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Autore: Stillmar    24/07/2017    4 recensioni
L'acqua gli alberi e i fulmini erano gli unici testimoni della strana creatura apparsa improvvisamente in quel luogo
chiunque fosse passato di li sarebbe senz'altro rimasto sorpreso di trovare una così bizzarra sagoma giacere sull'erba bagnata.
una storia avventurosa e a tratti inverosimile che tenevo in cantiere da un po' e che finalmente pubblico qui; è un esperimento ma spero possa piacere comunque.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
Dolce risveglio?
 Un forte battito risuonava nelle sue orecchie, non capiva cosa fosse ma di certo non se lo stava immaginando. Il mattino arrivò  come all’improvviso, Jack sbadigliò, aprì gli occhi e molto lentamente si tirò fuori dalla nicchia in cui si era addormentato; ci mise un po’ ad abituarsi alla luce e si stropicciò la faccia con le mani sentendo la barba che gli circondava la bocca e arrivava fino al collo. Una volta in piedi e sveglio si guardò intorno notando come il bosco fosse molto meno spaventoso alla luce del giorno. Solo allora poté rendersi davvero conto dell’ambiente che lo circondava. Una foresta di conifere, nulla al di fuori dell’ordinario, ma di certo non il luogo migliore in cui perdersi. Più i minuti passavano più la situazione sembrava farsi assurda. Ma lo era decisamente di più il fatto che Jack non ricordasse assolutamente nulla prima della sera precedente. La sua memoria pareva essersi resettata e tutto ciò che aveva erano solo le cose che teneva in tasca. Si sforzò di darsi una qualunque spiegazione, non poteva certo essere finito lì per caso. Rapimento? Ma se chiunque lo avesse rapito avesse voluto un riscatto non lo avrebbe certo abbandonato in mezzo agli alberi. Nella mente di Jack andavano formandosi sempre più nuove teorie sempre meno attendibili. Di pari passo con il suo stomaco anche la sua mente sembrava risentire dei morsi della fame. In effetti aveva davvero fame, gli sembrò di non mangiare da giorni e decise pertanto di lasciare i ragionamenti a più tardi e di concentrarsi sull’ andarsene da quel luogo. Fortunatamente non si sentiva più indolenzito e il terreno non era più fangoso, ma queste erano delle ben misere consolazioni. In ogni caso non poteva lasciarsi prendere dal panico, così dopo una breve riflessione decise di raggiungere nuovamente la strada; seguirla fino ad uscire dalla foresta, e una volta fuori cercare aiuto.

Ci mise poco a raggiungere nuovamente la piccola arteria di asfalto; in fondo era contento di avere trovato un seppur esile  collegamento con la civiltà, ma quando vi giunse rimase per un attimo interdetto su dove dirigersi. Lanciò un’occhiata su entrambi i lati della strada chiedendosi da che parte sarebbe stato meglio andare, consapevole che prendere la direzione sbagliata lo avrebbe condotto probabilmente chissà dove. Rimase lì a pensare per un po’ dopodiché decise di tentare la fortuna dirigendosi a sinistra. Jack iniziò a camminare con un grande peso sullo stomaco: non era certo di nulla in quel momento e sperava davvero che quella fosse la direzione giusta. Costeggiò la strada in cerca di qualcuno che potesse aiutarlo almeno a capire dove si trovasse, camminò per alcuni minuti che a lui parvero ore senza incontrare nessuno. Più che altro lo opprimeva il totale silenzio che regnava in quel posto, talmente profondo che perfino i suoi pensieri sembravano essere più rumorosi. Per quanto tendesse l’orecchio non riusciva a sentire nulla tranne i propri passi, gli alberi lo osservavano passare con un che di solenne finché il silenzio non fu rotto da una brezza che scivolò tra le fronde e le scosse. Jackson sentì il vento raggiungerlo ed inspirò a pieni polmoni, sentendosi subito molto meglio. Al suo naso giunse anche un odore come di fiori ed erba bagnata, non aveva idea da dove provenisse, ma fu così inebriante che per poco non gli venne il capogiro. Lanciò uno sguardo al cielo, le nuvole erano spesse e grigie, ma non sembrava stesse per piovere di nuovo: -Deve essere autunno.- pensò. La cosa lo rese solo più nervoso, ma era certo che prima o poi avrebbe incontrato qualcuno. Proseguì provando più volte a urlare per farsi sentire, ma neanche questa volta funzionò; la  sua voce rimbalzava tra le fronde per poi disperdersi nel  fitto del bosco. Di lì a poco però, la vegetazione intorno a lui iniziò a cambiare; gli alberi si fecero più radi ed estesi campi coltivati apparvero a destra e a sinistra. Si ritrovò fuori dal bosco quasi senza accorgersene. La cosa lo rallegrò, ma quel luogo continuava a non dirgli assolutamente niente.

La strada divenne una breve salita e Jackson dovette valicare la piccola collina davanti a sé, ma una volta superato il margine della foresta si ritrovò in un quasi sterminato paesaggio rurale. Dall’altura su cui si trovava aveva un’ottima visuale dei dintorni; la strada continuava simile ad un grosso serpente, adagiata attraverso vaste distese di terra arata ed ancora più lontano una cresta di dolci colline si delineava sopra l’orizzonte. Una leggera nebbia si alzò in quel momento mentre l’uomo continuava a camminare lungo il bordo della strada, gettando ogni tanto delle occhiate dietro di sé sperando nell’eventuale passaggio di una macchina solitaria. Iniziò a sentire bruciore alle gambe, mentre i morsi della fame tornarono a tormentarlo. Ovunque guardasse vedeva solo campi coltivati, ma non c’era traccia di nessuno, autista o contadino che fosse. L’uomo sorrise ripensando ironicamente alla propria sfortuna. Si fermò un momento per tirare il fiato ed osservare meglio l’ambiente circostante e con un gesto quasi involontario si rimise la mano in tasca, iniziando a giocherellare con quello che c’era dentro. Così facendo gli ricapitò in mano lo strano sasso che aveva trovato la scorsa notte. Iniziò a giocarci facendoselo passare tra le dita, poi se lo fece scivolare nel palmo e lo mise controluce per osservarlo meglio. Non era esattamente un sasso ma una specie di minerale. Il colore rossastro era attraversato da delicate venature rosa che risalivano a spirale attorno al cristallo. La forma irregolare e spigolosa appariva stranamente bella. Jack era certo di non aver mai visto nulla del genere e pensò che magari valesse anche qualcosa. Normalmente si sarebbe liberato di un qualcosa a prima vista così insignificante, ma decise comunque di conservarlo; era un oggetto bizzarro e doveva esserci un motivo se gli era finito in tasca. A quel punto il velo di nuvole sopra di lui  si aprì ed  un raggio di sole colpì il piccolo minerale riflettendosi su di esso e facendolo brillare. Jack rimase quasi rapito da quel sasso così curioso, ma quando aguzzò la vista notò oltre la sua mano,  in lontananza, oltre il campo di mais davanti a lui il largo tetto di un fienile.  Subito si strofinò gli occhi credendo fosse un’allucinazione, ma ebbe la conferma che era davvero così, il piccolo quadrato rosso in mezzo ad una distesa di piante altissime si trovava proprio di fronte a lui.  Così vicino eppure appariva lontanissimo. Jackson si sentì in salvo: li vicino avrebbe sicuramente trovato qualcuno a cui chiedere aiuto. Si avvicinò al margine del campo ma poi si rese conto di una cosa: la strada proseguiva in tutt’altra direzione. Probabilmente lo avrebbe condotto attraverso altri campi deserti e Jack di certo non aveva tempo da perdere. Tuttavia il campo davanti a lui era piuttosto grande e non era proprio entusiasta all’idea di attraversarlo ma poiché, se alla fine avesse trovato aiuto ne sarebbe di certo valsa la pena. Così optò per questa seconda opzione. Lanciò un ultimo sguardo alla strada dietro di se poi superò il piccolo fosso che lo separava dal campo e si inoltrò in mezzo alle piante certo ce ne sarebbe uscito di li a poco.

L’uomo prese ad avanzare sul morbido terreno, aprendosi con le braccia un varco tra le piante che gli arrivavano fin sopra la testa; ma pensare al mais gli fece anche ricordare di essere affamato, così si fermò ad esaminare una delle pannocchie che sembrava abbastanza matura, la prese in mano e pensò:- al contadino non dispiacerà se gliene rubo un paio, del resto ho un buon motivo per farlo.- avvicinò la pannocchia alla bocca e staccò alcuni chicchi che risputò immediatamente. Sfortunatamente erano ancora acerbi. Si pulì la bocca ed imprecò rimettendosi in marcia, ma dovunque guardasse non vedeva altro che granoturco una sorta di impenetrabile muro che sembrava intenzionato a tenerlo li per sempre. Intanto il cielo si era nuovamente oscurato e in quel momento una brezza gelida lo raggiunse facendolo tremare; l’uomo strinse a se la giacca malconcia, quanto avrebbe dovuto ancora sopportare prima di uscire da quella situazione? Perso, infreddolito, affamato: -ci manca solo che sia lunedì- pensò. Schiacciò un altro gruppo di piante davanti a se incespicando tra le foglie mentre cercava in tutti i modi di non perdere l’orientamento. Quel posto sembrava un vero e proprio labirinto. Continuò a procedere superando un piccolo fossato. Si sentì quasi come un vero avventuriero perso in mezzo alla giungla alla ricerca di chissà quale manufatto. Una giungla decisamente meno pericolosa di quella che immaginava, ma per lui bastava e avanzava. Pur avendo perso la memoria sapeva in cuor suo di non essere tagliato per le avventure pericolose. Il cielo si scurì ulteriormente in quell’ istante. Jack si fermò per guardarsi intorno, quando una fitta lo colpì improvvisamente causandogli dolore alle tempie, l’uomo digrignò i denti e chiuse gli occhi per un momento ma quando li riaprì non riuscì a vedere il campo di mais. Tutto sembrava improvvisamente aver perso forma e colore, ogni suono cessò e Jack smise addirittura di sentire freddo. Attorno a lui c’era il vuoto finché non gli parve di vedere un bagliore alla sua destra, si voltò e vide una sagoma indistinta venire verso di lui nella penombra. Jack aprì la bocca ma nessuna voce ne uscì, eppure in cuor suo avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto correre verso la sagoma, ma il suo corpo era come paralizzato. A quel punto la sagoma si fermò, puntò un dito evanescente verso Jack e bisbigliò qualcosa di incomprensibile prima di sparire. Jack tentò nuovamente di muoversi, ma una nuova fitta più forte della precedente lo colpì alla testa come un dardo e quando cessò, Jack si ritrovò in ginocchio in mezzo al mais. Sospirò e si passò le mani sulla faccia sentendo il sudore scivolargli via. Sentì stringersi la morsa che aveva nello stomaco, non aveva idea di cosa fosse successo: - non ha senso- pensò. Si rimise in piedi lentamente, la testa gli doleva ancora e gli ci volle un po’ per tornare a vedere chiaramente; si sentì stanco ed incredibilmente confuso, una nuova ed enorme serie di domande si formò dentro il suo cervello e contemporaneamente sentì crescere dentro di se un forte senso di rabbia e sconforto, una rabbia scaturita dalla paura, una paura però diversa da quella  che aveva provato all’inizio quando si era risvegliato nel bosco, una paura molto più forte che nasce da ciò che non si riesce a comprendere. Jack espresse il suo stato d’animo con un gemito di rabbia, ed alzò lo sguardo, sfregandosi  gli occhi iniettati di sangue. Ma non fece in tempo a ricomporsi che  gli parve di udire un suono molto strano. Lontano e flebile sembrava provenire da un luogo imprecisato oltre il muro di piante, Jack si levò in piedi tendendo l’orecchio e cogliendo un suono che mai si sarebbe aspettato di udire in un luogo simile: una risata.

L’uomo iniziò a muoversi, prima lento e poi più veloce continuando ad ascoltare il debole suono che andava disperdendosi insieme al vento. Ad ogni passo esso pareva farsi più forte, più vicino, più reale. Jack tentò di rispondere, tentò di farsi sentire ma la risata pareva essere indifferente, anzi sembrava quasi che si spostasse rapidamente non volendo farsi raggiungere. L’uomo affrettò il passo, superò un folto gruppo di piante incespicando ripetutamente, ma quando ascoltò nuovamente si accorse che il rumore era cessato. –No- Jackson tirò il fiato cercando di ritrovarlo, si mosse oltre una cunetta dove la vegetazione sembrava essere più rada, ma una volta passato oltre si ritrovò davanti ad una scena molto strana. Davanti a lui si aprì uno spiazzo di terra battuta delimitato dalle altre piante, probabilmente usato per il transito delle macchine agricole. Al centro un grosso palo di legno consumato era conficcato nel terreno, ma la cosa più strana era cosa vi era appoggiato. Jack ci mise un po’ a distinguere ciò che vide, una strana sagoma molto simile ad un piccolo maiale stava con la fronte appoggiata al palo. Il “maiale” o almeno quello che Jack pensava di vedere, indossava una felpa e dei pantaloni scuri, ma la cosa che più lo colpì fu notare che fosse in piedi sulle zampe posteriori. L’uomo si stropicciò gli occhi cercando di spiegarsi la situazione, ma ormai non ne era più in grado. Si era quasi convinto che fosse solo un pupazzo quando accadde qualcosa che lo sconvolse a dir poco. Il piccolo animale si animò improvvisamente, ruotò su se stesso ed esclamò: <<… 99,100! Chi c’è c’è, e chi non c’è si arrangia!>>

Mi resta difficile descrivere esattamente cosa accadde, Jack parve cambiare colore e divenire pallido come un cadavere. Neanche si era accorto di avere allentato la mascella che ora pendeva totalmente aperta. Una goccia di sudore scivolò accanto al suo occhio destro ma non parve farci caso; rimase immobile come pietrificato ad osservare quel, qualunque cosa fosse, scomparire alla sua vista in mezzo alle piante di mais. Un fremito lo pervase dalla punta dei capelli fino ai piedi, cercò di fare un passo indietro ma inciampò su se stesso finendo a terra. La debole botta parve fargli riprendere conoscenza, riportò la propria attenzione sul piccolo spiazzo di fronte a se cercando di aggrapparsi a quel poco di sanità mentale che gli restava. Solo quando provò ad alzarsi si accorse di essersi fatto male al polso cadendo, digrignò i denti prendendosi la mano sinistra nella destra, quando un rumore proprio da quella direzione lo colse di sorpresa. Li in piedi davanti a lui a fissarlo c’era un agnello. Ma non un agnello normale, anch’esso su due zampe e con indosso dei leggeri pantaloni di tela e una maglietta a maniche lunghe era li, fermo ad osservare con i suoi grandi occhi sbarrati l’uomo ansimante seduto a terra. Jack trasalì ed iniziò a tremare, l’agnello invece rimase immobile con le piccole zampe inermi lungo i fianchi. La tensione era talmente palpabile che la si sarebbe potuta tagliare. Le dita di Jack stringevano un immaginario appiglio nel terreno mentre sentiva l’ultimo briciolo di lucidità abbandonarlo, avrebbe voluto urlare ma la voce non voleva saperne di uscire come se fosse ancorata in fondo alla gola. A quel punto un rumore leggermente più forte distolse l’attenzione dell’agnello, con un gesto repentino Jack si levò in piedi e si mise a correre. Corse. Come non aveva mai corso in vita sua. Una sola parola si definì nella sua mente:-No-. Parve crescere di intensità fino a quasi uscire dalle orecchie dell’uomo. L’adrenalina pulsava in tutto il corpo di Jack, insensibile alla fatica continuò a correre senza voltarsi. La sua fuga lo fece giungere lontano, si fermò ormai completamente perso. Non riusciva nemmeno a tenere il fiato, la nausea gli attanagliava lo stomaco. Jackson cadde sulle ginocchia e fece appena in tempo a lanciare un ultimo sguardo alla coltre di nubi sopra di lui. –oddio- pensò, prima di svenire in mezzo al mais.
   
 
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