“ hero ”
Se,
poi, si univa tutto quello ad un eccessivo patriottismo e devozione
assoluta al
codice d’onore, la cosa non poteva che peggiorare.
Probabilmente - Jo l’avrebbe
giurato con assoluta certezza - il suo più grande sogno era
poter fare qualcosa
di concreto per la sua nazione. Ma non per avere un riconoscimento,
solo per
aiutare, per compiere un gesto significativo che, magari, avrebbe
portato al
benessere collettivo.
E
questo pensiero si mutò in realtà quella sera,
quando Brick le aveva annunciato
che si era appena arruolato volontario nell’esercito e che
tra pochi mesi
sarebbe partito per la guerra.
«Beh,
ci siamo».
Brick
poggiò a terra una sacca verde e si aggiustò le
pieghe della giacca militare.
Jo, forse ancora per metà immersa nei suoi pensieri, lo
fissava con le braccia
conserte, ferma sul ciglio della porta d’ingresso. Da quando
si era svegliata
quella mattina, fino ad allora, aveva pronunciato sì e no
due parole. Era ancora arrabbiata.
«Non
mi dici niente?» azzardò, notando il suo cipiglio.
«Lo
sai cosa penso» ribatté secca, la voce rauca
poiché era stata in silenzio a
lungo.
Lo
vide roteare gli occhi. Sapeva bene quale fosse il motivo del suo
turbamento.
Quando
le aveva comunicato della sua decisione, Jo aveva avuto una reazione
spropositata: aveva cominciato ad urlargli contro le peggio parole,
ribadendo
più volte che prima di prendere una decisione del genere,
avrebbe dovuto
confrontarsi con lei. Infine, aveva aggiunto che non avrebbe mai
permesso che
il suo fidanzato si imbarcasse in una missione da cui aveva le
possibilità di
non uscire vivo.
Dopo
un’accesa discussione - in cui Brick sottolineò di
essere un adulto e, avendo
un cervello suo, di poter decidere lui in merito alla sua vita - Jo si
era
alzata e si era allontanata a grandi passi verso la camera da letto.
Poco prima
di sbattersi la porta alle spalle, il ragazzo la sentì
gridare una frase che, a
distanza di tempo, lo feriva come una spada in pieno petto:
«Per tua
informazione, arruolarti nell’esercito non ti
renderà l’eroe che hai sempre
sognato di essere! Poco importa se vivi o muori, nessuno si
ricorderà di te!»
Eroe.
Quella parola gli rimbombò in testa, nei mesi successivi.
Brick
non era un eroe, né desiderava esserlo. Ed era troppo umile
per definirsi tale.
Voleva solo aiutare, dare una mano. Tutto qui.
Eppure
il modo in cui Jo aveva pronunciato quella parola gli rimase impresso,
quel
tono sdegnoso e tagliente quasi lo ferì.
In
quei mesi aveva osservato Jo. Era diventata più fredda e
cinica del solito, a
tratti apatica, e spesso si rifiutava di parlargli o di trattenere con
lui un
semplice contatto visivo. E Brick non capiva, non capiva il motivo di
tanta
ostilità o, semplicemente, la ragione per cui non lo
sostenesse in quella sua
scelta.
Il
suono di un clacson interruppe il silenzio. Il furgone, pieno di
reclute come
lui, che l’avrebbe portato all’aeroporto, era
arrivato.
«Quindi,
è tutto qui» disse, e la frase suonò
più come un’affermazione piuttosto che
come una domanda. «Non hai altro da aggiungere».
Le
sue labbra rimasero serrate e il volto impassibile. Era come se lo
stesse
pregando di andarsene. Meno avrebbe parlato, meno lei avrebbe sofferto.
Ma
quando si voltò e le sue labbra si schiusero, pronte a
pronunciare il fatidico
addio, la sua mano lo bloccò e lo costrinse a guardarla. Di nuovo quello sguardo.
Lo
stesso sguardo che aveva dato delle risposte a Brick. Era
così ovvio: Jo non
voleva perderlo, ma, piuttosto che ammetterlo, avrebbe preferito
nuotare in
acque infestate da piranha e squali.
Peccato
che, alle volte, i suoi occhi parlassero per lei e che il ragazzo, a
distanza
di tempo, avesse imparato a decodificare i suoi pensieri,
più simili a dei
rompicapi.
«Resta
vivo» sillabò la donna, la mano ancora sulla sua
spalla.
Per
la prima volta nella sua vita, Jo risultò fragile. I suoi
sentimenti erano
finalmente venuti a galla.
Brick
accennò un sorriso. Davvero quella
ragazza l’amava così tanto?
«O
con lo scudo, o sopra di esso(1)»
disse con tono piuttosto amareggiato, ostentando tutto il suo onore da
militare.
Lei
sollevò un sopracciglio, l’espressione a dir poco
contrariata. Aveva detto
qualcosa di sbagliato.
Forse,
pensò, avrebbe dovuto evitare di burlarsi della sua vita,
dal momento che era
seriamente a rischio.
Si
sarebbe aspettato di tutto, tranne quello. Jo gli prese il viso fra le
mani e
gli stampò un fugace bacio sulle labbra. Prima che potesse
realizzarlo, si era
già allontanata e le sue braccia erano incrociate davanti al
petto.
«Resta
vivo, soldato» ripeté, abbozzando un sorrisetto
sbilenco, quasi strafottente.
«Perché, se oserai farmi qualche brutto scherzo,
potrei seriamente risuscitarti
per il solo gusto di ammazzarti con le mie stesse mani».
Ridacchiò.
Eccola lì la sua Jo, la ragazza di cui si era innamorato.
«Farò
del mio meglio» promise. E, ne era certa, egli era sincero.
Il
ragazzo si staccò una collanina dal collo, alla quale era
affisso una specie di
ciondolo. Quella era stata la sua prima piastrina militare, sapeva
quanto lui
ci tenesse.
«Voglio
che l’abbia tu » disse, porgendole con galanteria
la catenella. Sapeva quanto
Brick ci tenesse, era il suo portafortuna. «Così
avrai un ricordo di me,
comunque vada».
Jo
non disse nulla, si limitò a stringere il dono fra le mani.
Non era troppo
incline a lasciarsi andare in romanticherie. E, in fondo, non
c’era nient’altro
da aggiungere.
Il
ragazzo accennò un saluto militare e, dopo essersi voltato,
percorse a testa
alta il vialetto di casa.
Jo
lo vide salire sul furgone, che ripartì pochi secondi dopo.
Lo seguì con lo
sguardo fino a che scomparve dietro l’angolo. Rimase a
fissare l’orizzonte per
un po’, poi rientrò in casa.
Per
la prima volta dopo settimane, si sentì il cuore
più leggero. Quel giuramento
l’aveva rasserenata. In fondo, Brick aveva sempre mantenuto
fede ad ogni suo
patto.
***
E
invece non fu così. Brick aveva
mentito.
Dopo
due lunghe, eterne settimane, Jo riuscì finalmente a trovare
il coraggio di
andarci da sola.
Era
un uggioso pomeriggio di ottobre, le nuvole minacciavano pioggia e il
cimitero
era più spoglio e desolato del solito. Non una sola persona
o anima vagava per
quelle tombe, fatta eccezione per lei.
C’era
stata una volta sola, ma ricordava perfettamente quale fosse la strada
che
l’avrebbe portata da lui.
Svoltò
un’altra volta a sinistra e, circondata da altre lapidi
dannatamente uguali,
ecco la sua. Brick McArthur.
Quel
nome era scritto in stampatello, in modo fin troppo vistoso, lo
riusciva a
anche da un’ampia distanza. Sotto, in caratteri
più piccoli, la data di
nascita e quella di morte. In
cima, come
tocco di grazia, capeggiava la sua foto.
Jo
aveva un nodo alla gola.
I
capelli ebano, gli occhi del medesimo colore e quel
sorriso. Era felice, forse come non lo era mai stato.
Quella
foto gliel’aveva scattata lei. L’anno scorso, a
Natale. E questo faceva ancora
più male.
All’improvviso
le tornarono in mente le immagini sfocate del funerale, il giorno
peggiore
della sua vita.
Non
aveva mai visto una cerimonia così sfarzosa e solenne. Aveva
odiato tanto
clamore, perché sapeva per certo che lui non
l’avrebbe voluto. Desiderava una
celebrazione intima, gliel’aveva detto agli inizi di aprile,
un paio di sere
prima che partisse per il fronte. Jo aveva fatto finta di non ascoltare.
La
chiesetta era ricolma di soldati, che piangevano la scomparsa del loro
adorato
commilitone. Un sacco di persone in uniforme avevano speso per lui
parole
sincere, di profonda stima, intrinseche di profonda tristezza per aver
perso
una persona tanto onesta e leale.
Anche
Jo avrebbe dovuto tenere un discorso, ma non ce la fece: la visione del
corpo
morto di Brick, steso in quella bara di legno, con addosso la sua amata
divisa,
l’aveva distrutta. Decise, perciò, di rimanere al
suo posto, mentre di tanto in
tanto qualche invitato le porgeva le proprie condoglianze. Erano tutti
a
conoscenza del fatto che fosse la sua fidanzata - o magari sarebbe
più corretto
dire ex.
Ma
c’era una scena che le sarebbe rimasta impressa per sempre.
Mentre la cassa
veniva seppellita, le si era avvicinata uno di quei soldati, un uomo
più vicino
ai sessanta che ai cinquanta e con i capelli brizzolati, che si
presentò come
il sergente maggiore e che, a quanto pareva, conosceva bene Brick.
«Era
un ragazzo coraggioso» aveva detto, mentre i suoi occhi erano
fissi verso la
bara. «Pensi, ha dato la sua vita per salvare un suo
commilitone. Ha preso un
proiettile dritto nel polmone sinistro al posto di un altro. Un vero e
proprio eroe».
Di
nuovo quella parola.
Jo
era schiumante di rabbia.
Brick
non era un eroe, non lo sarebbe mai stato. Sacrificarsi al posto di
qualcun
altro era, secondo il suo punto di vista, buonista ed estremamente
idiota.
E
c’era anche un altro motivo, per il quale non sarebbe mai
stato un eroe. In
tutti i film e i che conosceva, gli eroi vincevano sempre e
tornavano a
casa dopo una dura missione, dove i suoi cittadini lo attendevano per
acclamarlo ed organizzare una festa in suo onore. Gli eroi non morivano.
E
Brick era morto.
«Beh,
eccomi qui» cominciò Jo, dopo essere stata in
silenzio, davanti alla lapide,
per un periodo indeterminato. «Ciao, Brick. Immagino che ti
aspettassi una mia
visita».
Parlava
alla foto. Fissava quell’immagine e cercava di non far
riaffiorare ricordi
felici.
Ricorse
a tutta la sua freddezza.
«Sai,
mi hanno raccontato la tua storia. Di come sei morto»
sillabò; il tono di voce
tremolò un po’ alla fine. «Dicono che ti
sei sacrificato per non far morire un
tuo compagno. Estremamente onorevole da parte tua. Quindi, penserai che
io sia
qui per congratularmi con te e che non sia mai stata più
fiera di te» fece una
pausa e poi aggiunse, cercando di contenere l’ira:
«Niente di più sbagliato».
Inghiottì
la saliva. Si sentiva come se stesse per vomitare da un momento
all’altro.
«Credo
di non averti mai odiato così tanto in vita mia.
Probabilmente, se fossi qui,
ti prenderei a calci fino a quando non sanguineresti» disse e
sul suo viso
occhi si poteva tutto il disprezzo. «E sai
perché? Perché mi avevi
giurato che saresti tornato vivo e non in una cazzo di bara. E invece
hai
preferito mettere il bene di un altro prima del tuo. L’hai
sempre fatto e
stavolta ti è costata la pelle».
«Sarai
felice, adesso» disse ancora, dopo un paio di respiri
profondi. «Sei morto e
hai avuto il tuo quarto d’ora di popolarità. La
gloria che hai sempre
desiderato. Tutti ti osannano ad eroe. Ma sai una cosa? Non lo sei.
Presto ti
dimenticheranno, così come tutte queste persone»,
e si bloccò per aprire le
braccia, indicando le tombe accanto, «sono state dimenticate
da chi a malapena
le conosceva. Possono aver fatto le cose più strabilianti di
questo mondo, ma
ora sono solo cenere sotto terra. E lo stesso vale per te. Nessuno
ricorderà le
tue gesta fra un paio di anni. Hai fallito, soldato».
Sentiva
qualcosa pizzicarle agli angoli degli occhi. Doveva trattenersi.
Prese
un oggetto dalla tasca della felpa: la piastrina che gli aveva regalato
prima
di partire. Era il suo portafortuna. Chissà, magari se
l’avesse tenuta lui, ora
sarebbe ancora vivo e la ragazza non si troverebbe ad urlare termini
dispregiativi al vento.
La
gettò con tutta la violenza sul suolo, in corrispondenza di dove sapeva esserci il
suo corpo.
«Riprenditi
il tuo stupido regalo, non lo voglio più»
sputò con rabbia. «Butterò via ogni
cosa che mi ricorderà di te, fino a quando non
rimarrà niente».
E,
all’improvviso, cadde sulle sue ginocchia. Poggiò
una mano sulla fredda lapide
di pietra e chinò la testa verso il basso. Urlò a
gran voce tutta la sua
frustrazione e il suo dolore, urlò come non aveva mai fatto
prima d’ora, e
subito sentì lacrime di rabbia che, copiose, le solcavano le
guance rosee.
«Solo
per il codice d’onore. L’hai fatto solo per quel
fottutissimo codice d’onore.
L’hai fatto perché non puoi evitare di fare il
paladino per un solo minuto. E
ti odio per questo».
L’altra
mano corse subito sul suo volto, con l’intento di asciugarsi
le lacrime ma, più
si sfregava gli occhi, più quelle uscivano abbondanti.
Batté
entrambi i pugni sul terreno e strappò via qualche ciuffo
d’erba. Il suo corpo
era scosso da singhiozzi, che uscivano incontrollati dalla sua bocca.
«Ti
odio perché non hai mantenuto la parola. Ti odio
perché hai salvato uno
sconosciuto, anziché salvare te stesso. Ti odio per il tuo
eroismo e per la tua
lealtà. Ti odio perché sei sempre stato una
persona migliore di me. Ti odio
perché non potremo mai avere la vita felice che ho sempre
voluto».
Quelle
parole erano scanditi da continui singulti, sempre più
incontrollati. Non era
mai stata così disperata per qualcuno.
«Ti
odio, Brick. Non immagini quanto ti odi» mormorò,
gettandosi sulla lapide,
quasi a volerla abbracciare, e inondandola con le lacrime.
«Perché hai dovuto
farmi questo? Perché proprio a me?»
Non
seppe mai Jo quanto tempo rimase così. Quando si ricompose
era ormai calata la
sera, le nuvole erano ancora più nere e il cimitero stava
per chiudere.
Si
alzò e si incamminò con passo strascicato verso
l’uscita.
Aveva
ancora le gote bagnate e il cuore era distrutto. E non sarebbe mai
più riuscita
a mettere insieme tutti i cocci.
Perché,
quel pomeriggio, Jo aveva lasciato un pezzo di sé su quella
tomba.
(1)
Si
tratta di un motto spartano che le madri dei
soldati recitavano ai propri figli, prima che questi partissero per la
guerra.
In sostanza, dice che è meglio morire in battaglia in modo
valoroso e tornare a
casa sopra lo scudo, piuttosto che scappare dal proprio destino, e
quindi
vivere, e per questo essere etichettati dei codardi.
Angolo
dell’autrice
Ormai
posto solo sporadicamente. Mi dispiace essere così assente,
purtroppo per me è
difficile sfornare in continuazione: scrivo solo quando ho
una buona
idea.
Come
questa, per esempio.
Sì,
lo so, è un prompt usato e riciclato più volte,
ma non ho potuto fare a meno di
scriverci qualcosa sopra. E, a darmi l’ispirazione,
è stata una fan art - che, purtroppo, non sono riuscita ad
inserire perché il mio computer fa schifo.
L’avevo
trovata un po’ di tempo fa e ho deciso di salvarla,
intenzionata a ricavarci
una storia. Avevo abbozzato a mano una prima stesura, ma non mi piaceva
e
quindi l’ho lasciata perdere. La settimana scorsa ho
ritrovato la fan art e gli
appunti. Li ho aggiustati ed è uscito fuori questo.
Dopotutto, sono abbastanza
soddisfatta.
Ho
qualche dubbio per la caratterizzazione di Jo nella parte finale. Ho
sempre
pensato che fosse un personaggio forte, a tratti meschino e tendente a
mascherare le sue emozioni. Ma, chissà, magari
l’amore potrebbe cambiarla!
Spero
di non essere caduta nell’OOC - ormai questa frase la ripeto
in tutte le mie .
È
tutto. Fatemi sapere il vostro parere per recensione, ci tengo.
Vorrei
tornare sul con una long, ma al momento non ho idee e non voglio
impormi
troppi obiettivi, altrimenti non riuscirei a mezza pagina di
documento
Word. So solo che sarà totalmente diversa da La Storia
Inversa - di cui, per
inciso, vorrei un epilogo -, più matura.
Fino
ad allora, vi mando un abbraccio virtuale.
Hayle xx