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Autore: Moriko_    07/08/2017    3 recensioni
Una raccolta di one shots sull’Universo 10.
Alcune storie - principalmente Missing Moments - sui personaggi che popolano questo Universo, in particolare sulle divinità.
[Episodi dal 53 al 131 di Super]
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1. Like a family
2. A story of blood and despair
3. Bonds
4. Like brother and sister
“All’improvviso le venne in mente un’idea, con la quale probabilmente sarebbe riuscita a rendere felice il piccolo elefante.
«Ho trovato! Le canto una ninna nanna, così ci addormentiamo tutti e due… Insieme!»
Dallo stesso comodino da cui aveva preso lo specchio, Cus recuperò un fazzoletto di stoffa, e agitandolo dolcemente iniziò ad intonare una melodia rasserenante per il nuovo arrivato.”
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Black Goku, Gowasu, Zamasu
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A/N: Rieccomi qui!
Le lunghe assenze si stanno facendo sentire… e - ahimè! - purtroppo fino a fine anno sarò molto impegnata, per cui non so quando riuscirò ad aggiornare il mio profilo con nuove storie. Perciò, mi scuso subito con chi (?) in questi mesi aveva visitato la pagina sperando di trovare nuove ff, e invece dal 28/05 ad oggi è trascorso… ecco: molto, molto tempo!
Ma, bando alle ciance e passiamo subito al contenuto di questa nuova sezione. Guess what? Come al solito, sull'Universo 10 (il quale evidentemente sta subendo in occasione del Torneo in corso qualche maledizione da parte di qualche nemico di Gowasu o Rumsshi… forse.)
In onore suo e dei personaggi che lo popolano è dedicata questa raccolta di storie!
Ovviamenti, i soliti avvertimenti: Spoiler! Saga di “Mirai” Trunks e seguenti, per la presenza di nuovi personaggi ancora inediti in Italia.
Riguardo il titolo della raccolta: perché “Their everyday life in Universe 10”? Molto semplice: in questa sezione cercherò di raccontare alcune vicende quotidiane e non dei personaggi che popolano il mio Universo preferito, a partire dalle divinità fino ai comuni mortali… per quest’ultima parte, se avrò qualche idea in più su di loro, dato che nemmeno il tempo di conoscerli che praticamente stanno uscendo ad ogni episodio.
I primi capitoli tratteranno di scene realmente accadute nella serie ufficiale (anime e manga), per poi passare a veri e propri spaccati di vita quotidiana. Sinossi e personaggi verranno volta per volta aggiunti e aggiornati nelle caratteristiche della storia.
Detto questo…

Primo racconto: Like a family.
Forse quasi nessuno lo sa, ma nel tempo libero mi piace anche disegnare. E, tempo fa, ho creato questa mini storia che riassume in maniera semplice e silenziosa ciò che, secondo me, potrebbe essere la nascita e il proseguimento del rapporto che intercorre tra le divinità dell’Universo 10, unite tra loro da un sottile "filo rosso": la loro bevanda preferita, il .
E la ff che state per leggere è una sorta di “trasposizione letteraria” di questa storia. In breve, si parlerà del primo incontro tra Cus, Rumsshi e Zamasu, e ciò che è successo subito dopo gli eventi della saga di “Mirai” Trunks: una breve raccolta di due “Missing moments”, se così possiamo definire le due parti del racconto.
Per adesso non ho nient’altro da aggiungere, se non augurarvi - ancora una volta - buona lettura!

Nota: I soliti ringraziamenti alla sempre più paziente stellaskia per l'immagine che accompagna il titolo!



Like a family.



Se c’è un elemento che unisce le divinità dell’Universo 10, si può dire che si tratta del tè.
Questa bevanda, ricavata da piccoli arbusti dalle foglie di un lucente colore verde chiaro, è nota per le caratteristiche del suo liquido limpido e brillante e del suo sapore, deciso o delicato a seconda dei casi.
Da sempre, coloro che abitano in questo Universo sono accomunati dall'amore per il tè, e le loro abitudini quotidiane vertono intorno ad esso. La cerimonia del tè è il momento cardine della loro giornata, durante il quale si vive un forte momento di serenità e convivialità che unisce diversi individui provenienti da luoghi più disparati.

In particolare, le divinità dell'Universo 10 considerano questa bevanda come il simbolo della loro vita. È il loro filo rosso: qualcosa che, dall'alba dei secoli, unisce in un legame indissolubile tre persone le quali - in apparenza - svolgono tre ruoli diversi, e in un certo senso contrastanti tra loro.
Un Dio della Distruzione, abituato a svolgere il proprio lavoro solo quando la pigrizia non prende su di lui il sopravvento.
Un Angelo, che non appena sente parlare dello scontro tra bene e male si infiamma a tal punto da diventare euforica.
E infine un Kaiōshin, che adora sedersi ai piedi di un grande albero ed osservare tutto ciò che accade nel suo Universo dalla sua sfera di cristallo.
Ben presto, secoli dopo il loro primo incontro, il legame che si era rafforzato grazie alla comune passione per il tè sarebbe diventato indissolubile, grazie alla salda complicità che li congiungeva ovunque essi si trovavano.

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Quel giorno di molti secoli fa, Rumsshi e il suo angelo decisero di recarsi sul pianeta dei Kaiōshin per il loro consueto incontro con Gowasu. L’appuntamento settimanale con il saggio Kaiōshin del loro Universo era diventata per loro un’occasione per rilassarsi dai loro doveri di divinità, e per trascorrere qualche ora diversa dal solito, ricca di cordialità e allegria.
Appena giunsero in quel territorio sacro, dove a nessun mortale era permesso mettere piede, i due bussarono alla porta dell’imponente dimora di Gowasu. Dopo pochi minuti la porta si aprì e dall’uscio si affacciò l’anziano Kaiōshin.
Le tre divinità si salutarono con un inchino, rivolgendosi a vicenda un profondo e sincero sorriso.
«È un piacere rivederla.»
«Siamo qui per il tè.»
«Prego, potete entrare.» disse il vegliardo, facendosi da parte e invitando gli altri due a entrare con un elegante gesto della mano.

Cus e Rumsshi non esitarono ad accomodarsi presso il robusto tavolo che si trovava al centro dell’atrio. La fanciulla stava aspettando che Gowasu si allontanasse da loro, per recarsi presso le cucine per preparare loro il tè; tuttavia notò con grande sorpresa che, ad un tratto, anche l’anziano Kaiōshin si era seduto accanto a loro.
Anche il Dio della Distruzione notò quell’atteggiamento così inconsueto per Gowasu, e la cosa non gli piacque. Pigro com’era, pensò subito che il saggio stesse per giocare loro un tiro mancino, costringendolo a fare qualcosa che lui detestava: preparare qualcosa.
«Non credo che il tè si serva da solo…» borbottò l’elefante, mentre il Kaiōshin si limitò a sorridergli.
«Non preoccuparti: da oggi abbiamo qualcuno che lo farà per noi.»
Rumsshi sbuffò e iniziò a dire: «Ti ripeto che il tè non si serve da---» ma venne interrotto dalla voce allegra dell’Angelo.
«Qualcun altro?»
«Esattamente. C’è qualcuno in questo Universo che è molto bravo a preparare il tè. Anzi… è il migliore in questo campo.»
Gowasu sorrise. La sua espressione era cambiata: in seguito a quell’affermazione sembrava che si fosse riempita di dolcezza e di serenità; cosa che, a quanto pare, non scalfì minimamente l’animo di Rumsshi, il quale continuava a credere che si trattasse di uno scherzo. «No, non è vero. Tutti sanno molto bene che il tuo tè è il più buono di questo Universo.»
Il Kaiōshin soffocò una risata. Attraverso gli sguardi seccati dell’elefante, iniziò a ricordarsi di quello che gli era accaduto qualche settimana prima. Anche lui aveva lo stesso pensiero del Dio della Distruzione: il suo tè era il più buono dei dodici Universi, decisamente. Tuttavia si era dovuto ricredere da quando aveva incontrato quello Shin…
«Sono certo che anche tu cambierai idea.»

Ad un tratto, mentre i tre erano intenti a conversare su varie questioni riguardanti il loro Universo, si spalancarono le maestose porte che separavano l’atrio dalle zone più interne della dimora. Ne uscì un alto giovanotto, di aspetto simile al Kaiōshin, trascinando un carrello con alcune tazze e una teiera fumante.
«Sommo Gowasu, le ho portato il tè come mi aveva richiesto.»
A quella voce le due divinità ospiti smisero di parlare e si voltarono nella direzione del giovane, stupendosi della sua presenza. Era evidente che non lo conoscevano; eppure, a prima vista, entrambi compresero di avere di fronte a loro una divinità dal cuore sincero e puro.
D’altra parte, il ragazzo rimase stupefatto. Nemmeno lui aveva mai incontrato le due divinità e, se doveva dire la verità, gli sembrò che lo sguardo dell’Hakaishin fosse ostile nei suoi confronti. Quegli occhi piccoli, ma taglienti, lo stavano scrutando attentamente, cercando di cogliere ogni singola debolezza presente nel suo animo.
Ciononostante lo Shin decise di ignorarlo nascondendo la sua paura, e salutò il Kaiōshin con un profondo inchino. L’altro gli sorrise e gli rivolse la parola per primo.
«Ben svegliato. Come hai trascorso la tua prima notte qui?»
Rumsshi e Cus osservarono in silenzio la scena. Non avevano ancora idea del chi fosse quel giovane, eppure una cosa era ormai ovvia: quei due Shin si conoscevano di sicuro. Allora perché Gowasu non ne aveva mai parlato fino ad allora?
Il ragazzo rimase ancora nella posizione di inchino, e rispose: «Abbastanza bene, sommo Kaiōshin. Questo luogo non ha nulla a che vedere con il pianeta dove ho vissuto finora.»
Terminata la frase, si raddrizzò e ricambiò il sorriso del vegliardo. «Questo… è davvero un altro mondo. Ho come l’impressione che qui troverò finalmente la pace che sto cercando da tempo.»
«Lo farai.»
Gowasu lo accompagnò al cospetto delle due divinità, accingendosi a presentarlo a loro. Non appena i due Shin furono più vicini, l’Angelo fu la prima a comprendere tutta la situazione.
«È lui?»
A quella domanda, il saggio si avvicinò al giovane e gli disse: «Oh, dimenticavo: oggi abbiamo due ospiti. Ti presento Rumsshi, Dio della Distruzione di questo Universo, e Cus, il suo Angelo assistente.»
«Lieto di fare la vostra conoscenza.» rispose lo Shin, inchinandosi nella direzione delle due divinità. «Io sono Zamasu, apprendista Kaiōshin del sommo Gowasu. Sarò lieto di servirvi.»
L’Angelo sorrise, e si lasciò sfuggire una leggera risata. «Hai davvero un bel nome, mi piace!»
Viceversa, l’elefante si limitò ad osservarlo. Quel giovanotto aveva attirato la sua attenzione e, nell’osservarlo attentamente, si ricordò di quando aveva conosciuto colui che, da quel momento in poi, avrebbe avuto la vita intrecciata in un legame indissolubile con la sua.

«Lieto di fare la sua conoscenza. Mi chiamo Gowasu, e da oggi in poi sarò il Kaiōshin di questo Universo.»

D’altronde, anche il nome di quello Shin - Zamasu - gli aveva dato una maggiore conferma. I due nomi erano molto simili e, probabilmente, erano anche accomunati dalla stessa radice etimologica.
Negli occhi di quell’assistente e nei suoi atteggiamenti vi aveva riconosciuto un Gowasu più giovane, e nella mente dell’Hakaishin i due sembravano essere due gocce d’acqua. La gentilezza e il rispetto di Zamasu avevano toccato le profondità del suo animo, facendo riaffiorare alla sua mente antiche reminiscenze del suo passato.
Rumsshi rivolse lo sguardo verso il suo Angelo che, a sua volta, annuì. Grazie alla loro complicità, entrambi sapevano come comportarsi al meglio con il loro nuovo conoscente.
Cus fu la prima dei due a prendere la parola. «Il sommo Kaiōshin ci stava raccontando che sai preparare un tè molto buono.»
«Possiamo provarlo?» chiese il Dio della Distruzione.
Poi, sorridendo, i due chiesero all’unisono:
«Per favore?»
Di fronte a quegli sguardi di cordialità e di letizia, Zamasu rimase inizialmente sorpreso. Possibile che, solo per sentito dire, le due divinità supreme erano davvero curiose di provare il suo tè?
A quel pensiero, il giovane Shin sorrise soddisfatto: era certo che Rumsshi e Cus non sarebbero rimasti delusi.
Con una punta di orgoglio, Zamasu acconsentì alla richiesta.
«Molto volentieri!»





L’allegria che aveva sempre avvolto quel luogo sembrava essere svanita nel nulla. I sorrisi, gli sguardi pieni di felicità e di spensieratezza erano solo un dolce ricordo, che emergeva ogni volta che dalla solitaria tazza di tè, posta all’angolo di quel grande tavolo ospite di deliziosi banchetti, saliva silenziosamente una sottile nuvola di fumo.
Gli occhi dell’anziano Kaiōshin erano fissi nel guardare lo specchio lucente del liquido contenuto nella tazza che aveva di fronte a sé.
Sembravano essere persi nel vuoto, quasi senza vita.
Ora, quegli stessi occhi neri che avevano visto scene ed azioni di vario genere non avevano conosciuto prima di allora la disperazione che in quel momento li stava avvolgendo.
Il Kaiōshin rimase immobile, in silenzio, senza reagire. In quel momento non gli importò se il tè si fosse raffreddato: non aveva più motivo di berlo.

Come era ormai consueto, Rumsshi e Cus giunsero ancora una volta sul pianeta dei Kaiōshin e bussarono alla porta. Furono sorpresi quando, al battere dei loro pugni sul grande portone d’ingresso, quest’ultimo si spostò verso l’interno con un leggero movimento.
«Che strano. È già aperto, Lord Rumsshi.» disse l'Angelo, spalancando gli occhi per lo stupore. Entrambe le divinità sapevano che Gowasu era una persona molto precisa e scrupolosa: non era da lui commettere distrazioni del genere come lasciare la porta d’accesso alla sua dimora aperta.
Il cuore del Dio della Distruzione ebbe un sussulto, e un funesto pensiero attraversò la sua mente come un lampo: se fosse accaduto qualcosa di grave all’anziano Kaiōshin non avrebbe potuto perdonarselo.
«Entriamo dentro.» sussurrò con un tono di paura mista a preoccupazione. Cus notò i sentimenti di timore del suo Rumsshi, e lo rassicurò:
«Non preoccupatevi. Sento che il sommo Gowasu è ancora vivo.»

I due spinsero il portone già aperto e giunsero nell’atrio. Non appena notarono la presenza del Kaiōshin seduto al centro dell’area, tirarono un sospiro di sollievo.
L’angioletta si avvicinò a lui, seguita dall’Hakaishin; dopodiché entrambi si inchinarono al cospetto del vegliardo. «Sommo Gowasu, siamo lieti di rivederla!» disse Cus, cercando di scandire le parole con molta allegria e nascondendo quel sospetto che poco prima aveva avvolto le menti delle due divinità.
Il destinatario di quelle parole non rispose nulla. Non reagì, e sembrò non essersi nemmeno accorto della presenza dei due ospiti.
Tuttavia, Cus non ci fece caso… o, meglio, aveva notato lo strano comportamento del Kaiōshin, ma cercò di ignorarlo e di aiutarlo a “distrarsi” concentrando il discorso su ciò che amavano di più al mondo, e che era la causa del fuggire dai problemi quotidiani del loro lavoro.
«Come ben sa, siamo qui per lei. Adesso beviamo una bella tazza di tè, tutti insieme!» esclamò allegramente, accomodandosi su una sedia posta accanto a quella del vegliardo. Poi proseguì il discorso, ma… se avesse saputo che la causa del problema di Gowasu riguardasse proprio quell’argomento, di sicuro l’angioletta non avrebbe più aperto bocca.
Però, fu proprio il suo parlare a complicare una situazione già di per sé piuttosto difficile da risolvere.
«A proposito, dov’è Zamasu? Non vedo l’ora di provare di nuovo il suo tè: è davvero molto buono!»
A quella frase il Kaiōshin mosse bruscamente la testa, distogliendola dallo sguardo del suo interlocutore e nascondendolo nella direzione opposta. Solo allora, finalmente, emersero i primi segnali di reazione: le sue spalle, accompagnate da brevi gemiti di angoscia, si sollevarono e si abbassarono rapidamente.
«Sommo Gowasu…» mormorò Cus, preoccupata per lo stato d’animo del vegliardo. Aveva compreso di aver toccato un tasto dolente, anche se non capiva ancora il perché. Forse i due avevano avuto una forte discussione, e in quel momento Gowasu si sentiva in colpa?
Rumsshi osservò il suo Kaiōshin restando in silenzio. Era l’unico ad aver compreso, solo nel guardarlo, a cosa fosse dovuta tutta quella sofferenza. E, quando l’Angelo vide una sottile goccia d’acqua scivolare dal volto del vegliardo e seguita nel suo percorso da altre, stava per aprire bocca per consolarlo, ma venne interrotta da quest’ultimo.
«Dimenticatelo... Zamasu… non c’è più.» singhiozzò, per poi scoppiare in un irrefrenabile pianto.
Di fronte a quell’affermazione, Cus spalancò gli occhi. Adesso, anche lei aveva finalmente capito cosa stesse affliggendo l’animo di Gowasu.
Da quel giorno, la tranquilla e lieta vita delle tre divinità era cambiata per sempre… di nuovo.

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Per circa due settimane, l’Hakaishin e il suo Angelo non fecero più ritorno sul pianeta dei Kaiōshin.
Sebbene fosse un individuo apparentemente freddo e senza sentimenti, Rumsshi sentì in quei giorni un forte desiderio di correre da Gowasu per consolarlo per la sua grande perdita. Tuttavia, ogni volta che era in procinto di partire, l’Angelo lo fermava, e così successe anche in quel giorno.
«Non è ancora giunto il momento.» sentenziò la piccola divinità dai capelli bianchi, puntando il suo scettro verso il Dio della Distruzione.
«Ma io devo andarci!» urlò Rumsshi, emettendo un grande barrito per sottolineare ciò che aveva appena detto. «Gowasu non può finire i suoi giorni per l’angoscia che sta provando! Devo fargli dimenticare il passato, se voglio che lui abbia una fine degna del suo operato!»
L’elefante prese in mano lo scettro di Cus, guardandola con uno sguardo di ghiaccio. L’angioletta lo osservò a sua volta, sospirando. “Perché Lord Rumsshi non mette lo stesso impegno nel svolgere il suo lavoro di distruzione?” pensò. Con uno strattone, tirò indietro il suo scettro e con esso colpì la fronte dell’elefante, rispondendogli con un secco: «No.»
Di fronte a quell’atteggiamento apparentemente senza emozioni, il Dio della Distruzione sbuffò rabbiosamente. «Allora… mi stai dicendo che non te ne importi niente? Non sei preoccupata per lui?»
Cus non rispose, limitandosi a fissare il suo Hakaishin.
«Beh. Dopo di questo, suppongo che non ti preoccupi neanche di me.» disse Rumsshi, voltando le spalle al suo interlocutore.
«Non ho mai detto ciò.»
«Non l’hai detto, ma di sicuro lo hai pensato. Sai molto bene che, se Gowasu morisse, anch’io scomparirei. È il nostro patto: noi siamo destinati a lasciare questo Universo nello stesso momento, insieme. E anche tu… non dico che farai la nostra stessa fine, ma ci andrai vicino. Ti conviene così tanto lasciarci morire così? Pensa al Daishinkan e al grande Zen’ō: cosa penseranno di Cus, che ha concluso la carriera nell’Universo 10 senza infamia e senza gloria?»
Di fronte a quella sincera affermazione dell’elefante, l’Angelo mostrò un sorriso di rassegnazione. «Touché. Su questo non ho nulla da ridire: hai ragione.» Si avvicinò a Rumsshi e, alzandosi in volo, posò la mano sulla spalla del Dio della Distruzione.
«Però… io ho vissuto più di te, e per questo posso dirti con certezza che solo il tempo può curare certe ferite. Tu non puoi farci nulla, io nemmeno: nessuno di noi due può colmare il vuoto che quel Zamasu ha lasciato nel cuore del sommo Gowasu.»
L’Hakaishin abbassò il suo sguardo. «Lo so. Tuttavia… non sopporto l’idea di sapere che Gowasu stia soffrendo per la perdita del suo migliore allievo, senza nemmeno muovere un dito per alleviare il suo dolore.»
«Ormai ti conosco molto bene…» disse Cus, «… e so cosa hai intenzione di fare. Andrai dal sommo Kaiōshin e, nel parlare con lui, finirai per rimproverarlo. Gli urlerai che è stato un idiota, che non sa svolgere bene il suo lavoro e - quel che è peggio - che è stato un ingenuo a scegliere un Kaiō e promuoverlo a Kaiōshin, andando contro le regole del suo popolo.
Non ho forse ragione? In fondo sei un Dio della Distruzione: per tua natura sei sempre stato molto impulsivo e poco riflessivo.»
Cus aveva appena toccato un lato dolente del carattere dell’elefante: il suo essere privo di tatto. Rumsshi barrì e si adirò con lei, che nel frattempo si lasciò sfuggire una leggera risata.
«Ti pare che, in un momento di così grande sofferenza, mi metta seriamente a sbraitare contro Gowasu? Vuoi che lo finisca di uccidere, condannando anche me stesso a morte certa?!»
«E allora sentiamo, genio. Cosa hai pensato di fare in alternativa?»
A quell’ultima domanda dell’Angelo, pronunciata con una punta di ironia, l’Hakaishin alzò lo sguardo e incrociò le braccia.
«Beh, non lo so. Se hai un’idea migliore… allora suggeriscila tu!»
Cus sospirò ancora una volta. I suoi sospetti si erano rivelati fondati: Rumsshi non aveva la più pallida idea del come agire per risolvere questa situazione.
Anzi: a dir la verità, nemmeno lei sapeva cosa fare. Non era facile consolare qualcuno che aveva avuto un grave lutto soprattutto se, nel caso di Gowasu, la persona alla quale quest’ultimo si era affezionato fosse scomparsa all’improvviso.
I due iniziarono a ragionare sul da farsi. Poi, ad un tratto, l’Angelo ebbe un’idea.
«Ok. Credo di aver trovato un ottimo piano. Lord Rumsshi, le va di ascoltarne i dettagli?»

Qualche minuto dopo, le due divinità si teletrasportarono sul pianeta dei Kaiōshin. Questa volta, tuttavia, non giunsero all’ingresso della sontuosa residenza, ma nella rigogliosa area verde dove sorgeva un grande albero secolare.
Davanti a loro, come se stesse guardando il tronco dell’albero, vi era un rustico tavolo rosso, dove il saggio Kaiōshin si sedeva quotidianamente per gustare il tè del suo pupillo. Quel giorno il tavolo si presentava agli occhi delle due divinità così com’era: semplice e senza decorazioni, con un piano sul quale non vi era appoggiato nulla.
Di fronte a quello scenario, Cus e Rumsshi si guardarono negli occhi e si sorrisero a vicenda.

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Nello stesso momento, Gowasu spalancò le porte d’ingresso della sua dimora e sospirò.
Erano trascorse diverse settimane dalla scomparsa del suo adorato discepolo, e da quel momento era rimasto all’interno della sua residenza, saltando la sua consueta passeggiata verso il grande albero secolare. Ogni giorno si sedeva nell’atrio, al suo solito posto, e attraverso la sua sfera di cristallo osservava con una strana apatia il destino dei mondi a lui affidati, senza fare nulla di più.
Gli sembrò che quei sentimenti di apparente indifferenza verso le vicende del suo Universo aiutassero a distrarlo da un pensiero terribile che, dal profondo del suo animo, gli stava lentamente lacerando il cuore.

Tuttavia, quel giorno decise di provare a riprendere quell’abitudine salutare che aveva perso da tempo. In quel momento la sua adorata casa - ormai diventata il simbolo della sua disfatta - gli sembrò improvvisamente fastidiosa e insopportabile, e pensò che l’uscire da quel luogo potesse scacciare via quei pensieri che avevano occupato la sua mente.
In tutti quei passi verso il grande albero, percorsi a breve distanza l’uno dall’altro, il vegliardo rifletté in continuazione su tutto ciò che era accaduto fino ad allora. Quella passeggiata fu l’occasione nella quale, dopo tanto tempo, per la prima volta i recenti avvenimenti del suo passato stavano riaffiorando con prepotenza, come un severo monito per il suo operato.
Aveva posto tutti in una situazione di grave pericolo, e tutto per colpa del suo egoismo. Non si sentiva più all’altezza del gravoso ruolo che ricopriva con grande orgoglio e rispetto: “Non ne sono degno” era il suo pensiero quotidiano. E, anche in quel momento, mentre si dirigeva verso il grande albero, lo stava pensando.
Sebbene stesse provando a reagire, in realtà si stava sentendo sempre più male. Voleva sprofondare, scomparire per sempre se ne avesse mai avuto la possibilità di farlo; per pagare il prezzo del suo atroce peccato sarebbe stato disposto a tutto, anche ad essere condannato all’eterno oblio, in nome di quella giustizia che era così a cuore a tutte le divinità.

Intrappolato nel turbinio di questi pensieri, il vegliardo alzò lo sguardo per osservare il grande albero che adesso era di fronte a lui.
E… fu solo allora che qualcosa di nuovo attirò la sua attenzione. I suoi occhi, ormai stanchi e afflitti per gli ultimi dolorosi avvenimenti, si illuminarono nel vedere Rumsshi e Cus di fronte al suo amato tavolo, ora imbandito con una teiera fumante, tazze colme di un tè dal liquido scintillante, e piatti nei quali vi erano gustosi dolci di forme e colori diversi.
Insieme - l’elefante con la sua proboscide e l’Angelo con la sua mano destra - le due divinità presero una di quelle tazze e la porsero a Gowasu.
«Vuole unirsi al nostro “Tea Party”?» chiesero all’unisono. Inizialmente, Gowasu rimase sorpreso. Lui stava soffrendo a causa di un suo grande errore del passato, e le due divinità cosa stavano pensando di fare sul suo pianeta? Avevano preparato quella che, apparentemente, sembrava essere una festicciola? Erano impazziti, forse?
«Perdonatemi, ma oggi non sono in vena di fare festa.»
Si inchinò per scusarsi e stava per voltare loro le spalle quando, all’improvviso, il suo braccio destro venne afferrato da qualcosa. Si voltò e vide Cus che lo stava osservando con determinazione: il suo sguardo era serio - insolito per l’Angelo - e pronto a reggere qualsiasi genere di confronto.
«La prego, sommo Gowasu. Non faccia così.»
L’invito sembrò quasi un rimprovero; tuttavia Cus tornò a sorridere subito dopo, e con uno strattone trascinò Gowasu di qualche passo nella direzione di Rumsshi, sussurrando qualcosa che fu motivo di sorpresa per il Kaiōshin.

«Non abbattetevi. Sappiamo che non è affatto facile… ma, con il nostro aiuto, riuscirà ad affrontare il futuro. Ricordatevi che saremo sempre al suo fianco.»

Quella frase giunse nella mente del vegliardo come un fulmine a ciel sereno: mai avrebbe immaginato di avere qualcuno al suo fianco che sarebbe stato disposto ad accettarlo nonostante ciò che avesse compiuto in passato.
L’essere divorato dai sensi di colpa lo aveva precipitato in un periodo nel quale non riusciva più ad accettarsi per ciò che era. Eppure, in quello che sembrava essere uno scenario completamente oscuro, qualcuno gli aveva teso la mano e gli stava offrendo aiuto.
Aveva perso il suo discepolo prediletto a causa della sua incompetenza… ma, allo stesso tempo, aveva ritrovato due valorosi compagni, con i quali condividere in serenità l’ultima fase della sua vita.
A quel pensiero, sulle labbra di Gowasu si delineò un piccolo sorriso.
Nessuno lo stava più rimproverando per i suoi errori del passato: il Dio della Distruzione e il suo Angelo lo avevano perdonato e - anzi - lo stavano invitando a prendere il tè insieme.
Come una famiglia.
Si asciugò gli occhi, divenuti umidi per la commozione di fronte alla bontà e alla generosità delle due divinità, e si avvicinò velocemente verso di loro.
E, in quel momento, il mondo dei Kaiōshin iniziò a riempirsi di nuovo di molta gioia e allegria.




A/N [Ovvero: angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]
Solo una piccola nota di fondo.
Sapete della storia dell'origine comune che hanno i nomi di Zamasu e Gowasu? Per chi non ne fosse ancora al corrente, entrambi i nomi derivano da una variante arcaica del verbo essere nella lingua giapponese, a seconda della regione d'origine. Potete leggere maggiori approfondimenti a tal proposito in questo sito.
Infine... vi ricordate del piccolo appello che ho lanciato nella mia prima ff, quella di questo sondaggio?
Innanzitutto, vi ringrazio tantissimo per essere riusciti ad inserire alcuni personaggi della precedente saga come Zamasu, Mirai!Mai, eccetera.
Ri-lancio l’appello dicendovi che quel povero sfortunato d’un Kaiōshin di Gowasu è ancora in quella lista. Probabilmente l’inserimento del suo nome avverrà solo con la messa in onda della saga di “Mirai” Trunks in Italia, ma… sarei molto felice se nel frattempo qualcuno che vorrebbe leggere storie su di lui voglia lasciare un voto anche per questo personaggio, così inizierà a salire nella classifica.
Per adesso è tutto. Grazie a tutti voi che siete giunti fino alla fine, ci vediamo al prossimo racconto di questa raccolta!
--- Moriko
   
 
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