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Autore: Zomi    07/08/2017    3 recensioni
Vampiri, Zombie, un Tanuki goloso di marmellata, Spaventapasseri terrorizzati e... ah si, una Nāga!
Cos'altro può mancare ad Halloween?
Ma ovviamente un Cacciatore di Demoni e la sua Strega.
★Fanfiction partecipante al contest “Halloween Party – La Grande Zucca” di Fanwriter.it★
♥Prompt scelti ed ideati da Gibutistan♥
~Capitolo 7 partecipante alla Seconda edizione del "Halloween Haunted Run" indetto da Torre di Carta~
Raccolta basata su fatti e personaggi della One Shot "Storia di una notte senza luna (… e di un marchio fatto per sbaglio)"
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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★Numero Parole: 3761
★Prompt/Traccia: 1-Luna Rossa


 

 
5°capitolo: 1-Luna rossa


 
Rivolse un’ultima occhiata alla sfera rossa che illuminava la notte solcando i cieli.
Luna rossa.
Tonda e scarlatta, la luna si mostrava nella sua più paurosa veste, inondando di sfumature amaranto le lande danesi dove si trovavano.
Alla fine di un lungo tunnel fognario il vento soffiò sibilino e scarso, impaurito anche lui dalla luce che l’astro riversava sulla terra.
Nami scosse il capo distogliendo gli occhi dal cielo notturno, avvicinandosi a Zoro non appena Lafitte fece scattare la serratura del collare che gli aveva imposto di indossare.
Il cacciatore ringhiò contro il pallido individuo, ancor più enigmatico e doppiogiochista ai suoi occhi a causa della luce lunare.
-Non mi fido ancora- parlò roco a Nami, le sue candide mani ad accarezzargli il viso.
-Dobbiamo- si sporse a posare la fronte sulla sua, scivolando con le dita a circondargli la gola ora stretta dalla morsa fredda del collare.
-Ricorda…- gli accarezzò la poca nuca nuda con due dita -… solo lui e Doc Q sanno al strada per introdursi nel castello di Ser Kaido senza incorrere in pericoli- prese un respiro profondo, occhi chiusi e mente concentrata –Dobbiamo fidarci di loro se vogliamo salvare questa città dal flagello dei vampiri-
Zoro annuì, ma la morsa allo stomaco che lo attanagliava non gli concesse pace.
Sentiva, sentiva che sarebbe successo qualcosa.
Respirò profondamente stringendo le mai sui fianchi della sua strega, cercando conforto nelle sue carezze dolci e leggere.
La commessa per quell’incarico era arrivata a lui direttamente dai piani alti.
Mihawk l’aveva indicato come miglior Cacciatore per quel compito e lui non aveva potuto tirarsi indietro.
Dalla Polonia avevano viaggiato fin in Danimarca, dove erano rimasti nell’entroterra in quella città dimenticata da Dio ma ben voluta dal peggiore dei figli di Satana.
Vampiri.
Dilaniavano, saccheggiavano, usavano gli abitanti come giocattoli, sfamandosi di loro o contagiandoli con il loro morbo prima di ucciderli senza pietà lasciandoli in balia del sole  incatenati a qualche tomba, divertiti dal terrore che gli umani si tramandavano di giorno in giorno.
I morti non si contavano nemmeno più.
I contagiati venivano uccisi goliardicamente da chi li aveva creati, o dai aprenti stessi e se non sceglievano di perire si inginocchiavano al loro nuovo padre, entrando in quella numerosa e spaventosa famiglia che regnava su quelle lande scogliose senza necessitare alcuna corona.
Dovevano intervenire, e in fretta.
Perché se le scorribande goliardiche dei figli di Kaido erano il flagello peggiore per la cittadina nelle ore notturne, potevano ben presto diventare una vera e propria epidemia per il paese se non fermati  in tempo.
Solo i figli più giovani avevano la forza di cacciare e portare del cibo al Castello dove alloggiavano, seminando il terrore nella notte mentre oziavano nel buio della loro dimora nelle ore diurne, ma i più anziani non erano più in forze: troppo vecchi e logorati dal tempo, o troppo annoiati per cercare energie.
Ma la Luna Rossa concedeva loro un’occasione.
Una sola volta ogni dodici secoli, la Luna rossa solcava sui cieli danesi, regalando alla famiglia Kaido al gran completo nuova linfa vitale, che avrebbe reso di nuovo forti e vigorosi anche i membri più anziani per un’intera notte. Un’intera notte in cui avrebbero razziato la città in cui vivevano da secoli e quelle vicine, per poi espandersi nei mesi successivi in tutto il paese e dilaniarlo.
Una volta di nuovo pieni di energia, nessuno avrebbe potuto fermarli e una nuova alba di sangue sarebbe sorta sui Regni delle Sirene e sull’Europa intera.
Zoro era stato inviato lì per fermare tutto ciò, ma nonostante le sue abilità il compito non era stata comunque facile da svolgere.
Fermare i figli di Kaido era stato facile, ma il padre stesso?
Non poteva permettere che Kaido in persona sopravvivesse alla Luna Rossa, ed era da questo punto cruciale che era nata la loro collaborazione con Lafitte e il suo poco sobrio collega, Doc Q.
Erano due loschi individui che lavoravano nei livelli più bassi della società, inetti e inaffidabili, doppiogiochisti e inclini solo alla truffa, ma anche gli unici che erano stati in grado di entrare e uscire dal Castello di Kaido incolumi.
Un passaggio a livello, aveva assicurato Lafiette, attraverso le fogne e su per le segrete, fino al cuore pulsante della reggia, dove avrebbero potuto eliminare il problema alla radice, uccidendo Kaido nel dormi veglia del vespero, prima che uno dei suoi figli portasse la vittima sacrificale in pasto al Padre, segno d’apertura per festeggiare la Luna rossa.
Tutto facile, tutto semplice.
Entrare, sopraffare Kaido prima che concedesse l’inizio della fine, uscire.
Il tutto prima della notte fonda, in tempo per l’alba.
Si facile.
Peccato che Zoro non si fidasse di Lafitte, e che Lafitte non si fidasse di Zoro.
L’accordo era stato raggiunto con difficoltà e diffide: Nami sarebbe stata condotta all’interno del Castello dal mai troppo poco ubriaco Doc Q, che le avrebbe mostrato la strada, mentre Zoro avrebbe tenuto d’occhio Lafitte e le vie di fuga del castello le caso qualche vampiro avesse provato a scappare.
Non si fidava di lui, e non lo avrebbe mai lasciato entrare nel castello con Nami, ne l’avrebbe lasciato fuori con lei: da un corvo ti puoi aspettare solo che ti becchi in un occhio quando gli volti le spalle.
D’altra parte entrare lui nel castello con quell’individuo sarebbe stato poco saggio: si sarebbe perso, avrebbe fatto un gran baccano per natura e le possibilità che alcuni vampiri fuggissero aumentavano se si pensava che la magia di Nami avvertiva gli effetti della Luna Rossa.
No, sarebbe entrata lei, veloce e scaltra, silenziosa come un’ombra, avrebbe lanciato l’incantesimo per togliere l’immortalità a Kaido che tanto a lungo aveva cercato, tramutando in polvere quel suo corpo pluricentenario, mentre lui aspettava al varco i resti della famiglia di vampiri.
Un piano semplice.
Un piano semplice e ricolmo di dubbi.
-Dovrei andare io- sbottò secco Zoro, le mani di Nami a lasciargli un’ultima carezza sulla gola, attutita dal collare.
-Con questo- giocherellò con l’anello di ferro che gli cingeva il collo la strega –Non saresti molto più utile che qui-
Un nuovo basso e roco ringhio uscì dalle labbra del cacciatore, che dilaniò con lo sguardo al figura di Lafitte, sornione e rilassato contro un albero lungo il canale di scolo.
Anche lui non aveva lasciato nulla al caso.
Se doveva rimanere da solo con un feroce cacciatore di demoni all’estremità dell’unica uscita di un castello ricolmo di vampiri affamati e assetati di potere, non voleva di certo incombere in alcun pericolo.
Nel caso di una probabile carneficina di sanguisughe, non era suo desiderio entrar a far parte delle vittime mietute da Roronoa, e con quel collare si era assicurato ogni immunità da parete del cacciatore e delle sue armi: se avesse anche solo provato a ferire Lafitte, la morsa alla gola si sarebbe stretta fino a soffocarlo.
Medesima fine se non lo avesse protetto da qualche attacco a sorpresa del loro comune nemico: la morte del corvo significava la fine anche del cacciatore.
Non aveva avuto scelta Zoro, doveva difendere Lafitte se voleva salvarsi, doveva fidarsi di lui e del suo alticcio compare se voleva rivedere Nami uscire dalla gola profonda che conduceva nel castello e appropriarsi della chiave che lo avrebbe liberato da quella ghigliottina che gli abbelliva la gola.
Dove si fosse procurato quell’arnese, Zoro preferiva non saperlo.
-Merda- imprecò sentendosi la mente riempirsi di ogni singolo dettaglio negativo e fuori posto di quella missione.
Nami sorrise in un misto di falsa leggerezza e acidità di stomaco.
-Andrà tutto bene- gli accarezzò un’ultima volta il viso, allontanandosi con Doc Q lungo la fognatura.
-Tieni le orecchie aperte- urlò scomparendo nel buio fetido della galleria.
 
 
Storse il naso percependo lo stivale affondare nella melma soffice.
Con labbra arricciate a trattenere i conati di vomito, si appoggiò alla parete in ascesa verso l’alto, sollevando gli occhi alla cima della scala a chiocciola che stava percorrendo.
La traballante e possente figura di Doc Q la superava di qualche scalino, sovrastandola di appena una curva sopra la sua testa.
-Uh uh uh… per di qua!- strillò alticcio, lasciando che la sua sporca voce riecheggiasse nel baratro che stavano risalendo.
Nami sapeva che non sarebbe stata una passeggiata.
Lo aveva capito quando aveva perso l’equilibrio nella galleria fognaria la prima volta, ne aveva avuto conferma quando la viscosa patina umida di chissà che liquido umano le aveva fatto da pavimentazione anche nelle segrete rugiadose e buie del castello ma mai si sarebbe aspettata di averne ulteriore conferma anche nell’arrampicata verso la sala principale, dove Kaido riposava in attesa del picco di Luna Rossa.
Sembrava che ogni parete del castello fosse stata tinta di sangue e membra umane, e che le mura umide avessero assorbito quella patina maleodorante come sangue proprio, per poi rigettarlo fuori come vomito.
Staccò la mano dalla parete, assicurandosi che l’impronta fosse ben visibile sul muschio –oh quanto sperava che fosse muschio!- che si arrampicava sulla parete.
Prese un profondo respiro, inzaccherandosi le narici dell’acre odore di morte che la circondava, raccogliendo le forze e avanzando sulla rampa.
Gli effetti della Luna Rossa le gravavano addosso come il mantello che indossava, costringendola a incurvarsi sotto il loro peso e a concentrarsi più che mai per incanalare la sua magia.
Avanzò ancora, tre scalini fissi a distanziarla dall’oscillante accompagnatore che le faceva strada e che ogni tanto si dava forza sorseggiando dalla sua fiaschetta chissà che dolciastro liquore.
Ogni singolo passo le rimbombava nella mente, echeggiando e rimbalzando nella calotta fino a trovare una fessura e scivolarne fuori, venendo risucchiato nelle segrete del castello e poi giù, giù nella galleria fognaria per poi scivolare all’aperto, a respirare aria fresca e lontano dal vespaio di assassini in cui si stava inoltrando.
Avrebbe voluto avere Zoro con sé, non a proteggerla, ma ad assicurarle che sarebbe andato tutto bene, che era all’altezza del suo compito.
Aprì bocca per respirare piano, la pesantezza della Luna Rossa che le sussurrava all’orecchio parole melense e ammaliatrici che faticosamente allontanava da sé mentre posava l’ultimo passo oltre la cima della scala a chiocciola.
-Ci siamo quaaasi… hic!- cantilenò con un po’ troppa voce alta Doc Q traballando lungo il corridoio che si apriva dianzi a loro.
Nami lo seguì, le mani aggrappate alla parete bagnata a reggerla e segnare il suo cammino.
Il buio li aveva avvolti fin dal primo passo nella fogna, ma all’interno del castello sembrava essersi appesantito fino all’inverosimile.
La rozza e grossolana figura dell’alcolizzato non era più così chiara e nitida agli occhi della strega, che faticava a tenere il passo con lui, zoppicando a volte nel non venir lasciata indietro.
-Aspettami!- sibilò con un filo di voce stanca, ma il frusciare del suo stesso soprabito la sovrastò rendendo inudibile il suo ordine.
Maledì quel bastardo di un ubriacone e tutta la sua stirpe, augurandogli la gotta e l’esplosione del fegato.
Lo stava ancora dannando quando percepì la pavimentazione sotto i suoi piedi inclinarsi.
Si fermò respirando velocemente.
La parete l’aveva abbandonata da sette passi, e ora l’aria che la circondava era asciutta da ogni zaffata di odore umano. Sembrava che l’umida morte che l’aveva accompagnata fosse stata asciugata con avidità da qualcuno, lasciandola sola e priva di calore.
Si strinse nelle spalle, il capo infossato nel cappuccio del mantello, i piedi ben impiantati a terra in quello che le sembrava la bocca di un imbuto su cui era al margine estremo più lontano dal collo ristretto.
Lo sapeva, sapeva che era entrata nel piatto dei vampiri, quella porzione di pavimentazione speciale in cui quelle bestie immonde ingurgitavano sangue, e al cui centro un piccolo pertugio, circondato dalla pavimentazione inclinata, permetteva lo scolo dei resti dei pranzi di uscire dalla sala dei banchetti senza troppe difficoltà.
Lo sapeva Nami, ma avrebbe preferito ignorarlo.
Deglutì, cercando la presenza di Doc Q ma non si stupì di non sentirlo né zampettare davanti a sé, né canticchiare come aveva fatto nella galleria o durante l’intero cammino.
Prese un ultimo respiro, beandosi illusoriamente dell’aria fresca di cui ora poteva godere.
-Che ne dici?- alzò la voce stringendo le mani ai bordi del mantello –Basta con i giochetti Doc Q?-
Un solo passo si mosse dietro di lei, più sicuro e pesante di quelli che l’avevano guidata fin lì.
-Lafitte lo diceva che eri sveglia-
Nessuna inclinazione, nessuna vocale strascicata o nota stonata.
Sembrava che il suo alticcio accompagnatore fosse sobrio per una volta, e stranamente Nami rise di ciò.
-A tuo contrario- lo derise, chiudendo con maggior forza il mantello sul petto, oppresso e doloroso per gli effetti della Luna Rossa.
Dio, quando la odiava!
-Libera di pensarlo…- le frusciò accanto veloce, nel medesimo lampo in cui la sala si illuminò di candele rivelando gli innumerevoli vampiri arrampicati in ogni dove lungo le pareti e oltre il suntuoso trono che ornava su un lato il salone.
-… ma non sono certo io che diverrò la portata del giorno-
Nami sollevò appena il capo ad incontrare gli occhi scarlatti di Doc Q, rossi come quelli che la fissavano affamati e vogliosi di dilaniarle il corpo dissetandosi del suo sangue.
-Lo sospettavo- ammise osservandolo arretrare in agili saltelli all’indietro fino ad affiancare il torno della sala –Tu e Lafitte siete vampiri-
-Mangiare o venir mangiati- alzò spalle e mani il medico, squadrandola divertito –Quando ci siamo introdotti qui per  la prima volta è stata questa l’opzione che ci è stata riservata: la nostra scelta è ovvia non ti pare?-
La strega storse le labbra, saettando con le iridi nocciole dal traditore ai suoi fratelli che ansavano attorno a lei.
Era impossibile contarli.
Si agitavano sulle pareti a cui erano ancorati, ondeggiando avanti e indietro a rubarle il suo profumo umano, leccandosi le labbra e sbavando con l’acquolina in bocca in attesa del permesso di sfamarsi.
Ve n’erano dall’aspetto più giovane, altri dalla pelle così chiara da sembrare cristallo, altri ancora con iridi rosse come il sangue appena stillato mentre un minor numero li aveva neri, come la fame e l’ingordigia.
Deglutì cercando di calmare i dolori al petto e il respiro affannoso,  le mani strette fino a sbiancare le nocche nel chiudersi il mantello sul corpo.
Era caduta in quella trappola come una principiante, e non era difficile capire perché lei fosse lì.
-La vittima sacrificale d’apertura-
Non era stata lei a parlare, ma l’ombra seduta sul torno mal celata dalle candele che non riuscivano a illuminare appieno per la sua imponente mole.
Aveva una voce roca, profonda, vecchia più dei secoli che rimbombava lungo le pareti della sala e lungo il corridoio che l’aveva portata lì.
Forse riusciva a raggiungere le segrete, strisciando sulla melma che ricopriva gli interni del castello, ma la contrario del limo ex umano di cui nemmeno i vampiri si erano nutriti, il tono del monarca sembrava rinvigorire ogni figlio di satana lì presente, che uggiolava, ansimava adorante, saltellava smanioso di altre parole, di altre vibrazioni del loro Re.
-Lord Kaido- si inchinò rozzamente Q muovendo la sua mole molliccia –Eccola qui, la fanciulla pura e perfetta per aprire le danze: bella, giovane, prosperosa…- sollevò appena gli occhi a incrociare quelli di Kaido, avidi su di lui -… dai capelli rossi- aggiunse con tono mellifluo.
Kaido rise, sollevandosi dal suo torno, avanzando di un passo nella sala.
-Bene bene- si congratulò con il suo ultimo servo –Cosa c’è di meglio del sangue rosso di una rossa nella notte di Luna Rossa?-
Una risata fragorosa e divertita si alzò dalle pareti, inondando il salone e riversandosi su Nami, che si strinse maggiormente al mantello, incurvandosi appena.
Respirava a fatica, per la paura o le scosse continue che la Luna le donava non lo sapeva, ma cercava di mantenere gli occhi fissi su Kaido, l’unico che si era permesso di avvicinarsi a lei.
Il primo morso era suo, era ovvio.
Poi il resto dell’allegra brigata… che gioia la famiglia!
Kaido le camminò attorno, ogni passo rimbombava ed echeggiava nell’intero castello, fermandosi davanti a lei e mostrandole i suoi denti affilati.
-Hai qualche ultima parola da esalare prima che mi sfami con te?- le chiese derisorio.
Nami alzò lo sguardo su di lui, nemmeno un velo di paura a incrinarne il color nocciola.
-Zoro- affermò decisa, prima di sorride sornione.
-Il tuo Dio?- chiese curioso ghignando l’imponente vampiro, interpretando le parole della strega come un’ultima preghiera.
-Figuriamoci!- rise quella accattivando il sorriso -È il mio uomo-
-Romantico- rise di sbieco mostrando un accenno di canini –Invochi il tuo cavaliere prima della morte: un lodevole quanto inutile spreco di parole-
Nami piegò il capo permettendo a una ciocca ramata di scivolarle sull’ovale del viso e dondolare piacente a un soffio dalle sue labbra.
-Oh ma io non invoco- affievolì la voce spavalda –Lo avviso e basta-
-Lo avvisi di cosa mia cara?- le si fece ancor più vicino –Della tua morte?-
La strega sorrise muovendo un passo verso il patriarca della casata vampira, sollevandosi sulle punte dei piedi a sussurrare al suo orecchio.
-Ci hai davvero sottovalutato così tanto Kaido?- miagolò ridacchiante.
Il vampiro assottigliò lo sguardo sulla piccola e misera donna di cui ben presto si sarebbe sfamato. Trovava che nella sua formosa persona vi fosse qualcosa di allettante e urticante allo stesso tempo.
La vedeva tremare davanti a lui, ma stranamente non era di paura, e lo confermava il suo sorriso suadente e felino.
-Chi sei?- rise curioso, prima di voltarsi verso Doc Q –Chi è?-
-Una strega mio Re- si affrettò quello a parlare –Accompagna un cacciatore di demoni… a lui starà già pensando Lafitte- precisò lecchino.
-Una strega?- tornò a squadrare Nami. Erano anni che non ne vedeva una: le facevano più belle per fortuna in quel secolo!
-Non si preoccupi!- lo affiancò veloce Q, la fidata bottiglia tornata a inumidirgli le labbra –La luna la indebolisce-
-Ah davvero?- rise Nami, stringendo le braccia sotto i seni.
Lo sbronzo storse il naso violaceo, irritato dalla strafottenza della rossa: come poteva essere così scura di sé circondata dai vampiri, al cospetto di Kaido in persona e prossima alla morte e vittima immolata che avrebbe segnato l’ascesa nel baratro dell’Europa intera?
La fisso avanzare ancora di un passo verso Kaido, il mantello che frusciava lungo le sue sinuose gambe.
-Giusto perché lo sappiate- sollevò una mano da sotto la veste, aprendola rivolta verso il pavimento inclinato e lasciando cadere un piccolo oggetto metallico che tintinnò sulle mattonelle fredde –A Lafitte ha già pensato Zoro… e da molto-
Doc Q riconobbe subito la chiave del collare del cacciatore ai piedi del suo Re e una strana stretta gli attanagliò lo stomaco.
Quella maledetta, altro che ultimi abbracci tra innamorati!
Prima di seguirlo nella galleria fognaria aveva liberato Roronoa, non prima di aver rubato la chiave al suo compare chissà quando.
-Lafitte- strinse i denti.
Li aveva raggirati.
Ingannati come il peggiore dei demoni!
Dannata strega!
-Lodevole- batté le mani in un unico applauso Kaido –Ma uccidere un solo vampiro- aprì le braccia a indicare il resto dei suoi figli –Non ci fermerà, ne sei consapevole vero?-
-Certo- lo guardò da sotto il cappuccio del mantello –A voi penserò io-
La risata che si sollevò dal petto di Kaido la fece tremare, echeggiando in ogni sua ossa prima di venir amplificata dalle voci sgraziate e fredde dei vampiri che la circondavano.
Quale candela ondeggiò spegnendosi, rubando luce alla già poco illuminata sala.
-E come?- rise Q bevendo avido –Sei più debole di un umano con la Luna Rossa in cielo, proprio ora al suo culmine!- constatò con una rapida occhiata ai riverberi rossi che strisciavano dalle finestre drappeggiate del salone.
-Se anche il tuo cacciatore ti stesse raggiungendo, si perderebbe nel meandro di gallerie che il nostro castello contiene nelle sue viscere!- la infornò bonario Kaido, incalzando altre risate da parte dei suoi figli –Mia cara…- le porse una mano -… basta sperare: lasciati uccidere-
Nami studiò il palmo offertole e con ancora le risate schernitrici che risuonavano attorno a lei, posò con delicatezza una sua mano su quella portole.
La sala si zittì, trepidante per l’inizio del sacrificio.
Kaido sorrise intenerito dalla resa della rossa e strinse con delicatezza tra le dita chiare la sua mano.
-Brava bambina- le accarezzò il palmo –Permetti?- le indicò il mantello –Vorrei vederti in viso prima di immolarti-
-Con piacere- si fece scivolare dal capo con la mano libera la stoffa, rivelando la chioma scarlatta e il sorriso compiaciuto –E permettimi anche di dirti che è stato un piacere conoscerti-
-Piacere mio- rise roco, spingendosela vicino.
 -Ora davvero…- le accarezzò l’ovale delicato del viso con un’unghia millenaria -… hai un ultimo desiderio?-
-Sì- sorrise –Vorrei che tu sapessi che la Luna Rossa che solca i cieli ogni dodici secoli non porta prosperità solo a voi vampiri- Kaido corrugò la fronte, osservando la sua cena abbassare la voce –Ma anche a noi streghe-
La vide scivolare via dalla sua presa e indietreggiare di un passo, le mani ai lacci del mantello e una linguaccia a lui rivolta.
-Oh- si fermò un attimo colta da un pensiero,  temporeggiando nel slacciare i cappi –Perdonami se ho macchiato il tuo castello con i miei palmi: l’incantesimo guida funziona solo con il tatto… e  Zoro ha così poco senso dell’orientamento!- alzò gli occhi al soffitto della sala buio, sbuffando –Almeno ha un buon udito e si è fermato quando gliel’ho detto: ora è a distanza di sicurezza-
-Sicurezza da cosa?!?- sbottò un figlio nella massa, stanco di quell’attendere e affamato più che mai.
-Da me- rispose melliflua Nami, slacciando il laccio del suo soprabito –Ricordi Q?- richiamò il suo accompagnatore divertita –Non ho mai detto che la Luna Rossa influenzasse negativamente la mia magia- scrollò le spalle liberandosi del mantello, sorridendo felina.
-E ora se permettete…- sollevò le braccia e aprì le mani, finalmente libera di rilasciare tutta l’influenza che il satellite terreste le donava in quella notte, scaldandola e facendola fremere in ogni sua cellula ricaricandola ed elettrizzandola di una piacevole quanto potente estasi onirica.
Chiuse gli occhi, percependo la magia aumentare, toccare picchi mai provati, scaldandole il corpo e illuminandolo come un sole, che bruciava e illuminava la notte.
Si, Nami era un sole.
Rise, rise di quella luce che la beava ma dannava chi la circondava nella sala e che scalpitava –oh li sentiva ancora!- per avventarsi su di lei prima che fosse tardi.
Ma già lo era.
Nami sorrise e ad occhi chiusi, mentre l’orda di vampiri si scagliava da ogni angolo delle pareti sul suo corpo in continua ascesa di calore e luce, sospirò di piacere il suo incantesimo.
-Prometheus-
   
 
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