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Autore: AnnabethJackson    19/08/2017    2 recensioni
Sono passati sei anni da quando Percy ha lasciato bruscamente Annabeth, e lei ancora non sa perché. Scappata in California, la ragazza ha voltato pagina, mentre lui deve pagare ancora le conseguenze del suo errore. Nessuno dei due ha dimenticato. Ma entrambi non sanno che chattano l'uno con l'altro ogni giorno da tre mesi nascosti dietro i nomi di "AtlanticBoy16" e "WiseGirl210".
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Dal testo:
"Stavo con lui da quando avevo 16 anni. Avevamo raggiunto quasi i dieci anni di fidanzamento, quando all'improvviso lui aveva rotto con me. Non conoscevo il motivo e probabilmente non l'avrei mai saputo.
Lui aveva preso le sue cose e se ne era andato dal nostro piccolo appartamento, non facendosi più sentire.
Beh, non gli abbia mai dato una chance.
Avevo impacchettato le mie cose anche io e, con le lacrime agli occhi, ero salita su un taxi con un biglietto aereo appena comprato in mano.
WiseGirl210: Non lo so. Credo che traslocherò. Non so dove, ma devo assolutamente andarmene da qui.
AtlanticBoy16: Buona fortuna allora, ragazza intelligente. Il trasloco può essere difficile... non che io mi sia mosso dopo il College.
Stavo pensando a cosa rispondere quando il citofono"
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa è la traduzione della soria You've got mail” pubblicata su Fanfiction.net dell'autrice “HAWTgeek”.
Il permesso di tradurre mi è stato accordato dalla stessa autrice. (Per leggere la storia in inglese cliccare sul titolo).
Tutte le (fantastiche) vicende narrate sono solo e soltanto sue.







 
You've got em@il
 

Capitolo 7
 

ANNABETH
 

Mentre mi spruzzavo un po’ di profumo alla vaniglia sul polso destro, scorrevo con il dito il piccolo taglio che il mostro mi aveva procurato prima che io lo trasformassi in una pioggia di stelle cadenti.
Nessuno aveva notato nulla, ovviamente.
Era solo un piccolo taglietto, ma in qualche modo mi stava mandando fuori di testa.
Cominciavo a rimpiangere di essere corsa dietro a quel mostro, la sera prima.
Sì, avevo sbollito la rabbia. Sì, avevo provato che ero ancora in forma malgrado Aubri continuasse a dire che avevo bisogno di andare in palestra con lei. E sì, questo avrebbe protetto Noah per un po’ dagli attacchi. Ma mi aveva anche lasciato esausta, ricoperta di sangue d’oro e la rabbia era ritornata poco dopo.
Come aveva potuto Percy farmi questo?
Al di là del tradimento e del bambino, aveva avuto l’audacia di provare a far sembrare le cose come se fosse stato innocente.
Avrebbe potuto almeno ammettere di essere un cretino.
E invece aveva cercato di spostare la colpa su qualcun altro!
Il continuo sfregare la ferita sul polso aveva portato a galla la rabbia quando arrivai in ufficio dove improvvisamente notai che tutti avevano alzato lo sguardo dal loro computer per puntarlo su di me.
Cosa diav-?
Realizzai all’improvviso.
Entrai nel mio account e aprii velocemente una pagina di ricerca, cliccando sul sito di gossip che prima di tutti aveva postato la notizia dell’annullamento del mio fidanzamento.
Sapevo perfettamente che l’articolo aveva fatto una grande notizia, ma non me ne era importato poi molto. Le persone erano libere di pensare che fosse stato il lavoro a portarci alla rottura del fidanzamento e alla sparizione dell’anello dal mio dito.
Eccolo qua.
Il video che mi si aprì davanti inquadrava la loro reporter, una bella brunetta e, dietro di lei, avevano messo la foto ufficiale del fidanzamento mio e di Henry con un grande taglio nel mezzo e la scritta “Rottura!” a grandi lettere.
«È ufficiale, Annabeth Chase ed Henry Alexander hanno rotto!» La brunetta parlava animatamente. «La notizia circolava da un po’ di tempo, ma ieri Henry Alexander ha finalmente fatto l’annuncio ufficiale a una conferenza stampa.»
Sembrava quasi che Henry… fosse famoso.
E credo che lo fosse, in realtà.
Ma lui aveva bisogno della fama. Era il suo lavoro, dopotutto.
Henry Alexander era un dio quando se si parlava di benessere e delizie culinarie. Con il suo bell’aspetto e la passione che metteva, Henry era sulla via per diventare il prossimo Carlo Cracco* e il nostro fidanzamento era stato un grande trampolino di lancio per mettersi in mostra. Quindi credo che avesse bisogno di mantenere quella fama,
Ma questo non voleva dire che non volessi ucciderlo.
«Due settimane fa Annabeth Chase, la sua fidanzata da oltre sei mesi, era stata vista caricare degli scatoloni su un’auto e dirigersi verso l’aeroporto. Foto di Annabeth in trasferimento in un appartamento di New York, aveva fatto pensare che si sarebbe trasferito anche lui» continuava la reporter. «Ma, quando altre foto della ragazza mentre faceva da babysitter ai nipoti senza indossare l’anello per la prima volta dall’annuncio, le persone hanno cominciato a ipotizzare una rottura.»
La reporter continuava con il resto della storia, esponendo in modo corretto i fatti, ma ovviamente con una nota drammatica nella voce. Guardando quelle foto, realizzai una cosa.
Quella sembrava essere la notizia prioritaria dell’intero mondo del gossip: i loro fotografi avevano fatto un lavoro egregio nel paparazzare Henry e me negli ultimi giorni.
C’era foto di Henry trafficare con il suo telefono mentre prendeva il caffè nel luogo dove era nostra abitudine andare ogni mattina. In un’altra stava facendo jogging su una spiaggia di Malibù, dove solitamente andavamo a rilassarci quando avevamo bisogno di una pausa. Poi altre foto di lui mentre faceva shopping con sua sorella e la nipotina, Candice.
E ovviamente c’erano numerose foto che mi ritraevano mentre entravo in un taxi giallo con tutta la mia roba, nascondevo la mano senza anello con un mano una tazza di caffè, entravo nel mio nuovo appartamento a New York, facevo shopping con la mia amica Rachel, porgevo a Kate un succo di frutta al posto della Coca che voleva con la pizza. I reporter avevano fotografato anche il mio scontro con Percy al parco.
Alla vista di quella foto, uscii immediatamente dal sito web.
Poi premetti il bottone per abbassare le persiane del mio ufficio in modo che nessuno potesse spiarmi un minuto di più.

 

WiseGirl210: Giuro che uccido mio fratello.
AtlanticBoy16: Perché?

 

Stavo per spiegare la lunga storia del tradimento di mio fratello quando le mie dita si bloccarono sulla tastiera.
No.
Cancellai tutto ciò che avevo scritto e decisi che non gli avrei raccontato dell’odioso amore della mia vita.

 

WiseGirl210: Lunga storia. Ti avverto solo che sulla prima pagina di domani potresti leggere la notizia di una ragazza psicopatica che ha ucciso suo fratello.
AtlanticBoy16: Perfetto, allora domani comprerò il giornale :D
WiseGirl210: Comunque, come sta andando la tua giornata? Alice ti ha già infastidito?
AtlanticBoy16: Ovviamente. Ma sono così stanco che nemmeno l’ho notato. Salterò il pranzo per andare a comprare qualche bevanda energizzante così non mi addormenterò nel bel mezzo della lezione.
WiseGirl210: Ho una scorta di Monster Energy nel mio ufficio e non faccio che berne a litri. Ho dormito solo un ora ieri notte.
 

Dormire non sembrava rientrare nei piani la scorsa notte.
Dopo essermi lavata di dosso la polvere dorata del sangue del mostro ed essermi infilata nel letto, avevo appena preso sonno che la mia sveglia aveva iniziato a squillare, segno che fosse già ore di alzarmi per la mia lunga routine mattiniera.

 

AtlanticBoy16: Una volta ho provato a nascondere i biscotti nella mia scrivania. Quando i ragazzi l’hanno scoperto hanno iniziato a implorarmi per averne uno perché il pranzo a scuola è “consapevolmente-salutare” ed è anche il peggior cibo che io abbia mai mangiato. Non mi permetto di portare al lavoro le bevande energizzanti perché ho già paura di quei ragazzi quando bevono un sorso di CocaCola. Immagina un gruppo di dodicenni che hanno ingerito RedBull.*
 

Sorrisi tra me e me mentre digitavo la risposta.
 

WiseGirl210: Henry era talmente salutista che non mi avrebbe mai permesso di bere una bevanda energizzante. Non hai idea di quanto io ami mangiare ora che non stiamo più insieme. Biscotti. Popcorn. Patatine. Cioccolato. Bevande energizzanti. Sono passate solo alcune settimane, ma posso giurare di aver preso già un chilo.
AtlanticBoy16: Dovevi vedere mio figlio quando l’ho preso in custodia. Anche sua madre è una salutista convinta, ma lei lo fa solo perché vuole essere di moda, non perché vuole condurre una vita salutare. Negli ultimi tre anni che ha vissuto con me, non gli ho mai visto fare un sorriso così largo come quello che fece quando gli diedi il suo primo Oreo.
WiseGirl210: Come è?
AtlanticBoy16: Un Oreo?
WiseGirl210: No, essere padre.
AtlanticBoy16: Non so esattamente come descrivertelo…
 

Stavo per aggiungere dell’altro quando il mio computer suonò, segno che AB aveva invito un’altro messaggio.
 

AtlanticBoy16: Lo adoro. Non cambierei mai la mia vita per nient altro. Ammetto che prima di lui mi immaginavo un altro tipo di vita, ma penso di essere nato per essere padre. È incredibile quando guardi tuo figlio e vedi te stesso in alcuni suoi tratti mentre in altri riconosci sua madre e in altri ancora sono solo suoi.
 

Sentii il mio stomaco stringersi in una morsa e desiderai provare anch’io le stesse cose che stavo leggendo.
Per anni ero stata terrorizzata quando mi era capitato di dover utilizzare un test di gravidanza e aspettarne il risultato, ma all’improvviso desiderai solo che una di quelle volte sullo stick fosse comparsa una linea rosa.
Quando tornai a guardare il monitor, mi accorsi che non avevo mai voluto avere figli con nessun altro.
Solo con Percy…

 

WiseGirl210: Sai, mi piace tanto parlare con te.
AtlanticBoy16: Anche a me.

 

Sorrisi. Forse non potevo più avere Percy, però avevo AB…

 

♣___♣___♣___♣___♣___♣___♣___♣___♣___♣___♣___♣



PERCY

 

Mentre Noah scarabocchiava sul suo quaderno, prendendomi seriamente quando gli avevo suggerito di disegnare per far passare il tempo lì a scuola, io fissavo i miei studenti.
Beh, in realtà fissavo Alice.
Mi stava mandando fuori di testa.
Era senza dubbio la mia miglior studentessa (superava di gran lunga anche gli studenti dell’ultimo anno), quindi non riuscivo a capire perché continuasse a richiedere lo sportello aiuto.
All’inizio avevo pensato fosse un’ottima cosa che mostrasse un così vivo interesse nelle mie materie e avevo sperato che anche gli altri ragazzi prima o poi l’avrebbero imitata. Ma tutti avevano rifiutato sapendo che Alice sarebbe stata presente e ora anch’io avrei voluto poter assentarmi.
Insegnavo da cinque anni, ormai, ma non mi era mai capitato prima di incontrare uno studentessa come Alice.
Sembrava che fosse una figlia di Atena sotto effetto di crack. E non aveva intenzione di smettere.
Parlava e ragionava al cento per cento tutto il tempo e io avevo seriamente bisogno di una pausa.
Quando sapevo che non stava guardando, ingoiavo di nascosto un sorso di Gatorade e sorridevo debolmente a mio figlio, il quale stava guardando torvo Alice.
Noah in realtà doveva essere con la madre, ma JoJo aveva dato buca di nuovo, sostenendo di aver avuto un terribile incidente a lavoro con le tinture e che ora stava male per i fumi delle sostanze tossiche che aveva inalato. Avevo tradotto tutto come un bruttissimo dopo-sbornia causato da una notte di troppo festeggiamento.
Avevo cercato di uscirmene in tutti i modi dall’impegno a scuola, e tutti i miei studenti non avevano avuto problemi ad annullare la lezione. Beh, tutti tranne Alice, la quale aveva avuto un improvviso attacco di panico pensando al test in programma per la settimana dopo. Ero sicuro al cento per cento che l’avrebbe passato senza errori.
L’unico modo per farla stare zitta era stato rimanere, e ora ero bloccato con lei.
Il mio computer emise un suono e io sorrisi tra me e me.

 

WiseGirl210: Ehi
AtlanticBoy16: Come va?
WiseGirl210: Sto cercando di capire come utilizzare un ferro da stiro senza bruciare i miei vestiti. È sempre stato Henry a occuparsi di questo. Qualche suggerimento?
AtlanticBoy16: Ah, i panni da stirare. Il compito che mi ha affidato mio figlio giusto ieri sera… Facile. Portali in un lavasecco.
WiseGirl210: :D

 

Come se Alice avesse potuto fiutare la mia felicità momentanea, la sua mano si fermò.
«Mr. Jackson?»
Gemetti mentalmente.
«Sì, Alice?»
«Quando sono i test di metà semestre?»
«Il 12 dicembre.»
Tre mesi da oggi.
Alice lo annotò sul suo quaderno e io aspettai finché non fui sicuro che non mi stesse guardando prima di roteare gli occhi, guadagnandomi dei sorrisi da parte di qualche studente.

 

WiseGirl210: Cosa stai facendo?
AtlanticBoy16: Sto tenendo un corso di approfondimento. Sono bloccato qui per un ora mentre loro finiscono vecchi compiti e studiano. Posso dire che Noah mi ucciderà per questo.
WiseGirl210: Sai, non mi hai mai detto perché hai chiamato tuo figlio Noah.
AtlanticBoy16: Volevo chiamarlo come il mio migliore amico che è morto quando avevo sedici anni, ma sua mamma era determinata a dargli un nome di moda che lui probabilmente avrebbe odiato per il resto della sua vita. Ci sono voluti sei mesi per concordare sul nome Noah.

 

WG sembrava in pausa, come se stesse ragionando.
 

WiseGirl210: Conosco un sacco di Noah. Prima ne conoscevo solamente uno, ma negli ultimi mesi continuo a incontrarne.
AtlanticBoy16: La scelta era tra un nome comune o qualcosa come Issia.
WiseGirl210: Issia? Stai scherzando, vero?
AtlanticBoy16: Vorrei che fosse uno scherzo. Ho dovuto trovare un compromesso anche su questo. Il suo secondo nome è Isaiah.

 

Guardai Noah e cercai di immaginare come sarebbe stata la sua vita se JoJo non mi avesse mai detto di essere incinta. Sapevo che non l’avrei mai incontrato quindi non avrei mai potuto vedere quanto mi assomigliasse e mettere i pezzi insieme. Non avrei mai saputo di lui se lei non me l’avesse detto e, se conoscevo JoJo almeno un po’, neanche lui avrebbe saputo chi fosse suo padre. Il suo nome non sarebbe stato Noah Isaiah Jackson ma Issia Louis George. Non avrebbe giocato a calcio e non se la sarebbe cavata bene a scuola come invece faceva. Senza di me, non sarebbe stato il Noah che conoscevo…
Noah aprì lo schermo del suo vecchio Nokia e cominciò a scrivere un messaggio, probabilmente a Sam, e io sorrisi.
Il suo cellulare era stato una delle poche cose di cui sua madre si era interessata. Quando lui gli aveva detto che era difficile senza un cellulare chiamare quando l’allenamento di calcio finiva, lei aveva guidato direttamente da scuola fino a un negozio di elettronica.
Malgrado fossi un po’ arrabbiato che lei gli avesse comprato un telefono senza prima chiedere il mio parere, ero felice che Noah conservasse per sempre l’immagine di sua madre che si preoccupava tanto da comprargli un telefono per poterlo contattare. E in effetti era comodo che potessi contattarlo facilmente per le cose importanti invece di dover chiamare prima Christine.
Il mio sorriso si affievolì quando lanciai un’occhiata all’orologio.
«Bene, ragazzi. Mettete via i vostri compiti. Potete continuare domani con Mrs. Waylon» dissi loro felicemente, Non se lo fecero ripetere due volte: in fretta e furia prepararono la cartella e uscirono dall’aula per andare dai propri genitori – o anche solo per scappare da Alice.
«È suo figlio?» mi chiese Alice dopo aver infilato il suo quaderno rosa in cartella ed essersela messa in spalla.
«Sì.» Sorrisi. «Noah, dì ciao.»
Le labbra di Noah si aprirono in un finto sorriso, sebbene i suoi occhi rimanevano fissi su di lei.
«Ciao.»
«Sei così adorabile!» Alice sorrise mentre pizzicava le sue guance e lui riduceva gli occhi a una piccola fessura. Alice sostò nervosamente la frangia.
«A domani, Mr. Jackson.»
«A domani, Alice.»
Noah aspettò che la porta di chiudesse dietro di lei prima di aprire bocca.
«È strana forte.»
Io risi e annuii.
«Dovresti vederla in classe» gli dissi mentre spegnevo il computer e raccoglievo la sua cartella troppo-pesante-per-portarla.
«Riesce a essere peggiore?» mi chiese Noah, incapace di credere che fosse possibile.
«Lo so che suona pazzesco, ma , ci riesce eccome.» Gli arruffai i capelli, poi uscimmo dalla classe e ci dirigemmo verso la nostra Prius che ci attendeva sola nel parcheggio degli insegnanti.
«Come è andata oggi a scuola?» domandai mentre accendevo l’auto e mi immettevo sulla strada diretti verso casa.
«Bene» disse Noah mentre accendeva la radio e inseriva il suo CD con canzoni per bambini.
«E l’allenamento di calcio?»
«Sam si è fatto male al piede oggi, così non potrà giocare nella prossima partita. E il Coach Hawthorne ha intenzione di farmi giocare al suo posto finché Sam non si riprenderà!» Noah sorrise felice e io raggelai pensando a Sam.
Mi ricordavo ancora quando Malcolm e Dana erano venuti da me e Annabeth per annunciare non solo che Dana era incinta del loro primo figlio, ma che avevano anche deciso che noi due saremmo stati i padrini del piccolo. Lo avevo dimenticato fino al giorno in cui avevo rivisto Annabeth e improvvisamente mi ero ricordato che avremmo dovuto aiutare a crescere Sam insieme.
Questo prima che rompessimo…
Ora il mio protetto era il miglior amico di mio figlio.
Noah mi stava riferendo parola per parola cosa il coach gli avesse detto prima di prendere il posto di Sam, quando all’improvviso smise di parlare e cominciò a pensare a qualcosa.
«Tutto ok, Noah?»
«Sì, stavo solo pensando.»
«A cosa?» gli chiesi dandogli un’amichevole gomitata.
«Hai visto Annabeth di recente?»
Mi raggelai, ma la luce verde del semaforo mi riportò al presente.
«No.» Strinsi involontariamente la presa sul volante.
«La vedrai?»
«Non penso, piccolo.»
Noah guardò fuori dal finestrino, ma riuscivo a percepire che aveva altro da dire.
«Pensi che se ne andrà?»
«Non lo so,» Mi strinsi nelle spalle.
«Papà?»
«Sì, Noah?»
«Potresti perdonarla?»
«Per cosa?»
«Se tu fossi nei suoi panni.»
Mi raggelai.
Sì.
Questa fu la prima risposta nella mia testa.
Ci sarebbe voluto un po’ di tempo, però sì.
Ma io non ero Annabeth.
«Probabilmente» risposi, sentendo che il mio pranzo si stava rivoltando ancora nel mio stomaco.
«Pensi che ti perdonerà mai?»
«No, Noah.» Quella fu più facile come risposta rispetto alla precedente.
Ma Noah non sembrava credermi. Mi guardava dal sedile del passeggero ancora in cerca delle risposte che voleva. E io le risposte le avevo. Ma si trattava di una verità orribile.
Quello che Noah voleva erano bugie da commedia romantica e favole della buona notte.
«Noah» dissi guardandolo. «È finita.»
«Mai dire mai, papà.» Noah sorrise debolmente.
Mai dire mai.
Da quando Noah era nato, glielo ripetevo sempre.
«Papà, non entrerò mai in squadra!»
«Non andrò mai bene in matematica!»
Tutte le volte, gli davo la stessa risposta.
«Mai dire mai.»
A volte mettevo anche la canzone di Justin Beaber dal titolo omonimo mentre guidavo verso una verifica o una partita importante.
E aveva sempre funzionato.
Era la mia raccomandazione paterna preferita. Quindi mi sembrava giusto che Noah ora la usasse contro di me.
«Mai dire mai» ripetei senza fiato.







* Le marche dei prodotti segnati con l'asterisco non corrispondono a quelle usate nel testo originale, in quanto venivano indicate delle marche famose principalmente in America. Per una maggior comprensione, ho pensato di cambiarle con i corrispettivi italiani.

  
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