato i nostri destini così strettamente che non potrei sciogliere il nodo anche se lo volessi. Sai cosa significa tutto questo, vero? Perché ho fatto quello che ho giurato che non avrei mai fatto. Ho agito come quei numeri due che ho sempre detestato si comporterebbero verso un numero zero. Con egoismo e senza riguardo.”

Namjoon sentì il torpore impadronirsi delle sue membra e guardò Yoongi allarmato, incapace di comprendere come una persona così intelligente potesse fare qualcosa di così ... quest'ultimo si alzò bruscamente e Namjoon cercò di incontrare il suo sguardo, ma il maggiore continuava a fissare il terreno per la vergogna.

Namjoon scosse la testa. Regola numero uno del manuale di sopravvivenza del numero due.

Non lasciarsi mai coinvolgere sentimentalmente con un numero zero, poteva solo causare inutili sofferenze e poteva finire solo in un modo. Male.

Almeno questo era ciò che sua madre gli aveva sempre raccomandato di fare e Namjoon ne aveva capito la logica. Personalmente, non si era mai lasciato coinvolgete dai numeri zero, per lo più perché aveva avuto poche occasioni ma anche perché comprendeva bene le innumerevoli lacune del loro sistema che non proteggeva affatto i membri più vulnerabili. E se il sistema era difettoso, come Namjoon era sempre stato convinto, era dovere dei singoli individui di fare del loro meglio per correggere quella ingiustizia nel quotidiano.

Erano solo numeri due dopotutto, e numero due era sinonimo di anima gemella non del concetto di perfezione, non importava quanto il governo si impegnasse a fargli credere ciò.

E perciò i numeri due agivano spesso per capriccio e non sempre con le migliori intenzioni. Tuttavia, anche se era convinto che il suo migliore amico non avesse avuto davvero brutte intenzioni, Yoongi avrebbe dovuto sapere che lasciare a se stesso, ma soprattutto all'altra persona, l'opportunità di provare qualcosa, era cadere in acque torbide.

Perché Yoongi era un sacco di cose ma non era senza cuore e lui era il tipo che si avvicinava solo quando trovava quel qualcosa o qualcuno interessante. E dove c'era interesse c'era un sentimento, perchè lui era fatto così, era incapace di amare a metà, di interessarsi a metà, come con Namjoon, che aveva posto sotto la sua ala. Tuttavia, se era vero che Namjoon come numero due non costituiva un pericolo, non poteva che essere tutta un'altra storia se l'altra persona era un numero zero, qualcuno che non apparteneva a nessun altro.

Yoongi aveva fatto l'errore di pensare che potesse appartenere a lui.

"Ho conosciuto la mia anima gemella mesi fa. Lei è adorabile ed è molto di più di quello che mi meritavo. Ma io non la amo, non nel modo in cui so di poter amare. È perfetta, ma non è lui. E ho provato a pensare a una soluzione, a qualcosa, a qualsiasi cosa, ma andarmene significherebbe rinunciare alla musica e farle del male, ma rimanere significherebbe rinunciare a lui e non posso. Non posso farlo. Come potrei farlo?”Yoongi disse istericamente, e quando sollevò infine il viso e Namjoon lo vide, vide che cosa voleva dire essere giù, sul fondo.

"Lo ami,” disse il più giovane chiudendo gli occhi per un attimo.

"Così tanto che non ha nemmeno senso.”

"Avresti dovuto lasciarlo andare quando ti sei reso conto dei tuoi sentimenti."

"Lo so," Yoongi disse con rabbia, ma non verso Namjoon, verso se stesso.

"E dovresti lasciarlo andare ora prima che sia troppo tardi".

"So anche questo."

"Ma non lo farai,” disse Namjoon e non era una domanda ma piuttosto un'affermazione, era scritto in tutte le parole di Yoongi. Il suo amico non era venuto a cercarlo in cerca di conforto o di una soluzione, perché sapeva benissimo cosa doveva essere fatto. Yoongi era venuto solo per-

"Non finirà bene. Non può finire bene. Perché sei un numero due e lui non lo è, e anche se non è destinato a nessuno, non significa che potrà mai appartenere a te.”

"Lo so, Namjoon!" Gridò Yoongi e Namjoon sapeva che Yoongi aveva torto, che era tutto così maledettamente sbagliato, perché stava facendo del male a se stesso, alla persona che amava, alla persona a cui lui apparteneva, eppure quando le ginocchia del maggiore cedettero, Namjoon si inginocchiò accanto a lui e mise un braccio intorno alle sue spalle tremanti.

Yoongi non era venuto alla ricerca di conforto o di comprensione perché sapeva benissimo cosa doveva essere fatto.

Era venuto per sputare i sentimenti più reconditi e più sofferti del suo cuore, anche se non avrebbe risolto nulla.

"Sai cosa è la cosa peggiore? Mi hanno preso Namjoon, i talent scout mi hanno preso,” sussurrò Yoongi, ridendo ma Namjoon sentì le sue spalle tremare e indovinò il perché. Strinse la presa.

Rimasero in quella posizione a lungo, fianco a fianco.


 


 


 

Namjoon era tornato molto tardi. Non aveva voluto lasciare Yoongi, ma sapeva che doveva tornare alla residenza Kim. Per di più Seokjin lo aveva coperto e lui non voleva rischiare di metterlo nei guai più di quanto fosse necessario. Così accompagnò Yoongi a casa sua e da lì prese un taxi di ritorno. Tornare indietro era stato più difficile e pesante, e le sue membra erano intorpidite non dalla sua solita goffaggine ma da un nuovo peso sul suo cuore che non sapeva come gestire.

Per un attimo mentre sgattaiolava dentro alla villa gli venne il dubbio che la finestra della sua stanza potesse essere chiusa ma fortunatamente non fu così. La finestra di camera sua era aperta, e fu facile scavalcarla quindi ma aveva messo solo una gamba dentro, che Namjoon si accorse che non era vuota.

Lì, addormentato nel suo letto con addosso ancore i suoi vestiti eccetto per la giacca, c'era Seokjin. Aveva il cellulare ancora stretto nella sua mano e aveva il naso sepolto nel suo cuscino. Il cuore di Namjoon si fermò per un attimo.

Numeri due. Il sistema di algoritmi assegnava alla maggior parte di loro una persona e quella persona era chiamata anima gemella. Essendo numeri due, era stata assegnata una persona a lui come lo era stata assegnata a Yoongi, ma questo era stato forse abbastanza per renderli felici o fortunati?

Scosse la testa, non era il momento di pensare a questo.

Namjoon fece passare l'altra gamba da sopra il davanzale ma nel farlo fini col rimanere impigliato e nel tentativo di non spiaccicarsi a terra atterrò rumorosamente sul pavimento, finendo con lo svegliare Seokjin.

I loro occhi si incontrarono, occhi a mandorla che leggermente socchiusi per il sonno incontravano i suoi altrettanto stanchi. Seokjin si sollevo dal materasso non appena si rese conto che lui era tornato, sbattendo gli occhi per cercare di disperdere un po' di sonno, i capelli sconvolti e la camicia tutta spiegazzata. Ma anche in quel modo, Namjoon senti un qualcosa che, per un attimo, lo immobilizzò sul posto.

"Sei tornato," disse Seokjin sollevato.

"Sì, mi dispiace se ho fatto tardi. Non volevo che Yoongi tornasse da solo a casa.”

Seokjin annuì sbadigliando un po'.

"Come sta?" Chiese e Namjoon lo guardò come per valutarlo, ma nel suo volto riconobbe solo una preoccupazione sincera e si senti male per aver dubitato del buon cuore di Seokjin. Eppure non poteva esattamente dirgli tutto.

"Non si sente bene,” rispose Namjoon e il maggiore capi che non avrebbe aggiunto altro. E comunque anche se Seokjin avesse conosciuto Yoongi abbastanza perchè Namjoon si sentisse a suo agio nel condividere con lui i segreti del suo migliore amico, non sapeva se avrebbe trovato le parole giuste per farlo. Non c'erano state molte volte in cui si era sentito così perso, questa tuttavia era una di quelle.

Un silenzio pesante cadde tra di loro e Namjoon vide il maggiore muoversi un po' disagio sotto il suo sguardo e capì di averlo probabilmente fissato troppo intensamente.

"Immagino che tu sia stanco Joonie," disse Seokjin alzandosi definitivamente dal letto. "Mi dispiace di essermi addormentato qui, avevo paura che qualcuno venisse a controllare, ma ho creduto che se avessero saputo che mi trovavo qui non sarebbero venuti, così sono rimasto,”Seokjin arrossì nel dire queste parole, "probabilmente domani riceveremo qualche occhiata di troppo, scusa.”

"Hyung, va bene. Grazie per avermi coperto,” disse Namjoon avvicinandosi al maggiore, abbastanza per poter vedere come il cuscino avesse lasciato delle pieghe sulla guancia dell'altro

Ma Seokjin sorrise in modo imbarazzato facendo un passo indietro. Namjoon lo guardò perplesso.

"Ti lascio riposare, buona notte Namjoon. E di nuovo, buon compleanno, "disse Seokjin prima di tornare indietro fino alla porta e uscire, lasciandolo da solo.

Il più giovane rimase lì, per un lungo momento, fissando la porta e cercando di capire se c'era qualcosa che gli era di nuovo sfuggito, ma il suo cervello passò rapidamente in rassegna tutti i fatti del giorno e non vi trovò niente.

Scosse la testa e all'improvviso tutta la stanchezza della giornata cadde come un macigno su di lui. Si gettò sul letto, troppo stanco per cercare di uscire dal bozzolo dei vestiti costosi, così si lascio cadere a peso morto sul materasso, seppellendo la testa nel cuscino.

Ebbe solo il tempo di registrare che profumava di buono, come Jin, prima di soccombere al sonno.


 


 


 


 

I giorni a seguire furono dei più strani. Dopo i fatti della sua festa di compleanno Yoongi era tornato, niente più silenzio radio anche se anche se i suoi messaggi sembravano più pezzi sconnessi di qualcosa di irrimediabilmente incrinato ma per c'erano, Yoongi era sincero e comunicava con lui, ed era bello essere di nuovo amici anche se non era il più felice dei momenti. Namjoon avrebbe voluto avere un termine di paragone, ma era giovane e inesperto e nonostante i suoi sforzi non sapeva cosa dire al suo migliore amico per farlo sentire meglio.

Amare qualcuno così. Amare qualcuno così, da disperati e da folli. Namjoon non riusciva a capire quel sentimento, perché non aveva mai sperimentato un amore così accecante così irraggiungibile, quindi non riusciva in tutta verità a capire come Yoongi potesse sentirsi.

Per la prima volta sentì l'esigenza di poter parlare e aprirsi con qualcuno, perchè era una verità troppo pesante da affrontare da solo, ma non sapeva con chi. Aveva anche preso in considerazione l'eventualità di raccontare a Seokjin ogni cosa, ma ogni volta che erano rimasti soli e lui era stato sul punto di parlare qualcosa finiva col fermarlo, sempre.

Sapeva che Seokjin avrebbe ascoltato perché era Jin ed era gentile, ma il nuovo senso di freddezza che all'improvviso il suo numero uno a emanare non lo aiutava a dissipare le sue titubanze. Ed era ironico davvero, perchè Namjoon era stato riluttante nei confronti dell'altro fin dall'inizio e anche adesso era difficile per lui affrontare la situazione, ma Jin era sempre stato quello sicuro tra loro e stava cominciando a capire ora che, probabilmente, questo gli aveva dato un senso di sicurezza senza che lui se ne rendesse conto. Qualcosa si era spostato, quasi impercettibilmente, ma Namjoon che aveva osservato le persone per tutta la sua vita, era stato il suo hobby sin da bambino, lo avea notato, e riconosceva un sorriso forzato quando ne vedeva uno. Soprattutto quando questi era sul volto di Jin, che sorrideva sempre di tutto cuore.

Che diavolo stava succedendo a tutte le persone a lui vicine? Fulminò il suo libro di economia infastidito, come se fosse colpa di questi se lui aveva letto la stessa frase per oltre mezz'ora.

Non riusciva a capire Yoongi. Non capiva cosa stava succedendo nella testa di Seokjin.

La gente gli ripeteva di continuo quanto lui fosse intelligente, eppure chissà come mai lui si sentiva spesso e volentieri tutto il contrario. Addirittura inutile, soprattutto per le cose che contavano.

Uscì dalla sua stanza, che improvvisamente avvertiva più soffocante che mai e andò nel giardino della villa Kim per respirare dell'aria fresca. Forse aveva bisogno di una distrazione, forse più tardi avrebbe potuto prendere un autobus e visitare la sua famiglia. Sua madre sarebbe stata felice di vederlo e forse, una volta che fosse stato circondato dalla sua famiglia, sarebbe riuscito a calmare il suo cuore e per un attimo convincersi che tutto poteva essere semplice.

Non era passato nemmeno un anno, ma sembrava che fosse passato molto, molto tempo.

Namjoon aveva sempre saputo che la vita non era semplice, non l'aveva saputo fin dall'inizio quanto sbagliato fosse il sistema? Ma una cosa era constatare analiticamente lo stato delle cose, un'altra era sperimentarlo in prima persona e vedere quelli che amava sperimentarlo a loro volta, realtà bruciante sulla loro pelle. Quelli che amava. La sua famiglia, che gli mancava, Yoongi. Seokjin?

Mentre si avvicinava al bellissimo e grande giardino della villa dall'erba verde e perfettamente tagliata, scorse la sua anima gemella in mezzo al prato. Si trovava li sdraiato di schiena, a braccia aperte ed occhi chiusi, godendosi la sensazione di raggi di sole sulla sua pelle. Namjoon esitò.

Aveva un aspetto così pacifico che non voleva disturbarlo, ma non era qualcosa che poteva davvero evitare. Ogni volta infatti che uno dei due entrava nello stesso spazio fisico dell'altro, c'era un'attrazione troppo grande e troppo irresistibile che faceva si che i loro occhi si incontrassero sempre e la loro pelle era percorsa da un pizzicore che li spingeva a voler toccare e accarezzare. Non era razionale, pensò Namjoon, non c'era nessun algoritmo che potesse spiegarglielo, e questi erano i momenti in cui Namjoon trovava infondato il suo scetticismo.

Seokjin aprì gli occhi e si voltò leggermente verso di lui.

"Mi dispiace, ti ho disturbato?"

Seokjin sollevò un braccio per schermare gli occhi dal sole e scosse la testa.

"Certo che no", rispose, e Namjoon sentì la sua sincerità e per questo osò sedersi accanto a lui, così vicino che c'erano solo pochi centimetri di distanza a separarli. Per un attimo, tutto sembrò andare al suo posto.

"C'è qualcosa che ti preoccupa, Joonie?" Chiese Seokjin come se già intuisse la risposta,"sei preoccupato per Yoongi?"

"Sì, tra le altre cose".

"Sei preoccupato per altre cose?" Chiese Seokjin, improvvisamente preoccupato. Namjoojn avrebbe voluto farsi piccolo e nascondersi. Sì, sono preoccupato per me, per il futuro, sono preoccupato per te.

"Hyung, hai mai voluto qualcosa che sapevi che non avresti dovuto?" Domandò improvvisamente Namjoon.

"Riguarda sempre Yoongi?" Chiese Seokjin dopo un po' in tono strano. Il più giovane lo guardò, ma non rispose.

Seokjin si sollevò e si sedette a gambe incrociate come Namjoon. Quindi sospirò.

"Sì,” rispose infine, e proprio come lui quella notte, quando era tornato dalla sua breve fuga, non aggiunse altro. Namjoon avrebbe voluto chiedergli perché lui suonava proprio come se potesse capire perfettamente quel sentimento, come mai qualcuno che aveva avuto tutto dalla vita potesse capire così bene.

Seokjin avrebbe davvero potuto capirlo se avesse osato aprirgli il suo cuore?

Namjoon fu scosso da una sensazione improvvisa, la sua pelle prudeva per la voglia di toccare, di fare qualcosa. Coprì il ginocchio del maggiore con il palmo della sua mano, sporgendosi in avanti. Seokjin lo guardò sorpreso. "Hyung?" Chiese Namjoon in un sussurro. Ma qualunque cosa stesse per dire, non ebbe il tempo di uscire dalla sua bocca, perché all'improvviso il rumore di una porta che si apriva e di passi che avvicinavano li interruppero.

Namjoon, tuttavia, non ritirò la mano anche quando la cameriera si fermò vicino a loro. Come Seokjin aveva predetto, molti sguardi dello staff si soffermarono più del solito su di loro dopo che qualcuno aveva visto Seokjin entrare nella sua stanza di notte, ma nessuno aveva naturalmente osato chiedere qualcosa, dopotutto a quel punto non era da considerarsi una cosa normale? Per quanto ne sapevano gli altri loro erano due anime gemelle maggiorenni, era ovvio che stessero insieme, era in realtà una stranezza che non fossero sempre fisicamente l'uno addosso all'altro (un'altra delle loro stranezze, pensò Namjoon).

"Il console Kim vuole parlarti, "disse la cameriera appena entrò nel loro giardino. Entrambi trattennero il respiro ma il primo ad alzarsi fu Jin.

"Ha richiesto la presenza di Namjoon in realtà," si corresse la cameriera. Namjoon scambiò uno sguardo perplesso con Seokjin, ma quest'ultimo sembrava più perplesso di lui e la sua espressione si oscurava ogni secondo che passava.

"Ti aspetto qui Namjoon,” disse Seokjin, prima che lui potesse allontanarsi troppo.

Namjoon annuì, cercando di sorridere. C'erano innumerevoli dettagli che non c'era verso di far coincidere e un sacco di pensieri che vorticavano nella sua mente e molte, molte, parole che aspettavano di essere dette, ma non era quello il momento.

Diede quindi la schiena a Seokjin e seguì la domestica all'interno della villa.

Non era certo raro che lui interagisse con i genitori di Seokjin, specialmente con il primo console. Il console sembrava infatti essersi interessato a lui, ed era comprensibile, in fin dei conti lui era il compagno di suo figlio, l'erede del titolo consolare. Era ragionevole quindi che volesse conoscere Namjoon a fondo e trascorrere del tempo con lui, considerando il grande ruolo che Seokjin era stato chiamato a giocare.

Tuttavia, Namjoon non si fidava di lui, non poteva. L'intero compromesso sulla sua età era qualcosa deciso da lui, era stata sua l'imposizione di iniziare la sua vita con i Kim come bugiardo, ed era stata sua l'idea di farlo iscrivere alla facoltà di economica e Namjoon si sentiva spesso come una pedina su un tavolo da gioco, ma non era lui il giocatore e neppure conosceva le regole.

Così era con mente guardinga che si avvicinò all'ufficio del primo console Kim, perché fino ad allora tutte le parole che erano uscite da quella bocca e che erano state dirette verso di lui non erano state affatto piacevoli.

Bussò alla porta chiusa e sentì un basso e distintivo, "avanti" venire dall'altra parte. Fece un respiro profondo.

"Oh Namjoon, sei tu, entra", Namjoon entrò in silenzio, un po 'sconcertato perché non era stato lui che lo aveva chiamato in primo luogo? Allora perché si comportava come se si fosse imbattuto in Namjoon per pura coincidenza?

Non c'era niente del signor Kim che gli ricordasse Seokjin e questo era una cosa negativa perché non aveva elementi per cercare di leggere quel volto, ma anche una cosa buona perché voleva dire che Seokjin non aveva ereditato quell'espressione fredda, e il modo in cui il volto di Seokjin si apriva in un sorriso caldo sarebbe sempre qualcosa che sarebbe stato solo Jin.

"Mi hanno detto che volevi parlare con me, signore."

"Namjoon, non essere così formale con me, siamo famiglia ormai,” disse il padre di Seokjin invitando il giovane a sedersi sulla sedia dall'altra parte della scrivania in mogano.

"Quindi sei diventato più vecchio,” esordi con una battuta, “so che probabilmente è una cosa nuova per te, ma spero che ti sia piaciuta la tua festa di compleanno. Seokjin mi ha detto che non ti sei sentito troppo bene dopo."

"Ah sì, credo che sia stata la stanchezza, non sono ancora abituato a questo tipo di eventi,” replicò Namjoon.

"È comprensibile, completamente comprensibile. Credo che ci metterei poco a prendere il ritmo però, sei un ragazzo intelligente, dopo tutto, "disse gentilmente il vecchio Kim, ma Namjoon lo interpretò come una imbeccata, e ancora una volta annuì senza dire una parola.

"Comunque, volevo parlare con te ragazzo. Ora che sei più grande e ti sei abituato un po' alla nostra vita, penso che sia arrivato il momento che tu venga coinvolto maggiormente nei nostri affari. Sai che siamo la famiglia Kim e che Seokjin è l'erede del titolo di console. Lui sa già cosa ci si aspetta da lui, certo avrei preferito che lui fosse stato più naturalmente incline a questo ruolo, ma è un ragazzo brillante e tutti sembrano volergli bene all'istante. Non è una cattiva qualità quando si è in politica,” disse il padre di Seokjin, e ancora una volta le apparenti parole gentili che lui diceva sembravano avere un intento e un significato nascosto.

Non gli piaceva, nemmeno un po'.

"Ecco perché sono felice che sia tu il suo compagno per la vita. Seokjin ha molte qualità ma come tutti, ha cose che potrebbe fare meglio e cose che non è proprio in grado di fare. Spesso non riesce a vedere il quadro generale delle cose e con ingenuità si attacca ai piccoli dettagli e ignora il resto. Tu sei diverso Namjoon, ed è una benedizione per la nostra famiglia. Il mio numero uno, la madre di Seokjin non è stata solo un'amorevole compagna, ma anche una fonte di forza per me e mi ha aiutato moltissimo negli anni. Stanno arrivando tempi difficili e anche tu dovrai fare la tua parte, per la famiglia Kim e per il futuro del suo erede.”

"Ammiro Seokjin moltissimo," replicò invece Namjoon ignorando l'ultima imbeccata perché una persona come Seokjin poteva essere solo una benedizione per l'istituzione del consolato. Nonostante tutti i suoi orribili dubbi verso l'intera faccenda delle anime gemelle, non poteva non difendere il suo numero uno. No. Non il suo numero uno, stava difendendo Seokjin per la persona che era, e non perché era la sua anima gemella.

"Buono a sapersi, davvero. Ecco perché penso non avrai nulla in contrario se a partire dalla prossima settimana inizierai a trascorrere più tempo con me per imparare. So che hai le tue lezioni, e il mio staff ha già controllato il tuo programma e lo ha organizzato a secondo delle nuove attività. Seokjin verrà con noi la maggior parte delle volte, ma a volte saremo solo tu e io e il nostro entourage."

"Capisco," Namjoon non sapeva cosa altro dire, sentiva una corda stringersi intorno al suo collo e sapeva che non c'era spazio alcuno per protestare, per dire nulla. Non gli piaceva questo uomo anche se era il padre di Seokjin, anche se era famiglia, e sopratutto perché nonostante questo non lo sentiva paterno affatto.

L'uomo si alzò e gli indicò di fare lo stesso. "Voglio mostrarti la mia biblioteca personale Namjoon, e forse possiamo parlare un po' di più e poi giuro che ti lascerò andare, non voglio affaticarti già dal primo giorno,” disse l'uomo sempre in tono affabile, mentre posava una mano sulla sua spalla, quasi come se fosse l'artiglio di un predatore, e lo guidava fuori dalla stanza. Namjoon gettò un ultimo sguardo all'orologio sul muro dell'ufficio prima di uscire, sperando che non ci volesse troppo tempo perché anche se non aveva fatto promesse, c'era comunque un posto in cui voleva tornare.

"A proposito Namjoon, quanto sai dell'algoritmo?" Gli chiese l'uomo mentre camminavano insieme lungo corridoio e lo guidava verso un'altra parte della enorme villa.


 


 


 

Il sole non era più alto in cielo, e Namjoon sapeva che non doveva essere trascorsa più di un'ora, ma a lui era sembrato un tempo eterno, più interminabile del tempo gettato nelle sue soporifere lezioni. Inutile, doloroso e che lo lasciava con un senso di vuoto immancabilmente. Avrebbe tanto voluto seppellirsi nelle sue canzoni e nella sua musica e dimenticare lo sguardo negli occhi del padre di Seokjin. Tuttavia, i suoi piedi lo portarono di nuovo verso il giardino, verso l'angolo dove vi aveva trovato Seokjin, pacificamente disteso come se non potesse esserci nulla di più bello che godersi i raggi del sole sulla sua pelle.

Namjoon si mosse rapidamente, ma quando infine giunse in quello stesso angolo, Seokjin non c'era più e lui provò qualcosa di simile alla delusione tra le altre emozioni che riusciva a provare e che sapeva un giorno avrebbero finito con l'annegarlo.


 

"Signor Kim, quando potrò dire la verità a Seokjin?"

L'uomo lo aveva guardato freddamente, anche se come sempre il tono usato era stato cortese e controllato.

"Non ancora," disse chiudendo l'argomento, ma a Namjoon era suonato troppo come un mai.


 

Sentimento soffocati, segreti, stranezze e molte cose che Namjoon non poteva accettare, quella era la sua vita con Seokjin e non importava quanto lui cercasse disperatamente di far combaciare i pezzi, questi non combaciavano.

"Namjoon", il giovane si voltò immediatamente a quella voce, la voce di Seokjin.

"Scusa, visto che ci stavi mettendo un po', sono tornato a prendere un libro per cercare di studiare mentre ti aspettavo,” disse Seokjin con un leggero sorriso. Lui se ne stava li, le guance arrossate dal caldo e alcuni fili di erba impigliati nei capelli, e mai immagine gli era apparsa così a posto.

Namjoon sorrise e, facendo qualcosa che non aveva mai fatto prima, fece un passo in avanti e senza dare all'altro il tempo di reagire, senza pensarci troppo lui stesso, coprì le labbra dell'altro con le sue.













ndA: yay. Ce l'ho fatta. Ce l'ho fatta, volgio piangere dalla gioia. Siccome questa storia esiste anche in inglese è sempre un incubo coordinare le traduzioni (perchè si cerco sempre di stra fare). Posso finalmente andare a dormire ora!! Grazie per le recensioni, riescono sempre a darmi energia per continuare. Love you <3
ahhhh e Yoongi. Yoongi. 

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