Ma gli Uchiha si scottano al sole?
Estate.
Esiste forse una parola più evocativa di questa? Sei
lettere, tre sillabe e subito la mente viaggia tra mari cristallini,
spiagge
bianche, crema solare, profumo di cocco e fiori, l’anguria, i
gelati, le serate
infinite che si concludono all’alba, stanchi, magari con le
scarpe in mano e la
musica che ancora rimbomba nelle orecchie.
Estate.
Intervistando gente per strada, almeno l’80%
affermerà che è
la loro stagione preferita, che non vedono l’ora che arrivi,
che senza sole sono
morti dentro, che il mare è la loro salvezza, e via
discorrendo in similitudini
sempre più iperboliche.
Estate.
C’è un restante 20% che però la pensa
in maniera decisamente
diversa. Ad essere pignoli, in questa percentuale rientrano persone che
semplicemente preferiscono l’autunno o la primavera, ma
comunque non disprezzano
la stagione infuocata, c’è anche chi rimane
abbastanza neutro riguardo la
faccenda, infilato in qualsiasi stagione in uffici e locali
climatizzati o
riscaldati; infine c’è
un 3% di persone che invece la odiano con tutte le loro
forze.
Gaara rientrava precisamente in quest’ultima cerchia: mal
tollerava il caldo e l’afa, gli faceva schifo
l’anguria e sicuramente non
andava a ballare fino a tarda notte; gli piaceva il gelato ma lo
mangiava anche
d’inverno quindi non faceva una gran differenza, ma
soprattutto detestava la
calca e la gente che sembrava volersi divertire a tutti i costi solo
perché,
per un incrocio particolare di orbite, la loro stella irraggiava
Per quello, scrutando il mare e la spiaggia con gli occhi
chiari riparati da lenti scure, ancora non riusciva a capacitarsi di
come fosse
finito in una nota località vacanziera, col suo costume a
pantaloncino largo e
una maglietta a maniche corte.
“Dai Gaara, muoviti! Andiamo a fare il bagno!”
La voce allegra che gli trapanò le orecchie gli
ricordò che
era tutta colpa del suo amico Naruto e della sua perfidia mascherata da
innocente idiozia. Con la scusa che a settembre si sarebbe trasferito
all’estero per lavoro e che si sarebbero visti di rado a
differenza del periodo universitario, aveva proposto quella
vacanza al mare tutti insieme.
Gaara sulle prime aveva rifiutato, ma l’altro a furia di
insistenze che sarebbero potute passare per stalking, e le espressioni
più
derelitte nemmeno fosse stato un cane digiuno da un mese, alla fine lo
avevano
fatto cedere, anche se Gaara lo aveva fatto più per la
propria pace mentale che
altro.
Col passare delle settimane aveva cercato di convincersi che
qualche giorno assieme a Naruto e al suo fidanzato Sasuke non sarebbe
stato
così male, in fondo avrebbe potuto trascorrere
più tempo anche assieme al
proprio. Inoltre, fatto assolutamente non trascurabile, a settembre
Naruto si
sarebbe portato dietro anche quell’irritante Uchiha che
avrebbe finalmente
smesso di guardarlo male ogni volta che lo vedeva a fianco del
fratello. Infatti, dopo
un anno, ancora non si era messo l’anima in pace sul fatto
che il
suo prezioso Itachi potesse avere nell’ordine:
1- una relazione;
2- una relazione con un uomo;
3- una relazione con un uomo che altri non era che Gaara, il migliore amico di Naruto;
4- una relazione con un uomo che altri non era che Gaara, il migliore amico di Naruto e in cui lui non aveva alcun diritto a mettere becco.
Lo
sguardo glaciale che Sasuke gli rivolse, mentre scendeva
le scalette e raggiungeva il fidanzato esagitato sulla spiaggia,
indicava
chiaramente che ancora non gli era passata per quell’affronto
e nemmeno gli
sarebbe passata molto presto. Forse tra un milione d’anni o
giù di lì, ma non
era sicuro.
L’animo di Gaara all’idea di toglierselo dai piedi
si era
fatto sempre più predisposto verso quella vacanza, peccato
che quella testa
vuota di Naruto – in quel momento concordava con
l’appellativo preferito di
Sasuke, il che indicava quanto fosse grava la situazione – si
fosse dimenticato
di avvertirlo che quando aveva proposto di partire tutti insieme, aveva
inteso
proprio tutti, non solo loro
quattro.
Osservò Sakura e Ino scendere assieme e lamentarsi con voce
acuta della sabbia bollente, Hinata le incitava a camminare svelte
perché stare
ferme a lamentarsi di sicuro non avrebbe risolto niente. Suo cugino
Neji, la
sua inquietante ombra – perché chi poteva mai
portare quei capelli tanto lunghi
senza nemmeno versare una goccia di sudore? – le dava
ragione; seguivano Choji
con la sua scazzatissima fidanzata Karui che si lamentava con la sua
migliore
amica, che altri non era che sua sorella Temari. Sì, in
quella vacanza si
sarebbe dovuto sorbire anche quella manesca, ma il compito sarebbe
stato
equamente diviso con il fidanzato Shikamaru che al momento gli stava di
fianco sul marciapiede.
“Che seccatura” borbottò quello,
sicuramente tra lui e Gaara
potevano fare una sfida tra chi era il più pentito di essere
lì.
“Già” assentì il ragazzo dai
capelli rossi, pensando che
perlomeno non era venuto quell’altro fracassone di Kiba,
né Shino, anche se
quest’ultimo non faceva una grande differenza in termini di
presenza.
“Dai, ci divertiremo, vedrete.”
Itachi gli poggiò delicatamente una mano sulla spalla mentre
diceva quelle parole e Gaara alzò la testa, per guardarlo da
sotto le lenti
scure. Itachi era affascinante, anche coi capelli lunghi scompigliati
dalla brezza
marina, un velo di sudore sulla fronte e una canotta colorata. Ancora
non si
capacitava bene di come fossero finiti insieme, ma non se ne crucciava;
anzi,
con tutte le sfortune che gli erano capitate, pensava che il suo
fidanzato
fosse il modo in cui la vita aveva deciso di chiedergli scusa.
E lui le accettava senza problemi le scuse.
Itachi era gentile e pacato, non parlava molto ma sapeva
dire sempre la cosa giusta al momento giusto, anche se a volte poteva
essere un
po’ enigmatica, era disponibile e pronto ad aiutare tutti
sebbene a volte ci
rimettesse lui stesso, tanto che a volte Gaara nella propria mente lo
appellava
come il martire di Konoha. E poi era bello, maledettamente bello, con
quegli
occhi magnetici e il sorriso obliquo, in fondo perché si
sorprendeva se Sasuke
aveva un complesso nei suoi confronti e ne era geloso?
Certo, non era perfetto, Gaara lo aveva scoperto col tempo.
Per esempio la sua testardaggine era leggendaria: se pensava di essere
nel
giusto, niente lo avrebbe convinto del contrario; sicuramente era un
tratto di
famiglia visto che anche Sasuke era così. Come quella volta
in cui sempre
Naruto li aveva invitati ad una festa, Itachi si era vestito elegante
con tanto
di giacca e cravatta anche se Gaara aveva cercato ripetutamente di
metterlo in
guardia, tanto che alla fine si era ritrovato abbigliato come un
damerino in
mezzo a quello che sembrava un raduno di punk e nostalgici grunge. La
sua
faccia tosta non si era minimamente scomposta, anzi il suo stile
completamente diverso aveva fatto tendenza e, a fine serata, Gaara
aveva
desiderato mozzicargli a sangue le labbra su cui aleggiava un sorriso
di
superiorità e strafottenza.
A parte qualche difetto che lo rendeva solamente più umano,
Gaara non poteva recriminargli nulla, a parte…
“Itachi! Che stai aspettando? Vieni qui!” lo
chiamò Ino da
sotto l’ombrellone.
“Dai, stiamo aspettando te per giocare a
beach-volley”
rincarò Sakura.
Ecco, non poteva recriminargli nulla, tranne il fatto che
nessuno sapeva della loro relazione, a parte ovviamente Sasuke e Naruto
e sua
sorella Temari, oltre a Shikamaru che però non aveva avuto
bisogno che nessuno
gli raccontasse alcunché, ci era arrivato da solo.
Itachi non se la sentiva di fare coming out, gli aveva
chiesto tempo e lui non poteva di certo costringerlo, peccato che tutte
le
attenzioni dell’intero universo femminile, prima divise tra
lui e Sasuke, ora
fossero rivolte esclusivamente a lui, dato che il fratello non faceva
mistero
della sua storia con Naruto. Ci sarebbe voluto un esercito di Uchiha
per
soddisfare almeno una minima parte di donne che morivano per il loro
fascino.
“Ci divertiremo moltissimo, sicuro” disse acido
Gaara,
iniziando a scendere dalle scalette, occhieggiando le ragazze che
ridacchiavano
nei loro costumi striminziti, e ignorando invece il velo di dispiacere
negli
occhi di Itachi.
Gli ombrelloni erano stati piantati, sdraio e asciugamani
dispiegati e anche ogni vestito all’infuori del costume era
sparito, tutti
pronti per il pomeriggio di spiaggia.
“Itachi, hai proprio una pelle chiarissima, anche
più della
mia! – trillò Ino – Hai assolutamente
bisogno della crema, mica vogliamo
scoprire se gli Uchiha si scottano al sole, vero? Te la metto io sulla
schiena.”
Senza attendere risposta, gli sfilò il tubetto dalle mani e
iniziò a spalmarla, beccandosi un’occhiata
fulminante da Gaara per ovvie
ragioni, e un’altra da Sakura perché
l’aveva preceduta e le aveva soffiato
un’occasione d’oro. La competizione tra le due era
accesissima e non si
risparmiavano alcun colpo basso, in fondo il premio in palio valeva
bene il
gioco duro.
“Karui certo che tu non hai problemi di scottature, sei
fortunata e poi hai una pelle bellissima, piacerebbe anche a me averla
così”
osservò Hinata ben felice di rimanere al di fuori della
lotta delle amiche, mentre Neji scuoteva la testa, disapprovando
evidentemente
l’idea di una cugina color cioccolato.
“Beh, grazie. Ma sono sicura che ti abbronzerai in fretta e
diventerai di un bel colore dorato senza arrossarti” le
rispose la ragazza.
“Anche Sasuke ha la pelle chiara come quella di Itachi,
quindi oggi risolveremo una volta per tutte questo mistero: scopriremo
se anche
gli Uchiha si scottano” ridacchiò Naruto che
invece tra tutti era quello più
abbronzato, a parte la fidanzata di Choji ovviamente.
“Per fortuna ha te che ti prendi cura di lui, sono certa che
non si scotterà” disse dolcemente Hinata.
“Lui che si prende cura di me? – sbottò
Sasuke – Se fosse
per lui mangeremmo solo roba fritta o panini, mi troverei obeso e con
la
cirrosi epatica, per non parlare delle pulizie di casa. E dammi qua, me
la
metto da solo la crema!”
Strappò la confezione di mano al fidanzato biondo e
iniziò a
distribuirsela generosamente, facendo anche movimenti degni di un
contorsionista per arrivare a ogni punto della schiena.
“Sei sempre il solito rompipalle puntiglioso e
insopportabile, mi sembrava di essere in perfetta salute anche da prima
che
convivessimo” sbuffò Naruto lasciandolo fare.
Avrebbe atteso che l’altro
ammettesse, sconfitto, di non poter fare proprio tutto da solo.
“Dovevo essere ubriaco quando ho accettato… o
drogato, non
so come faremo quando ci trasferiremo all'estero”
sbuffò Sasuke che era testardo quasi quanto
Itachi e si sarebbe mozzato un braccio e lo avrebbe attaccato a un
bastone per
usarlo come prolunga, piuttosto che chiedergli aiuto.
“Puoi sempre non venire, eh!” borbottò
Naruto.
“No, non può!” esclamò di
getto Gaara, almeno Sasuke voleva
levarselo dai piedi. Tutti si voltarono a guardarlo, persino Ino aveva
smesso
di massaggiare la crema anche se oramai doveva essere più
che assorbita, tipo pioggia
nel deserto. “Cioè… avete trovato un
lavoro troppo buono per rifiutarlo per…
insomma per una stupidaggine” si spiegò Gaara in
qualche modo, riuscendo anche
a risuonare abbastanza convincente, tanto che Naruto si
slanciò ad abbracciarlo,
dimenticando in un nanosecondo il battibecco con Sasuke.
“Gaara!!! Tu sì che mi vuoi bene e ci tieni a
me… non so
come farò senza di te”
“Sì, sì… ma adesso staccati,
eh? Naruto, fa caldo… Naruto mi
stai strozzando!”
A salvarlo fu Sasuke che tirò il fidanzato per il costume,
cogliendo al volo l’occasione per scoccare
un’occhiataccia a Gaara. Tra loro
non era mai corsa molta simpatia, prima per le fisime
dell’Uchiha sull’amicizia
a suo dire troppo stretta tra lui e Naruto, e poi perché
ovviamente gli aveva
portato via Itachi, sempre secondo la sua visuale distorta del mondo.
Intanto quest’ultimo si era avvicinato al fratello e gli
stava spalmando la crema nei punti in cui l’altro non era
arrivato, troncando
le speranze di Naruto di vedere Sasuke domandare aiuto con la sua
faccia
imbronciata che non voleva ammettere la sconfitta.
“Tu e Naruto ve la caverete benissimo, anche se mancherete a
tutti quanti” disse Itachi con la sua solita aria pacata e
conciliante con cui
stemperò quel piccolo momento di tensione. Come al solito
diceva le cose giuste
al momento giusto, guadagnandosi occhiate ammirate dalle ragazze.
“Appunto per questo siamo qui, ci divertiremo come matti!
–
esclamò infatti l’organizzatore di quella vacanza
– Questo pomeriggio andiamo a
giocare, a fare il bagno e tutto quello che vogliamo e stasera vi
voglio
carichi per andare a ballare!”
“Sì, cazzo!” gli andò dietro
Karui, anche se Choji non
pareva altrettanto convinto.
“Vi straccio tutti a beach-volley – aggiunse Sakura
con aria
determinata – Itachi io e te siamo in squadra insieme,
andiamo!” Iniziò
a correre verso il campo assieme agli
altri, litigando sulle squadre e sul premio in palio per i vincitori.
“Vieni?” domandò invece Itachi a Gaara.
Ancora non si era
mosso e lo osservava con attenzione, con una domanda inespressa negli
occhi
scuri.
L’altro, infastidito da quell’analisi, fece un
gesto con la
mano, rispondendo:
“No, tu vai pure.”
Certo che era irritato, c’era persino bisogno di chiederlo?
Va bene la pazienza, ma qui si stava sfiorando la santità!
“Posso rimanere…” iniziò, ma
Gaara lo interruppe.
“No, vai a giocare, a te piace, a me no. Io farò
altro, non
ho bisogno della balia.”
“Mi sarebbe piaciuto stare con te, non mi sono mai visto in
veste di balia – replicò Itachi lievemente piccato
– ricordati di mettere
la crema” aggiunse però prima di andarsene.
Se gli occhi avessero potuto uccidere, Itachi sarebbe
stramazzato a terra come Cesare alle idi di marzo o come un meno
poetico e più
materiale spiedino. Per sua fortuna, lo sguardo di Gaara si
limitò a fissarlo
finché non fu abbastanza lontano. Il ragazzo rimase ad
osservarlo giocare e
divertirsi e si dispiacque per essere stato tanto scorbutico, ma pareva
che
Itachi non si rendesse conto di quanto abusasse della sua pazienza.
Solo perché
non urlava ed era esagitato come Naruto, non significava che dietro
alla sua
faccia impassibile non ci rimanesse male.
Si spalmò la crema alla bell’e meglio, senza poter
chiedere
una mano a nessuno dato che erano tutti a giocare a beach-volley o
racchettoni,
come Shikamaru che era stato praticamente ricattato da Temari. Sorrise,
pensando che la sorella era proprio l’unica in grado di
smuovere quel blocco di
inerzia e pigrizia del fidanzato.
Gaara invece si guardò attorno e, raccolto secchio e
paletta, andò verso il bagnasciuga. Non aveva accettato di
andare in vacanza
solo perché Naruto lo aveva asfissiato tanto da fargli
carezzare l’idea
dell’omicidio, ma anche perché l’idea di
giocare con la sabbia lo aveva
allettato tremendamente, ma non l’avrebbe mai ammesso nemmeno
sotto tortura.
Adorava vedere la distesa dorata, immaginandola tanto
sconfinata da potercisi perdere, la sensazione della sabbia tra le
dita; non la
trovava affatto fastidiosa come tanti altri e poi, miscelandola con la
giusta
dose d’acqua, poteva costruire tutto quello che voleva. Forse
era colpa del
padre che non l’aveva mai fatto giocare da piccolo nella
piscinetta di sabbia
al parco assieme agli altri bambini.
Traumi infantili o meno, non gli interessava la ragione per
cui amava la sabbia tanto quanto odiava l’estate e tutto
ciò che la riguardava,
anguria compresa.
“Wow Gaara! Se ci fossero le olimpiadi delle sculture di
sabbia o cose del genere dovresti partecipare!”
Il ragazzo, finalmente rilassato, alzò gli occhi dal suo
lavoro. Per tutto il tempo che era stato lì, la sua mente
era stata sgombra da
pensieri e ricordi delle ragazze che ronzavano attorno a quello che, a
conti
fatti, era il suo fidanzato. Ma
loro
non lo sapevano e, giustamente, cercavano ogni pretesto per stargli
vicino nel
tentativo di conquistarlo, Gaara in effetti non poteva dar loro torto
se
avessero preferito dare un braccio pur di uscirci insieme.
Guardò Naruto osservare
affascinato, con i suoi occhi azzurri spalancati, il castello a due
piani, con
tanto di guglie, finestre a sesto acuto e fossato.
“Ma no, che olimpiadi – minimizzò Gaara
continuando a
modellare una torretta di guardia, ma sorridendo – piuttosto
avete finito di
giocare?”
“Sì, non si vede? – rise
l’altro che era completamente
sudato e impanato come una cotoletta – Andiamo a fare il
bagno, vieni?”
“No, voglio finire qui” replicò. Non
fece in tempo a
domandarsi se fosse Ino o Sakura a stare appiccata a Itachi in quel
momento, che
si sentì poggiare qualcosa sulla testa e, alzando lo
sguardo, vide proprio lui
che, con un sorriso, lo proteggeva dal sole con un cappello e gli
porgeva persino
una bibita.
“Ero certo che saresti stato qui con la sabbia, perdendo la
cognizione del tempo.”
Gaara arrossì, ringraziando che ci fosse la tesa del
cappello a nascondergli il viso e accettò la bottiglietta,
bevendo per
dissimulare l’imbarazzo. A volte si dimenticava che Itachi lo
conosceva più di
quanto credesse, a lui non era sfuggita la sua passione per la sabbia.
“Già… com’è andata
la partita?”
“La mia squadra ha vinto, ovviamente.”
“Quindi Sasuke sarà incazzato nero”
osservò dato che, quando giocavano, i due fratelli
erano sempre in squadre opposte e il risultato non cambiava mai. Lo
vide in
effetti poco lontano che si spintonava con Naruto; proprio una coppia
atipica
quei due.
Itachi, vedendoli, rise:
“Già, ma per fortuna c’è chi
lo sopporta anche così – fece
un cenno con la mano alle ragazze che lo chiamavano per poi rivolgersi
di nuovo a lui – dai, vieni a fare il
bagno.”
“Ma... veramente io non so nuotare” ammise Gaara un
po’ in
difficoltà.
Itachi chinò il viso verso il suo per sussurrargli
all’orecchio:
“Un ottimo motivo per starmi vicino, no?”
Colpito e affondato.
Anche l’acqua era calda ma comunque piacevole sulla pelle
surriscaldata e poi, anche se fosse stata gelida, nessuno avrebbe
rinunciato
alla possibilità di fare tuffi, nuotare o fare scherzi agli
amici; Gaara stava
giusto osservando un tentativo di Temari di affogare Shikamaru che
sarebbe pure
riuscito, se non fosse stato per Choji.
Lui invece era nell’acqua più bassa assieme a
Itachi, in
realtà a malapena toccava ma l’altro continuava a
camminare verso l’interno
così che Gaara fu costretto ad afferrarlo per le spalle.
Trovò elettrizzante la
frizione dei loro corpi, aiutati dall’acqua che li
circondava; senza nemmeno
accorgersene si trovò a stringergli le braccia attorno al
collo e a guardarlo
negli occhi. La pelle di Itachi era sempre chiara e perfetta, come se
ci fosse
uno scudo più forte della crema protettiva a respingere i
raggi solari; a
macchiarla c’era solo un lieve rossore su naso e guance e non
era certo che
dipendesse unicamente dal sole.
Si guardavano negli occhi, dimentichi di ciò che li
circondava e a Gaara pareva che l’altro stesse per inclinare
il viso per
baciarlo. Emozionato, abbassò le palpebre con il cuore che
gli stava per
scoppiare di felicità: il fidanzato sembrava aver trovato il
momento giusto per
farlo, deciso a non nascondersi più, e lui già
pregustava il bacio salato che
si sarebbero scambiati, sarebbe stato perfetto.
Qualcosa andò però storto. Lo sceneggiatore che
scriveva le
pagine della sua vita doveva essere un fottuto sadico, non
c’erano altre
spiegazioni perché all’improvviso sentì
la voce di Ino che urlava e una botta
che scosse il corpo di Itachi.
Istintivamente aprì gli occhi e lasciò la presa
dal suo
collo, vedendo la ragazza praticamente spalmata contro la schiena del suo fidanzato, quello che stava per
baciarlo prima che Ino decidesse che aveva respirato fin troppa aria
senza di
lei. Gaara, sprovvisto del suo punto di appoggio, non riuscì
a rimanere a
galla e iniziò a bere pur sbattendo freneticamente i piedi,
almeno finché Itachi
non lo afferrò per un braccio.
“Gaara… ma per caso non sai nuotare?”
Chiese Ino con la voce e l’espressione più
innocenti del
mondo a cui il ragazzo non credette nemmeno per un attimo.
“Già” borbottò tra un colpo
di tosse e l’altro, mentre
Itachi, che si era scrollato di dosso quell’inopportuno
ospite non invitato, lo
conduceva dove toccava.
“Io esco” aggiunse il ragazzo dai capelli rossi
dato che il
bagno aveva perso ogni attrattiva per lui.
“Ti accompagno” aggiunse immediatamente Itachi, ma da
lontano si
sentivano le voci di Sasuke e Naruto che lo chiamavano.
“No, va’ da loro, io torno a finire il
castello.”
“Gaara…” sospirò Itachi, ma
lo lasciò andare osservando i
suoi capelli incollati al cranio e le spalle candide con un accenno di
rossore lievemente
ingobbite, se avesse avuto una coda gliel’avrebbe vista
nascosta tra le gambe,
ne era certo. Gli dispiaceva vederlo così, soprattutto
perché la colpa era sua
e della sua codardia, perché ancora non aveva trovato il
coraggio di dire al
mondo che lo amava. “Mettiti sotto l’ombrellone,
sei stato troppo al sole” gli urlò
dietro, ma l’altro non fece cenno di averlo udito.
Era sera e Gaara era steso a faccia in giù sul letto, con
l’espressione corrucciata e sofferente. Gli amici a
quell’ora lo stavano
sicuramente aspettando nella hall dell’albergo per andare a
cena, ma lui
all’idea di mettersi una maglia avrebbe preferito ingoiare un
riccio di mare
vivo o passare una giornata intera con Sasuke – giusto per
rendere l’idea.
Odiava l’estate, odiava l’afa, gli schiamazzi della
gente
sotto la finestra, la musica di qualche locale che risuonava persino
nella
stanza, il mare, l’anguria e qualsiasi altra cosa.
Sentì la porta della stanza aprirsi e vide Itachi entrare
con qualcosa in mano.
“Ho preso una crema che dovrebbe aiutarti con quella
scottatura – disse sedendosi al suo fianco e armeggiando col
tubetto,
evidentemente contrariato – ti avevo detto che eri stato
troppo al sole. Guarda
qua che ti sei combinato, hai tutte le spalle bruciate.”
“E che dovevo fare? Annoiarmi sotto
l’ombrellone?” ribatté
piccato, stringendo i denti perché, nonostante il tocco
delicato, il fidanzato
gli stava facendo un po’ male.
“No, magari rimetterti la crema o venire assieme a noi. Sei
stato per i fatti tuoi tutto il pomeriggio.”
“Me la sono messa, ma sai
com’è… nessuna faceva la fila per
spalmarmela sulla schiena” replicò, più
acido di quanto avesse inteso. Non
aggiunse nulla sulla solitudine auto-imposta, perché
l’aveva preferita ad una
sicura gastrite.
Non erano solo Ino e Sakura il problema, loro non sapevano
che l'Uchiha era fidanzato nonché gay e, giustamente,
cercavano di colpirlo ad ogni modo, proprio come tutte le altre ragazze
della spiaggia che
se lo mangiavano con gli occhi. Durante la giornata più di
una lo aveva fermato
per lasciargli il suo numero o tentare di attaccare bottone.
Sentì Itachi sospirare e continuare a lenire con cura e
delicatezza la sua pelle scottata.
“Mi spiace, è colpa mia.”
Gaara si morse la lingua perché sapeva che sarebbero
arrivati di nuovo a quel punto, ultimamente sembrava che ogni loro
discussione
alla fine convergesse a quella conclusione. Non pretendeva che Itachi
sbandierasse pubblicamente il suo amore, ma gli sarebbe bastato che
fosse stato
un po’ meno amichevole con le ragazze, giusto appena appena
di meno. Ma forse
così non sarebbe stato l’Itachi che conosceva e
non voleva nemmeno quello; in
sostanza era una situazione difficile.
“Lascia stare, non è vero” gli disse
soltanto. Stava già
male per la scottatura, non voleva anche litigare o fargli pesare di
essere ciò
che era, in fondo si era innamorato anche del suo lato gentile nascosto
sotto
un’apparente freddezza. Ormai era chiaro: Gaara era ben
più che in odore di
santità, si poteva sentire chiaramente aleggiare
nell’aria assieme al profumo
della crema doposole.
Itachi non replicò, ma appoggiò la fronte contro
la sua
nuca, inspirando l’odore di shampoo e di mare che si era
impresso su quei
capelli rossi che tanto gli piacevano. Vi passò le dita in
mezzo mentre gli
baciava la pelle tenera dietro un orecchio, scendendo poi verso il
collo e lo
sentì trattenere il respiro un istante.
“Oggi in acqua ti avrei baciato e non me ne sarei pentito
affatto.”
“Itachi…” mormorò Gaara con
la voce improvvisamente più
affannata. Era sempre la solita storia: l’altro sapeva bene
cosa dirgli per
farlo sciogliere e lui non si sottrasse alle sue carezze. Non
protestò quando i
suoi pantaloni scivolarono e volarono a terra. Non disse niente quando
anche i
boxer fecero la stessa fine, non ebbe nemmeno nulla da ridire quando si
sentì
afferrare l’erezione da delle esperte dita fresche.
Fu però con la stessa violenza di un colpo
d’artiglieria che
sentirono bussare alla porta, interrompendo il momento che i due amanti
avevano
reclamato per loro.
“Ignoralo” disse Itachi, intento a leccargli un
capezzolo.
“Ma…” cercò di protestare
Gaara.
I colpi però non cessarono, bensì si sentirono
anche le voci
di Ino e Sakura chiamarlo e a quel punto l’Uchiha si
sollevò coi capelli
sciolti che coprivano le spalle, lo sguardo affilato e solo i boxer a
coprirlo.
Fissò un attimo la porta e poi Gaara, nudo, sotto di
sé, con le gambe già
divaricate, pronto ad accoglierlo.
“Non ti muovere, torno subito” gli disse scendendo
dal letto
così com’era.
“Itachi, ma cosa vuoi fare? Itachi!”
Gaara lo chiamò, ma l’altro si
allontanò uscendo dal suo
campo visivo. Sentì la porta aprirsi e le voci squillanti
delle ragazze
spegnersi improvvisamente, nemmeno gli avessero tolto le batterie.
In fondo un Itachi palesemente irritato e con un’erezione in
bella vista era uno spettacolo in grado di far asciugare anche le
bocche più
ciarliere.
“Itachi, noi…”
“Sai, la cena…” balbettarono le due.
“Non me ne frega un cazzo della cena, vorrei solo riuscire a
fare sesso col mio fidanzato.”
Gaara sentì la sua voce falsamente cordiale e ne ebbe paura,
sperò che le ragazze filassero via senza insistere. Un altro
dei grossi difetti
del suo fidanzato era che quando si arrabbiava non capiva
più niente e tanti
saluti ai modi educati e cordiali. Lo aveva visto così solo
una volta, quando
dei cretini avevano rivolto insulti omofobi a Sasuke e Naruto. Itachi,
furente,
non ci aveva pensato due volte e, solo parlando, li aveva fatti andare
via
vergognosi e con la coda tra le gambe, Sasuke aveva borbottato che non
ce ne
era stato bisogno, ma in realtà lo guardava come un dio. E
poi ci si doveva
stupire del suo complesso e della gelosia smodata verso il fratello
maggiore?
Le preghiere di Gaara quella sera non vennero ascoltate dal
pessimo sceneggiatore che scriveva le pagine della sua vita,
perché sentì Ino
dire:
“F-fidanzato? Questa… è la camera di
Gaara.”
“Esatto, il mio fidanzato, stiamo insieme da un anno e se
non ho detto niente è perché ci tengo alla mia
privacy, ma ormai è andata e
quindi, se permettete, adesso torno a succhiargli il cazzo.”
La porta sbatté e Itachi tornò sul letto,
mettendosi a
cavalcioni su Gaara che sospirò:
“Sei terribile quando ti arrabbi… sicuro che non
te ne
pentirai?”
L’Uchiha gli sorrise, dimentico della furia di poco prima, e
poggiò le mani ai lati della sua testa, chinandosi su di lui:
“Sì, mi pento di non averlo fatto prima. Ho fatto
uno
sbaglio.”
Gaara sgranò gli occhi, sorpreso, ma non ebbe tempo di
formulare una risposta perché l’altro aggiunse
“Non temere, è la prima e unica
volta che accade, io non sbaglio mai.”
“Quasi mai” sottolineò Gaara.
Itachi tentennò un attimo, ma poi rispose:
“Quasi mai – concesse – e ora voglio
mantenere quanto ho
detto, non sono un bugiardo.”
Gli baciò le labbra prima di portare la sua bocca
più in
basso, ben deciso a mantenere fede alla sua parola.
Gaara sollevò appena il busto per osservare le ciocche
di capelli scuri spargersi sulla schiena, su quelle spalle chiare
affatto intaccate dalla
giornata in spiaggia. Confusamente, preso dal piacere e dalla
felicità, si
ritrovò a pensare che era felice di essere andato in vacanza
al mare anche se
odiava l’estate, l’afa, la gente che ballava e
schiamazzava per strada,
l’anguria e un milione di altre cose. Era felice
perché aveva davvero risolto
un mistero: gli Uchiha non si scottavano al sole, ma tutto quel sole
gli dava alla testa facendogli fare cose inaspettate, come ammettere
davanti al
mondo di amare il proprio fidanzato.
L'angolino
oscuro: Salve, ogni tanto ritorno, un po' come l'herpes.
Stavolta grazie a una divertente challenge estiva, a cui non sono
proprio riuscita a dire di no: appena ho letto il titolo ho subito
immaginato un Itachi non scottato e Gaara invece sì e questo
è il risultato. E' una robina semplice, senza molte pretese,
ammetto che però mi ha dato un po' di filo da torcere
perché il fluff e l'ironia fanno un po' a cazzotti col mio
animo votato all'angst e al dramma XD
Spero comunque che vi sia piaciuto e che anche voi possiate amare
Itachi e Gaara come coppia almeno quanto me, io li adoro follemente *.*
Non l'ho specificato nella storia, ma i protagonisti sono ventenni e
non ragazzini, ma spero si sia intuito, se così non
è shame on me!
Odio gli stereotipi yaoi in generale e soprattutto quello in cui le
donne vengono dipinte come grandi amiche della coppia o come nemici,
senza alcuna via di mezzo. Tuttavia in questa storia ho dipinto Sakura
e Ino con un po' di leggerezza, ma trovo che siano giustificate: in
fondo cercavano solo di conquistare Itachi, ignorando che fosse
fidanzato e soprattutto gay, inoltre il contesto della storia
è abbastanza ironico, vacanziero e leggero che trovo che i
loro atteggiamenti non stonino, né risultino sgradevoli. I
personaggi mi sembrano abbastanza IC nonostante l'AU e io mi sento
abbastanza soddisfatta di questa storia che mi ha fatto sorridere e
anche un po' dannare mentre scrivevo. Oltre al gruppo fb per aver
indetto la challenge, ringrazio anche la mia onnipresente zucchetta
felice che mi dà sempre un sacco di carica e mi sprona e
Latte e i suoi derivati che mi hanno fatto da colonna sonora mentre
scrivevo... e poi vi stupite del risultato, eh? XD
Se vi va lasciatemi un commento per farmi sapere che ne pensate, anche
se non vi piace, sono apertissima alle critiche e alle discussioni
*nasconde il coltello* no, sul serio, un commento di qualsiasi genere
fa sempre piacere!
Detto ciò mi dileguo, ma ci rivedremo prestissimo, anche
prima di quanto possiate immaginare, ho una long in cantiere
muahahah