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Autore: Marauder Juggernaut    18/08/2017    2 recensioni
[ Dal Testo ]
Cani.
Leccapiedi.
Venduti.
Cari, soliti nomignoli che avevano accompagnato la loro esistenza per un breve o lungo tratto della loro vita. In fondo, certe posizioni ottenute non erano altro che comodi paravento dietro cui nascondere le peggiori nefandezze che ora potevano compiere con il beneplacito della proclamata giustizia. Bastava non dare troppo nell’occhio a quel Governo che pareva ormai avere orecchie e spie ovunque.
[...]
Quel Governo che aveva fatto inchinare i pirati più forti, alla fine anche esso si inchinava di fronte a quel potere impossibile da controllare del tutto, persino per lui.
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Ecco cosa succede quando l'autrice di notte, invece di dormire, ascolta le musiche di Notre Dame de Paris, il musical. Ehi, io l'avvertimento nonsense l'ho messo, perciò...
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Barba nera, Boa Hancock, Crocodile, Donquijote Doflamingo, Drakul Mihawk
Note: Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Note iniziali: per maggiori delucidazioni vi consiglio di leggere anche le note finali!
Marauder Juggernaut

Nous somme comme vers - « C’è marcio, ecco che c’è »


Non toccherete da noi nessun cielo né Inferno
Non c'è Inferno né cielo
C'è il marcio, ecco che c'è

In questo marcio ci siamo noi vermi di terra

 
Cani.
Leccapiedi.
Venduti.
Cari, soliti nomignoli che avevano accompagnato la loro esistenza per un breve o lungo tratto della loro vita. In fondo, certe posizioni ottenute non erano altro che comodi paravento  dietro cui nascondere le peggiori nefandezze che ora potevano compiere con il beneplacito della proclamata giustizia. Bastava non dare troppo  nell’occhio a quel Governo che pareva ormai avere orecchie e spie ovunque.
Ma pirati furbi come lo erano di solito loro non avrebbero avuto problemi a nascondere loschi affari o perversioni violente che scuotevano il consolidato senso morale fin nelle fondamenta.
Pirati.
Non si poteva usare altra parola per descriverli, perché alleati lo potevano essere solo a volte alternate: tutto dipendeva dalla luna, dalla marea, dai capricci di coloro che si erano inchinati al potere per comodità, per continuare i propri affari in segreto, ma con più tutela.
Nulla di valoroso in loro, solo una putredine coperta da illimitata libertà d’azione e da un elegante velo di apparente superiorità.
Superiorità temuta da tanti, bramata da tutti.
Ottenuta da loro.
 
Il sangue col vino noi lo mescoliamo
Tu sei dentro la Corte dei Miracoli

 
Mihawk guardò le decine di navi spezzate sotto il potere immenso della sua lama nera.
Noia; assoluta noia che gli comprimeva il petto e non trovava soddisfazione nel blando tentativo di devastazione che aveva portato avanti senza neanche troppa convinzione. Pirati alla stessa altezza dei vermi che si agitavano nel fango sotto i suoi stivali, medesima dignità e identica forza. Per Occhi di Falco, tutti al mondo erano insignificanti e quello sguardo glaciale altro non comprovava quell’assoluta superiorità che era chiara al mondo.
Corpi di uomini erano riversi e immobili sui ponti distrutti dei velieri che si erano messi sul suo cammino; cadaveri grondanti di sangue insozzavano le acque trasparenti, attirando affamati abitanti marini che già si gustavano quel banchetto di carne umana.
La barca dello spadaccino solcò lentamente le acque, come una macabra passerella in quella flotta di relitti, dove vele squarciate ondeggiavano come drappi funebri per coprire i pirati ormai caduti per un capriccio dello spadaccino più forte. Ma questi non aveva tratto alcuna consolazione, se non una noiosa uccisione del tempo, che non valeva nemmeno l’inseguimento fatto.
Quarantanove navi.
Una cinquantesima era scappata.
L’avrebbe inseguita, giusto per placare un po’ quella noia che ancora non si decideva ad andarsene.
Un pirata esalò un grumo di sangue prima di spirare per sempre.
Drakul Mihawk nemmeno se ne accorse. Aveva solo voglia di un buon vino per allietare il viaggio.
 
 
Facciamo l'amore come viene viene
Sei davanti alla Corte dei Miracoli

 
La sensualità scivolava sulle forme perfette di Boa Hancock come lo faceva l’acqua che correva su quella pelle perfetta, illibata; la goccia aggirò il seno prosperoso, scese sul ventre e percorse la linea del fianco, invitante e cristallina. Quanti uomini avranno sognato di accostarsi a quel corpo privo di imperfezioni con la sola idea di macchiarlo e marchiarlo come proprio; perché a tutto invitavano le forme di Boa Hancock, a tutto tranne che a pensieri casti che rendevano marmoree prima del corpo intero solo una piccola, impudica parte.
A lei nulla interessava, perché nessuno la meritava, troppo bella per i dettami canonici e nessun uomo alla sua altezza; lei era unicamente quella succube impura che popolava gli erotici dormiveglia di marine e pirati che fantasticavano di  sogni sozzi a bordo della nave delle Amazzoni.
Perché allora non illudere il volubile genere maschile con false promesse di paradiso?
Uomini tanto sciocchi da credere di avere vita facile, celestiale in quella ciurma di donne, come se loro si concedessero come qualsiasi puttane di un bordello di bassa lega.
No, le Amazzoni erano guerrieri, come tali uccidevano chi ritenevano nemico; come tali si regalavano un riposo da guerrieri che nulla poteva c’entrare con la presenza maschile, tanto vile, tanto sporca.
 
Noi siamo innocenti come i delinquenti
Sei davanti alla Corte dei Miracoli

 
Un piano perfetto, curato in ogni singolo dettaglio e che stava proseguendo meglio di quanto lui stesso avesse anche solo osato immaginare. Anche solo i pavimenti di Marijoa splendevano di una luce che Marshall D. Teach nemmeno aveva creduto di pensare. Lui, prima a soffrire sotto il sole bollente sul ponte secco di una nave, ora varcava le soglie di un mondo dominato da esseri che si credevano dei del mondo; che si credevano padroni degli uomini e da padroni si comportavano, perché uno schiavo restava in vita solo perché il padrone non aveva ancora provato il capriccio di ucciderlo.
Uno schifo, per Marshall D. Teach. Uno schifo lussuoso, a cui avrebbe potuto abituarsi, ma il piano era uno solo e quello doveva seguire; se avesse avuto successo, avrebbe potuto seminare terrore in quei mari almeno quanto lo facevano quei portatori di Giustizia per cui ora lavorava.
Bisognava solo scendere nell’infernale gola di Impel Down, nel livello più basso, tra i rifiuti più immondi e proporre il prelibato piatto della libertà: a quei morti di fami nulla sarebbe parso più bello.
Un piano perfetto, studiato che già faceva tremare dall’aspettativa quei denti corrosi dallo scorbuto, quella faccia bruciata dal sole e dalla salsedine. Il potere sembrava già vibrare nelle sue mani callose e lo bramava, lo desiderava e non riusciva a pensare ad altro.
Troppo bello, troppo semplice.
E dire che per ottenerlo era bastato unicamente regalare alle lame dei boia il collo del suo ex comandante…
 
Dei pranzi del mondo siamo noi gli avanzi
Siamo noi questa corte dei miracoli

Si, siamo noi della corte dei miracoli

 
Nel corpo di un gigante era intrappolata la mente di un bambino. Un infante che provava gusto in quelli che quasi riteneva giochi, massacri compiuti nella più candida e divertita e letale innocenza. Le grida che rivendicavano la vera famiglia di Barbabianca erano per Edward Weeble  poco più che fastidiose mosche che dovevano essere schiacciate così non lo avrebbero più annoiato coi loro ronzii senza il minimo senso.
Lui era l’unico vero figlio di Edward Newgate.
Lo diceva anche sua madre e sua madre non sbagliava mai.
Lui era l’unico figlio di chi era stato chiamato “feccia” sia dal mondo civile che dalla Marina e dal Governo che difendeva tutte ormai tutte le sue azioni, purché dirigesse quello spropositato potere verso altra “feccia” pirata.
Edward Weeble era certo che sarebbe diventato forte come lo era stato il presunto padre un tempo, ma le sue ambizioni parevano differire leggermente da quelle di una madre assieme balorda e apprensiva il cui solo interesse sembrava fosse venerare ogni giorni di più il vile dio denaro.
Nei soldi quella piccola megera trovava il modo di sopportare quel bambinone troppo cresciuto che metteva a dura prova di minuto in minuto la sua labile pazienza. L’importante era che rimpinguasse quelle stracciate tasche con sonanti e preziose monete, tante quante non potesse mai immaginarne.
 
Teppisti e Gitani, una è la canzone
Tu sei dentro la corte dei Miracoli

 
Festa, sempre festa in quella pagliacciata di nave, in quel tendone da circo decadente che pareva aver tolto del tutto serietà a quell’istituzione tanto temuta in tutto il mondo. Eppure il pianeta pareva crederci che tra quelle panche sgangherate, tra quelle poltrone scomode e quei numeri da illusionista fallito ci fosse qualcuno di abbastanza forte da far tremare il mondo.
Buggy non sembrava dare quell’impressione a prima vista, ma con le parole era in grado di raggirare chiunque come il grande truffatore che si vantava di essere.
Su quel palco dove si esibivano acrobati e domatori, il fumo scenografico era probabilmente entrato negli occhi degli evasi che avevano deciso di seguirlo fino in capo al mondo, fino tra le fauci della morte e anche oltre.
E il Clown rideva di questa fortuna, convinto che potesse durare per un tempo illimitato, perché forse per una volta la buona sorte sembrava avergli sorriso anche più del dovuto, continuando a ingannare quel branco che lo seguiva e che pareva cieco ai forzati raggiri che facevano sembrare quel Pagliaccio un capitano degno di stima.
L’importante era che continuasse la festa, perché quando abbondava il vino e il divertimento nessuno faceva domande di troppo e bastava unicamente una risata decisa e sentita di quel capitano dal naso rosso e invadente perché tutti credessero che nulla li avrebbe minacciati più del dovuto.
Erano col salvatore che li aveva ripescati dai più profondi inferni, non avevano nulla da temere.
 
 
Noi siamo evasori, ma dalle prigioni
Sei davanti alla Corte dei Miracoli

 
Non c’era motivo per Crocodile di tornare in superficie da quell’Inferno infinito, dove ogni giorno era uguale all’altro e ogni secondo si sovrapponeva al successivo in un tempo che sembrava sempre uguale e indistinguibile.
Torture inimmaginabili erano ormai una consolidata e raccapricciante routine che scandiva giornate altrimenti troppo simili per poter essere ricordate.
Non c’era motivo prima.
Ma quel bastardo dominatore del mare stava per tirare le cuoia e quell’occasione si presentava gustosa e solleticava l’appetito e l’aspettativa. Non gli importava più nulla di un regno di sogni e di sabbia, di un’arma impossibile da riportare in vita quando si palesava davanti a lui la possibilità concreta di una vendetta servita fredda. Non lo avrebbe fermato un ragazzino rumoroso che ancora urlava qualche ingiustizia da lui compiuta in passato, pronta a essere dimentica con una scrollata di spalle. Con l’idea di perforare la pelle ormai rugosa di Barbabianca con l’oro del suo uncino, la libertà sembrava aver riacquisito quel tepore che chiunque in quella prigione voleva ricordare, anche solo per un attimo. Le sbarre sembrarono di colpo meno solide, la scalata verso il primo degli Inferni parve meno ripida agli occhi attenti di quel rettile che era rimasto acquattato silenzioso nell’ombra, unicamente nell’attesa di colpire ancora con quel morso letale. E questa volta, avrebbe ucciso.
 
Un solo bicchiere al ladro e all'assassino
Trema forte alla Corte dei Miracoli

 
Doflamingo ridacchiò nel veder tornare a testa alta quel ragazzino che per anni aveva tenuto sotto la sua ala protettrice. Un ragazzino che si era ormai fatto uomo e nei suoi occhi era palese la decisione che aveva preso per se stesso. Quei penetranti occhi grigi che ti guardavano come se fossi il peggiore degli scarti umani. Freddi e calcolatori.
« Non mi aspettavo che tu entrassi nella Flotta dei sette, Law ~ ».
« Sono cresciuto, Doflamingo ».
Sì, e lo aveva fatto bene.
Le lenti violacee degli occhiali riflettevano una luce innaturale che rendeva impossibile capire la vera fisionomia di quelle iridi che di certo scrutavano fin nei più profondi meandri delle anime al suo cospetto.
Ma colui che era al suo cospetto confermava con un sorriso sghembo di non avere un’anima, non più. Le dita sottili e tatuate tamburellavano impazienti un ritmo inesistente sul fodero della spada, mentre il re di Dressrosa ancora studiava ogni suo movimento  e invitava con un gesto teatrale a brindare con lui con quei calici colmi di vino di fronte a entrambi.
Doflamingo prese il vetro tra le mani, come a cullare il ventre di quel bicchiere mentre lo alzava verso il candore del soffitto.
« A questo tuo traguardo, allora ~ » e bevve avido, assetato di quel nettare d’uva come lo era del potere, mentre una goccia rossa come il sangue versato correva sensuale lungo la sua mandibola.
E Trafalgar Law, colmo com’era di sospetto verso quell’assassino, non osò toccare il calice pieno a lui offerto, ma al contrario rubò l’ultimo sorso di vino dal bicchiere che Donquijote Doflamingo posò sul tavolo, brindando con parole ambigue di nuovi progetti.
« A questa mia vittoria ».
 
A noi la giustizia ci passò vicino
Siamo noi questa corte dei miracoli
Si, siamo noi della corte dei miracoli
 
Pochi (quasi nessuno) tra i piani alti della Marina si accorgevano dei loschi traffici sottobanco di quel manipolo di pirati a cui avevano condonato i precedenti delitti. Ma era meglio non notare, fingere di non vedere perché quella loro forza, per quanto costasse ammetterlo, era necessaria.
Necessaria perché il potere militare, per quanto imponente, non era ancora abbastanza. E se non era a sufficienza, esso non poteva proteggere i civili, per quanto risultasse alla fine un paradosso usare i pirati come deterrente contro altra pirateria.
Eppure il nome conosciuto di un pirata apparentemente invincibile faceva il suo effetto. Un’utilità non sfuggita al Governo, che chiudeva gli occhi di fronte ai comportamenti illegali.
Quel Governo che aveva fatto inchinare i pirati più forti, alla fine anche esso si inchinava di fronte a quel potere impossibile da controllare del tutto, persino per lui.












Angolo autrice:
Io l'avvertimento Nonsense l'ho messo! Ecco, ora mi sono fatta scudo per tutte le domande sul senso di questa cosa perché vi assicuro che alle 2:00 del mattino, orario in cui ho scritto questa "storia" il senso non esiste. O meglio, diciamo che nell'idea di fondo ci dovrebbe essere e ora provo a spiegarvelo. Le "corti dei miracoli" erano diffuse in Francia nel XVII secolo ed erano chiamate così perché di notte vi si riunivano i mendicanti della città e, come per miracolo, guarivano da tutte le "infermità" che fingevano li affliggessero durante il giorno, quando erano per le strade a chiedere le elemosina, nelle strade sorvegliate da militari. Cosa c'entra questo con la flotta dei sette? Beh, il mio collegamento era che loro, come questi falsi mendicanti, quando c'è la Marina che osserva fingono collaborazione e sottomissione mentre, quando il Governo non guarda, fanno i loro porci comodi. Cosa? Non ha senso nemmeno così? Beh, l'avvertimento c'è...(?)
Detto ciò, la canzone "La corte dei miracoli" del musical Notre Dame de Paris (guardatelo se non lo conoscete, perché merita tantissimo) non mi appartiene, ma è di Riccardo Cocciante e dei suoi originali autori francesi.
Il titolo viene in parte dalla canzone francese e tradotto vorrebbe dire "Noi siamo come vermi", invece la parte tra virgolette caporali è il medesimo verso adattato in italiano.
Signori! Mi sono accorta che nella lista personaggi manca la dicitura "Flotta dei sette" che raccoglie l'intero gruppo di personaggi! Proverò ad aggiungerla, nel caso andate a votarla nella sezione "aggiungi personaggio"! Detto ciò, grazie di aver letto e a presto!
Marauder Juggernaut.

 
   
 
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