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Autore: SenseAndSensibility    15/06/2009    2 recensioni
«Il profumo del tè comincia a riempire l’aria, mescolandosi a quello votivo delle candele, che bruciano con noncuranza sul tavolo.
Tra circa venti minuti diluirò il mio tè nel kipjatok, in un rapporto di uno a dieci.
Ogni gesto è misurato, ogni movimento si ricollega a migliaia di altri movimenti venuti prima di esso. Quante volte ho sentito il miele e le spezie spandersi per casa, impregnando le assi di legno, i vestiti a balze.»
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Добрый вечер! Buonasera. Sono solo al secondo anno di russo, lo confesso. Correggetemi se trovate qualche errore, metto le mani avanti fin da subito.
Dunque. Questa storia è nata per caso, e direi che un po' si vede (xD). E' solo una one-shot, dove a parlare è una ragazza che ci descrive la sua idea della Russia e della vita. Ho voluto omaggiare così un paese che annovero tra i miei preferiti. Spero di non aver fatto danni, soprattutto perchè è qualcosa di diverso da ciò che scrivo di solito. Più semplice, meno elaborato dal punto di vista formale, più "leggero".
Ma soprattutto, spero che vi piaccia.
A voi.
{In fondo ho inserito un piccolo glossario}

Russian Days


Fuori piove.
Non è raro in questa parte della regione, soprattutto perché è inverno. Ma il rumore delle gocce che cadono lievi sulla steppa riarsa dal gelo ha sempre qualcosa di straordinario.
Il cielo è bianco, coperto di nuvole fredde. Più tardi forse nevicherà.
L’erba bassa, grigia e verde, cambierà colore, per acquistare un candore inimmaginabile.
Guardo fuori dalla finestra, indugiando per un attimo sulla cornice in legno un po’ scrostata. L’ho dipinta io, come il resto della casa. E’ stato molto tempo fa, ma resiste ancora bene.
Ciò che è temporaneo non dura, nella sempiterna Russia. Qui resiste solo ciò che è e sarà per sempre.
Il resto passa, lasciando a malapena un’orma abbozzata sul duro suolo slavo.
(Solo, ogni tanto, un odore fugace conduce la mente ad un passato che ormai non esiste più… Il bortsch che cuoce lento sul fornello, la vernice che si scrosta dall’asse della parete nella camera da letto).
Ma le generazioni si alternano e gli odori passano. E il bortsch continua a bollire tranquillo.

Fuori dal vetro gelato della finestra nulla viene ad interrompere il mio sguardo.
La Russia si estende senza confini davanti ai miei occhi, spingendosi fino al limitare del mondo. La mia vista corre fino a Vladivostok, ne lambisce i confini e ritorna a me, attraversando lo sterminato territorio immerso nel gelo di un rigido inverno, accarezzandolo, cullandolo.
E’ mia, questa Russia. Sono nata qui, in questa casupola di legno, nido battuto dal vento della steppa. La cittadina di Kirillov non è molto lontana, ma io e la mia famiglia abbiamo sempre vissuto isolati, gli occhi incantati sul panorama della Russia dei nostri antenati.
Quella immutabile, sospesa nel tempo ciclico delle stagioni, quella segnata dall’odore acidulo della Smetana, da quello caldo del tè che bolle nel samovar tirato a lucido con fatica, dal vento che danza sui fili d’erba ingialliti e contorti, dai cieli silenziosi e immoti che nascondono con cura il segreto della loro eternità.

Sì, è mia, questa Russia. Dove il passato è uguale al futuro, dove il presente cessa di esistere per assumere le proporzioni dell’infinito.
Non mi stancherei mai di osservare la mia Russia.
E’ come dicevano i miei antenati, è come diceva mio padre: è la nostra grande madre, a lei consacriamo la nostra esistenza. L’amiamo, vi litighiamo, spesso l’abbandoniamo. Ma non recidiamo mai le nostre radici. C’è sempre posto, sulle labbra e nel cuore, per l’umile essenza della nostra terra, per una parola che solo noi conosciamo, per un popolare piatto che vorremmo di nuovo gustare.

Getto un ultimo sguardo fugace, rapito. Il vento gonfia i panni disabitati e le federe a righe e fiorami, che pendono desolate dalla mia finestra. Le ho stese e dimenticate.
Tra i gradini di pietra che conducono, con quella che mi piace chiamare repentina ostinazione, alla porta di casa, spuntano contorti arabeschi di fili d’erba, umile contributo della terra alla continuazione sempiterna della vita nella steppa.
Un angolo verderame del tetto si sporge con insistenza ad incontrare i miei occhi, balenando di colore vitreo nel vento, battendo i denti di metallo.
Mi arrampico con lo sguardo fino al limitare di quel tetto, in bilico sulla sporgenza fredda, mi ergo sulla sua sponda, mi sporgo dal suo parapetto. Sono il capitano di una nave arenata in una terra che non muta, sono il capitano che porta l’orgoglio della Russia sulle labbra.

Alzo lentamente una mano, portandomela davanti agli occhi.
Il colore acceso della mia tradizione mi colpisce direttamente le iridi chiare, le piccole balze e i delicati ricami del mio vestito popolare mi danzano davanti al volto.
Indosso questo vestito da quando ho memoria, come tutte le donne del mio paese. E’ la divisa con cui assumo il comando della nave della mia Russia.

I colori vivaci ballano ancora intorno alla mia mano arrossata dal gelo. Mi piace lasciarmi andare a questi pensieri, nei pomeriggi in cui il mio paese sembra lavarsi la polvere di dosso, sciacquandosi lentamente sotto la pioggia, che continua a scorrere. Imperterrita ed eterna, una vera pioggia con lo spirito della Russia.

Mi volto lentamente, assaporando ogni gesto, che sa di millenaria ripetizione, di gioiosa continuazione.
Aggiungo piano le pigne secche nella caldaia del samovar. Daranno al tè un aroma di resina.
Prendo dal loro vano i pautina e li incendio, accendendo di scintille le pigne, che da adesso cominceranno a scaldare l’acqua nel samovar. Sopra pongo la teiera, riempita con tè concentrato, dal vago sentore di miele e spezie. Sento un po’ la mancanza dello sbitennik.
Il profumo del tè comincia a riempire l’aria, mescolandosi a quello votivo delle candele che bruciano con noncuranza sul tavolo.
Tra circa venti minuti diluirò il mio tè nel kipjatok, in un rapporto di uno a dieci.
Ogni gesto è misurato, ogni movimento si ricollega a migliaia di altri movimenti venuti prima di esso. Quante volte ho sentito il miele e le spezie spandersi per casa, impregnando le assi di legno, i vestiti a balze.

Sul fornello, intanto, il bortsch cuoce lento. Non deve esserci fretta nella sua preparazione.
Io sono a quello che ancora definisco primo stadio. Nella pentola scaldano intanto la carne di manzo, la cipolla, le carote, le rape. Presto aggiungerò la barbabietola, il cavolo bianco, il prezzemolo, l’aneto. Condirò con l’aceto e lo zucchero. Lascerò cuocere il mio piatto, e forse nel frattempo preparerò delle pojarski.
Spero che non sia finito il burro. Mio fratello se potesse vivrebbe solo di quello…
Vedremo.
Guardo di nuovo fuori dalla finestra la pioggia, che ora scende più fitta. La vista corre di nuovo attraverso la mia Russia, incontrando quella di tante ragazze come me. Osservano la pioggia, nelle narici l’odore di miele e spezie.
Intanto, attendo il mio tè.

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Note finali: Bè, non che ci sia molto da spiegare.
Spero solo che siate arrivati fino a qui, possibilmente senza saltare righe (xD).
Realmente, non so proprio cosa aggiungere. Spero che non vi aspettaste molto, come ho avvertito è un racconto piuttosto semplice, fine a se stesso. Però confesso che un po' ci tenevo a scriverlo.
Bè. Ci ho provato xD
Forse lo continuerò? Chissà...

Glossario.

Bortsch: la zuppa russa più famosa, è composta da carne di manzo cotta con cipolla, carote, rape, viene poi aggiunta barbabietola, cavolo bianco, prezzemolo, aneto, aceto e zucchero. È un piatto di provenienza ucraina.
Smetana: salsa a base di panna acida.
Samovar: una sorta di grande bollitore per l'acqua calda. Ha all'interno un tubo dove inserire il combustibile (le pigne secche), che scaldando, scalda anche l'acqua nel contenitore circostante. Sopra vi si pone una teiera riempita di tè concentrato. Potete trovare notizie più dettagliate e di senso compiuto (xD) su wikipedia, alla voce Samovar, appunto.
Pautina: sottili rametti utilizzati come esca per incendiare il combustibile nel Samovar. Pautina significa ragnatela.
Sbitennik: precursore del Samovar. Vi si preparavano bevande calde, appunto a base di miele e spezie.
Kipjatok: acqua calda.
Pojarski:  polpette di petto di pollo, panna acida, burro, latte e mollica di pane, dorate nel burro, servite con salsa Smetana e patate al burro.
  
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