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Autore: summer_time    30/07/2017    4 recensioni
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Iris si è sempre sentita troppo rossa: dal colore dei suoi capelli, dalla sua armatura, dal suo copriletto fino alle sue stupende ali. Ma non è un rosso caldo e accogliente, bensì un rosso cupo e sanguinolento, come piace a Micheal. Anche se lei non lo sa.
Micheal invece ha una passione sfrenata per l'orrore: si diverte a essere violento verbalmente, schiacciando coloro che intralciano il suo cammino con semplici ma efficaci parole; non sopporta assolutamente il lavoro di squadra. Forse se Iris glielo chiedesse cambierebbe idea, ma niente è certo con uno come lui.
Entrambi dovranno però adattarsi a una nuova profezia, insieme a un gruppo di sfortunati semidei, proprio su di loro: perchè nessuno di loro in realtà vuole che il Leviatano si liberi dalla sua gabbia di ghiaccio.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8

“Continua a colpirlo!”
“Ci sto provando!”

Caos. Quello sicuramente era la rappresentazione del caos in battaglia: e loro erano decisamente in svantaggio. Era riuscita a togliere un occhio alla testa del serpente che tentava in continuazione ad azzannarle le ali, mentre nello stesso istante Neos tentava di trovare una zona particolarmente sensibile dove colpire la bestia con i suoi dardi avvelenati. Iris sapeva che la bestia la stava stancando di proposito, colpendola violentemente con il suo enorme testone da rettile per indurla a distrarsi e così avventarsi sulla barca: ma la ragazza non aveva intenzione di cedere a quel gioco e ogni volta il serpente tentava di muoversi in direzione di uno dei suoi compagni, lei puntualmente lo fermava. Fortunatamente Neos le stava dando una mano, all’incirca: le squame del mostro erano così dure e ben riunite da non far trapelare nessuna zona particolarmente sensibile.

Con una sterzata, vide chiudersi i denti del mostro a meno di una decina di centimetri dal naso; Iris ne approfittò per tirare un calcio direttamente sulla mascella del serpente, con l’unico risultato di farlo infuriare ancora di più: a quanto sembrava, niente riuscita a scalfirlo, neanche il bronzo celeste. Con il fiatone, Iris tornò alla carica, ben intenzionata a impedire che quel mostro distruggesse la loro imbarcazione: alcuni dardi, lanciati dalla balestra di Neos, si andarono a conficcare nell’orbita sanguinante del serpente, facendolo sibilare dal dolore e rallentando le sue reazioni ai tentativi di attacco della rossa.

“Bel colpo Neos!”

La ragazza esultò per il magro successo, sperando intimamente in una vittoria ormai molto lontana, voltandosi poi verso il suo compagno: ma si Neos non c’era traccia. Iris incominciò a perlustrare freneticamente con gli occhi l’imbarcazione, muovendo la testa quel poco che bastava a visualizzare l’intera barca ma non c’era traccia del ragazzo. Il cuore di Iris incominciò a pompare se possibile ancora più veloce mentre l’affanno si faceva strada nei suoi polmoni: non riusciva a vederlo, non lo vedeva, com’era possibile? La gente non spariva così a caso, lei doveva riuscire a vederlo. Perché non ci riusciva, dove si era nascosto Neos?
E mentre Iris si affannava a cercare il suo compagno, fece l’errore più grave in quella battaglia: diede le spalle al serpente. E intanto che lei si lamentava interiormente, il rettile si fece più vicino. E la morse.

 
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“Combatti bene per essere un bestione di un quintale”
“Arthur, direi che non è proprio il momento di distrarsi”

Avevano provato di tutto ma non riuscivano ancora a ferire quel brutto muso da rettile: i serpenti che li stavano attaccando, erano stati già usati nella guerra di Troia dalla dea Atena contro Lacoonte, reo di aver quasi convinto i Troiani a non accettare il cavallo di legno come dono degli Achei per la pace; il poveretto si era visto stritolare i figli sotto i propri occhi e alla fine pure lui era stato strangolato dagli animali: un’agonia infinita, pensò Micheal.

Come infiniti erano stati i loro tentativi – tutti rigorosamente vani – di staccare la testa una volta per tutte al rettile: le squame si stavano rivelando dure persino a una spada come la sua e, nonostante gli aiuti di alcuni scheletri evocati dal figlio di Ade, ancora non riuscivano a trovare una sola parte del corpo abbastanza fragile da essere colpita. Frustrato come non mai, infilzò con sadica soddisfazione l’intera lama della sua spada sulla lingua del mostro, per poi mozzarla con un deciso movimento del braccio: la carne molla e bavosa atterrò sulla barca, spargendo sangue ovunque, facendo anche rivoltare lo stomaco ad Arthur che la guardò per un momento schifato, prima di adocchiare il cielo alla sua sinistra.

“Sta ancora bene”

Lo disse quasi urlando, per sovrastare il verso di dolore che il serpente stava producendo, al suo compagno d’armi che fece un cenno d’assenso.

“Sarà meglio per loro che continui a stare bene”

Con un balzo, Arthur vide Micheal saltare da una spira all’altra, infastidendo il rettile e costringendolo a contorcersi nel Rio a causa dei danni alle membrane spinali, uniche parti del corpo che riuscivano a tagliare, seppur non danneggiassero in modo decisivo il mostro: decise di seguire il suo amico, onde evitare che la testa del mostro si rivolgesse unicamente a lui. Con qualche balzo, salì in groppa al mostro e incominciò a risalire verso il capo, in modo da punzecchiarlo senza rischiare di essere preso a morsi: tagliò diverse membrane con la katana lungo la sua strada, inclinandosi e aggrappandosi allo stesso corpo del mostro quando questi si muoveva, nel tentativo di rovesciare la barca.

Rapidamente, e non senza un grande sforzo di equilibrio, si mise in piedi e incominciò a infastidire il mostro, infilzando la katana lungo le pieghe della bocca, del naso e degli occhi: certo mica era semplice evitare che ti sbattesse in aria e ti mangiasse al volo, ma Arthur era pur sempre coperto da Micheal, che non mancava di irritare il serpente in ogni secondo disponibile.

Con la cosa dell’occhio, il figlio di Ade vide Ninette essere sbattuta contro un cumolo di reti da pesca dal loro misterioso nemico: non aveva più la sua lancia e non era messa molto bene fisicamente; senza starci più di tanto a pensare, Arthur saltò letteralmente giù dal mostro – dopo tutta la fatica che aveva fatto per salire, si trovò ironicamente a pesare – per atterrare, senza alcuna grazia, sul ponte della loro imbarcazione: dopo essersi lamentato interiormente di quanto male gli facessero le caviglie, lanciando qualche imprecazione sulle altezze, raggiunse quasi zoppicando Ninette, parando un fendente che mirava al suo addome.

Con aria di sfida, il ragazzo davanti a lui perse ogni interesse per la figlia della miseria e si concentrò sul suo nuovo nemico, che se non ricordava male era un figlio degli inferi e lì ghignò sadicamente: sapeva molto bene dove colpirlo. Con uno scatto che sorprese Arthur, Kyros corse verso la cabina di pilotaggio della barca, verso colui che avrebbe piegato il figlio dei morti e lo trovò quasi subito, con gli occhi sbarrati dallo spavento e l’insulsa spada nella mano tremante. Che stupido mezzosangue, quella spada innanzitutto doveva essere usata con due mani ed era visibilmente troppo pesante per un mingherlino come lui: troppo magro, niente muscoli a contrastarlo, c’era poco da divertirsi notò amaramente, lo avrebbe infilzato fin troppo facilmente. Con un sorriso freddo sul volto, fece per affondare la sua lama sul viso pallido e affusolato di Florian, quando Kyros si sentì trascinare verso il basso: grosse mani scheletriche si stavano arrampicando lungo i suoi pantaloni, trascinandolo verso il basso, verso gli Inferi. Il tanfo - poi - che risaliva da quelle braccia in decomposizione, era rivoltante e per poco Florian, già scosso di suo, non rimise il pranzo: riuscì a contenersi e schivando Kyros grazie al suo istinto di sopravvivenza, prese al volo Kirkner, ormai esausto per tutti i morti che si era visto costretto a richiamare.

Florian non badò molto se il loro nemico si fosse già liberato o no, trascinando Arthur fuori dalla cabina e sentendosi subito in mezzo a un pericolo ancora maggiore quando vide i due serpenti ancora totalmente illesi. Strillando a più non posso e facendosi maledire addirittura dal ragazzo che stava goffamente mettendo in salvo, Florian si trovò a scaricare un esausto Arthur vicino al corpo di Ninette, che aveva perso conoscenza e stava perdendo sangue da numerosi tagli su braccia e gambe. Si girò di scatto quando sentì una risata malvagia accompagnata da dei passi avvicinarsi: con la poca convinzione della sua superiorità rimastagli, Florian tese la sua spada, tempestata da mille pietre preziose, impugnandola con entrambe le mani, pronto – forse per la prima volta – a duellare al meglio delle sue capacità per salvare Arthur. Si prefiggeva già uno scontro impari, con lui purtroppo perdente, ma tra lui e Kyros si mise in mezzo improvvisamente il figlio di Ebe, Neos con la sua balestra puntata dritta al collo del ragazzo nemico. In un battito di ciglia scoccò un dardo potenzialmente mortale.

Eppure la freccia fu deviata dalla sottile spada di Kyros che sorrise quasi intenerito dalla patetica difesa da parte di Neos su Florian. Il cuore del figlio di Ebe batteva velocemente, molto veloce, la sua giugulare lasciava intravedere lo scorrere ritmico e forsennato del sangue alla testa: Kyros si leccò sensualmente le labbra cianotiche, sorridendo poi ferino e prendendo nella mano destra una piccola fiala. E poi attaccò. Brutale, feroce, veloce come gli era stato insegnato, trapassò in un battito di ciglia la gola di Neos: il fioretto nemico si tinse di rosso acceso, sangue fluido colava in piccole gocce sul pavimento, scorreva sulla lama fino alla mano di Kyros, continuava a sgorgare imperterrito dalla gola di Neos. Gorgogliava qualcosa, il povero figlio di Ebe, con gli occhi spalancati dallo shock e la balestra caduta ai suoi piedi. Tentava di parlare ma la voce era ormai spenta e le fredde mani di Thanatos pronte a prenderlo: e così fu.
Florian era ancora lì, paralizzato, a vedere la morte di un suo compagno senza che lui, che nessuno, riuscisse a impedirlo. Vide il cadavere scivolare fino ad accasciarsi al suo, vide quel pazzoide raccogliere in una dannata boccetta parte del sangue che ancora colava dalla ferita aperta. Lo vide ridere di gusto e udì un grido sopra di lui, un grido di dolore e in un secondo anche Iris cadde al suolo, urlante e agonizzante mentre con la mano tentava di toccarsi un’ala, gravemente danneggiata e insanguinata: la vide palpare ogni singola penna fino a che la vide estrarre un dente seghettato, ricolmo di un liquido violastro.

“No, no, no”

Ecco cosa riusciva a mormorare: veleno, era stata morsa e quindi avvelenata da quello stupido biscione gigante. E neanche in questo caso lui aveva potuto fare niente.

“Ecco, uno è pronto. Ora passiamo al secondo”

Di nuovo quel sorriso malefico. E lui era ancora lì, fermo, con la spada nelle mani volto a proteggere Arthur e O’Bainon. E Iris, se fosse stata più vicina. Una lacrima gli scese, scorrendo veloce sulla guancia perché Florian sapeva che non sarebbe mai stato in grado di proteggere nessuno in modo efficace.

“Sei così patetico, un bimbo viziato – Kyros gli sorrise, ferino, leccando via del sangue rimastogli nelle dita della mano – ma almeno sai che ti ucciderò. Poiché ho preso il sangue di un maschio, devo prelevare due di voi, un maschio e una femmina, per vedere quale sangue il mio signore gradisce di più. Perciò, spostati in modo che io ti possa uccidere più facilmente”

Un’altra lacrima scese sulle guance di Florian. Lui non serviva, lui sarebbe stato ucciso. E Iris stava morendo, agonizzando nel veleno del serpente mentre al contempo sentiva i rantolii di O’Bainon che si stava riprendendo.

“Ma forse mi servirà solo il maschio, il figlio di Ade: i miei sottoposti hanno catturato un’affascinante figlia di Tiche”

Florian strinse l’impugnatura della sua lama, piangendo silenziosamente. Era un codardo, lo sapeva, ma era la sua natura. Lui non poteva sconfiggerlo, non avrebbe mai potuto farlo. Kyros lo stava per uccidere, lo vedeva nei suoi occhi quando vide Micheal avvicinarsi molto lentamente verso Iris: sapeva cosa stava per accadere e doveva trovare un riparo, molto, molto velocemente. Arthur era incosciente, non avrebbe subito nessun danno ma la figlia della miseria era appena rinvenuta, sarebbe impazzita: gli sanguinava il cuore a doverlo lasciare la ma doveva farlo. Continuò a piangere mentre mollava di scatto la sua spada, prendeva le braccia di O’Bainon e la trascinava il più lontano possibile ma non fu abbastanza veloce.

 
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La sua Iris. La sua bellissima Iris aveva urlato di dolore: quel bastardo l’aveva morsa, aveva morso un’ala e lei era caduta, come una stella, sulla barca. L’aveva vista, agonizzante mentre tentava di alzarsi, ma falliva a ogni tentativo. Micheal ringhiò, mentre correva verso di lei, fino a soffermarsi e inginocchiarsi: Iris tremava e si agitava mentre con disperazione tentava di non cedere al veleno. La vedeva, piangeva e singhiozzava, tremante e ferita. Le mani di Micheal scesero, con piccoli scatti, verso il suo corpo e la cinsero fino a stringere al petto il corpo spasimante della ragazza.

“Micheal. Mi fa male”

Singhiozzava e tremava sulla sua spalla, sentiva la sua vita scivolare via. Si stava stringendo debolmente a lui e Micheal sentiva il suo dolore, la sua paura. E lui aveva promosso, si era promesso di mantenerla al sicuro, di non vederla mai più piangere a causa del dolore inferto da altri. Le passò un braccio sotto le ginocchia e una sulla schiena, prendendola così in braccio come se fosse una bambina addormentata. Poi scoppiò il pandemonio.

Il suo potere esplose in una terrificante onda d’urto che fece sbattere Florian e Ninette contro una parete della barca, respingendo i due serpenti – che stavano per rovesciare l’imbarcazione - in acqua, così come in acqua finirono un’incosciente Arthur, il cadavere di Neos e gli scagnozzi di quello sociopatico. Micheal lo odiava, dal profondo del suo cuore: si concentrò su di lui, era colpa sua se Iris stava piangendo e lui doveva pagare, doveva pagarla cara. Si insinuò nella sua mente e gli rivoltò contro le sue paure, i suoi segreti più oscuri, lo sentì arretrare, tentare di sfuggirgli ma alla paura nessuno sfugge e Micheal lo sapeva bene, era l’unico figlio di Deimos – il dio della paura; sentiva l’odore inebriante della paura che gli stava suscitando e le deboli proteste di quel rifiuto umano che per sfuggirgli si buttò in acqua: stava per riconnettersi con la sua mente – l’acqua lo stava disturbando – quando Iris singhiozzò più forte e si strinse maggiormente al suo collo: il suo desiderio di vendetta si placò all’istante sostituito dal desiderio di proteggere la rossa: a grandi falcate si avvicinò a una disorientata Ninette, depose ai suoi piedi la ragazza alata per poi schiaffeggiare con forza la figlia della miseria, per farla tornare in se.

“Curala. Muoviti sta morendo!”

Ninette era ancora confusa, non riusciva a capacitarsi di cosa fosse successo e del perché Pride fosse malconcio accanto a lei, ma si concentrò sul presente e con grandi fatiche attivò il suo controllo sui veleni, ordinando alle tossine di uscire dal corpo di Iris, di non arrecare più danni: una copiosa quantità di tossine violacee uscì dalla ferita sull’ala inflitta dal serpente fino a che Iris stessa si concesse un sospiro rilassato. Poi Ninette svenne.

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao ragazzi! Che dite di questo capitolo tutto concentrato su fighting scene? Vi piace? Vi aspettavate qualcosa di più? 
Come al solito, fatemi sapere, in una recensione o via messaggio privato, ci tengo!

Summer_time

 

  
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