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Autore: Witchlight    18/08/2017    0 recensioni
Negli ultimi dieci anni, Lina non ha mai lasciato i confini sicuri della Congrega in cui vive. Quando una sua compagna scompare in circostanze misteriose, però, la ragazza non si tira indietro e parte alla sua ricerca, rimettendo piede in un mondo che non è più quello della sua infanzia.
Il viaggio, iniziato un po' per caso, le farà scoprire vecchie storie dimenticate, creature misteriose e, forse, anche la cura per la terribile malattia che sta devastando il regno.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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«Ibbi» chiamò di nuovo, mentre il cuore prendeva a batterle più forte. Il fumo era più denso, ora; il suo odore talmente penetrante che gli occhi presero a lacrimare e dovette tossire più volte per liberare la gola da quel sentore acre. Non ricevendo nessuna risposta dall’amica, Lina abbassò istintivamente lo sguardo a terra, cercando di superare la barriera grigia che ricopriva il terreno.  E se fosse caduta? Si chiese, preoccupata. Se le pecore l’avessero calpestata?

Il fatto di non riuscire a vedere con precisione ciò che la circondava la confondeva e disorientava, ma a ogni istante che passava, la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava si faceva sempre più netta. La ragazza si portò una mano su bocca e naso, cercando di proteggerli, e poi si diresse verso il punto in cui aveva visto Ibbi per l’ultima volta. Quando lo raggiunse, però, non trovò altro che erba calpestata ed escrementi di pecora. Che abbia inseguito il gregge? Si chiese allora, con una punta di speranza.

Poi, veloce com’era apparso, il fumo prese a diradarsi, senza che nessun alito di vento venisse a disperderlo. Nel giro di pochi minuti, l’aria tornò limpida e tersa com’era stata quando le pecore avevano iniziato a dare i primi segni di nervosismo. Non v’era alcuna traccia di ciò che era successo e, se non fosse stato per il fatto che sia Ibbi che gli animali erano scomparsi, Lina avrebbe creduto di essere stata vittima di un’illusione.

La giovane restò immobile per qualche istante, stringendo inconsapevolmente i pugni sul tessuto della gonna e interrogandosi sul da farsi. La cosa più logica sarebbe stata tornare alla Congrega e denunciare l’accaduto: ciò a cui aveva appena assistito era senz’ombra di dubbio la prova che le stranezze degli ultimi tempi non erano più confinate alle remote regioni periferiche, ma avevano iniziato a manifestarsi anche lì, nel cuore del regno. D’altro canto, però, se tendeva le orecchie, poteva ancora sentire il tintinnio dei campanacci delle pecore – un suono che si faceva però sempre più debole man mano che le bestie si allontanavano. E se Ibbi le avesse inseguite? Anche se, formalmente, l’altra ragazza non era sotto la sua responsabilità, Lina sentiva comunque di doversene fare carico. Se, da un lato, il tempo trascorso insieme l’aveva portata ad affezionarsi a lei, dall’altro le aveva permesso di conoscerla a fondo: Ibbi non era il tipo di persona che si poteva abbandonare a se stessa a cuor leggero. Anche se aveva sempre avuto la convinzione che le persone cresciute in un ambiente difficile – come Ibbi, appunto – fossero in grado di badare a se stesse meglio di quelle che erano cresciute in un ambiente tutto sommato privilegiato, la giovane doveva ammettere che lei, figlia di mercanti, pareva comprendere il mondo meglio dell’amica, che affrontava la vita con una leggerezza e un’innocenza sconcertanti.

Non posso lasciarla da sola, decise, su due piedi. Senza contare, aggiunse una parte della sua mente che avrebbe preferito ignorare, che non hai nessuna prova che Ibbi abbia inseguito gli animali. E se fosse semplicemente scomparsa nel nulla? E se qualcuno – o qualcosa – l’avesse portata via? Anche questi sono eventi inspiegabili, dopotutto.

La giovane scosse con decisione il capo, rifiutandosi di pensare a quell’eventualità priva di ogni fondamento. Non perderti in congetture assurde, quando hai a portata di mano una spiegazione perfettamente plausibile, si rimproverò.

Inspirando a fondo, Lina puntò gli occhi nella direzione verso la quale erano corse le pecore. C’era un villaggio, a pochi chilometri da lì. Sarebbe arrivata solo alle porte del centro abitato, decise. Se avesse ritrovato la compagna, bene, altrimenti avrebbe fatto ritorno alla Congrega senza di lei e avrebbe dato l’allarme. Non si sarebbe immischiata in cose più grandi di lei: le donne consacrate alla Sapienza non potevano abbandonare i confini della propria Congrega. Perché il mondo non poteva e non doveva corromperle, ma anche perché, al di fuori della protezione dell’Ordine, avrebbero potuto andare incontro a mille pericoli.

Ma arrivare fino ai confini del pascolo non mi metterà in pericolo, decise la ragazza, raccogliendo il proprio bastone e avviandosi di buon passo sulla traccia lasciata dagli animali in fuga. Più si allontanava dal muretto a secco che segnalava la fine dei terreni della Congrega, e più avvertiva un senso di inquietudine aggrovigliarsi nel suo stomaco. Eppure sentiva di dovere andare. Solo fino alle porte del villaggio, non oltre.

Pietrarossa, si disse. Si chiama Pietrarossa e sopravvive grazie al commercio di lana e tessuti grezzi. Il fatto di ripetersi nozioni apprese in biblioteca le dava l’illusione di conoscere un po’ meglio un mondo che aveva abbandonato per sempre a soli quindici anni, spinta dalla pressione di sua madre, del suo patrigno e dei suoi cinque fratelli maggiori.

Un improvviso scivolone su un sasso instabile la costrinse a concentrarsi un po’ di più su quello che aveva sotto i piedi. Davanti a lei, il terreno declinava piuttosto rapidamente, ma la curvatura della dorsale su cui si trovava era tale che la ragazza non aveva modo di vedere che a poche centinaia di metri di distanza. Raccogliendo la gonna con una mano per procedere più speditamente, Lina scese zigzagando lungo il sentiero, ora facilmente distinguibile, che attraversava il pendio erboso costellato da enormi massi appuntiti. La gente del posto, che non riusciva a spiegarsi come quei giganteschi blocchi di roccia fossero arrivati lì, li aveva ribattezzati “Sassi delle Fate”, supponendo che questi fossero stati lasciati lì da qualche forza sovrannaturale.

Lina si prese qualche istante per riflettere su come quel fatto fosse l’ennesima riprova che, spesso, la gente ricorreva a magia e superstizione per spiegarsi ciò che non riusciva a comprendere, e poi si rimise in cammino. Lo scampanellare che l’aveva guidata fino a lì era ora stabile, indice che le pecore si erano fermate, e lo stomaco della giovane fu attraversato da una fitta d’inquietudine: e se Ibbi non fosse stata lì? Forse ha fatto ritorno alla Congrega, si disse, ma poi scartò quell’ipotesi. Il sentiero che partiva dal pascolo e che conduceva alla Congrega procedeva in linea retta per un ampio tratto e il tempo che aveva passato immersa nel fumo era stato troppo breve perché Ibbi avesse potuto percorrerlo e scomparire dalla sua vista.

Dopo poche decine di metri, il sentiero scollinò e la giovane giunse improvvisamente in vista dell’abitato di Pietrarossa. Ciò che catturò maggiormente la sua attenzione, però, fu l’enorme gregge di pecore radunato nei prati antistanti al villaggio. Queste non sono tutte mie, constatò, confusa. Non senza una certa apprensione, Lina notò che tra gli animali si aggiravano alcuni uomini – probabilmente pastori – mentre ai margini del gregge erano in attesa alcune persone che i mantelli blu identificavano come Guardie Reali. La loro presenza in quel luogo la sorprese non poco, ma la ragazza vide che non aveva senso attendere oltre: inspirando a fondo per farsi coraggio – non era più abituata a trattare con persone che non fossero le sue consorelle – si incamminò verso il gregge.

Dovrei forse segnalare la mia presenza? Si chiese, a disagio. Per sua fortuna, pochi istanti dopo un anziano pastore sollevò gli occhi dalle pecore e incrociò i suoi.  «Buongiorno» lo salutò, cercando di nascondere il proprio nervosismo.

L’uomo si tolse il cappello dalla testa e inclinò leggermente il capo nella sua direzione. «Buongiorno a te… sorella?» Il saluto suonò quasi come una domanda e, automaticamente, le mani di Lina volarono ai suoi capelli, cercando di dar loro una parvenza di ordine.

«Ehm… credo che alcune di queste pecore siano mie» fece, riducendo al minimo l’obbligo di fare conversazione.

«Lo credo anch’io» convenne l’uomo. «Ci sono piombate addosso all’improvviso. Erano tutte spaventate, come se stessero scappando da qualcosa.»

Lina si accorse che l’attenzione dei presenti – o per lo meno di quelli a portata d’orecchio – era tutta su di lei e la cosa la fece arrossire. «È per caso… per caso, con loro è arrivata anche una mia consorella?» chiese, aggirando la domanda che, pur indirettamente, il pastore le aveva posto. Anche se confuso dal cambio di argomento, quello scosse il capo. «No, erano sole.»

Nell’udire quella risposta, un’ondata di sconforto si abbatté su di lei, e la cosa dovette essere evidente, perché una guardia le si avvicinò. «C’è qualche problema?» Lina tossicchiò appena, per assicurarsi che la sua voce fosse salda, poi alzò lo sguardo sull’uomo, che la superava in altezza di più di una testa. Quando però provò a parlare, sentì che le parole le morirono in gola. «È possibile» ammise infine, con un sorriso.

La guardia – che, a un’occhiata più attenta, non dimostrava molti anni più di lei – parve cogliere la sua riluttanza a parlare davanti a tutti e le fece cenno di seguirlo in disparte. «Dunque?» le chiese poi, con un tono che fece correre un’onda di irritazione lungo la schiena della ragazza. Dieci anni di isolamento le avevano quasi fatto dimenticare la supponenza delle Guardie Reali e dei soldati in generale.

«Io e la mia compagna stavamo sorvegliando le pecore nei pascoli della nostra Congrega» replicò, indicando con un gesto la direzione dalla quale era arrivata. «Ad un tratto, gli animali hanno iniziato a innervosirsi e di punto in bianco ci siamo trovate avvolte dal fumo.»

«C’è stato un incendio?» la interrogò il soldato. Dopo un attimo di esitazione, Lina scosse il capo. «Non ne ho visto traccia. Il fumo è apparso all’improvviso, quasi… dal nulla.»

Negli occhi chiari dell’uomo passò un lampo allarmato e, anche se fu veloce a nasconderlo, Lina intuì che quel soldato sapeva di più di quanto non avesse rivelato sino a quel momento. «Hai parlato di una compagna?» le chiese lui. La giovane annuì. «Sì. Siamo state insieme, a pochi metri l’una dall’altra, fino a quando è arrivato il fumo. Poi, quando si è diradato e io sono ancora stata in grado di vedere attorno a me, Ibbi non c’era più. Ho pensato che avesse inseguito le pecore, ma…» Lina non concluse la frase, ma allargò le braccia con aria desolata.

«Com’è questa donna? Puoi descriverla?» La guardia si guardò attorno, come se stesse cercando di identificare una persona mai vista prima. E come se qui non fossero tutti uomini, aggiunse mentalmente la ragazza. «Ha più o meno la mia età» disse, comunque. «È un po’ più bassa di me, ha la pelle scura – ma non scurissima – e capelli e occhi neri. E, naturalmente, è vestita come me.»

L’uomo annuì. «Dovrebbe essere abbastanza riconoscibile» commentò. Lina fece una smorfia. «È quello che temo» le scappò detto. Il soldato le rivolse uno sguardo incuriosito e lei si pentì subito di quell’esternazione. «Era una schiava, un tempo, e… non conosce bene il mondo.» Lui la guardò come se si aspettasse di sentirla proseguire, ma Lina non aggiunse altro: non desiderava discuterne con uno sconosciuto.

Davanti al suo silenzio, l’uomo si strinse nelle spalle. «Bene. Vorrà dire che la cercheremo e, quando l’avremo trovata, la riaccompagneremo alla vostra Congrega. Nel frattempo, tu puoi recuperare le tue bestie: chiedi a qualche pastore di aiutarti.» Lina annuì, ma qualcosa, nel profondo del suo animo, le impedì di fare quello che le era appena stato suggerito. Questa persona sa qualcosa che io non so, si disse, mordicchiandosi pensosamente l’interno di una guancia. E se fosse stato a conoscenza di qualche dettaglio utile per le loro ricerche? Non era forse suo preciso dovere perseguire la conoscenza sempre e comunque?

Notando la sua immobilità, l’uomo le lanciò uno sguardo stranito, poi le rivolse un cenno di saluto e fece per girare sui tacchi, ma, quasi senza rendersene conto, Lina si protese verso di lui e lo trattenne afferrandolo per una manica. «Chiedo scusa, ma non ho potuto fare a meno di notare che la menzione del fumo apparso dal nulla non sembra averti colto di sorpresa.»

Gli occhi del soldato si appuntarono per una frazione di secondo sulle dita della giovane, poi risalirono sul suo viso. «Negli ultimi tempi se ne stanno verificando parecchi, di eventi del genere.»

«Anche così vicini alla Capitale?» lo interrogò Lina. Sul volto della guardia comparve l’ombra di un sorriso. «No» ammise. «Mai così vicini alla Capitale, che io sappia. Ma ci sono state delle avvisaglie…»

Quelle parole catturarono immediatamente l’attenzione della giovane. «Di che tipo?» chiese, cercando di tenere a bada l’eccitazione che si era impossessata di lei.

«Non credo che sia opportuno discuterne in questa sede» replicò il soldato, in un tono che lasciava chiaramente intendere che, più che la sede, era la compagnia a non convincerlo del tutto. Piccata, la giovane lasciò la presa che aveva sugli abiti dell’uomo e incrociò rigidamente le braccia. «Con tutto il rispetto, vorrei farti notare che, se sai qualcosa al riguardo, sei tenuto a comunicarlo all’Ordine.»

Senza battere ciglio, l’uomo sostenne il suo sguardo. «Lo so. Il mio Capitano avrà cura di fare avere alla tua Superiora tutte le informazioni in nostro possesso. Io, comunque, sono qui per occuparmi di altro.»

Improvvisamente, Lina sorrise, felice di avere occasione di dimostrare la propria superiorità. «Della Principessa, immagino.» Il soldato sgranò gli occhi, stupito, anche se, in realtà, c’era ben poco di sorprendente nel fatto che l’Ordine fosse a conoscenza di un evento tanto importante. «Ve ne state occupando anche voi?» chiese.

Lina fece per dire che no, Grete di Altavilla aveva semplicemente chiesto loro di pregare per la ragazza, ma, intravvedendo l’occasione di scoprire qualcosa di più a proposito di quanto stava accadendo, si strinse nelle spalle. «In un certo senso» disse, vaga.

L’uomo si avvicinò di un passo, costringendola a piegare ancora di più il collo per poterlo guardare in faccia. «E…?» la incalzò. «Avete scoperto qualcosa?»

Pur sapendo che si trattava di un atteggiamento potenzialmente pericoloso, Lina sollevò appena un angolo della bocca. «Non credo che sia il caso di parlarne qui» rispose, facendo eco a ciò che lui le aveva detto poco prima. Il soldato la fissò per qualche istante, poi scosse il capo. «Mi sembra giusto» borbottò. «Stammi a sentire», riprese poi, fissandola negli occhi come per giudicare la sua reazione, «ti propongo una cosa. Potresti venire con me a dare un’occhiata al villaggio, per vedere se troviamo la tua amica o se, per lo meno, incontriamo qualcuno che l’ha vista. Nel frattempo, ne approfittiamo per scambiare due parole: tu mi dici quello che sai, e io, in cambio, ti dico quello che so io.»

La giovane lo guardò di sottecchi. Un tempo sarebbe arrossita, se un uomo le avesse fatto una proposta del genere, vedendoci chissà quale secondo fine, ma in quel momento non ci vide altro che un tentativo – anche piuttosto goffo – di aggirare una qualche regola non scritta. La prospettiva, però, era allettante, doveva ammetterlo. Se fosse riuscita a portare a casa qualcosa di concreto, forse Grete le avrebbe tolto il caso delle piante dalla crescita misteriosa e le avrebbe permesso di dedicarsi a qualcosa di più eccitante.

D’un tratto, il viso di Ibbi le balenò davanti agli occhi. Stava solo perdendo tempo, lo sapeva bene: non c’era modo che la ragazza fosse sfilata accanto ai pastori, non vista, e fosse entrata nel villaggio. Forse avrebbe fatto meglio a lasciar perdere il suggerimento della guardia e a correre alla Congrega per dare l’allarme.

Però… solo pochi minuti. Mezz’ora al massimo, si ripromise. Sento quello che questo tizio ha da dirmi e poi torno a casa, senza perdere altro tempo. Del resto, se Ibbi non è alla Congrega, probabilmente c’è ben poco che possiamo fare, così, su due piedi.

Annuendo come per convincersi che quella fosse la decisione giusta, Lina incontrò di nuovo gli occhi del soldato. «Va bene» disse. «Andiamo.»

  
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