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Autore: Ortensia_    31/07/2017    1 recensioni
[ IN SOSPESO ]
Kageyama Tobio, vent'anni appena compiuti, una retta universitaria da pagare e una madre isterica di cui prendersi cura. La sua monotona esistenza subisce uno scossone dal momento in cui incontra un ragazzino dai capelli arancioni che sostiene di essere uno shinigami.
Inizialmente rifiuta di credergli, ma essendo lui stesso un essere soprannaturale comincia a pensare che possa esserci un fondo di verità nella sua confessione.
Quel che Kageyama non sa è che gli esseri come lui sono molti altri e che anche loro riceveranno presto visite dal regno dei morti.
[ Superheroes!AU; coppie e accenni all'interno; fonti di ispirazione: Marvel!Universe; Death Note; Psycho-Pass (non è necessario essere fan della Marvel o consocere gli anime citati per seguire la fanfiction) ]
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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L'eroe del tempo immobile


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S h i n j u k u __ p r e f e t t u r a _ d i _ T o k y o



Akaashi restò imbambolato per un po', le braccia distese in avanti ed entrambi i palmi delle mani aderenti al tavolo.
Kenma era seduto di fronte a lui, ma a differenza sua non sembrava per nulla interessato all'ambiente circostante: continuava invece a premere freneticamente lo schermo del suo cellulare, senza mai sollevare lo sguardo – un nuovo rhythm game? Keiji ne era quasi certo.
Inspirò appena, congiungendo nervosamente le mani, dunque guardò verso il bancone, osservando con indifferenza Bokuto e Kuroo.
I due shinigami li raggiunsero poco più tardi, scusandosi subito per l'attesa, quindi Akaashi vide Kenma sollevare leggermente il cellulare, così che Kuroo potesse sistemare tranquillamente il vassoio sul tavolo.
«Ohi, Akaashi,» Bokuto gli porse il toast «sicuro che questo ti basti?»
Keiji fissò il toast con sufficienza, per poi annuire appena: non era abituato ai fast food, né li trovava particolarmente allettanti, perciò invidiava la capacità di Kenma di isolarsi fin quasi a ignorare ogni cosa.
«Scusateci, non avremmo voluto rimandare questo incontro, ma i test...»
Alle parole di Akaashi, Bokuto – impegnato ad addentare il suo hamburger – si strinse nelle spalle; solo Kuroo rispose – non prima di aver dato un'occhiata a Kozume, forse nella speranza di vederlo mettere via il cellulare.
«Lo sapete che d'ora in poi le vostre priorità saranno altre, vero?» non c'era alcuna cattiveria nelle parole di Tetsurou, ma Keiji assottigliò comunque lo sguardo, infastidito all'idea di farsi improvvisamente condizionare la vita da quei due sconosciuti che ora sedevano al suo stesso tavolo.
«Non ho chiesto io di essere coinvolto in tutto questo» Akaashi sibilò, sotto gli sguardi silenziosi di Bokuto e di Kenma, che si era finalmente deciso a staccare gli occhi dal cellulare.
«Quali...» fu proprio Kozume a parlare, affondando i rebbi della forchetta in un tortino di mele «quali saranno le nostre priorità?»
«Sopravvivere?» Kuroo, il mento appoggiato sul dorso della mano sinistra, addentò una patatina con espressione annoiata.
«Sì,» Bokuto – bersagliato dallo sguardo di Akaashi – biascicò, addentando nuovamente l'hamburger «dopotutto abete espessamente detto che non bolete ucci‒»
«Bokuto-san,» Keiji schioccò la lingua contro il palato, in segno di disappunto «non parlare con la bocca piena.»
«Che non volete uccidere nessuno» Kuroo finì la frase dell'amico. «Il che non ci dispiace, visto che tu e Kenma siete tanto uniti, ma non è detto che gli altri dotati di cromosoma Z siano della stessa idea, ecco perché è fondamentale ricavare più informazioni possibili riguardo i due che tu e Bokuto avete avvistato l'altro ieri, così da poter trovare degli alleati e non dei nemici.»
«Un'alleanza?» Kenma rivolse un'occhiata spaurita a Kuroo, poi ad Akaashi, che si limitò a mordere il toast, strappandone un pezzo con un vago accenno di rabbia.
«C'è qualche problema, Kenma?» quando fu Bokuto a rivolgersi a lui, Kenma sussultò. «Non vuoi avere qualche alleato in più?»
Kozume si ritrovò a boccheggiare, poi tornò ad afferrare il cellulare, guardando il proprio riflesso nello schermo scuro: non sapeva cosa rispondere. Non era sciocco pensare a un'alleanza ampia, soprattutto considerando il fatto che lui e Akaashi non avevano intenzione di uccidere nessuno, ma sarebbe stato capace di instaurare un rapporto di fiducia con altre persone?
Guardò Keiji, che questa volta ricambiò il suo sguardo: stavano pensando la stessa cosa, ma erano molto riservati e di certo Akaashi si sarebbe risparmiato dal dire a Kuroo e Bokuto quanto fosse difficile, soprattutto per Kenma stesso, stringere un rapporto oltre la semplice conoscenza. Si era dovuto sforzare perfino di sedersi a quel tavolo, a dirla tutta.
Per un istante, Kenma pensò di prendere possesso della mente dell'amico così da gestire al meglio la situazione, ma Akaashi era intelligente e doveva aver intuito qualcosa, perché all'improvviso colse un'occhiata da parte sua; decise, quindi, di non interferire.
«Nessuno ha chiesto il nostro consenso, perciò siamo in difficoltà,» Akaashi riprese a parlare, emettendo un sospiro rassegnato «ma credo che un'alleanza con altri dotati di cromosoma Z sia per ora la scelta più saggia.»
Kenma arricciò appena le labbra: la pensava come Akaashi, ma avrebbe preferito tentare un'altra soluzione prima di cercare altre persone simili a loro.
«Forse riusciremo a trovare persone che la pensano davvero come noi, Kenma» Akaashi si rivolse all'amico per tranquillizzarlo, per poi alzarsi. «Tuttavia ho intenzione di continuare a studiare, anche se per un periodo dovremo allontanarci da qui.»
Guardando Keiji, Kenma si sentì sollevato, ma la voce squillante di Bokuto lo mise nuovamente sull'attenti.
«Eh? Quello non lo mangi?» Koutarou indicò il toast morsicato a metà, posato proprio al centro del vassoio.
«Mangialo tu» Akaashi voltò le spalle al gruppo, intenzionato a dirigersi verso l'uscita del fast food.
«Vai già a casa?» fu Kenma a parlare, precedendo Bokuto di qualche secondo.
«E se andassimo tutti alla sala giochi qui accanto?» Kuroo intervenne e Akaashi si fermò.
Kenma spalancò gli occhi e guardò Kuroo con adorazione, come se al posto della sua voce avesse udito un coro angelico: in effetti era da un po' che, proprio a causa dello studio, non andava alla sala giochi.
Akaashi si voltò nuovamente a guardarli, scoprendo di essere fissato a sua volta da tutti e tre: Bokuto con la bocca piena del suo toast, Kuroo con le labbra increspate in un sorrisetto sghembo e Kenma con un leggero luccichio nello sguardo.
In una situazione simile, andare alla sala giochi gli sembrava davvero stupido, ma era anche vero che aveva bisogno di rilassarsi un po'. E poi il loro era un gruppo di persone all'apparenza così male assortito da aver provocato in lui la curiosità di scoprire se vi fosse davvero compatibilità oppure no.
«D'accordo,» Keiji accennò un sorriso appena percettibile «andiamo.»
Finalmente tutta la tensione che Kenma aveva accumulato fino a quel momento si sciolse.


❋ ❋ ❋


Il suono di una goccia che si infrange: solo uno dei tanti infinitesimali respiri del mondo, ma è potente e lo annichilisce.
È buio. Chiude gli occhi per un istante, e quando li riapre scorge qualcosa che prima non c'era: un alternarsi di strane forme pallide e spazi di tenebra dove queste sembrano trovarsi sospese.
Un'altra goccia si infrange, ma questa volta è lontana e perciò discreta nel suo disfacimento, come se non volesse essere sentita.
Continua a fissare il pallore fumoso di una delle strane sagome che lo circondano, poi gira su se stesso, cercando di contarle.
… Sette, otto. Otto! Sono otto.
Conoscerne il numero sembra aiutarlo a visualizzare con più chiarezza i contorni delle sagome, che improvvisamente assumono un nome: piedi. Otto paia di piedi insanguinati che penzolando lo accerchiano, imprigionandolo in uno spazio ristretto interamente occupato da una pozza di sangue.
È buio, ma ogni dettaglio è nitido. Vede chiaramente una goccia di sangue che, piena e luminosa, segue la linea magra di un piede, tracciando dietro di sé un rivolo rosso e vagamente impreciso. La goccia si ferma sulla punta dell'alluce e poi cade, ma questa volta non si infrange a terra: resta sospesa a mezz'aria, come se un filo invisibile la tenesse ancora legata al corpo da cui è appena fuoriuscita.
Il tempo si è fermato? Eppure qualcosa si muove.
Un serpente nero striscia accanto ai suoi piedi, non lo sfiora neppure, ma una stretta improvvisa attorno al suo collo gli strazia il respiro: quel mostro lo osserva, e con il solo sguardo riesce a soffocarlo.
Il suo collo si spezza a metà come uno stuzzicadenti.



Eita si svegliò di soprassalto e si mise immediatamente a sedere, in un rapido movimento che per fortuna gli risultò indolore.
Si guardò intorno, le lenzuola strette fra le dita di entrambe le mani e il respiro smorzato: ricordava con chiarezza ciò che lo aveva svegliato, quei piedi insanguinati e quel serpente nero che lo aveva stritolato con lo sguardo.
Affondò le dita di entrambe le mani nei capelli, quindi abbassò leggermente la testa, chiudendo gli occhi e premendo le labbra contro i palmi: doveva calmarsi e – soprattutto – smettere di pensare a quell'incubo almeno per un po', visto che in lui si era già insediata la volontà di non dimenticarlo del tutto, per quanto spiacevole si sarebbe rivelato il ricordo.
Restò con gli occhi chiusi per un po', in attesa che il battito cardiaco rallentasse, quindi inspirò con forza e non appena sentì di essersi rilassato abbastanza diede una rapida occhiata all'ambiente circostante: si trovava ancora in hotel, e Tendou non era in camera con lui.
Per qualche strana ragione, nonostante l'incubo, Eita era sicuro di aver dormito più profondamene del solito, come se fosse riuscito a ritrovare quella piacevole linearità persa durante i primi sviluppi del tumore. Si sentiva piuttosto bene, a dire il vero, ma non pensò neppure per un istante che potesse essere merito di Sugawara: era solo una coincidenza – d'altro canto il suo alleato aveva chiarito fin da subito che non avrebbe potuto guarirlo.
Semi si alzò poco dopo, approfittando della mancanza di particolari dolori alle ossa per vestirsi in fretta.
Gli ospiti dell'albergo dovevano avere iniziato a pranzare da almeno venti minuti, ma evidentemente Tendou aveva deciso di lasciarlo dormire così da permettergli di riposare il proprio corpo il più possibile – un gesto fin troppo premuroso. A pensiero concluso, Eita si ritrovò ad affondare i denti nel labbro inferiore: difficile non pensare a Tendou che decideva di non svegliarlo così da poter arrivare più in fretta alla sala da pranzo, eppure lui aveva appena ipotizzato che il suo shinigami avesse attentamente considerato il suo stato di salute e deciso di lasciarlo dormire per non debilitarlo ulteriormente.
Scosse la testa come per scrollarsi di dosso quel pensiero, dunque recuperò il piccolo astuccio contenente i medicinali e uscì dalla stanza.
Nel tragitto per la sala da pranzo, Eita pensò di estrarre il portapillole, così da essere già pronto una volta giunto a tavola, ma questo gli scivolò a causa delle mani leggermente sudate.
Semi si lasciò scappare un'imprecazione, guardando il portapillole rotolare fino in fondo alla rampa di scale, quindi, la mano sinistra ben salda al corrimano, scese in fretta, pietrificandosi quando, appena chinato, vide il braccio massiccio di un uomo proprio davanti alla sua faccia.
L'uomo afferrò il contenitore delle pastiglie ed Eita seguì ancora per qualche istante il movimento del suo braccio, per poi scoprirne il viso.
Quando vide il figuro che gli si stava parando davanti nella sua interezza, subì una fastidiosa e improvvisa stretta allo stomaco: era corpulento e aveva un'espressione furente, alimentata dalla bizzarra mancanza di sopracciglia.
Semi schiuse le labbra, boccheggiando appena: forse aveva infastidito quell'uomo, perciò aveva pensato di scusarsi immediatamente, ma l'altro non gli disse nulla e si limitò a porgergli il portapillole.
Eita afferrò il contenitore e lo ringraziò, e l'uomo, dopo aver risposto con un una sorta di brontolio, gli voltò le spalle e si diresse verso la sala da pranzo.




❋ ❋ ❋



Moniwa masticava lentamente, come se fosse convinto che il cibo gli sarebbe andato di traverso da un momento all'altro, ma dopotutto era anche vero che la persona che si era seduta al suo tavolo lo aveva messo sull'attenti a tal punto da impedirgli di concentrarsi perfino su una cosa semplice come pranzare.
Quell'uomo si era seduto accanto a lui senza chiedere il permesso, all'improvviso, e aveva cominciato a fissarlo con insistenza, senza dire una parola. Kaname si era voltato solo per un istante, per rivolgergli un sorriso cordiale che, di fatto, doveva essere risultato più che altro forzato e nervoso; l'uomo, in tutta risposta, aveva continuato a guardarlo con quella sua inquietante espressione spiritata.
Lo innervosiva e lo spaventava, ma aveva paura potesse reagire in malo modo qualora gli avesse chiesto di sedersi altrove. Come poteva fargli capire che lo stava disturbando? Che fissandolo con così tanta insistenza stava compromettendo perfino la sua capacità di masticare una fetta di pane?
Interagire di punto in bianco con degli sconosciuti gli era sempre risultato difficile, figurarsi rivolgersi a una persona – che per altro aveva tutta l'aria di uno psicopatico – per chiedergli di lasciarlo solo.
Moniwa inspirò dalle narici, per poi affondare i denti nel labbro inferiore, esercitandovi una leggera pressione. Afferrò il manico della forchetta, ma non la sollevò; semplicemente fece pressione sull'impugnatura, sbirciando i rebbi che sprofondavano nel tovagliolo: gli avrebbe chiesto gentilmente di sedere a un altro tavolo, siccome stava aspettando una persona.
Kaname lo guardò, ritrovandosi a sua volta osservato con ancor più insistenza: era come se quel ragazzo sapesse qualcosa, e questo pensiero provocò un misero balbettio sulle sue labbra.
Fortunatamente, ancor prima che riuscisse a dire qualcosa, Aone li raggiunse.
Moniwa vide il tizio che si era seduto al loro tavolo rivolgere un'occhiata sprezzante ad Aone, che a sua volta assottigliò il proprio sguardo: cosa stava succedendo?
Deglutì, atterrito all'idea di trovarsi fra quelli che sembravano proprio due ordigni sul punto di esplodere, tuttavia qualcun altro giunse al loro tavolo, affiancandosi ad Aone.
«Ah, Yuta-kun,» l'ambiguo personaggio dai capelli rossi e a punta si alzò, rivolgendosi al nuovo arrivato «eccoti qui!»
Prese sottobraccio il ragazzo dai capelli grigi e insieme si allontanarono, andandosi a sedere ad appena un tavolo di distanza da Aone e Moniwa.




❋ ❋ ❋



«Perché mi hai chiamato in quel modo?» Eita si voltò solo per un istante, in cerca dello sguardo di Tendou, ancora impegnato a spintonarlo verso il tavolo vuoto. «Qualcosa non va?»
«Ho avuto un presentimento.»
Eita osservò solo per un istante il sorrisetto del suo shinigami, per poi incrinare le labbra in una smorfia e tornare a rivolgere la propria attenzione al tavolo vuoto: non gli piaceva vedere quell'espressione sul volto di Tendou, né che avesse avuto un presentimento, soprattutto considerando che la sua precedente intuizione si era rivelata utile, avendoli condotti fin lì e avendogli permesso di incontrare Sugawara.
Semi rivolse una rapida occhiata al tavolo del presunto dotato di cromosoma Z, soffermandosi in particolare sul ragazzo corpulento che aveva raccolto il suo portapastiglie per poi restituirglielo.
«Se uno dei due è un dotato di cromosoma Z, significa che l'altro è uno shinigami, giusto?»
«Già,» Tendou ampliò leggermente il sorriso «non ho mai avuto l'onore di incontrarlo, ma le descrizioni corrispondono.»
Era ovvio che il suo shinigami stesse parlando di quello con i capelli bianchi. L'altro, dopotutto, era solo un gracile ragazzo dall'aria riservata, una persona così comune che normalmente sarebbe passata inosservata.
«Non so quale sia l'abilità del suo protetto, ma quello shinigami è molto forte.»
«Più di Shimizu-san?»
Tendou rivolse un'occhiataccia a Eita, protendendo le labbra in segno di disappunto: avrebbe dovuto utilizzare lui come unità per misurare la potenza di uno shinigami, non Shimizu.
«Beh,» riprese poco dopo, ancora leggermente indispettito «questo non saprei dirlo con certezza.»
Eita restò a osservare in silenzio il gracile ragazzo dai capelli neri, come se sperasse di capire quale fosse il suo potere con la sola forza dello sguardo. Pochi istanti più tardi serrò le labbra e le increspò in una smorfia appena percettibile, dunque inspirò dalle narici e congiunse le dita delle mani.
«Tendou...» assottigliò lo sguardo, aggrottando appena la fronte.
«Mh?» Tendou si voltò verso il suo protetto e – subito incuriosito dalla sua espressione turbata – lo osservò senza dire altro.
«Io ho...» Eita esitò: non aveva idea del perché ci tenesse così tanto a farglielo sapere «ho avuto un incubo.»
Semi si stuzzicò il labbro inferiore con i denti, rivolgendo la propria attenzione a un cameriere, impegnato a spingere il carrello adibito al trasporto della carne.
Per una qualche ragione, Eita si ritrovò a boccheggiare, incapace di continuare il discorso e quindi di saziare la curiosità di Tendou. Restò, piuttosto, a osservare il grosso carrello muoversi lentamente fra i tavoli, avanzare e avvicinarsi al loro.
All'improvviso gli si chiuse lo stomaco e una nausea leggera lo costrinse a serrare la bocca. Tendou lo guardò ancora per qualche istante, poi decise di seguire il suo sguardo, soffermandosi sul cameriere; la situazione pareva innocua, ma ancor prima che potesse aprire bocca notò il carrello della carne sobbalzare e poi slittare violentemente in avanti.
Sia Eita che Moniwa colsero lo scatto anomalo del carrello, quindi videro il cameriere sbilanciarsi in avanti, cercare un appiglio senza trovarlo e di conseguenza incespicare. Qualcosa di metallico, però, lo stava precedendo nella caduta: un grosso coltello da cucina, la punta della lama rivolta verso lo stesso cameriere.


Che cosa dovrei fare?

Se il cameriere dovesse cadere...

… morirà.

Se solo riuscissi a tornare indietro.

Se solo non ci fossero tutte queste persone.

Se solo il tempo si fermasse come nel mio incubo!

Cosa posso fare?

Ma come?!

Come posso salvarlo?!

Devo fermarlo!



Eita strinse i denti con forza e chiuse gli occhi, ripensando intensamente all'incubo che lo aveva svegliato, a quel serpente che si muoveva attorno a lui quando tutto il resto era fermo, alla goccia di sangue sospesa a mezz'aria, come dipinta e perciò inchiodata in una frazione di tempo immobile.
Ci aveva provato più volte, ma non era mai riuscito a fermare il tempo, perciò aveva gettato la spugna, ma forse le immagini che aveva visto nel suo incubo significavano qualcosa, forse in passato non ci era mai riuscito perché non aveva ancora il pieno controllo sulla propria abilità.
Inspirò con forza, affondando i denti nel labbro inferiore fino a sentirlo pulsare: avere bene in mente quello che si desiderava fare con il proprio potere era facile, ma metterlo in pratica era tutta un'altra storia.
Fermare il tempo gli avrebbe permesso di salvare una vita senza che nessuno lo vedesse, perciò riuscire in quell'impresa era fondamentale. Fondamentale ma impossibile.
Si alzò in piedi, senza mai smettere di osservare il cameriere, e all'improvviso i movimenti di tutti i presenti parvero rallentare, per poi arrestarsi del tutto.
Eita esitò e, sbalordito, si fermò per osservare l'immobilità generale che gravava nella sala da pranzo: un bambino che tentava di sfilare un grissino dal cestino del pane di nascosto dalla madre, impegnata a frugare nella borsa; un ragazzo e una ragazza che pur tenendosi per mano utilizzavano i loro cellulari con quelle libere; un anziano che reggendosi al bastone si avviava verso un piccolo tavolo vuoto.
«Ce l'ho fatta...» Eita sussurrò, ancora incredulo, tornando a muoversi subito dopo.
Non aveva idea di quanto sarebbe durato, perciò si affrettò a prendere il coltello da cucina e posarlo sul tavolo accanto al carrello, dunque spostò leggermente il cameriere, così da permettergli di ritrovare l'equilibrio più facilmente.
Tendou, che fino in quel momento aveva osservato Eita, rivolse la propria attenzione al tavolo di quello che credeva essere un altro shinigami e del suo protetto. Appena li vide assottigliò il proprio sguardo, trattenendo il respiro: entrambi stavano guardando in direzione di Eita, il che non era strano, considerando che prima di ritrovarsi bloccati nel tempo dovevano aver rivolto la propria attenzione al cameriere, attirati dal rumore del carrello che era slittato in avanti, tuttavia Tendou era sicuro di aver colto un movimento. Per qualche secondo tornò a guardare il suo protetto, appena scostatosi dal cameriere, poi rivolse di nuovo la propria attenzione agli altri due, e finalmente lo vide: il presunto dotato di cromosoma Z, seppur immobile, aveva mosso gli occhi per seguire i movimenti di Eita.
Il tempo riprese a scorrere ancor prima che Semi tornasse a sedersi, ma grazie al trambusto provocato dal cameriere impiegato per il trasporto della carne, che per evitare di inciampare si era tenuto al carrello e perciò lo aveva fatto sobbalzare un'altra volta, nessuno sembrava averlo notato.
«Quanto è passato?» gli chiese poco prima di sedersi.
«Un minuto al massimo» Tendou rispose senza guardarlo, gli occhi fissi sui due che il suo protetto non era riuscito a fermare nel tempo.
«Non l'ho mai fatto...» Eita aggrottò la fronte e si schiarì la gola, per poi afferrare il tovagliolo.
«La mia intuizione era corretta.»
«Cosa?» Eita tossì, premendo il tovagliolo contro le labbra, poi seguì lo sguardo di Tendou, soffermandosi sul ragazzo gracile e su quello corpulento.
«Loro ti hanno visto.»
Eita spalancò lo sguardo, in un primo momento sorpreso, poi strinse i denti, infastidito da un'altra intuizione di Tendou appena avveratasi e angosciato all'idea che lo avessero visto – ma d'altronde cos'altro avrebbe potuto fare?
«Per ora fingiamo di non saperne nulla, ok?»
Tendou annuì con decisione, voltandosi verso Eita appena lo sentì tossire di nuovo, con più concitazione.
Eita scostò il tovagliolo dalla propria bocca solo pochi istanti più tardi, rivelando una macchia rossa al centro.
«Eita-kun!»
Eita guardò il tovagliolo, poi, le labbra increspate in una smorfia amareggiata, si rivolse al suo shinigami.
«Mi sono sforzato troppo, ma dopotutto ho sempre speso il mio tempo per salvare le persone» accennò un sorriso, e soltanto guardando la sua espressione, Tendou si sentì squarciare il petto.


❋ ❋ ❋


Da quando era tornata a Shinjuku, Chidori non aveva fatto altro che sfruttare ogni singolo momento libero per controllare il suo cellulare, nella vana speranza di ricevere una chiamata da parte di Shirabu.
Erano trascorsi appena due giorni dal loro incontro, quindi non c'era motivo di angosciarsi, anzi era perfettamente comprensibile che Kenjirou volesse concedersi del tempo per decidere se farsi sentire o meno, eppure in quel momento le era davvero difficile pensare razionalmente.
Attorcigliando i capelli fra le dita, Kazue rivolse una rapida occhiata fuori dalla finestra, mordendosi il labbro inferiore quando notò che aveva iniziato a piovigginare.
Si alzò da tavola e si fermò proprio davanti alla finestra, emettendo un sospiro appena percettibile nell'istante in cui guardò il cielo: le nuvole non erano eccessivamente scure, perciò era probabile che quella pioggerellina fosse destinata a diradarsi da un momento all'altro. La pioggia che cadeva in scarse quantità, scomparendo presto, le lasciava sempre una fastidiosa sensazione di incompletezza, la rattristava e infastidiva; arrivava e in un primo momento la confortava, la illudeva che stesse per giungere un temporale, e poi se ne andava, lasciandola a bocca asciutta.
Da quando aveva conosciuto Shirabu, e soprattutto da quando si erano detti addio, ciò che la confortava di più al mondo erano i temporali, quelli spaventosi, con i prolungati scoppiettii dei tuoni che facevano tremare i vetri e con i fulmini, che schioccando nel cielo parevano squarciare l'atmosfera.
Inspirò dalle narici e diede le spalle alla finestra, osservando il cellulare e l'Exterminator, entrambi sul tavolo.
L'attesa che Shirabu la chiamasse era estenuante, ma ancora più insopportabile era l'idea di aver trascorso ben due giorni a chiedersi come avessero fatto ad apportare cambiamenti così drastici all'Exterminator senza potersi fermare un momento per tentare di scoprirlo.
Non avrebbe sprecato un minuto di più.
Chidori sorpassò il tavolo, si chinò accanto a un mobile e aprì l'ultimo cassetto, estraendone un kit.
Posò la cassetta degli attrezzi sul tavolo e tornò a sedersi, quindi estrasse tutto il necessario per smontare parte della struttura dell'Exterminator.




❋ ❋ ❋



Dopo diversi minuti, Chidori era riuscita a smontare il carrello dell'Exterminator così da poterne osservare l'interno.
Tendendolo con fermezza per l'impugnatura, si accertò fossero presenti tutti gli elementi che normalmente componevano l'interno di una pistola, ovvero quelli che permettevano il rilascio e il passaggio del proiettile: il percussore, la molla e il dente di scatto. Notò subito una molla più lucida e spessa, più robusta, per poter veicolare una potenza di fuoco dirompente, ma ciò che attirò maggiormente la sua attenzione fu la presenza di una sorta di anello fra questa e la fine del percussore.
Era un anello sottile e perfettamente levigato di colore bianco, duro e liscio al tatto. Era stato fissato con cura e di fatto pareva l'unico elemento aggiunto nella struttura dell'arma.
Chidori prese fiato, affamata di informazioni ma incapace di capire, e per tanto intenzionata a sostenere qualche verifica non del tutto innocua nella speranza di chiarirsi le idee. Sua madre le aveva detto spesso che la curiosità moderata era cosa buona, mentre quella eccessiva si sarebbe rivelata portatrice di guai, e forse aveva ragione, ma Kazue non aveva intenzione di fermarsi.
Si alzò da tavola lentamente, le dita della mano destra strette con fermezza attorno all'impugnatura dell'Exterminator.
Si avvicinò al rubinetto, dunque aprì l'acqua e vi puntò contro l'Exterminator. Fin da subito, i piccoli led presenti sulla leva dell'otturatore si illuminarono, così come l'anello bianco posto fra la molla e il processore.
Chidori vide una scintilla attraversare la molla: una scarica elettrica, come reazione al getto d'acqua. Finalmente capì perché l'impugnatura dell'arma, così come il carrello, le erano sembrati leggermente diversi al tatto: dovevano essere stati sostituiti, realizzati con un particolare materiale isolante.
Spense l'acqua, quindi posò l'Exterminator sul tavolo, prese un bicchiere e un coltello e aprì il freezer.
Grattò via un po' di brina dalle pareti del freezer, fino a riempire il bicchiere, quindi lo vuotò sul tavolo e afferrò nuovamente l'Exterminator.
Anche in questo caso, appena puntò l'arma verso il mucchietto di brina, vide l'anello bianco illuminarsi leggermente, e quando avvicinò la mano alla molla avvertì un calore intenso sulla pelle. In quel caso, se avesse premuto il grilletto l'arma avrebbe sprigionato una fiammata, perciò il materiale utilizzato doveva essere sia isolante che ignifugo.
In sostanza, oltre alla molla più spessa e al materiale del carrello e dell'impugnatura, l'unico elemento che differenziava il nuovo Exterminator dal modello precedente era quell'anello bianco e perfettamente levigato che pareva reagire in modo differente a seconda del target. Di fronte all'acqua, la pistola usava l'elettricità; di fronte al ghiaccio usava il fuoco, e così via: era una mera questione di elementi.
Ma com'era possibile che una pistola fosse tanto intelligente? Come poteva quel semplice anello bianco determinare quali fossero la difesa e l'attacco più efficaci contro un'altra persona?
Purtroppo smontare l'Exterminator fino a estrapolarne l'anello era troppo pericoloso, si rischiava di compromettere le funzioni base della pistola, quel minuscolo chip di algoritmi che – insieme al lettore di impronte digitali sul grilletto di carica – permetteva all'arma di riconoscere il proprietario.
Chidori emise un sospiro rassegnato e si preparò a rimontare la pistola, più desiderosa che mai di ricevere la chiamata di Shirabu, ma il silenzio restò immutato e perfino la pioggia cessò di battere.




❋ ❋ ❋



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N e r i m a __ p r e f e t t u r a _ d i _ T o k y o



«Ehi,» Goshiki stava osservando il cielo scuro alla finestra, come in attesa della pioggia «la chiamerai? La ragazza che hai incontrato a Shibata, dico.»
Anche Shirabu guardò il cielo, aspettando qualche secondo prima di rispondere alla domanda dell'altro.
«No.»
Goshiki gli rivolse un'occhiata stupita, ma Shirabu lo ignorò e continuò a guardare il cielo, riprendendo a parlare pochi istanti più tardi, una vaga malinconia nella sua voce.
«Sta per piovere.»




L'angolino della piantina autoritaria
(You should read this):

Ed eccomi qui, stranamente in grado di rispettare i tempi!
Vi dico fin da subito che il prossimo capitolo potrebbe essere pubblicato con un leggero ritardo (provvederò comunque ad avvisare sulla pagina Facebook), siccome da domani comincerò un nuovo lavoro e gli orari saranno abbastanza ostici.
In questo capitolo ho introdotto due innovazioni stilistiche (il sogno al presente e quelli che ho definito “pensieri incrociati”); nel mio piccolo sono piuttosto soddisfatta, perciò mi auguro che anche voi abbiate apprezzato questo capitolo un po' bizzarro (o per lo meno che queste due innovazioni non abbiano rovinato del tutto la lettura). Il sogno al presente è quello che lascia più a desiderare, essendo tutto il resto al passato, ma volevo imprimere con più facilità l'immagine dell'incubo – e il tempo presente è sicuramente un buon espediente per farlo.
Dal prossimo capitolo in poi, le cose torneranno più movimentate, siete stati avvisati~
Un'ultima nota: mi sono resa conto di aver fatto un errore nel secondo capitolo, dove avevo già detto che l'Exterminator “non conteneva i classici proiettili, ma particolari cartucce il cui effetto mutava a seconda del target”. Ebbene, ho compiuto una sorta di spoiler involontario (?), siccome questa particolarità è stata introdotta con l'ultimo aggiornamento dell'Exterminator, avvenuto dopo il capitolo II (se ne parla per la prima volta nel capitolo VI, per la precisione). Per tale motivo ho cancellato la frase sopra riportata dal capitolo II, così da rettificare il tutto.
Bene! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima!
   
 
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