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Autore: EcateC    01/08/2017    6 recensioni
La vera storia di Harleen Frances Quinzel, la rigida dottoressa newyorkese che si lasciò sedurre da Joker per diventare la famigerata Harley Quinn, la pagliaccetta bella e simpatica che tutti conosciamo.
Ma da lasciarsi alle spalle una vita di privazioni a conquistare il cuore del super criminale di Gotham c'è una bella differenza, ed è qui che riposa la vera inversione dei ruoli. Provare per credere.
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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BOHEMIAN RHAPSØDY

 

 

L’alta società di Gotham era senza dubbio la più sicura e tutelata: lì erano concentrate le questure e le caserme, gli aeromobili perlustravano via cielo le strade e in genere la criminalità era pressoché assente.

È la ragione è evidente: più il valore del bene da tutelare è alto, più i controlli sono -presumibilmente- rigidi e sofisticati.

Ma a dispetto dell’ovvio, Joker aveva deciso di nascondersi proprio nei quartieri alti, occupando un albergo che era paradossalmente di fronte alla centrale di polizia. D’altronde, chi mai penserebbe di fare un’ispezione nel famoso Royal Hotel dove albergavano solitamente politici, ambasciatori e ricchi industriali? Il clown non aveva sbagliato i suoi conti. Inoltre conosceva molto bene il vero proprietario della struttura, un boss della mafia russa con il quale aveva costituito una società occulta poco tempo addietro. Costui gli doveva dei soldi e Joker dovette ammettere che si stava sdebitando egregiamente, dato che gli aveva riservato l’intero hotel e l’intero personale gestante.

Certo, non si aspettava di rivedere Harley così presto.

Si rigirò nel letto. Era incredibile, quella ragazza riusciva sempre a trovarlo. Neanche Batsy era così solerte nelle sue ricerche… Ma ancora più incredibile era il fatto che fosse ancora viva. Non trovava ragioni per ucciderla, l’idea non lo divertiva, anzi era disturbante come uccidere… “Come uccidere chi?”

Joker iniziò a pensare, ma i suoi sensi sovra sviluppati captarono un sospiro, la presenza di qualcuno proprio al capezzale del suo letto. Impugnò la pistola nascosta sotto il cuscino e sbarrò gli occhi, ma ciò che vide fu solo la prostituta Frou Frou, che sussultò. Era disarmata, non aveva cattive intenzioni.

-Che stai facendo?- le domandò con tono esigente, alzandosi a sedere.

-Scusa, credevo dormissi- gli rispose lei, intimorita.

-E sarebbe un buon motivo per spiarmi?-

-Non ti stavo spiando- mentì, imbarazzata -Aspettavo solo che ti svegliassi per darti il buon giorno-

-Il tuo turno- cominciò Joker, spazientito -È finito due ore fa, Francisca mia cara. Ora fammi la cortesia di uscire-

-Ma perché non facciamo qualcosa fuori dal contratto?- gli propose ammiccante, mordendosi il labbro -Sento la tua mancanza, Jolly, prima non mi hai degnato di uno sguardo-

-No, ho già dato- le rispose semplicemente, poi si guardò le parti basse -Non voglio che mi rimangano due noccioline al posto delle palle-

Frou Frou rise sinceramente, coprendosi la bocca -No, non lo voglio neanch’io-

-Bene, la porta è dietro di te

Frou Frou smise di ridere e lo salutò senza allegria. Si era perfino fatta i codini nei capelli come aveva fatto Annette, e stavano bene entrambe, ma non abbastanza.

Colei che popolava i suoi sogni rasentava la perfezione.

 

 

 

Due ore prima

 

 

 

Harleen uscì da quell’albergo con i conati di vomito e il viso bagnato di lacrime.

Corse via il più lontano possibile, sperando con tutto il cuore di non incontrare nessuno.

Che bastardo.

Non riusciva a pensare ad altro. Era a dir poco furiosa, umiliata e furiosa. La mascella le doleva ed era certa che fosse già comparso un enorme ematoma violaceo, ma mai quel dolore poteva eguagliare lo strazio che stava provando dentro, oltre la sua gabbia toracica. Sentiva come degli spasmi che le rendevano difficoltoso il respiro e le davano l’impressione di soffocare, e il suo equilibrio era precario, le sembrava di stare per cadere da un momento all’altro.

Harleen si auto diagnosticò subito un attacco di panico. D’altronde, quella dei disturbi da ansia generalizzata era una materia che conosceva fin troppo bene.

Aveva conseguito il massimo cum laude durante l’esame universitario, e se non ci fosse stata l’affascinante criminologia forense, l’avrebbe sicuramente scelta come materia per la tesi di specializzazione…O meglio, se non ci fosse stato l’affascinante Joker, avrebbe scelto ‘disturbi da ansia generalizzata’ come materia per la tesi.

Harleen si disperò, perfino la sua tesi di laurea era dipesa da lui! Tutti quei giorni passati a studiarlo, a guardare le sue foto e a sorridere di fronte ai suoi video grotteschi avevano sortito delle conseguenze inevitabili, che ora stava pagando con gli interessi.

Aveva ucciso due persone. Irina e il cameriere, due ragazzi che probabilmente erano più giovani di lei, e il guaio era che non gliene importava assolutamente niente. Sembrava che la sua coscienza fosse scomparsa, bruciata dal medesimo incendio verde che era divampato nel suo cuore. Non sentiva rimorso o dispiacere, tutti i suoi sentimenti ruotavano intorno a lei e all’uomo che era diventato il leitmotiv della sua esistenza.

Lei voleva Joker, e lo voleva a tutti i costi.

Lo sentiva suo, una sua estensione, una parte fisica e morale del suo io senza la quale non poteva vivere.

E lui, adesso, stava dando tutto sé stesso a tre prostitute. Non l’aveva rincorsa per le scale, non si era scusato con un bacio, quel bastardo aveva solo intimato a una delle puttane di chiudere la porta.

Che stronzo.

Ma Harleen non poteva accettare una fine così, neanche per sogno.

Si sedette un attimo su una panchina, cercando come possibile di calmarsi e fermare le palpitazioni.

No, quella non era la fine, anche se stava piangendo a dirotto e la mascella le doleva per lo schiaffo, sapeva che presto le cose si sarebbero sistemate.

A  costo di uccidere quelle tre puttane davanti ai suoi occhi. Strinse forte i pugni, preda di una rabbia feroce e quasi istintiva.

Nessuna doveva osare toccarlo, quello era il suo uomo, il suo Puddin’, diavolo!

Per fortuna era sera tardi e non c’era nessuno in giro, perché Harleen non avrebbe davvero sopportato le attenzioni ipocrite e buoniste dei ricchi signori di passaggio. Inoltre l’aria fresca coadiuvava la respirazione, e c’era davvero una vegetazione florida, bizzarra per una cittadina. Un fiore azzurro era perfino comparso nel bracciolo della panchina.

“Ma questo c’era quando sono arrivata?” si domandò, guardandolo con sguardo preoccupato “Sto perdendo il senno!”

Si prese la testa tra le mani, cercando di fare respiri profondi “Respira, stai calma, Harleen, resp… Ma la figuraccia del laghetto?”

La ragazza singhiozzò e gemette, imbarazzata a morte. Joker era stato davvero offensivo, e per fortuna che solo poche ore prima si era rallegrata del contrario… Iniziò a piangere dirottamente.

Poi, all’improvviso, sentì una mano esterna insinuarsi tra i capelli.

Harley si girò di scatto e si trovò improvvisamente faccia a faccia con il volto splendido di Poison Ivy.

-Te l’avevo detto che era uno stronzo, cara-

Harleen gridò e perse l'equilibrio dallo spavento. Si gettò a terra nel prato curato, trascinandosi il più lontano possibile dal secondo pericolo pubblico della città.

-Perdonami, non ho resistito- ammiccò Ivy con voce suadente, tendendole la mano verdognola -Dovevi essere tu a venire da me e a supplicarmi di ucciderlo, ma non potevo davvero aspettare un secondo di più. Avanti, cosa ti ha fatto il buffone verde e viola?-

Il cuore di Harleen, già sotto stress dopo l’incontro con Joker, riprese la sua corsa frenetica verso l’infarto.

-Che cosa vuoi da me?- le chiese sulle difensive, cercando di strisciare indietro col sedere.

L’espressione della Meta-umana però era tutt’altro che minacciosa. Il suo sguardo color bosco era vellutato e il suo sorriso aveva una strana dolcezza.

-Fammi indovinare, è venuto a letto con te e poi si è dileguato- azzardò, guardandosi le unghie perfette.

-No, non è vero- mentì subito Harleen, arrossendo. Ivy ridacchiò.

-Allora, è rimasto il tempo necessario per rubarti il computer e prosciugarti il conto in banca-

La psichiatra impallidì “Merda, il conto…”

Poison Ivy sorrise compiaciuta e si sdraiò a pancia in giù sulla panca, sembrava proprio un felino adagiato su un ramo -Dalla tua espressione deduco che non hai controllato-

Harleen scosse la testa, dandosi mille volte della stupida. Ecco cosa aveva tratto dalla serata di ieri, il niente, la povertà più assoluta sia dentro che fuori. E non aveva neanche più un lavoro, dato che era stata temporaneamente interdetta dall’esercizio della professione.

Scoppiò quindi in lacrime. Un pianto fragoroso e disperato, ed Harleen era certa che se Joker si fosse affacciato dalla finestra del suo lussuoso attico, l’avrebbe senz’altro sentita.

-Se vuoi uccidermi, fai pure- singhiozzò verso la rossa, che piegò il capo con fare stranito -Tanto peggio di così non potrebbe andare…-

-Cara, non c’è mai un limite al peggio- le disse Ivy, con un sorriso inopportuno -Su vieni qui, non piangere… Te l’avevo detto che ti avrebbe strappato il cuore-

Con i suoi poteri, issò un ramo di glicine che spinse dolcemente Harleen nella schiena, inducendola a sedersi nuovamente accanto a lei. Ivy le prese la testa e gliela adagiò sul seno prosperoso, iniziando ad accarezzarle i capelli.

-Meriti di meglio, Harley- continuò a dirle dolcemente, inebriandola con il suo profumo -Non vale la pena soffrire così tanto per quel maiale-

-Puddin’ non è un maiale…-  singhiozzò la bionda, col viso schiacciato tra i suoi seni.

-Ti garantisco che lo è. Esperienza personale-

-No, è solo colpa mia, sono io che come al solito sbaglio e pretendo troppo. Forse dovrei solo fare come quelle ragazze e non pensarci più-

-Quali ragazze?- ripeté la Meta-umana, con tono allibito -Non ti starai certo riferendo a quelle tre puttane che si porta dietro?-

Harleen tacque ma sollevò la testa e assentì con lo sguardo.

-Non dirai sul serio, honey!- protestò Ivy, scandalizzata.

-Non lo so- farneticò come una bambina in lacrime.

-Oh, andiamo!- sbottò irritata -Ma che cos’ha di così speciale, si può sapere?-

Harleen sorrise tra le lacrime -È difficile a dirsi… Da quando mi sono laureata non faccio altro che ascoltare i problemi degli altri, poi ho conosciuto Mr. J. Lui è stato il primo che ha ascoltato i miei problemi e che mi ha reso la vita divertente-

-Ti ha cosa?-

-… E io lo amo-

Ivy fece una smorfia disgustata e scosse la testa. La biondina piangeva ancora come una fontana, la sua sofferenza era tangibile e sapeva di ingiustizia. Quanta bellezza sprecata, quanto amore puro e incontaminato… Una mente raffinata come la sua meritava un partner migliore di quel pagliaccio sadico e bavoso. Ma in fondo nessuno meglio di lei la poteva capire.

-Oh, in fondo ti capisco, tanti anni fa ho sperimentato il tuo stesso dolore- le disse Ivy con un velo di cinismo -Sembrano dei salvatori, e invece sono tutti degli stronzi. E Joker, mia cara, è il peggiore di tutti- continuò, visibilmente irritata -Scarica le sue scorie chimiche nel mio parco solo per farmi un dispetto, mi distrugge le piante, calpesta i fiori ed è perfino immune alle mie tossine! L’ho baciato tre volte per niente-

-L’hai baciato?- le domandò Harleen, atterrita al solo pensiero -Vi-vi siete baciati? Quando?-

Ivy sventolò una mano con fare annoiato -Ho solo tentato di avvelenarlo, purtroppo senza alcun risultato-

-Avvelenarlo? Con un bacio?-

-È il mio marchio di fabbrica- le fece l’occhiolino, ancheggiando per sedersi più vicino a lei -Ma puoi stare tranquilla, posso baciare anche senza iniettare veleno-

-Ah…- esclamò, allontanandosi per converso. Poi rimembrò. Durante il viaggio da New York verso Gotham, ricordava di aver letto nel depliant “Guida alla sopravvivenza nella città di Gotham: cosa evitare, chi non frequentare” che Poison Ivy soleva uccidere in modo lento e doloroso le persone proprio con un bacio. Inoltre, rimembrava che era, subito dopo Joker e Mr. Due Facce, in cima alla lista delle persone da non frequentare assolutamente.

E ora la supercriminale sedeva accanto a lei, e si avvicinava sempre di più, con quello sguardo insinuante sotto le palpebre pesanti.

-Harl, ascolta me, stai puntando tutto sul cavallo sbagliato. Io capisco che il tuo puppy sia importante e che tu ti senta persa senza di lui, lo capisco bene, ma devi sapere che è una sensazione illusoria, è tutto nella tua testa. Il dolore che provi, le lacrime che versi… Dipende tutto da te, e io posso darti il potere di state meglio- le sussurro, persuasiva -Di porre fine a questo dolore una volta per tutte-

-Ma come?-

La rossa fece un ghigno pericoloso -Semplice, uccidendo il clown-

-Io non voglio fare del male a Mr. J- ribatté subito Harleen, resa insicura a causa delle capacità suasorie dell’altra.

-Oh sì che lo vuoi. Guarda dentro te stessa, abbi il coraggio di ammettere ciò che sai già. Lui ti ha usata, Harl, e tu lo sai. Dapprima per scappare dal manicomio, e poi… Beh, sappiamo entrambe cosa è successo dopo. Lui è venuto da te, ti ha detto qualche frase carina, avete bevuto qualcosa e poi, puf. Ti ha messo le mani addosso-

Con un ramo le voltò gentilmente il viso verso di sé, continuando a tessere la sua ragnatela di inganno e persuasione.

-Ma d’altronde come dargli torto- continuò con voce calda, sbattendo le lunghe ciglia -Per una volta mi trovo d’accordo con quel buffone, sei talmente bella-

La incatenò a sé con il suo sguardo, drogandola con i suoi profumi seducenti, e quando fu abbastanza vicina le diede un bacio. Ma non un bacio normale o fine a se stesso, un bacio ricco di magia. Ivy soffiò sulle labbra di Harley alcuni poteri e altre immunità, per infonderle coraggio, forza e velocità fisica.

D’altronde uccidere Joker non era un’impresa facile. Il clown aveva molti assi nella manica, senza contare che era dotato di una resistenza fisica sovrumana e di un’altissima soglia del dolore. Corazzare a questo scopo la ragazza di cui si era stupidamente invaghito poteva risultare una soluzione tanto micidiale quanto infallibile…

Peccato solo che Harleen fosse meno influenzabile di quello che sembrava. Si staccò da lei e la guardò con occhi disorientati e storditi.

-Scusa, ma non è il caso- iniziò a balbettare, scuotendo la testa con imbarazzo -Sei una bellissima ragazza e sono certa che chiunque vorrebbe essere al mio posto, ma io proprio non… Non ce la faccio, mi dispiace-

La bellissima Meta-umana fece una risata argentina, quasi beffarda.

-Va bene, Harl, ma cambierai idea. Capirai che non siamo noi ad avere bisogno degli uomini, ma che sono loro ad avere un disperato bisogno di noi. Quando avrai aperto gli occhi e ti sarai stufata di fare da schiava a quello psicopatico, chiamami. Non voglio perdermi lo spettacolo di Joker che le prende dalla sua ragazza-

Harleen sorrise senza capire fino in fondo il discorso. “La sua ragazza” aveva distolto ogni attenzione dalle altre parole…

Con lo sguardo ancora velato di fantasia, guardò Ivy innalzarsi verso l’alto, col suo potente fisico giunonico e statuario. Ella si ravvivò con grazia i capelli rossi e pieni di morbide foglioline, imbevendo l’aria della loro fragranza profumata.

Per un attimo, Harleen si pentì di non aver ceduto alle sue avances. D’altronde, la sua pelle verde chiara le ricordava tanto i capelli di Mr J, che solo ventiquattro ore prima aveva goduriosamente accarezzato con le dita.

-Fra due giorni il tuo buffone rapinerà il ristorante italiano a Hightown, nella sesta strada. Lo troverai lì-

-Come fai a saperlo?- le domandò Harleen, compiaciuta.

-Me l’ha detto Jonny- le rispose la meta umana con semplicità.

-Jonny? Vorresti dire Jonny Frost?-

-Ha una cotta per me- le fece l’occhiolino -Ora scusami, ma ho due cavie umane che mi attendono in serra-

Harleen le sorrise, tranquillizzata -Grazie-

-Prego-

-Ah, Ivy?-

-Sì?-

-Secondo te, qual è il colmo per un angioletto?-

La bella Meta-umana non ci pensò neanche, sorrise e spiccò un balzo sui due rami portanti di un tiglio.

-È ovvio, no? Avere le corna- le rispose, sorridendo -Ci vedremo presto, Harley-

Harleen la guardò andare via, atterrita.

Avere le corna… La meta umana non poteva scegliere battuta più azzeccata, dato che lui gliele stava facendo proprio in quel momento con tre prostitute.

Senza alcuna speranza, prese il cellulare e controllò. Nessuna chiamata, nessun messaggio interessante… Dalla via che c’era diede una sbirciatina anche al suo conto corrente online, e com’era prevedibile, nella schermata del suo status bancario lampeggiava un segnale di divieto con un bello 0,000 $ vicino. La ragazza rabbrividì e chiuse gli occhi, Joker le aveva veramente prosciugato il conto. Si diede di nuovo della deficiente, dare il proprio computer a Joker era come dare le chiavi di un caveau ad Arsenio Lupin.

Guardò pertanto il portafoglio, e constatò che le erano rimasti solo cinquantadue dollari e quaranta centesimi. Doveva farseli bastare solo per un giorno e una notte, fino alla prossima tappa: il ristorante italiano di Hightown.

 

“Quello che è mio è tuo e quello che è tuo è mio, Puddin’”

 

 

 

Pomeriggio seguente, Royal Hotel

 

 

 

Joker aprì gli occhi con un peso sullo stomaco. La luce di mezzogiorno era riuscita a filtrare dagli scuri e l’aveva svegliato prima del previsto. I raggi avevano un buffo riverbero bicolore che andava dal celeste al rosa, e anche la suite era profondamente diversa. Tutto, dai muri alle coperte, era stato diviso a metà e colorato da una parte di nero e dall’altra di rosso. Sullo specchio invece spiccava in rosso acceso una scritta con un cuoricino vicino. Un bel “Good Night! <3” scritto col rossetto.

Joker ridacchiò, divertito. Chi era la puttanella che aveva osato imbrattargli lo specchio?  L’avrebbe presa a sculacciate…

Che fosse stata la biondina nuova vestita da infermiera, quell’Amelie… Angelique… o come diavolo si chiamava?

Guarda il caso! A-non so chi giaceva dormiente proprio sopra il suo inguine. Ecco cos’era quel peso ingombrante! E gli stava pure sbavando sullo stomaco…

“Ma che schifo!” pensò il clown, ridacchiando. Diede un colpo di bacino per svegliarla, ma la fanciulla non si mosse di una virgola.

-Piccola porcellina, ma dove ti sei addormentata…- sussurrò divertito, dandole un secondo colpo, e poi un terzo, finché non la vide muoversi.

La ragazza sollevò lentamente la testa e mosse le mani, solleticandogli i fianchi. Joker la osservò con un sorriso curioso. Il suo viso era misteriosamente coperto da un copricapo da giullare a due punte, anch’esse per metà rosse e nere, che le erano ricadute in avanti. C’era qualcosa di molto strano in lei, qualcosa di entusiasmante che gli fece ribollire il sangue nelle vene…

Appena le scostò i pompom dal viso, il clown trasalì: Non era la prostituta nuova come pensava, era Harley Quinn.

Un sorriso spontaneo, sincero e colmo di meraviglia stirò le labbra di Joker.

-Harley- la chiamò, ammirando il suo viso -Allora sei rimasta, non te ne sei andata?-

-Come potevo andarmene dal mio clown principe del crimine?- gli sussurrò con voce passionale, poi piegò la testa e gli leccò voluttuosamente l’addome. Joker rabbrividì e inarcò le sopracciglia rasate.

-Ohh-ho… Beh, puoi restare quanto vuoi, piccola giullarina selvatica…-

Harley gli sorrise e lo rifece, con voracità sempre più crescente, lambendogli tutta la pelle che poteva, suscitandogli bollenti fremiti di piacere all’altezza del bassoventre.

Lui tese gli addominali e allargò le gambe, cercando di dirigere la lingua di lei più in basso. Ma come le prese la testa, sentì due orecchie morbide e pelose…

 

 

Joker si svegliò di soprassalto, aprendo gli occhi verdi come se gli avessero tirato un secchio di ghiaccio addosso. Bud, la sua iena maschio, si era sdraiato sopra di lui e gli stava leccando senza motivo la pancia.

-Bud, per Mefistofele…- esclamò Joker, disgustato -Ma che diavolo… PERCHÈ LE IENE SONO FUORI DALLA SALA TV!? Chi le ha fatte uscire?- gridò, constatando che la cassettiera e il tavolo non erano più a bloccaggio della seconda porta a sinistra. Furente, prese la pistola dal comodino e sparò subito due colpi in aria, ottenendo l’effetto desiderato. Il carnivoro spelacchiato balzò via, spaventato a morte, e anche le tre prostitute nella camera comunicante si svegliarono bruscamente e gridarono intimorite. In fin dei conti, non sarebbe la prima volta che il loro sonno fosse interrotto da una sparatoria improvvisa…

-Jolly, che succede?- esclamò Frou Frou, mezza nuda e allarmata.

-Non lo vedi da sola?- Joker si mise a sedere sul letto con la pistola stretta nella destra e l’amara consapevolezza che Harley non c’era. L’impatto con la realtà fu crudele, si sentiva come se fosse appena stato investito dalla Batmobile.

La sua espressione, un misto tra incredulità, turbamento e indignazione, la diceva lunga su quello che stava provando in quel momento.

-Tutto bene, playboy?- gli chiese Frou Frou con tono morbido, avvicinandosi cautamente. Gli mise le mani sulle spalle e tentò di fargli un massaggio, ma lui la scacciò bruscamente.

-No, niente di bene, pasticcino. Ho un cerchio alla testa. Basta donne, basta, basta donne… Andatevene via, non vi voglio più vedere. Fuori dai piedi-

Frou Frou fece un’espressione triste, mentre le altre due presero a vestirsi in fretta e furia.

-Jolly di denari, me lo dici cos’è successo?- insistette lei, aderendo coi seni e il ventre alla sua schiena -Potrei consolarti ancora un po’...-

Joker ridacchiò e le puntò la pistola su un fianco -Di preciso, cos’è che non capisci di ‘fuori dai piedi?’- le domandò con tono insolente -Te lo devo dire in spagnolo?Vediamo… Fuera de mi camino? Così ti è più chiaro?-

La ragazza portoricana indietreggiò fino a sbattere contro il guardaroba -Ma cosa ti prende? Sei strano…-

-Oh, no. Non sono strano, sono solo stufo di voi e di tutte le vostre assurdità- si alzò dal letto tutto nudo e si infilò un paio di pantaloni dell’Adidas, verdi come i suoi capelli -Esci e vai a divertirti, sei bella, sai lavorare… Trovi tutti i protettori che vuoi-

-Cosa?-

-Aria-

-Jolly…- lo chiamò lei con un’ espressione incredula, ma Joker continuò ad ignorarla.

Prese dal frigobar un pezzo di carne cruda e chiamò con un fischio le iene, che accorsero saltellando come due cani di grossa taglia. Lanciò loro la bistecca, le bestie la presero al volo e cominciarono a litigarsela.

-È buono il cameriere, non è vero, Lou?- esclamò dolcemente, mentre Frou Frou continuava a guardarlo con la stessa espressione addolorata.

-Non mi puoi cacciare- decretò angosciata, mentre lui accarezzava il tronco sporco di sangue della femmina.

-L’ho già fatto-

-Ti prego, io… io ti amo!- gli rivelò, ormai con le lacrime agli occhi.

-E io sono allergico alle olive- rispose Joker, incantandosi a guardare il vuoto -In realtà non ho mai capito se è il Martini a darmi alla testa o se sono le olive. Dovrei sottopormi a delle analisi. Forse la dottoressa lo capirebbe?-

-È per Harleen Quinzel, vero?- gli domandò, irritata. Al nome della psichiatra, Joker smise di pensare e la guardò negli occhi -È quella puttana che ti ha reso… Così. Perché? Che cos’ha lei che io non ho?- osò Frou Frou, bruciante di gelosia.

Il clown alzò le spalle -Tanto per cominciare, non è una puttana-

-Ma…-

Bang.

Joker le sparò in pieno petto. La fu Francisca Santiago cadde a terra con gli occhi aperti e l’espressione congelata in una smorfia indignata. Era un vero peccato averla uccisa, ma andava fatto. D'altronde non poteva rischiare che costei sfregiasse il viso di Harley come aveva fatto con quello di Irina… È sempre stata così gelosa, la dolce Frou Frou!

Sorpassò il cadavere nudo e andò verso il balcone vista mare. Non c’era una gran bella vista, a dire il vero. La costa era un enorme porto commerciale, e il mare non ospitava più pesci da quanto era inquinato.

Joker inspirò aria col naso e di nuovo pensò ad Harley. Era andata a casa da sola, di notte, per le strade fosche di Gotham City.

No buono.

Iniziò a sentire una strana preoccupazione per quel goloso zuccherino indifeso. La lista delle cose brutte che potevano succederle era pressoché infinita… Cosa avrebbe fatto lui se l’avesse trovata tutta sola per la strada? Ci pensò su e rispose con un sorriso “Ci sarei andato a letto e le avrei rubato tutti i soldi! Un momento… L’ho già fatto! Hahahah!”

Joker rientrò in camera tutto e contento e prese il suo cellulare personale. Magari poteva spedirle un messaggino, giusto per placare la curiosità di sapere se fosse viva o morta…

Non era certo preoccupato!

 

Sei viva o sei morta?

 

Digitò nella tastiera.

 

:)
 

Aggiunse anche uno smile, il sorriso doveva esserci sempre.

Attese dieci minuti, ma dalla futura arlecchina non arrivò nessuna risposta. Il perenne sorriso del clown iniziò a incrinarsi.

Passarono altri cinque minuti, ma il cellulare rimase ancora muto.

Joker aggrottò le sopracciglia inesistenti, non era abituato ad aspettare e la pazienza non era certo tra i suoi cavalli di battaglia.

Iniziò a passeggiare per l’enorme camera, si rimirò sorridendo allo specchio, si pettinò il ciuffo verde, si rimboccò i guanti senza dita…  Poi, quando non riuscì più a resistere, corse a guardare avidamente lo schermo. Niente.

“Perché non risponde!?” sbottò spazientito, stringendo così forte lo smartphone da polverizzarlo “Fa l’offesa? Hahahahah! E se fosse morta veramente? Se qualcuno l’avesse…”

Si ricordò di Hart, l’uomo che l’aveva stupidamente portata nel suo nightclub. Le sue intenzioni torbide trapelavano dal suo sguardo infoiato e dal modo in cui le stringeva il braccio, violento e pieno di impazienza. Joker fece un sorriso furibondo: se fosse successo davvero, il colpevole per punizione avrebbe tracannato l’intero mare di Gotham in un sorso solo… Con un mitra ficcato nel culo.

Premette il numero 9 del telefono dell’albergo, ma invece del servizio in camera gli rispose Jonny Frost.

-J, pronto- esclamò diligentemente Frost dall’altro capo del telefono.

-Jonny… Chi ha accompagnato a casa Harley ieri sera?- esordì, tagliente come un pugnale. In realtà non aveva mai dato ordine di scortarla a casa, e infatti Frost fu preso in contropiede.

-Accompagnato a casa?-

-Avete accompagnato a casa la ragazza, vero?- ripeté il clown, con finta dolcezza. Jonny esitò e Joker poteva immaginare quanto fosse sconvolto il suo viso in quel momento.

-Ma certo che sì, capo…- mentì il mercenario, con voce riluttante.

-Ottimo! Chi?-

-Bobby- sputò a caso Frost -È stato Bobby, l’ha accompagnata a casa lui-

-Bene, bene. Manda su Bobby e portami un mit…-

Ma poi, proprio quando il clown non ci sperava più, il cellulare squillò. Joker mollò la cornetta e afferrò subito il piccolo marchingegno. Guardò lo schermo e fece un sorriso sollevato.


Te ne importa?


-Pronto, capo?- continuò la voce di Frost -Ci sei ancora?-

-Lascia stare, Jonny. Mi sono già dimenticato-

-Ti sei dimenticato?-

Joker riagganciò, con gli occhi fissi sullo schermo.

-Sì che me ne importa, zuccherino- sussurrò, guardando lo schermo. Ripose il cellulare sul tavolino senza scriverle più niente.

Harley era viva, e stava presumibilmente bene, quanto meno fisicamente. Lei stava sicuramente aspettando una risposta, ma d'altronde il ruolo che si era scelto non consentiva comportamenti gentili o rassicuranti. Eppure, per la prima volta, Joker si sentiva sfiorato da un sentimento diverso, sepolto dentro se stesso, che gli procurava uno strano senso di solitudine.

Aveva voglia di vedere lei, di baciare e parlare proprio con lei, e non con una bella ragazza purchessia, con lei.

E questo non era affatto un bene. 

 

_____________________

 

 

 

Due sere dopo

 

 

Harleen è sempre andata controcorrente. Non era mai stata una ragazza come le altre, i doveri verso lo studio, lo sport e la famiglia avevano soffocato la sua personalità e le avevano impedito di vivere di appieno una giovinezza felice e spensierata.

Proprio ora se ne stava rendendo conto, mentre marciava verso la cappa di fumo e la cacofonia di grida provenienti dal ristorante italiano di Hightown. Le persone fuggivano tutte dalla parte opposta, colme di paura e disperazione: padri che correvano a perdifiato con bambini in braccio, coppie che scappavano tenendosi per mano, poliziotti sporchi di fumo che aiutavano gli anziani… Harley era l’unica che stava andando controcorrente, verso la fonte di quel male.

Non sapeva cosa gli avrebbe detto, l’ultima volta che l’aveva visto gli era corsa incontro e l’aveva baciato, ed era stato così semplice, un’azione ovvia e naturale come bere un bicchier d’acqua quando si ha sete. Ma questa volta non poteva placare la sua sete, non prima di avere risolto una volta per tutte la questione. Parlare con Poison Ivy, da questo punto di vista, le era stato molto utile e chiarificatore. Avrebbe accettato qualsiasi cosa pur di stargli vicino, e ora si sentiva abbastanza forte e coraggiosa per affrontare questa scomoda presa di coscienza.

Entrò nel locale semi distrutto, la porta le cadde praticamente tra le mani, ma con suo grande sconvolgimento, in mezzo a quel fumo nero non vide nessuno. Avanzò, sentendo i cocci di vetro che si spezzavano sotto le suole.

-Joker?- lo chiamò a voce alta, guardandosi intorno -Lo so che sei qui, ti prego, fatti vedere-

Infine, sentì la canna di una pistola puntata contro la schiena.

-Hai chiamato, madame?-

Harleen chiuse gli occhi e sorrise -non poteva proprio farne a meno!- e si girò subito verso di lui.

-Ciao- gli disse con una punta di imbarazzo, senza preoccuparsi della pistola che ora le puntava il centro dello stomaco -Come stai?-

Joker le sorrise, e a lei venne di nuovo l’inarrestabile voglia di baciarlo.

-Sorpreso. O la mia fama mi precede, o tu sei dotata di qualche potere soprannaturale atto a trovarmi-

-Trovo sempre ciò che amo, Mr J-

Lui ridacchiò -Che frase romantica, in quale cioccolatino l’hai letta?-

Harleen sorrise e gli si fece più vicina, gli sfiorò i bottoni d'argento della giacca damascata e poi lo guardò negli occhi.

-Noto con piacere che apprezzi la mia giacca-

-Ti posso baciare?- gli domandò lei, mandando al diavolo le sue buone intenzioni.


-Ti ho mai impedito di farlo?-

Harleen lo baciò con gioia, premendo forte le labbra sulle sue. Baciarlo era sempre meraviglioso, le infondeva ogni migliore sensazione di speranza e vittoria. Stranamente lui era più refrattario del solito nel muovere la lingua, manteneva le labbra semichiuse, tanto che lei aprì gli occhi. Lo guardò e gli stampò un altro bacio, ma qualcuno alle loro spalle si schiarì rumorosamente la voce. Joker la scansò bruscamente.

-Chiedo scusa- esclamò Jonny Frost, con un sorrisetto consapevole -Ma abbiamo compagnia-

Fece loro segno di guardare in alto. I due sollevarono la testa verso il tetto scoperchiato e videro tra le nuvole il luminoso Bat-segnale che avevano proiettato gli agenti di polizia per chiamare Batman. Harleen sbuffò, Joker sorrise.

-Il dovere mi chiama- esclamò compiaciuto -Sta per arrivare il mio migliore amico… Senza offesa, eh, Jonny. È stato bello salutarti, baby. Adios-

Veloce come il vento, Joker si allontanò rapidamente e si diresse verso porta sul retro del locale.

-Adios? Salutarmi? No, no, no aspetta, io vengo con te!- esclamò lei, iniziando a seguirlo piena di agitazione.

-Troppo tardi, la proposta che ti ho fatto è scaduta-

Harleen si bloccò, angosciata. Ora che l’aveva persa, percepiva quanto fosse stata preziosa quell’opportunità che le aveva dato. In fondo le aveva semplicemente chiesto di stare con lui, e se anche c’erano altre due donne, poteva sempre cercare di diventare la sua preferita, di surclassarle e di assicurarsi un posto nel suo cuore.

Harley Quinn ci sarebbe sicuramente riuscita.

-Ma io voglio accettare- decise, correndogli praticamente dietro -Ho avuto paura, avevo bisogno di pensarci ma ora ho preso la mia decisione e sì, voglio prendere il posto di Irina. Anche se non sarò mai una puttana-

-Nessuno ti avrebbe trattata come tale. Vedi, è qui che sbagli, non ti fidi di me. E fai bene, neanch'io mi fido di me stesso, però, malgrado questo, dalle mie ragazze pretendo lo stesso un minimo di ardore, oserei dire di fiducia. Credi che ti avrei costretto a fare sesso se non ti andava? Che ti avrei, non lo so… Inchiodato sul letto con le gambe aperte?- l’immagine lo fece ridacchiare -Certo, l’idea non mi farebbe schifo-

Harley sorrise -No, so che sei…-

-ALT, non dire quella parola riferita a me-

“Amabile”

-Un gentiluomo-

Joker sghignazzò -Sì, beh… Ho detto una bugia- le sorrise, poi si piegò a sussurrarle nell’orecchio -Non lo sono affatto!-

Harleen approfittò di quella vicinanza per cingergli forte le spalle marmoree, ma lui si divincolò e riprese a camminare. Erano nella stradina sul retro del ristorante, una viuzza buia e desolata, ma più avanti, nell’unico punto dove la Luna riusciva a illuminare il terreno, era parcheggiata la Lamborghini viola con due uomini che facevano la guardia.

-Aspetta, Mr. J-

Ma lui non aspettò, arrivò alla macchina e salutò allegramente i due scagnozzi armati fino ai denti. Iniziò a parlare sottilmente con loro di altre faccende, al solo scopo di ignorarla e di farla sentire esclusa. Riuscì nell’intento.

-Mr. J!- lo chiamò Harleen, disperata -Joker!-

Ma quest’ultimo entrò nella macchina e si sedette nel posto del guidatore; Harleen allora fece uno scatto fulmineo e cercò di aprire lo sportello del passeggero per salire con lui, ma gli uomini la fermarono.

-No, lasciatemi!- si disperò lei, cercando di divincolarsi -Mr. J, ti supplico, dì loro di lasciarmi-

-Scusate, ho una fan fastidiosa- esclamò il clown dal finestrino, mentre si preparava per partire -Mi capita così spesso ultimamente-

-Mi hai anche rubato tutti i soldi!- singhiozzò lei, con le lacrime agli occhi. Il suddetto si girò lentamente a guardarla.

-Era il minimo che potessi farti, dottoressa Quinzel, te lo garantisco- 

-Io mi chiamo Harley- lo corresse, tenace -E li puoi tenere, non me ne importa niente-

-Meno male, mi sento sollevato- le rispose sarcastico, facendo l'occhiolino agli uomini.

-...Ma non puoi escludermi dalla tua vita. Noi due ci amiamo, dobbiamo stare insieme!-

Joker rise sguaiatamente e mise in moto il motore ruggente -È impazzita, signori, non fateci caso- esclamò ai due uomini, che si scambiavano delle occhiate divertite.

-ASPETTA!-

-Addio, baby-

-Mi butterei nel vuoto per te!- 

Questa dichiarazione parve fermarlo. Joker esitò solo un istante, ma per Harleen fu sufficiente. Costei si accorse del suo sguardo colpito, era come se avesse detto ciò che voleva sentirsi dire, una parola magica.

La forza di quella frase però non bastò, perché il super criminale partì a tutta velocità.

-NOO!!- ringhiò frustata, guardando disperata la Lamborghini che sfrecciava via.

-Mi dispiace, Marleen- le disse l’uomo gorilla, con il quale ormai aveva fatto amicizia -Ma quando lui dice di no, è no. Devi fartene una ragione-

-Mi chiamo Harley- esclamò tra i denti, dandogli un potente strattone per liberarsi -E non accetterò un no come risposta. Non questa volta-

Detto questo, marciò piena di coraggio e determinazione verso l'entrata del locale. In mezzo alla confusione generale dovuta dalla recente rapina, scorse subito un uomo seduto su una grossa moto da città, con ben due tubi di scappamento sul retro. Egli stava parlando con foga al cellulare, evidentemente per rassicurare famigliari e amici sulle sue condizioni di salute.

-Scusa- lo interruppe Harley, e costui si girò subito verso di lei con aria preoccupata.

-Hai bisogno di qualcosa?- le chiese con tono premuroso, ancora molto concitato.

-Mi serve la tua moto- ordinò Harleen, secca.

-Cosa?-

Ma lei come risposta gli scagliò un pugno dritto in faccia, facendolo cadere dolorosamente al suolo. Si guardò la mano con ammirazione e confusione, da quando sferrava dei pugni così forti? Alzò le spalle e montò sulla moto agilmente, le chiavi per fortuna erano già attaccate al cruscotto.

-Grazie- gli disse semplicemente, prima di partire a tutto gas.

-EHI!!- lo sentì gridare alle spalle -EHI! LA MIA MOTO!-

Harleen accelerò a tutto gas, il potente veicolo a due ruote sfrecciò tra le auto arrivando a sfiorare i duecento chilometri orari.

Non aveva mai guidato una moto prima, figurarsi una grossa cilindrata come quella che aveva appena rubato. Eppure, si sentiva piena di inspiegabile coraggio e di sicurezza, e l’inseguimento della Lamborghini viola procedeva a gonfie vele.

Che fossero i poteri che le aveva trasmesso Poison Ivy?

Senza esitare, superò i 200 km/h e sorpassò due auto con una manovra pericolosa, per affiancare finalmente la Lamborghini di Joker. Appena vide la ragazza dal finestrino, il clown alzò gli occhi al cielo e si massaggiò una tempia.

“Fa perfino lo scocciato!” pensò Harleen, lasciandosi sfuggire un gemito di frustrazione. Accelerò fino a mandare fuorigiri il motore e lo sorpassò, furiosa. Con un balzo degno del più esperto motociclista, ribaltò la moto sull'asfalto e rimase in bilico sulla fiancata illesa. Il mezzo sfregò il suolo, l'attrito mandò fumo e scintille ma pose anche fine a quella corsa frenetica. Harleen scese e senza alcuna paura si piazzò in mezzo alla strada statale, con le braccia sopra ai fianchi. In lontananza vide la macchina di Joker sopraggiungere, ma non per questo si spostò. Fu lui a frenare a tutta forza, riuscendo a inchiodare proprio a un centimetro di distanza dalla piccola rompiscatole.

-IO NON VOGLIO CHE MI LASCI!- sbottò lei, dando due pugni disperati sul cofano della macchina. Joker uscì dall’auto, con un’espressione annoiata.

-Ho fatto tutto quello che mi hai detto- continuò la ragazza, impetuosa -Ogni prova, ogni iniziazione, ho fatto ogni cosa per te, ti ho dimostrato che ti amo e ora tu devi accettarlo!-

-Sì, sì, capito,capito,capito,capito- le rispose, infastidito dal suo amore conclamato -Ma io non sono qualcuno che si può amare- iniziò a dirle, girandole intorno -Sono un’idea, uno stato d’animo!- mosse le mani in aria -Io realizzerò i miei desideri secondo il mio piano e tu, dottoressa, non sei parte del mio piano-

Intanto, un camionista alle loro spalle suonava il clacson a tutto spiano.

-E allora permettimi di farne parte- lo supplicò, prendendogli amorevolmente il viso tra le mani -Ti devi fidare di me, ti prometto che ti aiuterò!-

-Prometti, prometti, prometti!- canticchiò Joker, prendendola in giro, ma proprio in quel momento il camionista uscì dal furgone e sbottò.

-Ehi, testa di cazzo!- gridò, senza rendersi conto che stava insultando proprio il famigerato criminale -Vai a litigare con la tua puttana da un’altra parte, stai bloccando il traffico!-

Joker si voltò sorridendo, ma non fece in tempo a reagire perché Harley, con uno scatto sorprendente, gli sfilò la pistola dalla fondina e freddò l’uomo senza alcuna esitazione. Joker fece un’espressione ammirata e si voltò verso di lei.

-Stavo giusto per dirti di non…- si ritrovò la sua stessa pistola puntata alla fronte -…Farlo-

Si guardarono negli occhi, quelli di lei erano lucidi di lacrime.

-Non farmi male!- la prese in giro, sporgendo il labbro -Sono tuo amico, siamo amici, vero?-

Rise e schiocco la lingua -Fallo- le sussurrò, guardandola negli occhi senza alcun timore -Fallo,fallo,fallo,fallo, FALLO!-

-Il mio cuore ti terrorizza e una pistola puntata alla fronte no?-

Joker approfittò di quel momento per strapparle la pistola di mano, ridendo nel suo tono inconfondibile -Se non fossi pazza penserei che sei folle!- esclamò, riponendo la pistola nel fodero. Poi si piegò con la testa verso di lei, per una volta senza sorriderle -V a t t e n e . V i a - scandì a chiare lettere -Vi-a. Scappa da qui, fuggi prima che io cambi idea e ti avverto, succede spesso-

Harleen scosse la testa, la sua disperazione era perentoria -Non vado da nessuna parte senza di te-

-E io non vado da nessuna parte con te, dottoressa- le rispose con tono pungente, ridacchiando.

-E allora restiamo qui!- continuò lei, prendendogli disperatamente i lembi della giacca -Anche io non me voglio andare. Gotham mi piace, tu mi piaci, mi sento a casa qui… Per la prima volta nella mia vita mi sembra di essere nel posto giusto con le persone giuste, sento di essere me stessa. Capisci cosa voglio dire? Ti prego, Mr. J-

-No, non lo capisco affatto- scherzò, sorridendo -Pretendi un po' troppo dal tuo ex paziente-

-Allora non mi lasci altra scelta-

Per la seconda volta, gli sfilò la pistola dal fodero di pelle ma invece di puntarla contro di lui, la puntò contro se stessa.

-Ma che bel teatrino!- esclamò Joker, ridacchiando -Ora dammi la pistola- le ordinò, porgendole il palmo della mano -Paparino si arrabbia, Harley-

Ma la ragazza lo sfidò con lo sguardo, restando con l’arma puntata alla testa.

-Tanto non ne hai il coraggio- cantilenò lui, nascondendo per bene il timore che provava realmente.

Di tutta risposta, Harleen caricò la pistola -Conto fino a tre. Dimmi di non farlo o sparo-

-Cos’è, una minaccia?- Joker smise di sorridere.

-Uno-

-Minacci il Joker?-

-Due-

-Harley!- ringhiò, rabbioso.

-Tre-

Harleen sparò sul serio, ma Joker nell’ultimo istante riuscì a spostarle il braccio e a deviare il colpo a sinistra. Il proiettile fu così vicino che quasi le scompigliò i capelli, e loro due rimasero per un attimo nella stessa posizione: lui le strinse forte il polso, costringendola a mollare la revolver.

Prese la pistola e la rimise per la terza volta a posto e poi, senza neanche guardarla, tornò alla macchina e montò a bordo. Harleen rimase impalata, con il cuore che batteva a mille dall’ansia. Joker aveva acceso il motore, se fosse partito piantandola in asso un’altra volta, la ragazza si sarebbe tolta la vita in un altro modo, magari buttandosi giù dal ponte o ingerendo del veleno.

Ma alla fine non ce ne fu bisogno, perché la lucida portiera del passeggero si aprì.










Toh, Ecate ha aggiornato. (note)
Allora, non mi scuserò più per il ritardo perché la cosa potrebbe diventare ridicola, posso solo dire che 1) sono stata al mare 2) ho iniziato Once Upon a Time (non l'avessi mai fatto, è una droga). 
Riguardo a questo capitolo, immagino che tutti voi abbiate riconosciuto la scena della moto presente nel film e immagino sappiate tutti cosa succede dopo... Ragazzi, ormai è ufficiale, ci stiamo avviando verso l'epilogo! Ma non temete, non coinciderà banalmente con la trasformazione di Harleen, c'è ancora una cosa in sospeso... :)
Per quanto riguarda la scena iniziale con Poison Ivy, il fatto che quest'ultima abbia dato dei poteri ad Harleen non è cosa nuova nella DC, in alcune versioni succede, e dato che l'idea mi piaceva ho voluto inserirla. Anche perché, diciamocelo, neanche Valentino Rossi riuscirebbe a saltare giù da una moto in corsa con la stessa maestria e agilità della nostra dottoressa H. F. Quinzel, quindi ho ritenuto plausibile che ci fosse un aiutino in più... Una cosa infatti che sostengo e che ho cercato di dimostrarvi (spero non vanamente) capitolo dopo capitolo è che l'evoluzione di Harleen in Harley è stata progressiva, un processo graduale, culminante sì nella scena dell'acido ma iniziato molto prima, e cioè dal primo incontro con Mr. J.
Niente, credo di aver detto tutto! Un bacione e grazie di cuore per il vostro meraviglioso supporto!
Ecate



 

 
   
 
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