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Autore: Minako_86    15/06/2009    5 recensioni
{ Storia Incompiuta. Motivi Personali. }
Anja incontra Nick in ospedale e rimane stregata dalla forza, la determinazione che gli legge negli occhi. Nasce un'amicizia e poco a poco lei entra a far parte del "mondo Jonas". Del mondo di UN Jonas in particolare, lasciando un'impronta indelebile.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Per la serie "A volte ritornano!"... No, non ci eravamo scordate di questa fic, per quanto siano calati i commenti agli ultimi capitoli. (All'ultimo solo 4... *piangono*)

 

Daaaai, non abbandonateci così!x3 Dalle letture si vede che siete tante!*prende Joe e lo schiera davanti a con faccino cuccioloso applicato*

 

Bene, ora ringrazio le 4 fedelissime e poi vi lascio al capitolo scritto dalla socia, questa volta!x3

 

Jeeeeee: Come puoi vedere, continuiamo!x3 E se lo scorso capitolo era dolce, aspetta di vedere questo!*ridacchia*

 

Lyan: Eh beh, Anja ha una solida tradizione alle spalle, non poteva non essere capace di pattinare! Mentre Kev... Povero caro!x3 E' colpa della 2, è lei che mi costringe a torturarlo!*addita*

 

Selphie: Bacio? Chissà... *risata malvagia* Leggi e vedrai, mia cara.x3

 

Dulcis in fundo, la nostra 3: Come sempre un signor commento!<3 Limon-Joe mancava anche a me, lo ammetto! Ma torna, torna e... sai che su una cosa ci hai anche azzeccato?xD Leggi, leggi e vedrai... *lovva*

 

Eccoci, già finito.x3 Vi lasciamo al capitolo, sperando che la prossima volta ci diate da fare un po' di più!

 

Minako

 

 

- Capitolo Quattordici -

 

 

 

Winds of change are coming through.

Ever since I looked at you,

I knew, there and then,

that I’d be lost in your storm...

We were meant to come together

like a raging hurricane.

Can you feel the force

of love about to explode?

(I Pooh, Hurricane)

 

 

- Beh.. -  Mormorò Kevin, decisamente a disagio, ma ansioso di spezzare, in qualche modo, la tensione che era venuta a crearsi. - Forse dovremmo.. -

 

- ...entrare, sì -  Completò Anja per lui con una risatina soffocata.

 

Silenzio.

 

- Ecco, forse se tu.. -

 

- Eh? -  Domandò lei, per poi rendersi conto di ciò che lui intendeva con quella frase a metà. Non doveva risultargli poi così facile, in effetti, aprire la porta di casa con lei davanti. Vicina. Molto vicina. - Sì, ora mi... ora mi sposto -  Esalò, facendo per scivolare di lato, ma trovandosi, senza sapere esattamente come, ancora più vicina a lui.

 

- Mi sa che così non andiamo da nessuna parte, sai? -  Ironizzò Kevin, posandole le mani sulle spalle come per indirizzarla nella direzione giusta, ma soffermandosi appena un attimo di troppo.

 

- Anja, ascolta.. -

 

Forza.

Era una vera e propria corrente di forza, quella che Anja sentiva scorrere tra di loro, qualcosa a cui non si sentiva in grado di dare un nome... qualcosa che assomigliava in modo inquietante al vento che precede un uragano o una tempesta di qualsivoglia genere.

Energia, appunto.

Energia che non l’abbandonava, che non si allontanava da lei un istante, quasi spingendola verso di lui.

Più vicina, sempre di più, senza possibilità di tornare indietro.

Senza voce in capitolo.

 

- Allora non mi prendevano in giro, siete davvero quella famiglia Jonas! -  Strillò all’improvviso un’acuta voce femminile alle loro spalle, costringendo entrambi a voltarsi.

 

 Stupore sul volto di Anja.

Solo seccatura su quello di Kevin.

Alla giovane sembrò quasi di sentire distintamente la tensione precedentemente creatasi sciogliersi, scomparendo in una bolla di sapone e lasciando qualcosa di spaventosamente simile ad un vuoto proprio al centro esatto del suo cuore.

Il vuoto di un’aspettativa delusa che nemmeno lei sapeva di nutrire.

Un vuoto che la fece sentire leggera, ma in maniera tutt’altro che positiva.

Per Kevin, invece, almeno agli occhi di Anja, quel diversivo doveva essere stato un bel sollievo, considerato che tutta la sua attenzione era già rivolta alla ragazza che aveva parlato.

Mai ipotesi fu più sbagliata.

Perché per lui l’uragano aveva solo cambiato forma, trasformandosi in rabbia e delusione cocenti.

 

- Sì, siamo proprio quella famiglia Jonas -  Replicò con un sorriso tirato. - E tu sei...? -

 

- Diana Moore -  Rispose lei, sicura. Kevin, però, inarcò un sopracciglio con aria interrogativa e la giovane si sentì in dovere di aggiungere qualcosa che potesse chiarire la sua posizione. - La... ragazza della pizza -

 

Ovvio.

Gli scatoloni bianchi e piatti che portava in mano avrebbero dovuto risultargli in qualche modo illuminanti... peccato che la sua mente fosse rimasta bloccata altrove.

Irrimediabilmente persa nei grandi occhi verdi di Anja, ad esempio.

Ci era andato così vicino...

Ma no, non poteva mostrarsi deluso, non poteva dare ad intendere a quella fattorina che aveva involontariamente buttato alle ortiche la sua prima e forse ultima possibilità di starle così vicino, di baciarla, forse...

 

No.

Sorriso, Kevin.

Sorriso e buona volontà.

 

- Beh, Diana ragazza della pizza, penso proprio che tu possa lasciare a me. Quanto ti devo? -

 

- Trenta. Oh, ehm... Kevin? Non è che puoi, magari…-

Lui sorrise, incoraggiante, ed afferrò la penna ed il foglio che Diana gli stava porgendo, mentre

 

Anja li osservava, non ben decisa se essere infastidita o divertita.

Uno scontrino.

Chissà quanti altri strani oggetti gli era capitato di dover firmare... il lato monotono della celebrità.

 

Monotono e profondamente noioso, capace di rovinare i momenti migliori.

 

- Puoi suonare il campanello? -  Domandò Kevin, dopo che Diana, tutta contenta, fu ripartita in sella al suo motorino bianco. - Non ho preso le chiavi quando siamo usciti -

 

Anja annuì, vagamente delusa; da brava sciocca aveva davvero creduto di poter restare ancora un po’sola con lui, senza rendersi conto, altrettanto ingenuamente che, se solo glielo avesse chiesto, Kevin non avrebbe esitato un solo istante a posare le pizze a terra e riprendere tutto da dove avevano lasciato.

 

Ma oramai l’uragano era passato e sarebbe toccato loro aspettare.

Sfortunatamente, per unire il danno alla beffa, ad aprire la porta fu Joe.

E a Kevin salì il nervoso solo a vedere la sua faccia da schiaffi tirata in un sorriso soddisfatto.

 

- Oh guarda un po’chi c’è, i piccioncini che tornano al nido. La ragazza della pizza ha interrotto qualcosa di vitale? -

 

- Fammi un piacere, anzi, fallo all’umanità, tieniti per te le battutine da bambino idiota. E porta le pizze in tavola -  Rispose brusco il maggiore, passandogli di malagrazia gli scatoloni ed entrando in casa a passo di marcia.

 

- E tu non sai parlare? -  Domandò Joe, fermando con il proprio corpo Anja, che aveva fatto per entrare appena dietro a Kevin, senza aggiungere nulla a ciò che aveva detto lui.

 

- Sì -  Replicò. - Ma è meglio per te che non lo faccia -

 

 

Don’t talk of stars burning above..

If you’re in love, show me.

Sing me no song,

read me no rhyme,

don’t waste my time, show me!

(Julie Andrews, Show me)

 

 

- Come mai in piedi a quest’ora? -

Al sentire la voce di Kevin uscire, inaspettatamente, dal soggiorno buio, Anja sobbalzò, rischiando di far cadere il cellulare che aveva usato come torcia per arrivare fin lì.

 

- Potrei farti la stessa domanda -  Replicò la giovane, il cuore ancora in gola, voltandosi verso quell’ombra alta e sottile che appena qualche secondo prima non aveva assolutamente notato.

Kevin si strinse nelle spalle.

 

- Non riesco a stare seduto... né sdraiato. Puoi accendere la luce, sai? -

 

- Non volevo svegliare nessuno. E poi anche tu sei al buio -

 

Senza nemmeno lasciarle finire la frase, il ragazzo premette un interruttore e tre coppie di faretti illuminarono il soggiorno di una delicatissima luce soffusa.

 

- Ora non più -

 

Anja sorrise, avvicinandosi a lui che, appoggiato alla parete, sorseggiava piano una tazza di quello che doveva essere tè.

Per un po’ fu silenzio.

Anja girellò un paio di volte per il soggiorno, guardando con attenzione ogni soprammobile ed ogni fotografia appoggiati sulla mensola sopra al caminetto.

Un rinoceronte di porcellana Thun, un piccolo uovo d’ambra che sua madre stessa aveva portato per ringraziare Denise dell’ospitalità, una foto di un piccolo Kevin impegnato a suonare una chitarra altrettanto piccola e una di Joe, Nick e Frankie, un po’più recente, abbracciati ad Elvis, che leccava amichevolmente il viso del più vecchio dei tre.

Era bella quella foto... e Joe non sembrava acido come una fetta di limone acerbo.

E poi altre, dei ragazzi, di Denise e Kevin senior, di una coppia anziana che Anja immaginò essere i nonni e...

 

- Non mi hai risposto -  Fece notare Kevin che, fino a quel momento, l’aveva osservata in silenzio.

 

- Cosa...? -

 

- Non mi hai detto che ci fai qui in piena notte -

 

- Oh... non riuscivo a dormire -  Rispose lei, arrossendo lievemente.

 

- Questo mi sembrava chiaro... la mia domanda era perché non riesci a dormire. A che pensi? -

 

- E a te che importa? -  Chiese lei, sulla difensiva.

 

- A me nulla, era solo per fare conversazione -

 

La ragazza annuì, sospirando in modo quasi inudibile.

Dirglielo non le avrebbe fatto male di certo, no?

 

- Pensavo... a te -

 

- A me? -

 

Quasi le venne da ridere al notare l’espressione di pura sorpresa dipinta sul volto di lui.

Tuttavia, si trattenne e si limitò ad annuire.

 

- A te. Perché non ti capisco proprio -

 

- Non... mi capisci? -

 

Sempre più confuso.

 

- Sì, cioè... non so come spiegarlo... tu fai tutto questo per me e io non so perché, non so cosa ti spinga a farlo -  Pausa. Respiro. - E non so se voglio saperlo -

 

- Ehm... beh, voglio che tu sia felice, perché.. -

 

- No -

 

- No cosa? -

 

- Ho detto che non riuscivo a dormire perché stavo pensando a questo, non che voglio che tu mi spieghi -

 

- Ma se ti spiego poi dormi e.. -

Anja agitò una mano in aria, come a dirgli di tacere, di non gettare parole al vento.

 

- Non voglio dormire, non mi interessa e non mi serve. E non voglio capire, se l’unico modo che hai di spiegare sono le parole. Vedi tu sei... una persona stupenda, ne sono fermamente convinta, per quanto me ne sia accorta solo oggi pomeriggio, però parli decisamente troppo per me. Io e le parole non siamo grandi amici e non mi va di stare ad ascoltare tutto quello che hai da dire. Preferisco vivere, accidenti! -  Il discorso, cominciato con un tono di voce del tutto normale, finì per essere sibilato in modo decisamente nervoso.

 

- Co...come? -  Kevin la guardò, smarrito, senza capacitarsi di quell’improvviso cambiamento d’umore.

 

- Hai capito benissimo, Kevin. Tu stai cercando di dirmi qualcosa che io non riesco a capire e questo mi manda in bestia, perché io non ho il tempo materiale per stare qui a sciogliere i tuoi enigmi. Tutti quelli che conosco mi ricoprono di parole e tre quarti di queste sono parole che non vorrei sentire mai. Quel che resta sono termini medici che non capisco e che continuerò a non capire, per quanto me le ripeteranno ancora mille volte, perché il mio cervello si rifiuta di ricordare il loro significato. Io di parole non ne voglio più, Kevin... non da te che stai facendo così tanto per rendermi felice -

 

- Vuoi che non parli più con te? -  Domandò il giovane, perplesso, appoggiando la tazza sul tavolino di cristallo al centro del soggiorno.

 

- No, voglio solo che tu mi faccia vedere quello che vuoi comunicarmi. Mostramelo, qualunque cosa sia, perché io davvero, così non ti capisco... e non voglio sentirti parlare, perché magari allora sì che capirei, ma non sarebbe... non sarebbe ciò che voglio -

 

Kevin annuì piano, facendole cenno di avvicinarsi e lei eseguì, non più diffidente, per quanto i pensieri di lui restassero un mistero per lei.

 

- Ascolta, io non vorrei averti offeso... voglio dire, io adoro sentirti parlare, però.. -

 

- Non eri tu quella stufa di parole? -  Domandò Kevin, senza ascoltarla, facendo scivolare lentamente le mani lungo le sue braccia in una carezza che la fece rabbrividire dalla testa ai piedi in un modo totalmente diverso da quello in cui lo facevano paura e freddo.

Un modo mai sperimentato.

 

- Sì, ma.. -

 

- E allora stai zitta -  Mormorò lui, chinandosi su di lei e socchiudendo lentamente gli occhi.

 

Fu un contatto lieve, appena accennato e timoroso, quel loro primo bacio.

Le labbra di Kevin sfiorarono le sue solo per un istante, prima che lui si ritraesse, impaurito dalla visibile fragilità di lei, timoroso di nuocerle in qualunque modo, per quanto tutti i suoi sensi gridassero a gran voce di non allontanarsi, di non lasciarla andare.

Di baciarla ancora e ancora e ancora.

 

 

Caught in a storm of love and it’s no illusion...

It’s got me hypnotized and it won’t let go.

It’s getting closer

and I can’t hold on:

here comes the cyclone

and it’s much too strong...

(I Pooh, Hurricane)

 

 

- Che... Perché? -  Domandò Anja, perplessa, in corpo ancora bruciante il brivido di quel contatto.

 

- Perché mi hai chiesto di spiegarti... di farti vedere e io l’ho fatto -

La ragazza scosse il capo, tornando ad avvicinarsi a lui e bloccandolo contro la parete.

 

- No, intendevo dire... perché sei scappato così? -

 

Non attese una risposta.

Pochi attimi dopo la sua mano destra era già affondata nei riccioli scuri di lui e le loro labbra nuovamente premute le une contro le altre, impegnate in una sorta di danza che di musica non aveva alcun bisogno.

Quello era davvero speciale, quello era il bacio che intendeva lei, di cui aveva scritto nella sua lista.

Così tanto, tanto diverso da quello dato in discoteca ad uno sconosciuto che non aveva mai visto prima.

Coinvolgente senza bisogno di droghe.

 

Lentamente, anche Kevin passò una mano tra i capelli di lei, fermandosi a districare un nodo formatosi tra i boccoli corvini, e lasciò che un sospiro sfuggisse alle sue labbra appena dischiuse, facendo piegare la bocca di Anja in un impercettibile sorriso.

Non si era reso conto di quanto avesse desiderato quel bacio fino a quel momento, quando poteva sentire chiaramente il suo profumo assonnato e la pressione delicata del corpo minuto di lei contro il proprio.

 

Si sentiva un gigante in confronto a quella ragazza quasi invisibile, aveva paura di poterle fare male anche solo sfiorandola, ma una forza tanto simile a quella che era intercorsa tra loro poche ore prima, sul pianerottolo dell’ingresso di casa sua gli impediva di allontanarsi anche di un solo millimetro e, anzi, lo costringeva a stringerla a sé sempre un po’di più, un po’di più ancora.

Quando, però, la sua lingua le accarezzò piano il contorno delle labbra, Anja si allontanò un poco, rompendo il contatto e ridacchiando sommessamente.

Kevin inarcò un sopracciglio, circondandole mollemente la vita con le braccia.

 

- Che c’è? Sono profondamente comico e non lo sapevo? -  Scherzò, mentre Anja nascondeva il volto nell’incavo della sua spalla sinistra.

 

- No, no, è che io non l’ho... cioè, ho dato un solo bacio ed ero leggermente... assente, diciamo, quindi.. -

 

- Capisco.. -  Replicò lui, sfiorandole i capelli con le labbra. - Beh, tutto si impara, no? Ci riproviamo? -

 

La ragazza sollevò il capo, il viso decisamente arrossato e per questo, pensò lui, ancora più bello, ed annuì appena.

 

- Vieni qui.. -  Mormorò lui, tornando a chinarsi, ma interrompendo subito il movimento a causa del sonoro sbattere della porta che portava al piano di sopra.

 

- Ops... guarda un po’, le colombelle nel nido d’amore... mi spiace avervi interrotti. Di nuovo -

 

- Joey.. -  Mormorò Kevin, abbassando lo sguardo sul pavimento, le gote improvvisamente rosse. - Io stavo solo.. -

 

- Cercando qualcosa che ti è caduto? Prova fuori dalla sua bocca, magari ti riesce meglio di trovarlo -

 

- Smettila -  Sibilò Anja, stringendosi forte nell’abbraccio di Kevin.

 

- Oh, miss moribonda ha ritrovato la lingua! Pensavo te l’avesse mangiata Kevin -

 

- Ti dispiacerebbe farti gli affari tuoi una volta tanto? -  Replicò lei a tono, stupendo persino se stessa.

 

Joe si strinse nelle spalle con un sorriso sghembo.

 

- Sono sceso solo a prendere un bicchier d’acqua, principessa, non ti scaldare. In quanto a farmi gli affari miei, non è certo colpa mia se mio fratello ha tendenze necrofile, ma lasciami almeno il gusto di prenderlo un po’in giro -

 

Detto questo, Joe sparì oltre la porta della cucina e Kevin fece per seguirlo, ma Anja lo trattenne per un polso, scuotendo lievemente il capo.

 

- Non vuole che tu ti faccia del male -  Spiegò a mezza voce.

 

- Strano modo di dimostrarlo... e darti del cadavere di certo non mi aiuta a comprenderlo -

 

- Ha dei modi non esattamente convenzionali per esprimerlo, ma ti vuole bene e non.. -

 

- Ma io ne voglio a te. E lui, che lo voglia o meno, deve imparare a rispettare questa cosa -

 

 

Pronto, buon giorno, è la sveglia!

Ma di muoversi manca la voglia...

Colazione per modo di dire.

Tutto in fretta, bisogna partire!

(i Pooh, Pronto, buon giorno, è la sveglia)

 

 

Rachel allungò un braccio lateralmente per spegnere la sveglia che trillava instancabilmente sul comodino, evitando miracolosamente, durante quell’operazione, di buttare a terra tutti gli altri oggetti presenti sul piccolo mobile.

Con un grugnito, fece per voltarsi dall’altra parte, ma poi qualcosa all’angolo del suo campo visivo la colpì, facendola scattare in piedi: era quel giorno!

In fretta e furia si fiondò in bagno e si preparò più velocemente di quanto non le fosse mai capitato in tutta la sua vita.

Fece colazione con un biscotto, due paia di schettini bianchi già pronti sulla sua spalla destra.

Faceva un freddo del diavolo, là fuori... forse avrebbe fatto meglio a prendere il giaccone pesante, considerato che al palaghiaccio la temperatura non doveva essere molto diversa.

 

Si sarebbero divertite.

E avrebbero spuntato un’altra voce da quella maledettissima lista.

Ne era più che sicura.

Più che sicura.

 

  
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