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Autore: MoonlightSophi3    01/08/2017    1 recensioni
Dal testo:
- “Tu sei tutto ciò che io vorrei, ma lui è tutto ciò che tu non potrai mai essere. Tu sei fra tutto ciò che avrei potuto fare e ciò che potevo realmente fare. Tu sei Sherlock Holmes, ed io non smetterò mai di amarti, perché ti amerei anche in un’altra vita. Esattamente così come sei. Ma tu non mi ami, ed io devo solo accettarlo...” abbassò lo sguardo per non incrociare i suoi occhi affilati. -
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci giunti al termine di questa mia follia, grazie a chi è arrivato alla fine.
Volevo dirvi che sto lavorando a un’altra storia (probabilmente una one-shot) targata Sherlolly (ovviamente).
Ci tenevo a scusarmi per il capitolo precedente, molto lungo e forse in alcuni punti troppo pesante. Mi dispiace se il mio stile non è piaciuto, ho ancora tanto da imparare e spero di riuscire a migliorare.

Volevo ringraziare le persone che hanno recensito, coloro che hanno seguito questa storia, e chi l’ha messa fra le preferite. Grazie.
Inoltre mi piacerebbe ricevere recensioni da altri lettori, così che potrò crescere e migliorarmi, e spero che troverò anche io il coraggio di recensire...
ci ho anche provato, solo che mi fermo e mi dico
‘Eh che vuoi dire? E’ bellissima, con una mia recensione la rovinerei soltanto’
Speriamo che mi passerà.
Auguro una buona giornata a tutti gli autori e lettori di EFP.
Vi abbraccio da lontano, sempre  vostra
-Sophie




Erano appena le undici di sera quando Holmes vestito di tutto punto passeggiava per il suo appartamento con le mani dietro la schiena, mentre una donna stava parlando del suo caso. Era una banale questione di eredità, e il colpevole era suo cognato.
Come faceva a non capirlo? pensò Sherlock alzando gli occhi al cielo, per lui era una tortura sentire la voce stridula di quella donna che si soffermava su particolari irrilevanti come il colore dei capelli di sua sorella.
Castano con venature più chiare.
No.
Quelli erano quelli di Molly.
Strinse le labbra infastidito dal fatto che lei potesse distrarlo durante il suo lavoro.
Erano così soffici quei capelli, e il suo corpo premuto contro il suo...
Maledizione, concentrati, Sherlock! si rimproverò mentalmente.
Le mani di Molly sul suo petto, sui suoi fianchi, le sue mani che si aggrappavano alla schiena, graffiandola, una richiesta silenziosa di andare più a fondo.
Scosse il capo.
Autocontrollo e controllo.
Cercò di riportare la sua mente in quelle mura e non nella camera da letto della dottoressa Hooper.
"Non hai bisogno di una camera da letto, puoi sperimentare anche le altre stanze" ridacchiò Mary che era seduta con le gambe l'una sull'altra sulla sua scrivania.
"Oh, per favore" si lamentò il detective, l'anziana signora si fermò
"C'è qualche problema?"
"No, continui" disse Holmes che si sbottonava la giacca per sedersi più comodamente sulla sua poltrona. La donna riprese il suo racconto.
Mentre il suo indice passava ritmicamente sulle sue labbra si ricordò di quando la vide sul davanzale della finestra, con le sue provocanti gambe nude.
Avrebbe dovuto esserci lui al posto di quel professore. Avrebbe dovuto prenderla in quel soggiorno e farla godere senza vergogna. Non scappare via come un codardo. Stava fantasticando su come sarebbe stato sprofondare le sue lunghe dita affusolate dentro di lei.
Sentire il suo calore, il suo sapore, il suo ansimare nell'orecchio. Per non parlare di come sarebbe stato stringere la sua pelle, affondare le mani nei fianchi morbidi ad ogni gemito roco.
Era troppo eccitato per poter lavorare. La desiderava troppo.
Il detective si girò di scatto verso la signora, aprì le mani teatralmente e con poca cortesia cercò di liquidare la cliente
"Mrs Bronte" cominciò lui alzandosi e dirigendosi verso la porta con un sorriso finto di cortesia stampato sul volto
"Brown" lo corresse seccata lei
"Non importa. Le invierò gli sviluppi per email, adesso sono molto occupato" lui prese il suo Belstaff e lo indossò mentre l'anziana signora lo guardava stupita
"Ma sono le undici di sera, Mr Holmes"
"A Londra il tempo è denaro, e i criminali non conoscono le regole di una buona educazione" commentò sarcastico il consulente investigativo che le poggiò una mano dietro la schiena per farla uscire "grazie per essere passata Mrs Bronte"
"Brown" lo corresse di nuovo lei con tono offeso
"Fa lo stesso" finalmente riuscì a chiudere la porta alle sue spalle e tirare un lungo sospiro. Prese il suo iPhone dalla tasca della giacca, e compose un messaggio.
La risposta fu immediata e lui sorrise soddisfatto.



Mentre si lavava i denti camminava a piedi nudi per il suo appartamento, era una cosa che le piaceva parecchio. Tornava in bagno per sciacquarsi la bocca, per poi riprendere a spazzolarsi i denti e il suo giro turistico per la casa. Si pulì anche la lingua e con una smorfia allo specchio controllò di non avere nulla fra i denti. Non era stato terribile mangiare quella pizza con John, e nonostante i sensi di colpa per il suo corpo cercò di stare lontana dal bagno. Si distese sul divano e accese la TV, il suo gatto si avvicinò a lei e miagolò
"Che cosa c'è?" chiese lei, il micio fece un miagolio come risposta. Lei si raddrizzò e gli indicò le gambe
"Su vieni" disse, il gatto guardò le mani della patologa sulle cosce e poi con un balzo si accomodò su di esse. Molly rise e cominciò a grattargli dietro le orecchie mentre guardava un'infelice commedia americana. Era davvero demenziale, ma doveva rifarci l'abitudine, Edward non si era fatto sentire. Arrivederci e alla prossima.
Pensò a Sherlock, a come i suoi occhi l'avessero guardata, a come lui fosse cambiato. Dopo.
Era sempre il solito e strano sociopatico iperattivo, ma era migliorato su molti aspetti, era più gentile, cercava di dire grazie più spesso, e qualche volta quando il suo umore era davvero eccellente facevano conversazione su dei vecchi casi. Oggi però non era una questione di gentilezza, i suoi occhi erano carichi di adrenalina, e le sue pupille dilatate per l'eccitazione sessuale. Ma lui non poteva volerla in quel modo.
Probabile, ma non esattamente corretto, avrebbe detto lui con la sua voce baritonale.
Oh Dio, la sua voce. Il suo nome sembrava più bello, detto da lui.
Chissà come dovevano essere i gemiti che fuoriuscivano da quelle labbra carnose. E poi quel labbro inferiore, che avrebbe mordicchiato e succhiato avidamente.
Un bussare al vetro la colse nel pieno delle sue fantasie erotiche, le scappò un gridolino. Aggrottò le sopracciglia per mettere a fuoco la figura e la riconobbe.
Quando si parla del diavolo.
"Sherlock" aprì la finestra a scatto e si abbassò poggiando le mani sul marmo, furono faccia a faccia.
Lui cercò di non farsi distrarre dalla scollatura che la maglia offriva e spostò il suo asse verso i suoi occhi
"Posso entrare?"
"Sherlock Holmes che chiede di entrare, si è fermato il mondo?" commentò ironica la dottoressa, lui sospirò pazientemente
"Molly" disse con un tono di rimprovero, lei si spostò di lato per farlo entrare
"Hanno creato delle porte, se non ti fosse giunta la notizia"
"Cerco sempre di fare un'entrata ad effetto" ribatté lui mentre si toglieva il cappotto, il gatto gli si strusciò contro le sue caviglie
"Drama queen" disse lei mentre si dirigeva in cucina
"Cosa?"
"Ho detto, qualcosa da bere?"
"A quello ci ho pensato io" disse prendendo una busta dal pianerottolo esterno e chiudendo la finestra "spero che ti piaccia la birra"
"Preferisco quella alla spina, ma queste in bottiglia possono andare"
Dopo aver preso l'apribottiglie ed essersi sistemata sul divano con un cuscino sulle gambe scoperte, vide uno Sherlock alzare la bottiglia a mezz'aria
"Propongo un brindisi"
"Brindiamo a cosa esattamente?"
"A te, Molly Hooper. Questa serata è tutta per te"
la patologa alzò un sopracciglio in risposta e fece toccare il collo della sua bottiglia con quella di Sherlock e bevve un bel sorso di birra. Il detective fece lo stesso.
Cos'hai in mente?
Dopo la seconda birra, la situazione divenne più informale tra i due. Erano più disinvolti, più allegri, più vicini.
Sherlock si era sbarazzato della giacca e si era sbottonato la camicia, lasciando intravedere il suo petto, cominciava a fare piuttosto caldo. Aveva arrotolato le maniche fino ai gomiti, per questioni di praticità. Era seduto accanto a Molly Hooper con le sue lunghe gambe elegantemente accavallate, un braccio sullo schienale del divano e l'altra mano che reggeva la terza, o forse la quarta, birra per lui.
Lei aveva appoggiato le sue gambe nude su quelle di Sherlock, la vecchia maxi t-shirt gialla le copriva appena fin sopra le ginocchia. Era totalmente a proprio agio con lui, in quella posizione, -ah, l'effetto della birra.
Molly rise di gusto quando Holmes raccontandole un vecchio caso, il mastino di Baskerville per la precisione, cercò di mimare la faccia di John quando ha scoperto di essere stato una marionetta. Oppure quando gli aveva detto della bomba nel vagone del treno, e ancora di quando entrambi andarono per locali a bere
"A quanto pare il più grande consulente investigativo d'Inghilterra è un ubriacone"
"Era per un esperimento scientifico" si giustificò lui con tono poco credibile
"Quindi adesso stai facendo un esperimento?" chiese la dottoressa, il sorriso sul volto di Sherlock sparì
"No, adesso sono con te" rispose semplicemente lui. Le labbra dischiuse, gli zigomi alti, i ricci corvini.
"Perché hai detto che è una serata dedicata a me?" chiese ancora lei mentre bevve un altro sorso di birra
"Perché sei una grande donna, e meriti una serata in tuo onore" rispose il detective che bevve ancora. Molly si inumidì le labbra con la lingua
"Mi sembra una bellissima idea, potremmo creare un fan club" risero insieme, mostrando la loro complicità.
"John sarebbe felice di aggiornare gli incontri settimanali sul suo blog"
Hooper lo guardò bere altra birra, e quelle labbra inumidirsi al contatto
"E questa serata dedicata alla straordinaria dottoressa Hooper.." Holmes rise. Una risata bassa e roca.
"Prevede qualche sorpresa?" il sorrisetto malizioso di lei mosse qualcosa nei pantaloni del detective. Prima che lui potesse parlare la ragazza si scusò
"Perdonami, ho detto una sciocchezza" mandò giù un altro po di birra e sorrise "immagina la faccia di John se ci vedesse in questa posizione, in questa situazione, in questo modo"
Holmes apprezzò la fantasia della ragazza e sorrise anche lui. Sarebbe stato divertente in effetti.
"Esistono altre posizioni per far confondere John"
L'attimo che precede il bacio è qualcosa di più eccitante del bacio stesso. La carica, l'aspettativa, l'adrenalina, che pompano nelle vene e fanno bollire il sangue. Sherlock le prese la nuca, l'avvicinò al suo viso, e la baciò. Inizialmente fu un bacio lento, un semplice modellarsi di labbra, ma Dio quanto erano belle quelle labbra, pensò lei. Molly leccò il suo labbro inferiore e gli diede un morso, Holmes apprezzando il suggerimento continuò la sua esplorazione con la lingua.
Lasciarono le birre sul tavolino da tè, Sherlock con le sue mani si fece strada sotto la sua t shirt, e con un gesto la posizionò sui suoi fianchi, lui si raddrizzò e continuava a baciarla con foga. La pelle di lei era ancora più bella di quanto aveva immaginato, era morbida e liscia, un mugolio di piacere scappò quando le grandi mani di Holmes si strinsero sui suoi seni.
La ragazza cominciò a baciargli il collo, l'orecchio, e da quelle labbra disegnate uscì un rantolo di piacere. Adorava quel suono.
Presto si sbarazzarono della camicia, e lei gli slacciò i pantaloni. Si spogliarono lasciando una scia di baci sul corpo dell'altro. Momenti così eccitanti venivano interrotti dalla risata di Molly e dal sorriso sornione di Sherlock che quando passava le labbra sulla pelle sensibile dei seni, c'era uno scusarsi da parte di lei, è che soffro il solletico diceva per giustificarsi.
Sherlock si posizionò fra le sue gambe, sentendo le unghie di lei affondare sul suo sedere
"Tutto bene?"
"Ho solo i brividi sulla pelle"



 
John Watson non era un uomo stupido, né poco sveglio o poco intelligente, ma proprio non li vedeva quei dettagli importanti.
A quelli ci pensava Mary.
 
Il medico scese dal taxi, era appena tornato dall'ospedale. Una giornata davvero estenuante. Guardava le finestre di quell appartamento che ormai conosceva come le sue tasche, ma non vide nulla di interessante, a parte il riflesso degli alberi spogli per la stagione.
Era ormai una settimana che provava a chiamare Sherlock, ma il suo telefono era sempre spento. Gli aveva scritto alcuni messaggi, ricevendo come risposta un esaustivo silenzio -ovviamente, ma dato il soggetto in questione era normale un comportamento del genere. Giusto? Giusto.
Era passato al Bart's per incontrare la dottoressa Hooper, ma gli avevano detto che era in malattia e quando provava a chiamare gli rispondeva la segreteria telefonica.
Decise di andare al 221b di Baker Street.

Non riusciva proprio a vederli quei dettagli. Maledetti.

Aprì la porta con le sue chiavi, ne aveva una copia in caso di emergenza, e dato che il suo ex conquilino è Sherlock Holmes, i casi di emergenza erano all’ordine del giorno.
Sentì dei rumori provenire dal piano di sopra
"Mrs Hudson?" chiamò, "Sherlock?", nessuna risposta.
Vide sulla porta della signora Hudson un biglietto che avvisava il suo amico che sarebbe andata via per un weekend. Il post-scrittum diceva di non incendiare la casa durante la sua assenza.
Salì le scale facendo scricchiolare quelle vecchie assi di legno e si fermò davanti la porta dell'appartamento
"Accomodati, John" lo invitò la voce di Holmes, il medico aprì la porta ed entrò. Appoggiò la sua valigetta e il cappotto sul divano
"Come facevi a sapere che ero io?", il consulente investigativo stava per rispondere ma il suo amico riprese a parlare "non importa non voglio saperlo. Ero solo passato a vedere come stavi. Hai il telefono staccato"
Sherlock sorseggiò il suo tè mattutino "Come vedi sto bene, e grazie per avermi avvisato di una cosa di cui ero già al corrente. Sempre brillante a sottolineare l'ovvio, John"
"Sei davvero uno stronzo, ero solo preoccupato"
"È molto nobile da parte tua, ma come ti ho già detto sto bene, puoi vederlo tu stesso" rispose il consulente investigativo
"Sì lo vedo, ma c'è qualcosa che mi stai nascondendo" si guardò intorno
"Non so di cosa parli" rispose Holmes tendendo le labbra e alzando le sopracciglia in una smorfia di apparente innocenza
"Stai mentendo. Hai teso le labbra e alzato le sopracciglia, stai mentendo"
"No."
"Certo che sì" fece una pausa, poi i suoi occhi si illuminarono come quelli di Holmes durante una deduzione brillante "ho capito... sono sicuro che se apro queste porte troverò di nuovo tutta quella roba per le tue droghe" concluse soddisfatto il dottor Watson che si avvicinò alle porte scorrevoli della cucina
"John, per favore non -"
l'amico non fece in tempo a terminare la frase che il medico militare aveva aperto le porte con uno scatto forte -forse troppo forte per i gusti del detective, ma la cucina era in ordine e stranamente pulita. Poche erano le volte in cui l'aveva vista così. Deluso si voltò verso Holmes
"Te l'avevo detto" disse il consulente riponendo il tè sul vassoio, si alzò e si sistemò vicino la finestra con le mani nelle tasche dei pantaloni
"Mi dispiace"
"Puoi anche andare adesso"
"Sherlock, sicuro di stare bene? Sembri... impaziente"
"Non hai una bambina da accudire, John?"
Holmes fece svolazzare la sua vestaglia blu e si accomodò di nuovo sulla sua poltrona. Watson stava riprendendo il suo cappotto quando una voce familiare si rivolse a lui
"Ciao John" disse Molly che era avvolta in una vestaglia di Sherlock, il medico militare rimase a fissarla con un'espressione interdetta sul viso
"Molly non... non mi aspettavo di trovarti qui. All'ospedale hanno detto che eri in malattia"
lei si versò del caffè in una tazza e ne beve un sorso
"Beh è una piccola vacanza, più che una malattia" spiegò mentre si dirigeva verso Sherlock, che la prese delicatamente per la mano libera e la fece sedere sulla sua gamba, lei sorrise.
"Buongiorno" sussurrò il detective sulle labbra della ragazza con tono dolce, le cinse la vita con le sue braccia e la baciò.
John se ne stava dritto come un fuso in quella stanza, sentendosi un completo imbecille.
"John, ti fermi a fare colazione con noi?" chiese Molly
"No.. io... credo che... insomma dovrei andare" fece per andarsene quando poi riprese a parlare "andiamo ma cos'è uno scherzo? Tu che ti facevi di Dio solo sa cosa, ed eri sposato con il tuo lavoro, lei che aveva disturbi alimentari ed era fidanzata con un professore, adesso dovrei sembrare indifferente a voi due che vi comportate come una coppia e a Molly che esce con la tua vestaglia, capisci? La tua vestaglia, Sherlock."
"So che è mia, l'ha presa dal mio armadio"
"Quello che intendo dire è... come è successo?"
"Ho ricominciato a drogarmi per far riavvicinare Molly a me, così che avrei potuto aiutarla con il suo problema. Lo avevo già dedotto, ma ci sono state delle complicazioni e le cose non sono andate come previsto. Alla fine ho recuperato tutto, elegantemente" spiegò con tono piatto il detective
"Tu avevi programmato tutto questo?"chiese il suo amico
"Avevo escluso la discussione con l'ex fidanzato di Molly, ma sì, tutto programmato"
"Sei davvero..." cominciò Watson
"Lo so" sorrise soddisfatto Holmes.
Ci fu un attimo di silenzio, poi John parlò
"Beh, io credo che avete bisogno della vostra privacy, perciò vado a lavoro. Sherlock, ti tengo d'occhio, e Molly...qualsiasi cosa non esitare a chiamare"
la patologa gli sorrise, un grazie silenzioso.
John uscì dall'appartamento lasciando la nuova coppia nella loro intimità.
“Tu lo sapevi” disse indicando con un dito Mary, che rise e si morse il labbro inferiore come una bambina “è bello sapere che certe cose non cambieranno mai”.



Erano sul divano, Holmes con gli occhi persi nel vuoto che disegnava arabeschi invisibili sulle cosce di lei, e la ragazza che gli accarezzava i ricci corvini mentre leggeva un libro preso dalla libreria di Sherlock.
"È arrabbiato?"
"Credo gli passerà" rispose lei
"Quando dovrai rientrare a lavoro?"
"Lunedì, ho il weekend libero, perché?"
le dita di Holmes sfiorarono il centro dei suoi fianchi, risalendo il pendio e fermandosi sull'addome, con un semplice gesto aprì la vestaglia
"Non vorrei sprecare tempo" disse lui nell'incavo del suo collo, Molly chiuse il libro e affondò le mani fra i ricci.
"Non ti facevo così... voglioso" ridacchiò lei, il detective come risposta si posizionò su di lei.
Cominciò a baciarle il viso e poi il collo scendendo sempre di più. Depositò una scia umida di baci sui seni e sull'addome, aprendole lentamente la vestaglia per lasciarla nuda alla sua mercé.
Si fermò per guardarla, sostenendosi sulle ginocchia si tolse la camicia azzurra scoprendo la sua pelle diafana e tonica, e con lentezza calcolata si sbottonò i pantaloni. Era bellissimo.
Molly lo guardava, con le braccia al petto che cercava di coprirsi i seni e con le gambe chiuse per la vergogna, ma il colorito delle sue guance esprimeva la sua eccitazione.
Le grandi mani le accarezzarono le cosce e poi lui le aprì le gambe.
"Mi vuoi?"
"Fin dentro le ossa"
Sherlock e Molly non sarebbero mai stati una coppia come tutte le altre, non avrebbero mai affrontato i problemi di tante altre coppie, non avrebbero mai cominciato ad amarsi per bisogno, o per solitudine.
Loro si amavano per voglia.
Si volevano entrambi.
Per lei, lui era un pensiero incastrato fra i suoi vorrei. Per lui, lei era un vizio.
Il vizio delle sue unghie che solcavano la schiena, dei suoi respiri, dei sospiri che non bastavano mai, delle sue cosce che lo riscaldavano, della voglia di strapparle i vestiti, delle sue risate, delle sue lacrime, dei suoi gemiti, dei suoi capelli, delle sue mani che toccavano piano, del suo corpo sudato, della stanza buia, del letto o di qualsiasi altra superficie come unico oggetto materiale che reggeva il loro istinto, del suo respiro, quando dormiva accanto a lui.
Sherlock Holmes non poteva farne più a meno.
   
 
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