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Autore: NessunaDirezione    01/08/2017    0 recensioni
Un giovane spirito, Louis, vive malinconico nella sua casa abbandonata. Ma cosa succede quando Harry, un ragazzo di 22 anni, decide di andarci ad abitare?
Una dolce melodia li accompagna..
- Ogni diritto riservato
Genere: Fluff, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro,
non intendo dare rappresentazione veritiera dei caratteri dei protagonisti,
nè offendere la loro persona in alcun modo. -



 



Cap. 1 - Casa mia, casa tua.
 
 
Louis
 
Schiacciai ancora i tasti del pianoforte, ad occhi chiusi. Inspirai profondamente e lasciai che il suono mi avvolgesse completamente.
Mi succedeva sempre; la musica e le emozioni forti erano le uniche cose in grado di farmi provare i brividi e farmi sentire vivo. Ed era strano per me. Davvero strano.
Vagavo solo nella mia piccola ma adorata dimora da ormai due anni, dal giorno dell'incidente.
Avevo dei ricordi così vividi di quegli attimi, che a volte mi sembrava di poterli toccare e riviverli di nuovo, costantemente, davanti ai miei occhi. Ricordo la musica alta nelle orecchie, il mio fantasticare sul colore del cielo e lo stridio delle gomme. Oh, quel rumore mi faceva accapponare la pelle ogni volta che lo risentivo.
Riuscivo ancora a vedere il grosso SUV nero piombarmi addosso e rompermi le ossa. Sono cose che succedono talmente in fretta, che non si ha nemmeno il tempo di realizzare il tutto. Ma, fidatevi, in quei casi è un bene non rendersi conto. Il dolore fu immediato e così lancinante da togliermi il respiro.. Poi ecco arrivare il nero. Quel nero che sembra un terribile nemico all'inizio, ma che si rivela invece la più grande salvezza. Inghiotte tutto, te compreso. E se stai cercando disperatamente di uscirci, di tornare alla luce, subito ti risucchia, senza pietà. Semplicemente ti ci abbandoni, arreso.. Così sembra cullarti dolcemente, tra le sue gelide braccia. E in fondo stai bene.
Espirai rumorosamente.
Ero tornato, nel mio nuovo corpo evanescente e incredibilmente leggero, nella casa che avevo affittato da poco, vicino al bosco di betulle che tanto avevo amato i primi tempi. Era poco distante dal college che frequentavo, e la condividevo con il mio amico d'infanzia Zayn, anche lui studente come me.
Zayn era come un fratello.. Eravamo cresciuti insieme, i nostri genitori erano praticamente migliori amici da sempre. Conoscevo ogni sua singola paura, tutti i suoi sogni nel cassetto e le sue cotte adolescenziali. Il mio Zayn..
Era un tipo silenzioso ed introverso, decisamente il contrario di me. Forse è per questo che ci completavamo a vicenda così bene. Avrei solo voluto saperlo al mio fianco per sempre, a condividere insieme le nostre gioie e i nostri dolori. Sarebbe bastato questo per rendermi felice.
Zayn era stato il primo a cui avevo confessato di essere gay, ed era stato il primo a prendersi cazzotti per difendermi quando a scuola i bulli mi sfottevano. Okay, li aveva anche dati, ma riceverli è decisamente più doloroso.
Avrei dato la vita per lui, e so che lui avrebbe fatto lo stesso per me.
Dopo l'incidente, impotente lo guardai prendere le sue cose e lasciare per sempre la nostra casetta. Dio, quanto piangeva. Tremava come una foglia e continuava a singhiozzare, mentre i nostri genitori lo aiutavano a portar via tutte le nostre robe. Già.. Mamma e papà. Erano ridotti ad uno straccio anche loro, stringendosi a vicenda e cercando di farsi forza.
Mio padre morì un anno dopo, di crepacuore. Credo che non sia bastato l'amore della mamma a colmare il suo dolore..
Vederli così mi distrusse l'anima, l'unica cosa che ancora mi restava. Avrei voluto avvicinarmi ed abbracciarli tutti, stringerli nel mio abbraccio e sussurrare loro che li amavo. Che stavo bene.
Purtroppo nessuno poteva vedermi, riuscivo solo a far provare una sgradevole sensazione di freddo quando tentavo di toccare qualcuno, l'avevo sperimentato diverse volte. La cosa incredibile, invece, era che qualche oggetto, quando provavo delle emozioni forti, riuscivo a toccarlo e spostarlo. Ma dovevo concentrarmi, desiderarlo profondamente. Così, quel giorno, sfiorai la guancia umida di Zayn, che prontamente se la strofinò con il palmo della mano; accarezzai delicatamente le mani dei miei genitori, strette l'una nell'altra, e li lasciai andare, immobile, mentre le lacrime mi rigavano il viso.
Spesso andavo a trovarli; li spiavo durante le loro faccende quotidiane, persi nei loro pensieri. Mamma era dimagrita ancora, ma era sempre una guerriera, sebbene la sua corazza fosse visibilmente ammaccata in diversi punti. Zayn era diventato ancora più silenzioso, ma per fortuna aveva trovato una bellissima compagna, Emily, con cui condividere la sua vita ed alleviare il suo dolore. Quando sorrideva, di rimando faceva ridere anche me, mentre il cuore mi esplodeva dalla gioia nel vederlo sereno.
Mi mancava ridere.
Effettivamente mi mancavano diverse cose della mia vecchia vita, ma mi ero dovuto abituare ad essere invisibile agli occhi di tutti ma costantemente presente a me stesso. Non riuscivo a trovare la motivazione per la quale qualcuno lassù, avesse deciso di farmi rimanere sulla Terra, a vagare come un dannato. Era una sensazione terribile. Passai giornate e giornate a scervellarmi e maledire tutti, i primi tempi, poi pensai che forse la mia esistenza fosse destinata a prendere una strada diversa, speciale.

Un suono sordo interruppe le mie riflessioni.
Aprii gli occhi e mi alzai dallo sgabello. Il mio amato pianoforte, che suonavo da quando avevo 8 anni, e un vecchio materasso insieme ad altra cianfrusaglia, erano le uniche cose che mi rimanevano in casa.
Mi affacciai alla finestra, giusto in tempo per vedere l'agente immobiliare Kendall chiudere la portiera della sua lussuosa auto blu, sistemarsi goffamente la giacca, e avvicinarsi al piccolo cortile di casa mia.
"No, di nuovo.." dissi, scocciato.
L'agente Kendall era un uomo tarchiato, bassottello, con un orrendo riporto sulla testa e assolutamente senza scrupoli. Cercava da tempo di vendere (e svendere) in ogni modo possibile il mio appartamento, e aveva portato diversi clienti nell'ultimo anno. All'inizio però, pochi furono gli interessati, forse perché il fatto che ci avesse vissuto un ragazzo di 23 anni che poi era stato tragicamente investito, faceva rabbrividire. Potevo capirli. Nemmeno io l'avrei acquistata.
E comunque tanto meglio per me, non avevo altro posto in cui andare, e quella era stata da sempre casa mia. Non avrei permesso che mi toccassero il pianoforte, la mia ragione di vita, né tantomeno alcune cose di cui ormai mi ero riappropriato.
D'un tratto, dal lato del passeggero, la portiera di aprì. Uscì un ragazzo alto, con un bel fisico e dalla folta chioma mossa e mora. Rimasi un attimo senza parole, mentre questo si ravviava il ciuffo di capelli sulla testa e si guardava intorno. Aveva un volto angelico, e dopo pochi istanti, sembrò accennare un sorriso mentre osservava la casa da fuori.
Quando puntò lo sguardo in direzione della finestra della cameretta, in cui stavo io, d'istinto mi nascosi dietro la tenda. Poi, sbuffando, mi riaffacciai, sentendomi uno stupido, consapevole che tanto non avrebbe potuto vedermi.
Portava dei pantaloni skinny e un golf marrone, a cui aveva leggermente arrotolato le maniche. Si sfregò le mani, piene di anelli, e lo vidi parlare animatamente con Kendall. Quest'ultimo ogni tanto indicava alcuni angoli della casa, mentre il giovane annuiva, attento.
"Dannazione, questo mi sembra convinto.." Sussurrai, amareggiato.
I due si incamminarono verso la porta d'ingresso, sparendo dalla mia vista. Sentii la chiave nella toppa e trattenni il respiro, pronto a sentire le loro voci echeggiare nel salotto.


Harry

Salutai Kendall stringendogli la mano, poi salii sulla mia auto e ripartii, diretto al mio piccolo appartamento poco fuori città. La casa che mi aveva mostrato l'agente immobiliare era davvero graziosa, e soprattutto il prezzo che mi fece, era veramente conveniente, un'occasione da non perdere. Decisi che l'avrei comprata; i risparmi che mi ero faticosamente messo via da anni, li avrei spesi in qualcosa di utile, e una casa decisamente mi serviva ora. Poi la posizione era comoda per il college, in cui ero stato trasferito da poco come assistente del Prof. Grifth, docente di psicologia. Avevo terminato da poco gli studi e, all'età di 22 anni, potevo ritenermi fortunato ad aver avuto questo incarico. Stavo ancora imparando tante cose, ma il Prof. Grifth era sempre stato un ottimo insegnante, disponibile ad aiutare noi giovani dilettanti nel mestiere. La psicologia umana mi aveva sempre affascinato, ma grazie a lui ero davvero arrivato ad amare la materia.
Dopo qualche settimana e diversi contatti con Kendall, firmai il contratto per la casa. Quell'uomo mi sembrò un po' troppo entusiasta di vendermela, tant'è che mi venne qualche dubbio su una possibile fregatura nascosta. Certo, la casa era decisamente da risistemare e ammobiliare, ma era piccola e accogliente, l'ideale per me. Poi, dalla porta-finestra della cucina, si vedeva un magnifico boschetto di betulle, che al tramonto faceva passare i raggi attraverso i suoi tronchi, creando uno spettacolare gioco di luci ed ombre.
Così, da qualche giorno, cominciai a sistemare le stanze, pulendo e imbiancando le pareti scrostate in diversi punti. Nella camera da letto, stranamente più fredda delle altre, c'era un pianoforte nero bellissimo e incredibilmente ben tenuto; un giorno mi ci avvicinai e, sfiorando i tasti, mi sembrò di sentire una strana energia aleggiare intorno. Mi vennero i brividi, e mi allontanai. Ci avrei pensato in un altro momento a quel pianoforte, sicuramente l'avrei mantenuto in casa, magari spostandolo in un altra stanza.
A dire il vero, un po' in tutta la casa percepivo una strana energia..

Louis

L'avevo guardato toccare il mio pianoforte trattenendo il respiro, incredibilmente agitato. Non so come, ma avevo lasciato che quel ragazzo lo facesse, gliel'avevo permesso.. Ero rimasto semplicemente a guardarlo. E non era da me.
Harry, così avevo capito si chiamasse, con i pantaloni della tuta e una maglietta bianca sporca di vernice, sfiorò i tasti, osservandolo interessato. Era stato incredibilmente delicato, forse fu questo che mi bloccò. Era come se avesse avuto.. Rispetto. Rispetto per qualcosa che non era suo, che non lo era mai stato. Scrutava lo strumento con attenzione, con le sopracciglia aggrottate, in una tenera espressione di curiosità. Aveva i capelli legati in uno chignon, ed una fascia sulla testa teneva indietro alcuni ciuffi ribelli.
Alla fine l'aveva comprata. Quell'Harry aveva comprato casa mia. Avevo assistito alle pratiche e alle strette di mano con Kendall in salotto, stravaccato sulla cucina, ribattendo contrariato ad alcune affermazioni dell'agente.
"Oh, ti sta fregando amico.. Il lavandino del bagno è rotto invece. Io fossi in te controllerei.."
"Cooosa?! Ma davvero ti sta facendo credere che basterà un falegname per riparare quella porta?! Pfft, ridicolo Kendall.."
Ma nessuno dei due ovviamente poteva sentirmi, anche se ogni tanto avevo come l'impressione che Harry si guardasse intorno, alla ricerca di qualcosa. Quando posava i suoi occhi verdi su di me, ogni santissima volta mi mancava il fiato, rimanevo paralizzato come un imbecille, quasi fossi convinto riuscisse a vedermi.
Annoiato, mi ritrovai a poter suonare il pianoforte solo quando non era in casa a sistemare, e ad osservarlo mentre tinteggiava le stanze, incredibilmente tenero e goffo in alcuni suoi atteggiamenti. Un giorno si rovesciò mezza latta di vernice bianca addosso, mentre tentava di arrampicarsi su una scaletta. Mi piegai in due dalle risate, portandomi una mano alla bocca. Poi mi fece tenerezza, non appena lo vidi sbuffare e tentare di asciugare il casino. Quando urlò:
"Questo non è per niente divertente.. Uff." Mi bloccai pietrificato, pensando mi avesse sentito ridere. Poi però si risistemò e uscì dalla stanza a prendere alcuni attrezzi, completamente macchiato di vernice in volto.
Così avrei dovuto condividere casa mia con lui.. Okay, era l'inverso ora, ma dettagli.
A volte però, a guardarlo bene, non mi dispiaceva affatto questa cosa.
   
 
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