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Autore: Vegeta_Sutcliffe    14/08/2017    4 recensioni
Essere principe dei Saiyan per Vegeta non vuol dire nulla, se non la sfida di dimostrare a tutti i detrattori che lui è così forte, così invincibile, così superiore da vincere anche l’onta di una razza che è stata eliminata interamente in meno di un secondo, per il capriccio di un fato bastardo.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Turles, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le più atroci situazioni della guerra, le peggiori torture, non creano affatto uno stato di cose inumano. Non c’è situazione inumana: soltanto per paura, per la fuga e per il ricorso ai comportamenti magici, io deciderò su ciò che è inumano; ma questa decisione è umana e ne porterò l’intera responsabilità.
J. P. Sartre



Mentre nudo si immerge nelle acque del lago, lo vedi in lontananza, nascosto tra le fitte fronde di una vegetazione, che è da considerasi l’unico inno alla vita in quel pianeta devastato per tanto capriccio e poca necessità.
Anche se trattenessi il respiro, anche se prestassi un attenzione maniacale per poggiare i tuoi piedi dove non ci sono foglie secche o ossa rotte, il principe si avvedrebbe della tua presenza, perché non si può ignorare il fastidio di una verità scomoda che avanza inesorabile, tanto più rumorosa, tanto più si cerca di ignorarla. Vegeta sa che incedi verso di lui e poco t’importa della mancanza di teatralità della scena. Hai rinunciato a prenderlo alla sprovvista, perché più che una presenza esterna, sei un fastidioso pensiero che di tanto in tanto lo mina da dentro e un’epifania spettacolare sarebbe un vezzo pleonastico, che richiamerebbe in maniera fastidiosa Ginew. Sebbene non scommetteresti troppo che il tuo disprezzo sia condiviso da entrambi e, osservandolo lavarsi con acribia chirurgica, non scommetteresti di avere mai avuto nulla in comune, se non qualcosa di irrisorio e illusorio al tempo stesso e forse astio reciproco.
I vestiti sono abbandonati sulla riva, piegati con una cura che non ritieni possibile; un comportamento che sicuramente non gli appartiene per natura, ma è solo un costume di un nume straniero, per quanto lui possa tendere a negare e a testimoniare il contrario e che tu sei un illuso che vive di speranze e nel passato.
Odi quei vestiti asettici e testimoni dell’avanguardia dell’ingegneria tessile; li ritieni una prigione di stoffa che ti costringi ad indossare per l’indubbia utilità e funzionalità che hanno, ma ti tormenta il ricordo di quando conciavi la pelle delle aliene, che sceglievi per scopare e che, se non fosse stato per le loro urla fastidiose e l’appartenenza a razze inferiori, avresti sempre voluto sentire addosso. Ché l’unico compito della donna era quello di scaldare il proprio guerriero e per te non faceva differenza interpretassero quel ruolo da vive o da morte.
“Vegeta…” In risposta hai un ringhio e non sai se l’insofferenza è dovuta alla tua vicinanza spaziale o al suono del suo nome che richiama una vicinanza molto più stretta, molto più necessaria, che la volontà del ragazzo non riesce a cancellare, sebbene voglia mascherarla in ogni suo piccolo gesto
“Dovrebbe essere principe per te.”
Sei più grande di lui, più esperto e più smaliziato e l’unica cosa in cui Vegeta ti supera è un’arroganza che sbaglieresti a definire congenita. Hai vissuto abbastanza a lungo da vedere il re sconfitto e  perso e da ricordarti che lui, se non dichiarava resa, almeno cercava una soluzione. Allearsi, meglio sottomettersi col senno di poi, a Freezer era stata l’ammissione più grande della sua inadeguatezza e un figlio forte e tanto intelligente, da essere un estraneo in casa propria, un pegno troppo grande da pagare, una colpa troppo grave da espiare, forse più dell’estinzione dell’intera razza.
“Principe?” Domandi retorico.
Vegeta è tanto altezzoso da pretendere un qualche titolo reale, senza assumersi appieno la responsabilità del retaggio che questo si trascina. Non vuole. Lo odi perché sai che è forte e non accetti il fatto che si stia tradendo ogni istante della sua esistenza, che stia militando in un partito che non è il tuo, non è il vostro, ma solo il suo.
Essere principe dei Saiyan per Vegeta non vuol dire nulla, se non la sfida di dimostrare a tutti i detrattori che lui è così forte, così invincibile, così superiore da vincere anche l’onta di una razza che è stata eliminata interamente in meno di un secondo, per il capriccio di un fato bastardo.
Essere principe dei Saiyan per Vegeta non vuol dire nulla, se non l’orgoglio di sapersi migliore di un branco di morti, per il semplice fatto che lui è sopravvissuto e che si merita di vivere perché è reputato pari da chi la sua razza l’aveva soggiogata senza fatica.
“E poi dovresti inginocchiarti davanti a me, no?” Vorresti poterlo accontentare, ma la contingenza dei fatti te lo impedisce. Vuole la tua reverenza, il tuo rispetto, troppo pieno di sé da vedere l’ironia della richiesta; così poco conscio dell’ eredità della propria gente, da non sapere che i Saiyan hanno rispetto solo di loro e si inginocchiano solo davanti all’autorità che li rappresenta. Ti chiedi cosa rappresenta quel ragazzo spocchioso, dai tratti fenotipici famigliari. Ti ricordi di un passato, nemmeno così lontano, e di un bambino affatto singolare, la cui presenza metteva a disagio.  Non era la sua forza non comune, né la spietatezza con cui uccideva, quello era un vanto, tanto quell’inquietudine nel trovarsi al cospetto di un essere che sembrava privo d’emozioni e di sentimenti, la stessa inquietudine di trovarsi al cospetto di Freezer. Sai che Vegeta, al tempo dell’esplosione, non era così piccolo da non aver coscienza di cose fosse la socializzazione Saiyan: delle tradizioni, dei valori. Sai che essere un guerriero non significa non avere istinti animali, passioni travolgenti, sia odio o mania amorosa, o  quell’atavico attaccamento alla propria gente e al proprio posto; chè il giorno della distruzione di Vegeta-sei, tutti i Saiyan portavano il lutto in cuore, tutti tranne chi aveva glissato la notizia con una scrollata di spalle e aveva chiesto altro di che vivere. Sai che Vegeta era abbastanza grande da non essere costretto ad essere  un soldato di Freezer, ma solo un guerriero saiyan.
“Mi inginocchio davanti a chi non si inginocchia a sua volta davanti a nessuno.” La sua mano, che massaggiava la pelle bagnata del suo collo, si ferma stizzita. Sai che Vegeta possiede l’illusione di essere libero, di non essere comandato e non si sente legato a nessuno e nemmeno a niente, se non a chi sa di poter tenere al guinzaglio.
L’ostinazione con cui continua a circondarsi di Nappa e Radish è dovuta alla facilità di un vernazione cieca, fomentata dalla stupidità fanatica di uno e dalla debolezza impotente dell’altro e dalla condivisione di una falsa idea comune: che Vegeta sia ancora fedele alla causa Saiyan.
Se l’ego del principe riuscisse a trovare altri schiavi, pronti a prostrarsi con tanta naturalezza e trasporto, non persevererebbe a risparmiare la vita degli altri due guerrieri, usati come balsamo per lenire le ferite di un orgoglio che, sebbene eccitato, di tanto in tanto viene offeso, da una condizione di inferiorità.
“Che alternativa ho?” La sua è una risposta meccanica, fredda. Non c’è rabbia, né frustrazione. Solo la risposta abituale che elargisce a Nappa e Radish, quella che di tanto in tanto fa comodo ripetersi pure in mente.
Viene narrata la leggenda dell’odio che Vegeta prova per Freezer, non rendendosi conto che Vegeta non conosce odio, solo un istinto opportunista e che riesce ad acconciare facilmente la sua bocca in ogni smorfia espressiva, perché l’unica incapacità che ha è la sincerità.  Viene promessa una redenzione futura, una vendetta necessaria, che viene ordita nei meandri della dimora del nemico, tra le comodità che quest’ultimo concede generosamente e tra i sospiri e le attenzioni delle più belle aliene umanoidi, che lui conserva gelosamente per il principe.
Viene chiesta giustizia per delle ferite fisiche, che sono spacciate per un’onta all’orgoglio; viene chiesto risarcimento per quelle cicatrici che si è procurato in battaglia, e di cui è altamente fiero, ma che la convenienza impone di mistificarle da punizioni di un individuo  che all’acme della sua incoerenza, mentre è paventato dalla razza guerriera e consapevole del vantaggio che questa possiede dalla guarigione dal dolore, li ferisce volutamente.
Viene evocato un passato mitico, fatto di libertà e invincibilità, viene finta nostalgia, ma rimangono solo belle parole all’aria.
“Perché non ti ribelli, mio principe?”
“Non posso. Freezer è più forte.” Minima inclinazione della voce.
“Preferisci vivere da schiavo, che morire da uomo libero?”
“So che sei esperto di servilismo, terza classe, ma io non sono uno schiavo.”
Lo guardi e ti fa pena. Ridi sguaiatamente. Se l’unico a cui Freezer non da nessun ordine è Vegeta, non è per una magnanimità eccezionale e strana a giustificarsi, quanto per l’opportunità che consegue dalla consapevolezza che il principe non ha bisogno di comandi espliciti per comportarsi da suddito ubbidiente. Vegeta ha a tal punto interiorizzato Freezer, da sentirsi assolutamente libero di pensare come un altro e di essere mezzo della sua volontà. In ultima analisi l’orgoglioso principe dei Saiyan è il suddito più ubbidiente e il tiranno è così certo della sua più cieca devozione che gli permette tutti quei gesti spettacolari che sembrano espressioni d’irriverenza e disobbedienza.
“Allora vieni con me, mio principe. Sono pronto a prostrarmi a te, se solo tu volessi.” Se la rivolta contro la potenza di Freezer è impossibile, la fuga è plausibile, poco dignitosa, ma meglio della schiavitù.
Siete abbastanza forti da poter dettare legge ovunque vorrete soggiornare e abbastanza intelligenti da evitare Freezer e i suoi scagnozzi. Una vita in latitanza, ma una vita. Ci vorrebbe davvero poco a far perdere le tracce, a bruciare gli scooter a viaggiare con una navicella rubata. L’alternativa ci sarebbe, lo sai, lo sa.
Purtroppo sai che non vuole. O l’avrebbe già fatto. Il principe ha da tempo preso una decisione. Sai che è così tenace e testardo da tentare sempre di modificare ciò che non gli piace;ma in fondo quella situazione sta bene, l’ha scelta.
“Sai quanti alieni si prostrano a me? Perché dovrei accontentarmi di una sporca scimmia?” Per un attimo immagini Vegeta con le labbra viola e la pelle più chiara di quella che già non abbia e la visione non ti sembra così contraddittoria e irreale come vorresti.
Continua a detergersi vigorosamente con l’acqua in cui è immerso.
Vegeta ha un’ idiosincrasia esasperata per gli odori eccessivamente forti e naturali. Lo conosci da sempre, ma non sapresti dire che odore abbia la sua pelle, sebbene l’olfatto Saiyan sviluppato. Sa di sapone, sa di disinfettante, sa di chimico, sa di Freezer.
“Puzzi come un animale, Turles.”
Ti auguri che quella decisione lo porti presto alla morte. Non hai dubbi che succederà e godresti immensamente, se fosse per mano di Freezer.
Speri che tutte le bugie che Vegeta usa per blandire Nappa e Radish diventino presto realtà, e che il principe soccomba sotto il peso di una vanagloria infantile, di una decisione sbagliata.
“Ma il guinzaglio lo porti tu.”
“Puzzi come un animale, Turles. Come una scimmia morta.”
Mastichi la tua saliva e quando ti sei stancato ad averla in bocca, la sputi addosso al principe, insieme alla verità.
“Sei venduto.”
“Lo so.”



Salve a tutte!
Chi mi conosce sarà stupito dall’ispirazione del capitolo: J.P Sartre? E Nietzsche?
Il concetto di responsabilità è un concetto a me caro, carissimo! Sono atea(Scoop, dopo l’Anticristo, vero?) e riduco l’intera realtà al mondo in cui vivo, quindi come referente, causa, effetto delle mie azioni non riesco a non vedere che me e gli altri uomini e senza responsabilità,senza riflessione su ciò che è umanamente bene o male, si impedisce l’azione o, per lo meno, si fanno casini.
Il principio del concetto di responsabilità è semplice e in soldoni suona così: Ogni cosa, è una tua scelta e le conseguenze te le piangi tu. Non c’è nessuna situazione obbligata, c’è sempre alternativa, basta volerla abbastanza. Facile a dirsi e difficile a farsi.
Proiettato sull’universo di Dragon ball, il principio di responsabilità non può che farmi pensare a Vegeta (qualunque cosa mi fa pensare a Vegeta), poiché è un personaggio completo, che non si può classificare né tra i buoni, né tra i cattivi, ma autonomamente sceglie di volta in volta e conta sulle sue forze per uscire dalle situazioni che lui stesso incasina.
E per la stima che provo per lui, non posso pensare nemmeno per un secondo che abbia mai subito un qualche genere di situazione; so che vi può sembrare il vaneggio di una folle, che glissa il riferimento all’opera originale, so che vi può sembrare OOC, ma vi giuro che ogni più piccolo particolare della storia è costruito su quello che succede nel manga. Se l’incontro con Turles è ovviamente fantasioso, non è una mia invenzione né la passione per la pulizia di Vegeta, pensate a quando dice a Guldo di puzzare, o quando si lava nella navicella di Freezer su Namecc, né il rapporto non particolarmente idilliaco con la sua razza: Vegeta è egocentrico, poco gli frega dei Saiyan, lo ripete più di una volta, ma ripete in maniera ossessiva di esserne il principe.
So che ai fini della trama di Dragon ball, Vegeta non ha potuto ribellarsi prima a Freezer, ma davvero non avrebbe mai potuto farlo prima? Questa vuole essere una proposta di una situazione probabile, che sebbene falsa, possa più o meno rendere ragione delle diverse disposizioni che Vegeta ha verso il suo passato e la sua razza e verso lo strano rapporto con Freezer, perché di tanto in tanto sembra più pensare come Freezer che come un Saiyan.
Io amo il rapporto che intercorre tra questi due, perché è complesso, sfaccettato, quasi malato, ma soprattutto sembra essere estraneo ad un ottica esclusivamente antropocentrica/ geocentrica.
Era mia più profonda intenzione, un’intima esigenza in realtà, dipingere un Vegeta mercenario, convinto di quello che fa, senza sensi di colpa e coscienza morale da terrestre, perché sarebbe un anacronismo ingiustificabile e non possiamo applicare retroattivamente le esperienze di un Vegeta futuro.
Spesso ci si scorda che i criteri di socializzazione Saiyan sono diversi da quelli terrestri e che Vegeta considera perfettamente normale aver mandato Goku neonato a conquistare un pianeta, senza sembrare sconvolto, senza che sembri bisognoso di amore o di un altro modo di pensare.
Se è un mostro che va in giro ad uccidere gente, perché gli dobbiamo far sentire il rimorso di coscienza terrestre, in un momento in cui Vegeta non sa nemmeno cosa sono i terrestri? Perché dovrebbe considerare Freezer un mostro, se condividono gli stessi “hobbies”? Ci sta il risentimento, ci sta l’odio, ma che Vegeta condanni moralmente Freezer è quasi impossibile.
Vegeta sta bene da bastardo e so che colpisce il nostro sentire morale, ma invito sempre al relativismo, perché apre gli occhi, almeno in un contesto in cui questo non ha conseguenze pratiche gravi.
Belle le note più lunghe della storia, eh?
In ultimo: nella mia testa era molto più bella, ma è un clichè ormai, quindi rimetto il giudizio alla vostra coscienza.
Ringrazio infinitamente chi leggerà, esporrò la sua opinione e non mi metterà alla pubblica gogna.
Alla prossima, con affetto
Vegeta_Sutcliffe!
  
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