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Autore: ino the demon    16/06/2009    1 recensioni
questo è il racconto breve con cui ho appena vinto il concorso di prosa del mio liceo. Un giorno, un uomo vestito solo di bianco e di nero,un poeta, entrò in una classe piena di luce e chiasso. Ed iniziò a chiedere a quei ragazzi che colore avesse la vita....
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL POETA

Il poeta aprì la porta della classe 3A con circospezione. La sera  prima si era preparato psicologicamente, l’aveva fatto sul serio, ma ciò che lo aspettava li dentro era rimasto una sfida e un’ incognita. Non era mai stato molto loquace:viveva in un suo mondo fatto di scrittura  nera sul foglio bianco,notti nere con la luce bianca accesa, vecchi film in bianco e nero, pasta in bianco e risotto al nero di seppia. La sua vita era tutta in bianco e nero, perché i colori si concentravano nella sua testa , e lì brillavano.

Si sistemò la camicia bianca, ravviò i lunghi capelli neri  e  fece il passo decisivo. Quella che lo investì  dentro l’aula angusta fu la più grande baraonda che avesse mai visto. Lui viveva in una casa compulsivamente ordinata, dove ogni cosa aveva il suo posto, dalla saliera bianca al pettine nero. Il disordine era tutto nella sua testa, e lì fioriva.

I ragazzi erano invece reali, tangibili, e  rumorosi. La professoressa  di italiano, un donnino dai capelli corti e unticci e dall’infinita pazienza cercava inutilmente di tener buona la classe, che evidentemente aveva deciso  di prendersi una pausa.

– Professoressa, Filippo ha messo tutte le sue penne nei capelli di Serena-  La ragazzina che aveva parlato dimostrava  16 anni, ma era impossibile. A meno che non fosse stata bocciata tre volte. Cosa ci faceva in terza media? Perchè era una scuola media quella, vero?Era uno schiaffo di colore, felpa  viola, pantaloni neri, fermaglio lilla nella chioma bionda. Serena, quella con le penne nei capelli, era una foglia di alloro: maglietta bianca, gonna verde, fiore all’orecchio.  Filippo, il maleducato, era un’oliva: ricci olivastri, pelle olivastra, olive a posto degli occhi

La classe era una mandria colorata in movimento,e il poeta spalancò gli occhi:tutto quel caos e quel brillare e vociare! Doveva assolutamente assorbirne quanto più possibile, rinchiuderlo nel suo laboratorio mentale e lasciarlo sedimentare.

- Ragazzi- la professoressa stridette come un gesso sulla lavagna. Un aeroplanino fatto di carta terminò il suo volo ai piedi del poeta, che lo raccolse e lo studiò da ogni angolazione. Poi ,quando si accorse che una ragazzina  seduta al suo banco lo fissava come se fosse un animale allo zoo, lo lascò cadere.

-Ragazzi, questo e’ Il Poeta. Gli cedo immediatamente la parola. Come pattuito, non vi annoierò con la storia della sua vita e non vi dirò per esempio che ha studiato a…-

La classe intera alzò gli occhi al cielo. Era il momento buono per prendere la parola, avrebbe evitato loro noiose spiegazioni, e dopo questo salvataggio in extremis li avrebbe avuti tutti dalla sua parte. Lo avrebber oascoltato. Forse.

-Ahem-  Si inserì. Non brillante come inizio, complimenti poeta. Qualcuno degli  alunni però diede segno di appezzare. –Ahem- …ancora?! Dove erano le parole? Dov’erano?!

Un raggio di luce colpì il vetro, il bianco si scisse in una fontana, in mille colori, e le parole spuntarono fuori. IL poeta incominciò:

-Oliva. Cioè Filippo, sai dirmi di che colore è la luce?-

Filippo ridacchiò:- E’ bianca, non ci vedi? –

-E tu Serena, a te una domanda un po’ più complicata. Sai dirmi di che colore è la vita?-

Serena ci pensò su. Grazie al cielo, ne aveva trovata una  a cui la cosa interessava!

- La vita è fatta del colore della luce che la illumina-

_ Brava Serena, è qui che Oliva, eh, Filippo ha sbagliato. La luce non è bianca, e io ci vedo benissimo. Porto persino gli occhiali, per vedere meglio. Però è il mese dell’oculista, i controlli sono gratis, se Filippo vuol fare un giretto.. –

Sorrise, e qualcuno gli sorrise di rimando, e lui lo vide dietro la montatura degli occhiali neri e sentì che tutto sommato ce la poteva fare.

-La luce è fatta di molti colori e ogni colore illumina la nostra vita. Nella luce c’è il Rosso, l’Arancio,il Giallo, il Verde,l’Azzurro,il Viola. Una cosa ci appare bianca quando riflette tutta la luce che la colpisce, e ci appare nera quando la assorbe completamente, come un buco enorme e scuro nell’universo.

-Questa è scienze no? Non eri un poeta?- chiese la ragazzina che prima lo fissava come  si guardano le bestie allo zoo

Il  Poeta sorrise di nuovo- Io parlo dei colori della vita, ma per parlare di quelli bisogna partire dai colori del mondo. E noi li vediamo con gli occhi, che sono sensibili alla luce-

La bambina sembrò convincersi.

- Comincerò a parlarvi del bianco, visto che Filippo sostiene che la luce è bianca. Con tutto si può fare poesia, ma secondo me la poesia vera è nel colore. Nel colore della vita, per la precisione.

 Per esempio nel Bianco  ,come il vestito che Iris indossa una sera di maggio, bianco come i suoi guanti lunghi fin sopra il gomito e  come i denti del suo sorriso nervoso, come imparato a memoria e sfoderato a comando. Iris tiene la mano del suo cavaliere, tremando. Non è ma stata il tipo da abito bianco, da eleganza antica e signorilità. E’ sempre stata più una da  rosso, come il fuoco delle sue mille idee , la battuta sempre pronta , la pelle calda anche d’inverno e il rossore delle guance di ora. Eppure si trova immersa nel bianco, come in una nube lattea, con un mazzo di luce in mano, fiori bianchi. L’orchestra comincia a suonare, bianca , tabula rasa è la sua memoria. Non ricorda neanche un passo. Ricorda solo che si  tratta di un valzer viennese, niente più. Ah, si,  e che sta per debuttare,  e per giunta malamente, nel caso quel bianco non si riempisse ora, in società. Bianca diventa la folla, quando il suo cavaliere inizia a farla girare. Bianco il mondo intorno a lei, bianca perfino la musica, e a pensarci bene non è così difficile, lo riesce quasi a vedere il nastro di candido raso composto dalle note, che la guida. O forse è il guanto immacolato del suo cavaliere a portarla attraverso tutte quelle coppie danzanti.  Iris non tema più, e tutto grazie a quel candore luminoso.-

Le ragazzine sospirarono in coro. Le aveva colpite, ma i maschietti sbuffavano e ridevano, pensavano che si trattasse di favole da principesse. Il Poeta se lo era aspettato , e infatti era pronto.

-E adesso  parliamo del Rosso:  e’ il compleanno di Luciano, un compleanno come tanti altri, nulla di speciale, niente per cui gioire. La mattina, quando la mamma lo ha svegliato, ha trovato sul suo cuscino un peluche rosso, tipo portachiavi.  Ma ormai è grande,  i peluche non fanno per lui, son roba da femminuccie. Tutto qui il suo regalo? Diventa tutto rosso di rabbia,e di vergogna, ma non vuol darlo a vedere. Ti immagini se la mamma lo scopre, che lui è deluso? Verrebbe fori una paternale che non finisce più .Si metterebbe a strillare e diverrebbe tutta rossa in faccia, come sul punto di esplodere. Però è arrabbiato lo stesso, ci vede rosso, tutto rosso. Torna da scuola e il mondo è ancora rosso, perché il suo migliore amico non solo non gli ha fatto gli auguri, ma lo ha anche chiamato Carotone davanti a tutti. Maledetti i suoi capelli rossi, sta giusto pensando di rubare la macchinetta al suo papà e raparseli a zero. Ma il rosso è fatto così ,per quanto lo copri si vede sempre. E’ così imbarazzante! Però quel  motorino parcheggiato davanti al cancello è davvero bello. Non l’ha mai visto prima. Beato il suo proprietario, di sicuro è il vicino di casa, quel miliardario che lui ha sempre cordialmente detestato. Però il motorino è tutto rosso, come Luciano. Forse sono spiriti affini. E nel quadro c’è una chiave. La mamma si affaccia alla finestra, rossa anche lei: è da li che vengono i capelli di Luciano. – Buon compleanno bimbo mio, è tutto tuo!-  Luciano non la lascia finire, è già una freccia rossa, tutta rossa, sulla strada davanti a casa, avanti e indietro, proprio come un bambino piccolo con il triciclo nuovo.

Adesso  tutti lo ascoltavano, maschi e femmine . Immobili.

-Arancio  è una macchia  tonda,perfetta,su un albero, mentre il nonno sparisce fra le fronde, arrampicato in cima ad una scala. Macchie arancioni ogni tanto piombano a terra, quando il nonno non fa attenzione. Mi sta raccontando di come ha conosciuto la nonna, e si emoziona,  a volte le fa cadere. Quando arrivano a terra le arance si ammaccano, ma non esplodono. Il nonno dice che invece le melanzane esplodono. Lo sa perché lui e la nonna si sono conosciuti così: il nonno stava tirando una melanzana giù dalla finestra, per vedere se esplodeva,e la nonna passava in bicicletta sul sentiero di campagna davanti a casa, con un cestino di arance   ben saldo sul manubrio. Il nonno dice che la melanzana è esplosa sulla nonna, che si è tutta macchiata. Così la mamma del nonno l’ha invitata in casa e le ha pulito gli abiti. Però il nonno dice che le arance non si sono fatte nulla. Quando ha finito il suo racconto il cestino è pieno di colore profumato, brillante, un po’ ruvido. Andiamo dalla nonna con quel colore, che ha anche un odore e un sapore. E quel mare tondeggiante  e arancione diverrà soffice come confettura, fresco e liquido come spremuta, croccante e  gustoso sopra la crostata. E mentre la nonna prepara  tutte queste cose, io le dico: -meno male che non è andata al contrario.  Pensa  se tu portavi un cesto di melanzane e il nonno invece ti buttava le arance dalla finestra!Che disastro!- La nonna, con una macchia  di succo arancione sul grembiule, ride.-

Tutti erano tornati bambini, in campagna, fra il nonno , la nonna e l’odore di crostata. La professoressa dondolava sui piedi come una scolaretta trasognata.

Il poeta si schiarì la gola che andava seccandosi. Mancavano  ancora Giallo, Verde e Azzurro.

Anche la professoressa si schiarì la gola:- Mancano 5 minuti all’intervallo. Vada concludendo, non vorrei che i ragazzi le sfuggissero  di mano. Tengono molto alla loro pausa. Lo so,lo so, sono una massa di asini.-

Il poeta la fissò un po’ ostile.

-Allora  Filippo.Tu cosa ai dirmi del Giallo?- chiese Il Poeta in bianco e nero passando  accanto all’Oliva. Si muoveva  per la prima volta in tutta la lezione. Era stato fermo, in piedi accanto alla cattedra, camminando per la stanza soltanto con le sue parole ed incantando i bambini ad un ad uno, passandogli accanto con la voce come il pifferaio di hamelin.

-Giallo come i girasoli nel campo accanto a casa mia, che seguono la luce  del sole come se baciassero ogni singolo raggio, come se bevessero gioia e girando tutt’intorno la risputassero fuori.

-E tu, Serena, cosa mi dici del Viola?-

-Viola non si può indossare a teatro,  e nel cinema, e nello spettacolo. Ma è solo una vecchia superstizione: io da grande farò l’attrice, e del viola non m’ importerà nulla. Viola come gli occhi di una bambola, viola  irreale e perfetto, viola come un tessuto  che scivola in un abito che amerò indossare.

 

- Bionda spiga del grano,fanciulla laggiù. Manca solo l’Azzurro.-

-Azzurro come il mare calmo, su cui viaggerò da grande. Azzurro immenso che ti abbraccia da tutte le parti, senza cemento intorno, così tanto azzurro da convincerti che sei un gabbiano, che puoi volare sulle onde e sfiorare la schiuma, che puoi dimenticare i problemi degli uomini.

Così tanto azzurro da non capire più cosa è mare e cosa è cielo.-

La campanella suonò sulle ultime parole della ragazza. Il poeta si aspettava  che gli allievi sarebbero schizzati sulle sedie e si sarebbero catapultati fuori dalla porta. Non se la sarebbe presa. Erano ragazzi, ci vivevano nella poesia,anche senza accorgersene, e sentirne parlare era un po’ come cercare di raccontare il mondo che c’è nella testa di un bambino. Riduttivo.

Svilente.

Invece i ragazzi rimasero seduti. Non si mossero. Oliva/ Filippo alzò una mano.

- Manca qualcosa.- Il tono polemico che la sua voce aveva avuto all’inizio della lezione era ancora tutto lì, potenza inespressa entro quel bambino minuscolo.

- Manca il nero, poeta. Perché sei tutto bianco e nero?-

-Il Nero assorbe tutta la luce, tutti i colori, e li tiene dentro di sé. Il bianco li butta fuori, li riversa nella vita. Io sono il bianco e il nero,imparo dalla vita che vedo passare, le rubo tutti i suoi colori, e poi mostro al mondo quanto splendenti possano essere.-

Mentre Il poeta già usciva dall’aula, Serena chiese un’ultima cosa.

- Ma  poeta, non soffri a guardare i colori degli altri senza poterci mai vivere dentro davvero? –

Il Poeta però era sparito oltre la porta.

 

 

 

 

Spazio dell'autrice:
 
Buongiono a tutti!! era un sacco che non postavo! anche perchè sono sotto maturità  e la mia esistenza ha preso una piega un po' complessa. Ma pazienza.
 Dedico questa fanfic al popolo della notte,  al nostro ultimo anno insieme e ai colori della nostra vita.

  
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