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Autore: suni    16/06/2009    23 recensioni
“Hai sempre detto che il tuo grande sogno è diventare Hokage, e allora piantala di dire idiozie.” La voce del genio suona grave, bassa e profonda. “Girati ed esci dal maledetto corridoio. Questa volta è finita, usuratonkachi. E’ finita davvero.”
Lui s’irrigidisce, con un moto di panico e di contrarietà brutale. Deglutisce l’angoscia, piantandosi deciso sulle gambe un po’ più stabili.
“Teme, te l’ho già spiegato una volta, ma tu hai la testa così dura che non so davvero più cosa dirti,” sbotta animoso. “Che razza di Hokage potrei mai essere se non sono nemmeno capace di salvare il mio migliore amico?”
“...Forse non ci siamo capiti, dobe. Io non ho mai messo in dubbio il fatto che come Hokage faresti schifo.”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A Konohagakure c’è chi pensa che la cosa più sensata da fare del nukenin Sasuke Uchiha sia tagliargli la testa di netto, o al limite chiuderlo in una segreta e far sparire per sempre la chiave

Oggi per me è un vecchio anniversario triste, e mi regalo una shot drammatica. E’ insensata, OOC, banale e patetica, ma la volevo scrivere e l’ho scritta.

 

A quelli che se ne vanno senza chiedere il permesso.

 

A presto.

suni

 

 

Te lo prometto

 

 

 

Il corridoio sotterraneo è buio, umido. Da qualche parte un gocciolio costante indica una perdita d’acqua nel sottosuolo, forse tubature troppo vecchie. Non c’è quasi luce.

Naruto non ha potuto vedere il viso dell’ANBU che lo sta guidando, coperto dalla maschera, e non riesce a riconoscerlo dal portamento. Comunque non ha importanza, ciò che conta è arrivare in fretta.

Sasuke è stato dichiarato ufficialmente nukenin poco prima di tornare a Konoha, e quell’infame etichetta non gli è stata tolta dopo la caduta del governo folle di Danzo. Nessuno a Konoha rivuole il discepolo di Orochimaru, nessuno è disposto a credere che davvero si sia schierato a favore del villaggio e non contro di esso nella battaglia finale. Quei pochi che sanno non sono fonti obiettive, sono tutti coinvolti nel colpo di stato. Sakura Haruno, Shikamaru Nara, Shizune, e poi Choji, Rock Lee, persino il Nanadaime Hokage, Kakashi.

Il Consiglio e la maggior parte dei civili vogliono vedere Sasuke Uchiha morto, possibilmente in fretta. Che l’incubo del clan maledetto finisca, per non riprendere più. Che il criminale paghi, e l’equilibrio torni.

Kakashi si è opposto e si sta ancora opponendo, ma nemmeno un Hokage può molto contro il tribunale, a meno di instaurare un’altra dittatura. E questo, Naruto lo sa, Kakashi non lo farà mai. Per fortuna. Il massimo che potrebbe riuscire ad ottenere sarebbe di commutare la pena di morte in segregazione a vita, e non è un granché.

E’ tutto in mano sua, adesso, c’è soltanto lui che possa fare qualcosa.

“Eccoci, è qui,” lo apostrofa l’ANBU, sbrigativo.

La porta è in legno, massiccia, compatta. Soltanto una stretta feritoia all’altezza del volto ne interrompe la possanza, e si sente il campo magnetico che blocca il chakra, per impedire ogni genere di fuga. E’ tutto ben fatto, tutto preciso.

“Posso entrare?” chiede lui, con foga.

L’altro scuote la testa, fermo.

“Puoi parlare da fuori. Ma non farti illusioni, lo stronzetto non risponde alle domande.” Gli volta le spalle. “Dieci minuti. E se fai gesti avventati avrai modo di pentirtene, eroe.”

La voce non è nemmeno sarcastica, solo indifferente. Lì, sottoterra, non deve davvero avere molta importanza che lui abbia fermato l’Akatsuki, Madara, Danzo.

Guarda la porta ancora per qualche istante mentre i passi dell’altro si allontanano, poi appiccica il viso alla fessura e guarda dentro, sgranando gli occhi per vederci qualcosa. C’è appena un filo di luce che piove dall’alto, infimo, e dapprincipio non si vede nulla. Poi scorge la sagoma umana, seduta per terra con la schiena addossata alla parete. Lo riconosce unicamente dal modo in cui i capelli gli ricadono lungo il viso, non si vedono nemmeno gli occhi.

“Mi hai sentito arrivare, no?” chiede, scherzoso. Ma è uno scherzare che fa pena.

Sasuke, perché è lui, rimane perfettamente immobile.

“Devi aver riconosciuto la mia voce a chilometri,” continua Naruto, accolto dallo stesso silenzio immoto. “Dai, teme, rispondi. Non vorrai dar ragione a quel cretino di un ANBU, no?”

Ha così tanto bisogno di parlargli, e non c’è stato abbastanza tempo l’altra sera. C’era la battaglia, e dopo erano feriti, ci sono state macerie, l’arresto, il rovesciamento del governo di Danzo. E’ successo tutto troppo in fretta e Naruto ha quasi l’impressione che siano allucinazioni. Non ha avuto tempo di parlare per bene con Sasuke, nemmeno ha capito tutto: il complotto, il genocidio del clan, il ruolo di Itachi – hanno sempre pensato tutti che fosse un mostro, invece i mostri erano gli altri.

“Lo sai che non me ne vado di qui finché non rispondi, vero?”

Dopo un paio d’altri secondi si sente il fruscio d’un movimento, la testa di Sasuke si muove.

“Ti restano circa otto minuti e mezzo, poi dovrai andartene per forza,” annuncia, inespressivo.

“Io non vado da nessuna parte senza averti tirato fuori,” ribatte lui, troppo scombussolato per non reagire altro che d’impulso. Ma Sasuke ha parlato e il sollievo lo invade. E’ lì, è lui, è vivo e sta parlando. In qualche modo sistemeranno tutto: lo hanno fatto anche l’altra notte, e sì che gli avversari non scherzavano.

“Davvero? Come pensi di fare?” lo schernisce Sasuke, condiscendente.

“Non lo so, ancora, ma in qualunque modo...”

“Vuoi diventare un nukenin, dobe?” lo zittisce freddamente l’altro, sprezzante e quasi canzonatorio.

Il viso di Naruto s’irrigidisce, grave.

“Se sarà necessario, sì.”

Sasuke appoggia la testa indietro, lo si sente inspirare profondamente. Tace di nuovo per qualche istante e poi sbuffa rumorosamente, esasperato.

“Che razza di imbecille. Nukenin, tu, e per che cosa poi? Per uno che ha cercato di ammazzarti un’infinità di volte.”

“Perché no? Cosa importa, a te? Quello che intendo fare sono fatti miei, non è vero, Sas’ke?” risponde lui, con una durezza nuova.

L’altro sbuffa un’altra volta. Poi si vede il movimento, il suo corpo che si raddrizza, sparisce dalla visuale e ricompare in avvicinamento, finché nella fessura non rilucono i suoi occhi. Sono aggrottati, sterili ma, nel fondo – nessun altro a parte Naruto potrebbe capirlo, probabilmente – estremamente inquieti, tristi.

“Hai sempre detto che il tuo grande sogno è diventare Hokage, e allora piantala di dire idiozie.” La voce del genio suona grave, bassa e profonda. “Girati ed esci dal maledetto corridoio. Questa volta è finita, usuratonkachi. E’ finita davvero.”

Lui s’irrigidisce, con un moto di panico e di contrarietà brutale. Deglutisce l’angoscia, piantandosi deciso sulle gambe un po’ più stabili.

“Teme, te l’ho già spiegato una volta, ma tu hai la testa così dura che non so davvero più cosa dirti,” sbotta animoso. “Che razza di Hokage potrei mai essere se non sono nemmeno capace di salvare il mio migliore amico?”

“...Forse non ci siamo capiti, dobe. Io non ho mai messo in dubbio il fatto che come Hokage faresti schifo.”

La risata sgorga dalla gola di Naruto spontanea, nonostante tutto, alleggerisce i polmoni ma brucia. Gli viene quasi da piangere e stringe le labbra cacciando la mano nella fessura della porta, la spinge tanto da farsi male contro i bordi di metallo e conficcarseli nella pelle.

“Le vedi le mie dita, teme?”

“Grazie tante, cretino, me le hai quasi infilate in un occhio,” ribatte Sasuke sprezzante.

Ma poi c’è il suo mignolo che lo sfiora leggerissimo e dopo arriva tutta la mano, impacciata e quasi burbera, che si strofina e poi spinge via la sua. Ma è uno spingere sciocco da ragazzino dispettoso, quasi commuove.

“Mi sei mancato, Sas’ke,” afferma Naruto franco, appoggiando la fronte alla porta.

Sasuke non risponde, ma Naruto sa che il suo silenzio senza ripicche vuole dire “anche tu.”

Lui resta lì immobile, il corpo retto dalla porta, la mano che ormai fa davvero male schiacciata nella fessura, le dita tese intrecciate con quelle di Sasuke.

“Ti tirerò fuori di lì,” mormora risoluto, anche se la sua voce un po’ trema.

“Dobe...” Sasuke sospira di nuovo rassegnato, lo si sente bene attraverso il legno. “Dovresti averlo già capito. Non puoi aiutare uno che non vuole essere aiutato.”

“Sì che posso!” risponde Naruto, sollevando la testa come se potesse guardarlo in faccia con sfida. “Scommettiamo?”

Sasuke sbuffa nuovamente.

“E cosa scommettiamo?” chiede noncurante, sembra quasi annoiato. Non si capisce quanto davvero tutto gli sia indifferente e quanto lo faccia apposta.

“Se vinco io, mi offri un pranzo da Ichiraku, con quante porzioni di ramen mi pare,” risponde Naruto sornione.

“E se perdi?” lo interroga Sasuke, sarcastico.

Naruto stringe le labbra, rifiutando quell’ipotesi.

“Non perdo,” assicura, risoluto. “Stavolta non perdo, Sas’ke.”

“Fai quello che ti pare. Per me è lo stesso, sai. Non uscirò di qui, hai già perso.”

“Uscirai, te lo giuro.”

“Uzumaki, dieci minuti sono passati,” lo interpella la voce dell’ANBU, che ricompare nella penombra.

“Un momento solo!” chiede lui febbrilmente.

“Vattene, dobe,” mormora Sasuke per non farsi sentire. Ha scelto il silenzio e probabilmente, realizza Naruto, quella è stata la sua prima conversazione da giorni. “Cammina, esci da qui e ripulisci questo posto dal fango. Tu, Kakashi, Sakura.”

“E tu. Tu lo sai meglio di noi, dov’è il fango.”

“Uzumaki, dieci min...”

“E TU STA’ ZITTO, specie di cane da guardia!” bercia lui, stizzito. “Non hai davvero un minimo di rispetto?”

“Dobe...” sussurra Sasuke, rassegnato.

“Mi stai insultando, Uzumaki?”

Lui poggia le mani sui fianchi, pronto anche alla bagarra. Se se il litigio evolverà male, tirerà giù la porta adesso, campo magnetico o meno – troverà il modo - e Sasuke sarà fuori.

“Dobe,” lo blocca il sibilo proveniente dalla cella. “Per favore. Non ne vale la pena, ci rimetti per niente. Esci da questa fottuta prigione. Non ti ho mai chiesto niente, te lo chiedo ora. Per favore, esci.”

Lui deglutisce pesantemente, stringendo i denti.

“Va bene, andiamo,” bofonchia arreso all’indirizzo dell’ANBU. “Torno a prenderti presto. E’ una promessa.”

“Come no. Ciao, dobe.”

“Malfidente. Ciao, teme.”

Le dita si stringono un’ultima volta in quel buco pietoso, poi Naruto tira fuori la mano e si allontana. Al primo passo avverte un senso di strappo, una vertigine insopportabile. Per un attimo pensa di stendere il suo accompagnatore e cercare di sfasciare tutto, ma in fondo Sasuke non sparirà di lì da solo, tanto vale organizzarsi meglio. Shikamaru sicuramente lo saprà aiutare.

Sospira a fondo quando i suoi occhi ritrovano la luce del sole.

Presto, la regalerà anche a quelli di Sasuke.

 

 

Ci sono una quantità di modi di uccidere e di morire, e Sasuke è sempre stato pronto a usarli tutti. Forse è per questo che davanti al viso congestionato e terreo di Konohamaru, con i singhiozzi straziati di Sakura nelle orecchie, Naruto pensa che dopotutto se lo aspettava. Pensa che in fondo sapeva cosa fosse quella vertigine e forse ha fatto finta di niente. Forse dentro di sé, nell’intimo, voleva che la fine fosse degna come l’inizio, e che l’erede dello sharingan fosse libero di decidere fino in fondo. Forse invece ha soltanto rifiutato quell’idea aberrante.

Comunque sia, Sasuke ha detto che non sarebbe uscito da quella cella, e non l’ha fatto.

Tutto di testa sua, fino all’ultimo.

“Mi dispiace, Naruto. Si è ucciso durante la notte, nessuno ha sentito nulla.”

Il jinchuuriki di Kyuubi annuisce in silenzio. Dentro, ha un buco divorante che ustiona. Strizza gli occhi e si chiede come farà a sopportarlo per il resto della sua vita; è intollerabile, semplicemente intollerabile. Non si può reggere questo peso immenso sullo stomaco, e l’impotenza, questo dolore. E’ impossibile.

“Prima si è...ferito alla mano, e così è riuscito a scrivere una frase sul muro. Non siamo riusciti a capire cosa volesse dire,” continua Konohamaru, penosamente.

“Che cosa?” chiede Naruto, ma la sua voce è un sussurro roco e animale. Per un attimo ha la certezza di non potercela fare, stringe i denti tanto che stridono.

Non farai schifo. Cosa può significare?”

Nel giro di un istante Naruto ha l’impulso di scoppiare a ridere e poi quello di urlare fino a soffocarsi.

“Non lo so,” risponde infine, con la voce spezzata da un singulto.

No, Sas’ke, non farò schifo. Sarò il più grande Hokage di Konoha, e pulirò tutto. Per davvero, stavolta.

Te lo prometto.

 

 

 

 

   
 
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