Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: fri rapace    15/06/2009    8 recensioni
Remus guardò suo padre e per un attimo lo rivide giovane, più giovane persino di Tonks.
“Tu sei un bravo bambino tanto così”, gli diceva ridendo.

Il primo incontro tra Remus e i suoi genitori, dopo la nascita del piccolo Teddy. Perchè anche Tonks doveva conoscere i suoi suoceri.
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Photobucket Bravo tanto così
«Lui chiuse di nuovo gli occhi, e per un momento ebbe l’illusione di tenere
 il mondo tra le braccia: un caldo mondo, tutto tropici, sferzato dalla tempesta»
Paul Bowles -“Il tè nel deserto”



“Guarda,” disse il suo papà prendendogli le mani tra le sue, che erano grandi e ruvide e calde. A lui piaceva quando il papà lo teneva per mano. “Tu sei un bravo bambino tanto così.”
Gli avvicinò le manine, tra di loro poteva passarci a mala pena un toast.
Aggrottò la fronte, non era contento.
“Nooo!” esclamò.
“No?” rise il suo papà. “Pensi di essere più bravo di così?”
Il suo papà lo stava prendendo in giro, lo sapeva. Aveva due anni e mezzo e non era uno stupido.
Sfilò le manine dalle sue e le distanziò un po’ di più: ora ci poteva passare una Pluffa tra di loro. Era abbastanza? Nooo! Prima di colazione aveva persino bevuto la schifosissima pozione per il raffreddore sputandone solo metà!
Allargò ancora un po’ le braccia.
“Uhm. Ma è davvero tanto bravo il mio bambino?” gli chiese papà, osservandolo divertito.
Il papà era contento, lui lo faceva contento. Era un bambino estremamente bravo. All’incirca...
Allargò ancora un po’ le braccia. Il papà ora rideva.
Anche lui sorrise, e poi spalancò le braccia come se volesse abbracciare il mondo intero.
“Tatto cogì!” esclamò soddisfatto.


Silente era in piedi davanti a lui, la veste verde che svolazzava nella brezza leggera di fine estate, incanalata tra i muri dei palazzi. Remus non riusciva a capacitarsi del fatto che fosse proprio lì, sembrava così fuori posto in quello squallido vicolo della Londra Babbana. Se non altro erano lontani da occhi indiscreti, anche se ormai conosceva bene i Babbani londinesi, e al più avrebbero scambiato il preside di Hogwarts per un vecchio hippy un po’ folle.
“Da quanto tempo non parli con qualcuno, Remus?” gli chiese, lo sguardo dolce.
Lui scrollò la testa, incurante dei capelli sporchi e troppo lunghi che gli finirono negli occhi. “Come ha fatto a trovarmi, professore?”
“Oh, il merito di averti trovato va a lui.”
Indicò un gufetto bruno posato su un bidone dell’immondizia. Naturalmente aveva notato il gufo, in città e in pieno giorno sarebbe stato difficile non notarlo. Ma…
“E lei lo ha seguito?” domandò sbigottito.
“Non proprio… Da quanto tempo non parli con qualcuno, Remus? Tuo padre è un mio vecchio amico, lo sai. E il mio gufo ne sa più di lui su come te la passi da dodici anni a questa parte.”
Che importanza poteva mai avere? Era così affamato che il gufo in questione se lo sarebbe volentieri mangiato, altro che perdersi in inutili chiacchiere con qualcuno, suo padre o Silente che fosse. Se ne era andato di casa appena finita la scuola, smettendo anche di dare sue notizie dopo la morte di James e Lily. Non intendeva tornarci per chiedere la carità. Tornare per ricominciare a mettere in costante pericolo i suoi genitori!
“Non parlo con qualcuno da un po’”, ammise, sforzandosi di mostrarsi poco collaborativo e sperando così di essere lasciato in pace.
In realtà dovevano essere passati mesi dall’ultima volta che aveva davvero parlato con qualcuno. La cosa non lo faceva soffrire più da tempo, era abituato a essere sfuggito da tutti.
Non sapeva perché Silente si fosse preso la briga di venire a cercarlo, a meno che… “Da quanto tempo non parli con qualcuno?” forse voleva sottintendere. “Da quanto tempo non parli con Sirius Black?”
Certo. Il lupo mannaro non poteva che essere in combutta con il traditore dell’Ordine evaso da Azkaban. Sentì un’ondata di odio nei confronti del vecchio preside, desiderò con tutto se stesso colpirlo, cosa che lo fece vergognare subito enormemente, spingendolo a distogliere lo sguardo dai suoi penetranti occhi azzurri.
Che ingrato, dopo tutto quello che aveva fatto per aiutarlo. Strinse la bacchetta nella tasca mezzo scucita della giacca, consapevole che se ne possedeva una era solo grazie a lui.
“Spero che tu non voglia usarla contro di me”, lo sentì dire, con estrema calma.
Remus sentì il viso farsi bollente. “No,” soffiò, la voce carica di risentimento più verso sé stesso che non nei suoi confronti. “Non ho parlato con Sirius, non lo vedo da quando…” strinse convulsamente la mano attorno alla bacchetta.
Il preside lo guardava comprensivo. “Non è quello che ti ho chiesto. Anche se sei un po’ fuori allenamento nel parlare alla gente, spero che tu non voglia negarmi un piccolo favore.”
Remus fece un passo in avanti, istintivamente.
Non desiderava né l’aiuto né la pietà di nessuno, ma poter fare qualcosa che avesse un senso, piuttosto che continuare semplicemente a sopravvivere, era allettante.
“Ti piacerebbe parlare con un buon numero di ragazzi ogni giorno, almeno per quest’anno scolastico? Ho una cattedra vacante e mi servirebbe un insegnate per coprirla.”
Remus si lasciò sfuggire un verso sprezzante. “Sta scherzando, non è vero?” esclamò percependo, senza capirne il motivo, gli occhi farsi umidi.
Forse era perché gli sarebbe piaciuto. E molto.
Il mago mosse una mano nella sua direzione. “Certo che no, sono serissimo.”
La mano lunga e magra si posò sul suo braccio, facendolo irrigidire. La sentì sulla pelle, malgrado il discreto spessore della stoffa consumata della sua giacca: era calda e pesante quanto una pietra.
“Quanto tempo è che nessuno ti tocca, Remus?” si chiese mentalmente, lottando per non dare a vedere il proprio disagio.
“Mi faresti un gran favore.”
“Lei si ricorda quello che sono, non è vero?”
Sperò che non prendesse la sua domanda come un’offesa, non intendeva dargli del vecchio rimbambito, ma la sua proposta era una delle cose più assurde che avesse mai sentito.
“Certo. Un bravo ragazzo, un alunno brillante, un amico fedele…”
“…un lupo mannaro…” aggiunse Remus, alzando la voce più del necessario per coprire il brontolio del suo stomaco vuoto. Un lupo mannaro denutrito e costantemente affamato, Silente non poteva trovare un insegnante migliore!
“Tra le altre cose. Ma non la più incisiva, direi.”
Remus sorrise suo malgrado. “Dovrebbe rivedere il suo metro di giudizio.”
Si tolse la mano dalla tasca e la portò alla stessa altezza dell’altra, palmo contro palmo, come se intendesse mettersi a pregare.
“Sono un bravo ragazzo tanto così”, distanziò appena le mani, tra di loro poteva passare al massimo un toast.
“E sono un pericoloso lupo mannaro più o meno tanto così”, allargò le braccia come se volesse abbracciare il mondo intero. “Questo è quello che sono. All’incirca…”
Silente gli indirizzò un largo sorriso. “Secondo chi?” chiese, ma non gli diede il tempo di rispondere. “Grazie per la spiegazione con tanto di supporto visivo della tua situazione, Remus. Ora mi è tutto più chiaro.”
Anche se il tono del preside era bonario, non poté non notare una punta di divertita ironia nella sua voce.
“Io… non intendevo, lo so che lei non ha bisogno delle mie spiegazioni, credo che possa capire…” ingarbugliò le parole, sentendo di star tornando ad essere il vecchio Remus, sempre desideroso di compiacere tutti.
“Certo che sì. Anche se è opinione diffusa che io non capisca affatto, solo perché il mio metro di giudizio non si basa su quello che pensa la maggioranza dei maghi. Ma su una cosa sono sicuro che nessuno mi possa dar torto, avere l’onore di finire ritratti sulle figurine delle Cioccorane è una gran soddisfazione. Alle figurine della Cioccorane non rinuncerei per nulla al mondo, a costo di dover accantonare la mia innata modestia.”
Remus tossì, cercando di soffocare una risata. “Oh, sì. Non sa quanto la invidio, insomma… le figurine delle Cioccorane.”
Stava mentendo, in realtà erano le Cioccorane che gli invidiava. Di sicuro erano più gustose del gufo.
“Bene, io questo lo interpreto come un sì alla mia richiesta. Anche perché ricordo bene la tua perspicacia, anche se questa volta ammetto che mi hai davvero sorpreso. Come sapevi che intendo proporre una serie di figurine sui professori di Hogwarts?”
Remus era troppo sbigottito per rispondere, mentre Silente sembrava prepararsi per andarsene.
“Ah, dimenticavo, dovresti fare qualcosa per quelle braccia.”
Le teneva ancora spalancate, e se ne rese conto solo in quel momento, cosa che lo fece sentire un grandissimo idiota.
“Che so, potresti stringerle attorno a, vediamo… qualcosa, qualcuno… una donna? Sì, credo sia la soluzione migliore. Allora avrebbero un senso.”
Gli strizzò l’occhio con un sorriso complice, prima di Smaterializzarsi.



“…E Silente mi ha dato un lavoro… Ma prima mi ha dato un grande consiglio.”
Remus mise una mano sulla spalla della moglie. Era molto emozionata.
“Lei è Ninf…”
“Attento a quello che dici”, lo avvertì, gli occhi che saettavano nella sua direzione.
“…fadora,” sorrise nel vedere i suoi capelli farsi rossi, l’aria oltraggiata. “La mia ragazzina.”
Sua madre le strinse calorosamente la mano, aveva gli occhi lucidi.
Suo padre invece osservava serio il viso a forma di cuore della giovane.
“Non dovresti chiamarla così, Remus”, lo riprese freddamente, senza staccare gli occhi da quelli di lei.
“Oh, lasci stare!” si schermì, i capelli che le tornavano di botto rosa. “Sono anni che glielo ripeto invano. È così zuccone!”
“Beh, Ninfadora, lei ha tutte le ragioni per arrabbiarsi fino alle…” tossì, nel tentativo di soffocare un sorriso, cosa che per un attimo lo fece assomigliare terribilmente al figlio. “…punte dei capelli. Remus, questa è tua moglie.”
Lui annuì cercando il suo sguardo, ma senza successo.
“Sì,” ripetè John, come se faticasse ancora a crederci. “Sì. È una donna, una moglie. Una madre. Non una ragazzina.”
Tonks sussultò, per poi esibirsi in un enorme sorriso; i capelli, se possibile, di un rosa ancora più acceso di poco prima, il suo timore di non piacere ai suoceri spazzato definitivamente via.
Remus, invece, sbatté le palpebre spiazzato.
“Sai, avrei potuto insegnarti come ci si comporta con una signora, se tu non te ne fossi andato di casa quando ancora non avevi neppure l’età per farti la barba.”
Il tono della sua voce si era fatto duro.
Un silenzio teso calò nella stanza.
Remus vide sua madre stringere il braccio del marito, una silenziosa supplica a non proseguire oltre su quell’argomento.
Lei lo aveva perdonato, gli era corsa incontro abbracciandolo stretto, mormorando piano “il mio bambino” più volte, in una incredula cantilena. E lui si era sentito un verme rendendosi conto di essere riuscito a farle molto più male da umano che non in forma di mannaro.
Ma suo padre… lui non l’aveva degnato di uno sguardo.
Tirò un sospiro. “Beh, avresti dovuto insegnarmelo… In effetti non sono ancora tanto capace neppure ora…”
“Puoi dirlo forte!” si lamentò Tonks, ma allungando allo stesso tempo una mano verso la sua e iniziando ad accarezzargliela teneramente con la punta delle dita.
Lui le sorrise. “… di farmi la barba.”
Si passò pensieroso una mano sulla barba lunga di giorni, non poteva radersi senza rischiare di aprire le ferite che si era procurato con l’ultima luna piena.
“Remus!” strillò lei, stringendogli forte un paio di dita tra le sue e alzando gli occhi al cielo. Ma poi, all’improvviso, si fece seria. “Signor Lupin, le sue parole mi lusingano moltissimo, ma… per favore, non parli più in questo modo a mio marito.”
Remus le fece segno di “no” con il capo, non era necessario. Lo ignorò, decisa a difenderlo come faceva sempre, gettando alle ortiche il suo desiderio di piacere ai suoceri. Ormai se ne era fatto una ragione, era lei a prendersi cura di lui e non, come sarebbe dovuto essere, il contrario.
“Remus sta solo scherzando, in realtà lo amo proprio perché mi ha sempre trattata come una donna, è stato il primo uomo che mi abbia mai fatta sentire una donna e non una sciocca ragazzina.”
E lei era stata la prima donna che aveva fatto sentire lui un uomo e non un lupo mannaro che stava facendo qualcosa di molto sporco con una donna. Lo pensò, non era in grado di pronunciare le parole ad alta voce, ma sperò che lei potesse leggerle nel suo sguardo. Tonks fece oscillare piano le loro mani unite, gli occhi scintillanti.
Lei lo sapeva, lo sapeva.
Gli sorrise, mormorando. “E fin dal nostro primo incontro.”
“Come vi siete conosciuti?” chiese conciliante John. Non sembrava affatto offeso dalle parole della nuora, anzi, ora la guardava con profondo rispetto.
“Come dicevo all’inizio, grazie a un consiglio di Silente”, tentò nuovamente di raccontare, ma venne ignorato da suo padre, che si rivolse ancora una volta a Tonks.
“E lei, Ninfadora, non ha mai avuto, ecco… timore di mio… di Remus?” l’uomo aveva pronunciato le parole con evidente affanno, come se avesse dovuto sollevarne a forza di braccia ognuna, e ognuna gli fosse pesata quanto un macigno.
“No. Io sono un Auror e Remus, detto tra noi, come lupo mannaro è una vera schiappa… Evidentemente Greyback non l’ha morso come si deve.”
Remus scoppiò a ridere, solleticandole il palmo della mano.
Ma suo padre non rideva, anzi, si era fatto pallido e tesissimo.
“Remus, tu… tu sai di Greyback? Sai di me e di lui?” gli chiese con un filo di voce. “Santo Cielo. Io… non ho mai avuto il coraggio di confessartelo. Immaginavo che tu lo avresti scoperto… pregavo di no, ma…” scosse la testa, sconfitto, mentre sua madre gli posava una mano sulla schiena.
Non si era mai reso conto di quanto lui e suo padre fossero simili prima di allora. Era stato così freddo con lui perché si sentiva in colpa, non per farlo sentire in colpa.
Ne fu molto dispiaciuto, non provava rancore nei suoi confronti, solo affetto.
“Non ha importanza, papà. La mia ragazzina, la mia… uff, questa maledetta barba… dovrai insegnarmi a farmela, sai?” gli sorrise e fu felice di essere finalmente riuscito a conquistare i suoi occhi. “Riprovo. La mia signora, è un’Auror di prim’ordine, sapete? Lei mi ha mostrato che essere un pericoloso lupo mannaro può essere…”
“Fagli vedere!” lo interruppe lei. Conosceva quello sguardo, stava architettando qualcosa per risollevare il morale a tutti.
“Come?”
“Il supporto visivo, professore. Fagli vedere!” si mise davanti a lui e gli prese le mani tra le sue. “Tu sei un pericoloso lupo mannaro tanto così”, ammiccò, aprendogli un poco le braccia.
Remus si sentì preso da una profonda sensazione di déjà vu. Lasciò cadere le braccia mollemente lungo i fianchi, mentre Tonks lo guardava con rimprovero.
“Su, non fare il guastafeste!”
“D’accordo.”
Guardò suo padre e per un attimo lo rivide giovane, più giovane persino di Tonks.
“Tu sei un bravo bambino tanto così”, gli diceva ridendo.
Allargò le braccia, come se volesse abbracciare il mondo intero.
“Vedete,” sentì dire Tonks. “Per me il suo essere un lupo mannaro è perfetto, ci sto dentro comoda!”
Si infilò tra le sue braccia senza alcun imbarazzo. Era talmente orgogliosa della loro unione, i suoi sentimenti tanto genuini da essere commoventi.
“Ora mostrami quanto sei un bravo ragazzo”, gli ordinò, osservando soddisfatta i volti sorridenti dei suoceri. Avevano capito.
Chiuse le braccia ubbidiente, felice di poter dare loro un senso.
“Ehi! Ma qui c’è ancora spazio!” urlò lei, sbirciando oltre la sua spalla.
Andromeda, che era rimasta in disparte fino a quel momento, li raggiunse con un neonato assonnato tra le braccia.
Il piccolo, nel sentire la voce della mamma, sembrò svegliarsi completamente, aprendo e chiudendo le manine verso di lei.
“Vieni qui, piccolino”, mormorò Remus, e lo prese dalle braccia della nonna, facendolo accoccolare tra di loro.
Ora stava abbracciando il mondo intero.


“Guarda”, disse suo padre a Teddy, prendendogli le mani tra le sue, che erano grandi e ruvide e calde. Al bimbo sembrava piacere quando il nonno lo teneva per mano. “Tu sei un bravo bambino tanto così…”











Nella mia long fic avevo in progetto un incontro chiarificatore tra Remus e suo padre, ma poi non l’ho fatto, per non dilungarmi troppo. Così ho pensato di scrivere una storia a parte. Inoltre anche Tonks doveva conoscere i suoi suoceri ;-)
E’ la prima volta che tratto il personaggio di Silente, spero di essere riuscita a renderlo IC…
Ringrazio chi ha recensito le mie altre one shot, non faccio nomi perché temo di dimenticare qualcuno, ma leggo tutte le vostre recensioni e mi fanno sempre molto felice ^^ GRAZIE!!
Grazie anche a chi le aggiunge ai preferiti e chi le legge in silenzio ^^

Fri


   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: fri rapace