~long way around
«Okay. Do what you’ve got to do. But
imagine, just imagine how it would
feel if someone
did this to you.»
È
un posto strano. Tanto per cominciare è in mezzo al deserto. E poi
è, uh, così americano. I colori accesi. Le tovagliette ai tavoli.
La piccola radio di un modello antichissimo che trasmette Elvis in un
sottofondo gracchiante. La cameriera però è carina, davvero molto
carina. Be’, gli occhi sono fatti per guardare e via dicendo.
Le posa
davanti una tazza di tè, puro tè inglese. Bill non ha ancora
aperto bocca e quella già sa che lei non prenderà mai sotto nessuna minaccia di morte uno
schifoso caffè americano, neanche in un vecchio diner vuoto sperduto nel vecchio
Nuovo Mondo, se c’è piuttosto la possibilità di avere un
Puro Tè Inglese. La guarda, stupita, e vede che le sorride. Vede il modo
in cui le sorride. Oh.
«Ehm...
Ci conosciamo?»
«No,
non ancora.»
«In
che senso, non ancora?»
we
were both headed different ways
both
in a rush, trying to get away
I ran into you like
a crush of thunder
«Allora, come sei finita qui?»
Sono sedute vicine, Bill nella posa
rilassata a gambe incrociate di chi si sente completamente a suo agio – o
di chi abbraccia un cuscino nello studio del proprio terapeuta: non saprebbe
dire la differenza.
«È una storia lunga.»
«Ho una certa affinità con
le storie lunghe.»
«Okay, allora.» Ride, solo
per un attimo. «Diciamo che mi sono... persa. La mia compagna di viaggio,
lei... Non sono sicura che possa raggiungermi qui.» Poca acqua,
pochissima acqua. «Potrei raggiungerla io, ma non ho ancora... imparato
bene come si fa. Scusa, è un casino.»
La ragazza invece ha l’espressione
di chi capisce tutto, senza il bisogno di troppi giri di parole. Continua a
sorridere in quel modo che Bill ha già visto altrove – il sorriso
di chi può vedere direttamente dietro la tua faccia, dentro la tua testa,
persino a occhi chiusi (o ciechi) – un modo che non sembra neanche umano; e in quel caso infatti non lo
era.
«Puoi aspettarla qui» le dice
con semplicità. «O aspettare di capire se la stai aspettando o no.»
Bill la fissa. È davvero molto
carina.
E glielo ricorda da morire, da morire.
«Scusami, ehm. Ti farò una domanda
idiota, ma forse anche no. Per caso hai mai conosciuto un uomo che si fa
chiamare soltanto il Dottore?»
La seconda
volta che la incrocia è più facile, perché si sfiorano in
un punto temporale in cui entrambe si sono già parlate almeno una volta.
«Ehi,
tu sei quella del parco!»
Bill
si volta e se la vede davanti, nel cortile della Coal
Hill School, i libri sottobraccio e l’aria
sognante più da studentessa che da prof. Le piace il fatto che, più
che accigliarsi, sorride perplessa. È vero, alcune persone sorridono
quando non capiscono.
«Uhm,
del parco? Immagino di sì...»
«In
che senso, immagini di sì?»
«Non
farci caso.»
Allora
è così che si è sentito il Dottore con sua moglie.
out in the rain
waiting for the bus
we
started talking ‘bout different stuff
and it’s
true, there’s an eighth world wonder
«Viaggiavamo insieme.»
«Cos’è successo?»
«Mi ha dimenticata.» Questa
volta il sorriso è triste. «Una storia lunga.»
Bill obbedisce all’impulso
più naturale dell’universo quando le stringe la mano.
Per un attimo pensa di capire il dolore
che prova, di capirlo tutto a un
livello viscerale, nel cuore e nella pancia; poi l’attimo passa e non ne
è già più così sicura.
Lei si asciuga gli occhi con le dita. Resta
così al suo fianco a guardare il vuoto, nel suo profilo roseo dal nasino
all’insù. Anima millenaria mascherata da ragazzina. Da morire.
«Mio Dio. Non ho mai pensato di non
essere stata la prima, sai?... Chissà... chissà quanta gente ha...»
Non sa come finire la frase.
Le viene incontro lei. «Salvato.
Distrutto. In alcuni casi entrambe le cose, ma sì, il concetto è
quello.»
Restano in silenzio per qualche minuto,
un tempo indefinito e quasi eterno in cui le sue dita s’intrecciano a
quelle di Bill, senza fretta.
«Ehi. Potrei stare con te per un po’.
Insomma, se – se non ti dispiace. Non ci sto provando» si schermisce, per quanto con solo mezza buona
volontà. «Ma, sai, credo che dovremmo, tipo... parlare?»
Sorride e annuisce.
Bill si ritrova a ridere di se stessa. «Cioè,
non ti ho chiesto neanche come ti chiami.»
«Clara.»
«Ciao, Clara.»
«Ciao, Bill.»
Quella
volta al parco succede praticamente per caso. Bill non ha programmato di
trovarcisi finché non ha espresso il semplice desiderio di tornare a salutare
sua madre – quella che non si porta dietro da quando è partita –
e magari è fin troppo tardi ricordarsene adesso, ma per quanto riguarda quest’altra faccenda è
proprio il momento giusto.
Lei
legge un libro mentre cammina, solo di tanto in tanto alzando gli occhi sui
bambini cui fa da babysitter: ovviamente Bill vede tutto ciò solo dopo che si scontrano, si salutano, si
allontanano.
«Oddio,
scusa, colpa mia!»
«No,
scusami tu, Clara...»
«...
ci conosciamo?»
«No.
Non ancora.»
Però
non vede l’ora.
you’re
not as lonely
as you think
you are
Fuori è calata la notte.
Si sono dette così tante cose da
perdere il filo, ma il risultato è che le sembra di conoscerla da
sempre. La ragazza impossibile venuta dal cielo su di una foglia per salvare il
Dottore in tutti i modi e in tutti i mondi. E quando lei – Bill Potts, nient’altro che Bill Potts
– le ha raccontato la fine della storia, o almeno della sua, Clara ha pianto
e le ha parlato di Danny: è stato allora che si è accoccolata
contro di lei, tra le sue braccia, con tutta la naturalezza del mondo. E alla
fine le ha detto: c’è speranza. Anche per il Dottore, c’è
sempre speranza, dopotutto è lui stesso che ce lo insegna, come si
può non crederci più?
A un certo punto Bill ha cominciato ad
accarezzarle i capelli; è l’unica cosa di cui si rende conto
mentre il silenzio si protrae.
«La tua ragazza ti troverà.»
La prima domanda che le viene in mente
forse non è neanche la più importante. «Come diavolo sai
che è la mia...?»
«Abbiamo una storia lunga, tu ed io.»
Nella voce di Clara è tornato un sorriso, che sa un po’ di
aspettativa. «Non è questa l’ultima volta che ci vedremo.»
Bill non risponde, solo continua a
pensare a quello che le ha detto prima di tutto il resto: se la stai aspettando o no...
«Sai cosa?»
«Mh?»
«Io non so ancora dove sto andando.
Ma ho come l’impressione che tu possa dirmelo.»
Clara sembra riflettere a lungo sulle sue
parole, prima di sciogliersi dall’abbraccio e guardarla con gli occhi del
Dottore.
«Dovunque andrai, puoi sempre
prendere la strada lunga.»
I’m gonna kiss you now:
I thought you should know
«Andiamo?»
«Dove
vuoi.»
Spazio
dell’autrice
È
tantissimo, tantissimo tempo che non scrivo come si deve ma volevo tantissimo,
tantissimo scrivere una Bill/Clara – soprattutto dal momento che ce n’è
una tale penuria, non solo nel fandom italiano. ;_;
Mi sono
presa molte libertà, poco ma sicuro. In pratica favoleggio (senza
affrontarlo a parole dirette perché non ho abbastanza fantasia)
di un qualche incidente che ha separato Bill e Heather dopo il finale;
dopodiché Bill si ritrova nel diner!TARDIS di
Clara, in una zona un po’ ostica per gli spostamenti di Heather. Ora, non
me ne vogliano le shipper – io stessa adoro
Heather nonostante quanto sto per dire – ma se la coppia Danny/Clara
è stata definita in passato priva di solide fondamenta, a voler essere
onesti nella costruzione Bill/Heather di fondamenta ce ne sono ancora meno: lo
stesso Dottore dice “never underestimate
a crush”,
dove la cotta è del tutto
improvvisata e imho non fa proprio da presupposto a
una condivisione duratura, ecco. Cioè, queste due si sono piaciute, si
sono capite, Heather voleva andarsene e ha voluto che Bill la seguisse: nel
finale comunque Bill non le dà nemmeno una risposta chiara, prima del
viaggetto da contentino. Non sappiamo nemmeno se tornerà umana o no.
Così,
nella prima stesura di questa storia riflettevo anche che, se Bill arriva a
sapere tutto di Clara, alla fin fine di Heather sa quasi solo il nome –
ho tagliato perché mi sembrava una visione troppo dura, ma non è
poi molto lontana dal mio pensiero. Perlomeno, di cose in comune Bill mi sembra
averne più con Clara che con Heather e ho già fatto abbastanza
propaganda quindi mi fermo qui XD
Il
resto, me ne rendo conto, è ancora più confusionario ma io sono
qui apposta per spiegarvi tutto u_ù I piccoli
momenti in font diverso, dal secondo in poi, rappresentano incontri posteriori
al diner, laddove Heather e Bill si sono ritrovate,
ma potendo viaggiare anche nel tempo Bill ha continuato a incontrare Clara in
una timeline assurda a mo’ di Dottore/River
(ergo il riferimento: a proposito, di River ha saputo proprio tramite Clara,
così come delle rigenerazioni del Dottore). Quindi anche l’ultimissimo
momento, l’Andiamo?, non ha una
collocazione temporale precisa ed è liberamente interpretabile, così come la strada più lunga che può essere tanto Heather quanto il TARDIS di Clara. Non è che
non voglio prendere posizione LOL, è che mi piaceva proprio l’idea
di un subtext aperto concernente tutte e tre XD
La frase
iniziale è ovviamente pronunciata da Bill quando Twelve
cerca di cancellarle la memoria nella 10x01, mentre le lyric
sono tratte da Sweetie
di Carly Rae Jepsen.
Aya ~