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Autore: LazySoul    19/08/2017    0 recensioni
Salve a tutti :)
In questa storia si alterneranno le vicende delle due coppie protagoniste: Luna/Blaise e Pansy/Theodore.
La vicenda è ambientato in un sesto anno alternativo, dove il Signore Oscuro e i suoi Mangiamorte sono riusciti a conquistare Hogwarts, Harry e Ron sono fuggiti, mentre Hermione, Luna e altri ragazzi sono trattati come servi nella loro stessa scuola. Malfoy e Zabini aiuteranno le due ragazze (se volete sapere il perchè vi consiglio di leggere "Mai scommettere col nemico" e "Mai fidarsi del nemico") e le nasconderanno all'interno della scuola. Ed è così che Blaise e Luna dovranno condividere la stessa stanza, finendo con l'avvicinarsi sempre di più l'uno all'altra. Riuscirà Blaise a confidarsi con lei? E Luna sarà in grado di farlo innamorare?
Nel frattempo Pansy e Theodore sono in missione con Greyback alla ricerca di alcuni professori che sono riusciti a fuggire da Hogwarts. Pansy vorrebbe rivelare al giovane i propri sentimenti, ma ha paura di rovinare l'amicizia tra loro così impone a se stessa di non dirgli niente. Cosa succederà quando Theodore le dirà di chi è innamorato? Sarà lei la fortunata?
Bene, detto ciò, non mi resta altro che augurarvi una buona lettura! ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Luna Lovegood, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Pansy/Theodore
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mai Scommettere col Nemico'
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Capitolo nono
(Pansy's point of view)


 

Erano passati solo cinque minuti da quando la Granger e Malfoy mi avevano abbandonato nella camera di quest'ultimo per andare a fare i coraggiosi Grifondoro in giro per il castello.

Solo cinque minuti e già mi annoiavo a morte.

Averlo saputo, che avrei dovuto giocare a nascondino per almeno un'ora, mi sarei premurata di portarmi qualcosa da fare. Qualcosa come il kit per la manicure.

Al pensiero mi osservai le unghie e feci una smorfia; erano orribili, la gita con Theo e Greyback non aveva giovato al loro aspetto. Lo smalto rosa pallido era rovinato in più punti, per non parlare dell'indice destro, dove l'unghia si era irreparabilmente spezzata.

Sbuffai e mi guardai intorno, colpendo ripetutamente il pavimento col piede destro, a causa del nervosismo.

Odiavo stare con le mani in mano, dovevo fare qualcosa, qualcosa anche di futile, l'importante era impedire al mio cervello di pensare troppo.

Perché sapevo che avere tutto quel tempo libero poteva portare la mia mente a pensieri sgradevoli e dolorosi. Come Theo, per esempio. Theo, innamorato di Daphne Greengrass. Theo, il ragazzo che sognavo nella mia vita e accanto al quale avrei voluto svegliarmi ogni giorno della mia vita. Theo.

Oppure avrei potuto pensare a Draco. Mi faceva ancora male stare nella stessa stanza con lui. Era stato il mio sogno, il mio primo amore e il mio apparente destino per troppo tempo e, lo sapevo, cambiare dall'oggi al domani non sarebbe stato facile. Avevo pensato che sarebbe stato meglio così. Draco non mi voleva? Pazienza, c'erano molti altri ragazzi che...

Ecco, era successo di nuovo: avevo pensato troppo.

Raccolsi con l'indice sinistro la solitaria lacrima che aveva deciso di sfuggire al mio autocontrollo e solcare la mia guancia.

Prima o poi sarei stata felice anche io. Felice come lo erano le persone innamorate. Felice come Hermione Granger e Draco Malfoy.

Un triste sorriso mi stirò le labbra.

Era bello vedere Draco felice, mi infondeva speranza sapere che lui era riuscito a trovare il modo di sfuggire alla solitaria monotonia della vita. Peccato che mi avesse lasciata, precludendomi la stessa gioia.

Cominciavo a pensare di non essere veramente innamorata di Theo, magari me l'ero solo immaginata - la passione, il desiderio - o magari era stata solo attrazione fisica.

Mi sedetti sul letto di Malfoy, sfiorando con le dita il copriletto.

Forse semplicemente non ero degna di essere felice.

Un pensiero improvviso mi instillò abbastanza speranza da farmi sorridere: "Chi aveva detto che per essere felice bisognava per forza essere fidanzate o ammogliate?"

Conoscevo fin troppe coppie sposate infelici, tra le quali rientravano anche i miei genitori.

Non dovevo avere fretta e, nel frattempo, dedicarmi a me stessa. Provare cose nuove, viaggiare, essere quello che non ero mai stata: libera.

Quella rivelazione, come una molla, mi fece alzare in piedi. Cercai tra le cose di Malfoy pergamena e piuma, decisa più che mai a scrivermi una lista di tutte le cose che non avrei mai più fatto.

Avevo intenzione di scrivere al primo posto: "Commiserare te stessa".

Recuperai il necessario, mi sedetti al tavolo e intinsi la piuma nell'inchiostro, facendo attenzione a non macchiare il legno. Fu in quel momento che bussarono alla porta.

Lasciai la piuma e mi alzai in piedi.

La porta si aprì in quell'istante, mostrando la testa e il mezzo busto dell'ultima persona che mi sarei mai aspettata di vedere in quel momento: Theodore Nott.

Con gli occhi sbarrati per la sorpresa, gli dissi di entrare.

«Draco non c'è?», mi chiese, chiudendosi l'uscio alle spalle e guardandosi intorno.

«No, aveva da fare», omisi di sciorinare i dettagli, cercando di rimanere il più impassibile possibile.

«Cosa ci fai in camera sua?»

Aprii bocca, poi la richiusi.

Theo sembrava genuinamente sorpreso, non c'era nemmeno un filo di gelosia nel suo sguardo o nel suo tono di voce. Se anche io avessi deciso di tornare tra le bracci di Malfoy o tra quelle di chiunque altro, a lui non sarebbe importato.

«Ho finito le pergamene, sapevo che lui ne ha sempre di scorta e ho pensato di prendergliene una in prestito. Gliela restituisco appena i miei genitori mi inviano nuovo materiale scolastico», mentii, indicando la pergamena e la piuma sul tavolo, davanti a me.

Theo sembrò credermi, dato che smise di fare domande e si sedette accanto a me.

Il batticuore mi confermò che, malgrado prima ne avessi dubitato, qualcosa c'era tra me e Theo; che fosse solo attrazione fisica, non potevo saperlo, il mio cuore era troppo confuso, ma qualcosa c'era.

«Non crederai mai a cosa mi è successo questo pomeriggio», iniziò a parlare, passandosi una mano tra i capelli: «Bellatrix Lestrange mi ha chiesto di essere il suo braccio destro e di aiutarla nelle sue mansioni giornaliere».

Quelle parole mi colpirono allo stomaco come uno schiantesimo. Theo era entrato nelle grazie di una pazza psicopatica? Avevo sentito bene?

E poi con "mansioni giornaliere" cosa intendeva? Torturare i prigionieri?

«L'ho anche aiutata a incantare il bauletto che ha prelevato alla Grincott, te lo ricordi? Ora è nelle sue stanze sotto un paio di incantesimi protettivi», si vantò, sorridendo a trentadue denti.

«Non aveva lasciato la giornata libera anche a te?», chiesi, decisa a farlo parlare il più possibile. Sapevo che quel bauletto era importante, ne ero certa.

«Sì, ci siamo però incrociati per i corridoi e mi ha chiesto se potevo aiutarla», spiegò storcendo il naso: «Ho pensato che dire di no a Bellatrix Lestrange non fosse saggio».

«Hai fatto bene», annuii, capendo perfettamente cosa intendesse: «E quali incantesimi di protezione avete utilizzato?», chiesi, giocando con la piuma di Malfoy.

Ero nervosa, mi sudavano le mani, ma dovevo scoprire più cose possibili.

«Abbiamo usato un incantesimo di disillusione e un Flagramus», ammise, la voce colma di orgoglio.

«Sono proprio contenta, sai? Essere il braccio destro di Lestrange... devi esserne fiero».

Non pensavo davvero ciò che dicevo, mi sentivo in colpa per avergli carpito le informazioni a me necessarie per tradirlo. Il minimo che potevo fare era fingere di essere contenta per lui, anche se mi sentivo sporca e miserabile.

«Meglio averla come amica che come nemica, questo è certo», disse, fissandomi con uno sguardo orgoglioso e dolce, troppo dolce per il mio povero cuore confuso.

«Beato te che hai avuto un pomeriggio interessante, il mio è stato monotono».

Se monotono si poteva definire, calcolando la crisi di pianto in piena regola, la chiacchierata con Hermione Granger e andare in soccorso di quest'ultima... ah, per non parlare della questione "Pozione Polisucco".

«Volevi scrivere una lettera?», mi chiese, indicando la pergamena bianca di fronte a me.

«Oh, sì, ai miei genitori», mentii, sentendomi a disagio.

Avevo sempre cercato di dire tutto a Theo, allo stesso modo in cui avevo sempre optato per la sincerità con Draco; eppure ultimamente mi era difficile rispettare i miei principi.

Una linea sottile divideva Theo e me. Lui stava da una parte e io dall'altra.

Questo non voleva dire che lui fosse cattivo e io buona, o l'opposto. Avevamo scelto fazioni diverse. Io avevo deciso che uccidere centinaia di innocenti non rientrava nelle mie aspirazioni per il futuro, che la pace era meglio della guerra e che infondo Silente non era poi tanto male come preside, sempre meglio del Signore Oscuro.

Lui invece era stato scelto per uccidere Silente, per essere un eroe tra i Mangiamorte, per essere il braccio destro di Bellatrix Lestrange. Ed era entrato nella parte senza fare storie, i genitori non si erano opposti in nessun modo; erano stati fieri dell'opportunità che veniva data a loro figlio.

Theo si guardò intorno: «Hai per caso incrociato Daphne questo pomeriggio?»

Gradii molto il fatto che non mi stesse guardando negli occhi, non mentre mi chiedeva informazioni su un'altra ragazza.

«Sfortunatamente no, ho sentito che sta portando avanti una ricerca per conto di Piton», o almeno così mi aveva detto Tiger, quando gli avevo chiesto se avesse visto la Greengrass.

«Fa niente, c'è tempo per...», la sua voce si affievolì e gli occhi gli si sbarrarono, mentre fissava la perte alle mie spalle: «Oddio, ma è tardi! Scusa, Pansy, ma devo andare, Bellatrix mi aspetta, dobbiamo interrogare i prigionieri», esclamò, dirigendosi alla porta alla velocità della luce.

«In bocca al mannaro», lo salutai, prima di richiamarlo: «Theo!»

Era già alla porta, ma si fermò e voltò verso di me.

Lo raggiunsi con quattro passati veloci e gli sistemai il colletto del mantello, stringendogli poi le spalle: «Falle vedere chi sei», gli feci l'occhiolino e lasciai la presa, tenendo i pugni chiusi.

Annuì, sorridendomi, poi scomparve oltre la porta, lasciandomi sola.

Osservai la parete alle mie spalle, dove un orologio faceva bella mostra di sé, doveva essere molto antico, probabilmente apparteneva alla famiglia Malfoy e non al mobilio di Hogwarts. Io un orologio simile non ce l'avevo nella mia stanza. Segnava le sette di sera.

Sapevo con assoluta certezza che gli interrogatori duravano dalle due alle tre ore, la signora Lestrange era molto meticolosa e non permetteva a nessun prigioniero di passare la giornata senza essere interrogato e torturato da lei. Interrogava metà dei prigionieri la mattina, l'altra metà la sera.

Fissai la pergamena di fronte a me, bianca e leggermente ruvida al tatto.

Aprii i pugni e sentii un tuffo al cuore quando mi resi conto che, malgrado avessi pensato di non farcela, ce l'avevo fatta.

Quando avevo sistemato il mantello di Theo, un capello lungo, scuro e riccio, mi era rimasto incastrato tra le dita della mano destra. Di chi poteva essere quel capello? Se non di Bellatrix Lestrange?

Il mio sguardo si focalizzò sulla bottiglietta di pozione polisco che occupava il comodino di Malfoy.

Tornai a guardare il capello e mi resi conto che ero stanca di essere trattata come la principessina fragile che non era in grado di prendere le proprie decisioni.

Avevo deciso di essere libera, di scoprire nuove sfaccettature di me stessa.

Quale modo migliore? Avevo un'occasione con la O maiuscola servita su un piatto d'argento e non avevo intenzione di lasciarmela sfuggire.

Una parte della mia mente mi suggerì di non farlo, di non essere avventata, di pensarci su. Che non valeva la pena di essere uccisa per aiutare Draco nella sua missione suicida contro il Signore Oscuro.

"Cosa credi? Che Draco cadrà ai tuoi piedi quando scoprirà la tua impresa?"

Sentii un forte nodo stringermi alla gola e realizzai che quello che avevo sempre provato per Malfoy non si era istinto nell'arco di due settimane, come avrebbe potuto? E anche se Theo mi piaceva, Draco era ancora troppo importante per me, anche se ero consapevole di non avere più speranze. Lui era innamorato di un'altra, lo era sempre stato e io ero stupida, ma non così tanto da illudermi inutilmente.

Tornai al tavolo, dove posai il capello scuro accanto alla pergamena.

Sollevai la piuma dal calamaio e scrissi un veloce biglietto per Draco: "Torno presto, P.", trasfigurai la piuma in un bicchiere, recuperai il capello e mi diressi poi verso il comodino.

Bevvi la Pozione Polisucco con all'interno il cappello di Bellatrix Lestrange e gemetti di dolore, alla sensazione di bruciore. Sentire il proprio corpo cambiare, fu un'esperienza particolarmente spaventosa.

Quando il processo terminò non persi tempo e trasfigurai i miei vestiti, trasformandoli in un abito nero, dal corpetto decorato d'argento e le gonne non troppo ampie e ricoperte da uno strato sottile di tulle nero. Era lo stesso vestito che avevo visto più volte indossare alla signora Lestrange.

Uscii dalla camera di Draco, facendo attenzione che non ci fosse nessuno a vedermi. Per il corridoio del dormitorio maschile non trovai nessuno, ma non fui così fortunata una volta raggiunta la sala comune, dove numerosi occhi si puntarono su di me.

Non degnai nessuno di uno sguardo, sollevando il naso al soffitto e deformando la mia espressione in una smorfia di fastidio e ribrezzo.

Non fu difficile, un paio di Mangiamorte mi fecero un breve inchino di sottomissione mentre passavo e ciò mi rassicurò.

Nessuno dubitava che non fossi la vera Bellatrix Lestrange, tutto procedeva egregiamente.

Quei pochi Mangiamorte che incontrai lungo i corridoi si premurarono di fare inchini o salutarmi con fin troppo garbo e io li ricambiai con occhiate sprezzanti, mentre mi dirigevo alle stanze della signora Lestrange.

Girato l'angolo mi trovai a pochi metri dalla porta che dovevo varcare, accanto alla quale Lucius Malfoy chiacchierava animatamente che un Mangiamorte dal volto coperto.

Non mi aspettavo ci fosse così tanta gente ad attendere Bellatrix Lestrange. Sperai fosse un caso che si trovassero proprio dove non dovevano e mi chiesi se dovessi fare un passo indietro e nascondermi per un po', in attesa che se ne andassero, ma poi il buon senso ebbe la meglio sulla codardia: l'effetto della pozione polisucco non sarebbe durato in eterno, aveva una missione suicida da compiere e tentennare non mi donava affatto, soprattutto se avevo l'aspetto di Bellatrix Lestrange.

Presi un profondo respiro, drizzai le spalle e sollevai il naso in aria.

"Si va in scena!", mi incitai mentalmente, mentre muovevo piccoli passi nervosi verso Lucius Malfoy e il suo interlocutore.

Il primo a rendersi conto di me fu il padre di Draco, che interruppe bruscamente la conversazione che stava intrattenendo (un noioso monologo sulla grandezza del casato Malfoy) per accogliermi con un sorriso fin troppo caloroso.

Fu in quel momento che mi resi conto di quanto la situazione fosse delicata.

Non ero la vera Bellatrix Lestrange, non possedevo i suoi pensieri e i suoi ricordi, non sapevo cosa volesse Lucius da me e chi fosse l'altro Mangiamorte.

"Complimenti, Pansy, sei fottuta".

Guardai gli uomini dall'alto in basso e feci un cenno di saluto col capo ad entrambi, poi, come se niente fosse, aprii la porta della stanza e cercai di introdurmi.

«Bellatrix, avrei bisogno di parlarti a proposito...», gli chiusi la porta in faccia e mi ci appoggiai sopra, prendendo un profondo respiro. Avevo sempre sognato di zittire il padre di Draco, lui e le sue frasi costruite in modo impeccabile, lui e la sua superbia. Ringraziai il mio ex per aver sciolto il fidanzamento, un suocero simile non sarei riuscita a sopportarlo.

Entrare nella stanza di Bellatrix Lestrange era stato relativamente facile, ora dovevo solo riuscire a trovare la coppa. Non me la cavavo male in incantesimi, non era mai stata la mia materia preferita e non ero mai riuscita a prendere un voto superiore ad un Oltre Ogni Previsione, ma non ero del tutto un disastro. Su una scala da Millicent Bulstrode a Hermione Granger, mi sarei posizionata più vicina a quest'ultima, che alla prima.

Non mi fu quindi difficile trovare il nascondiglio del bauletto ed eliminare le maledizioni che Theo mi aveva detto esser state poste su di esso.

La parte facile fu quindi impossessarsene, quella difficile fu trasfigurare una mia forcina in bauletto, in modo da sostituirlo all'originale.

Dovetti provarci a lungo, questo perché in Trasfigurazioni ero una completa Millicent Bulstrode, ma dopo vari tentativi fui abbastanza soddisfatta del risultato, da disporre la forcina trasfigurata sulla cassettiera su cui avevo trovato il baule, imposi su di essa l'incanto di disillusione e il Flagramus, mettendoci tutta la potenza possibile, nel tentativo di eguagliare quelli precedenti.

Pensandoci bene era strano che la signora Lestrange non avesse posto il bauletto sotto maggiori protezioni, ma doveva aver pensato di trovarsi in un luogo abbastanza sicuro da non dover necessitare ulteriori difese. Aveva sottovalutato il pericolo e questo non poteva che andare a mio vantaggio.

Rimpicciolii il bauletto, ma non avevo tasche in cui riporlo, così lo nascosi nell'unico posto che lo scomodo vestito che indossavo permetteva: nella scollatura.

Ero a metà della mia missione suicida, il cuore mi batteva forte nel petto e le dita mi tremavano per l'agitazione. Non mi ero mai sentita così viva in tutta la mia vita.

Mi guardai un'ultima volta intorno, per accertarmi di non aver lasciato nulla in disordine.

Presi un profondo respiro e mi avviai verso la porta.

Aprii l'uscio e uscii con passo di marcia, andando a sbattere contro il petto di Lucius Malfoy, del quale mi ero completamente scordata.

Aprii la bocca per chiedergli scusa, quando mi ricordai di avere l'aspetto di Bellatrix Lestrange e di dovermi comportare come tale. Così feci un paio di passi indietro, fissai con sguardo truce mio "cognato" (ex futuro suocero) e borbottai tra i denti una specie di saluto o insulto a seconda dei punti di vista.

Lucius ricambiò con un cenno della testa pieno di algida superiorità che mi fece sollevare gli occhi al cielo e allontanare con andatura nervosa.

«Chi sei?», mi chiese alle spalle Lucius Malfoy, facendomi bloccare nel bel mezzo del corridoio.

Fino a cinque minuti prima andava tutto bene, mi sentivo viva, pensavo di essere un genio ed ero pronta a saltellare per la felicità, ora, dopo la domanda che mi era stata rivolta, mi sentivo congelare dall'insicurezza, la paura e il rimpianto.

«Non sei Bellatrix, l'ho capito appena ti ho visto, ma davanti a Tiger non volevo fare una scenata», proseguì il biondo: «Chi sei e cosa sei andato a fare nella stanza di Lestrange?»

Presi un profondo respiro e mi girai, constatando che Malfoy si era avvicinato ed ora era a mezzo metro da me.

Mi schiarii la gola, sperando di riuscire ad imitare abbastanza bene la voce di Bellatrix Lestrange al primo tentativo: «Non so di cosa tu stia parla...», la voce mi s'incastrò in gola quando Malfoy mi puntò contro la sua bacchetta.

«Incanto revelio». (1)

Il getto di luce color prugna mi colpì in pieno petto, facendomi barcollare all'indietro.

Con il fiato corto mi resi conto di essere tornata me stessa, di avere addosso i miei vestiti e di essere in un mare di guai.

Il tonfo del bauletto caduto a terra, mi gelò il sangue nelle vene e, senza pensarci due volte, mi accovacciai a raccoglierlo, tenendolo stretto contro l'addome.

«Signorina Parkinson, devo ammettere di essere sorpreso», le parole di Malfoy mi giungevano in modo ovattato, come se provenissero da un'altra stanza. L'incantesimo di rivelazione che mi aveva lanciato contro continuava a farmi fischiare in modo fastidioso le orecchie.

«Sa, mi sarei aspettato un comportamento simile da mio figlio, sempre in cerca di guai, ma non da lei», fece una breve pausa, avvicinandosi ulteriormente a me: «Mi dica la verità, è stato mio figlio a chiederle di entrare nella stanza di mia cognata e rubare quell'oggetto?»

Non sapevo come comportarmi, ero ancora intontita dall'incantesimo e terrorizzata dalle conseguenze che mi aspettavano (prigionia e torture), perciò ci impiegai qualche secondo per raccogliere la poca adrenalina rimastami e reagire: «Non so di cosa stia parlando», la voce mi uscì in modo debole, ma era comprensibile; in fondo mi ero appena beccata un incantesimo allo stomaco.

«Venga con me», ordinò la voce ferma dell'uomo, che mosse qualche passo lungo il corridoio, prima di fermarsi e farmi un gesto col capo.

Merlino, che situazione orribile!

Avevo due opzioni: potevo seguirlo e sperare che tutto andasse per il meglio; oppure attaccarlo, pregare di riuscire a rallentarlo e poi correre verso i sotterranei.

Optai per la prima opzione, decidendo di precederlo lungo il corridoio e intanto pensare a come comportarmi.

Dovevo inventarmi una scusa, qualcosa di credibile, ma la mia mente era annebbiata dal panico.

Era tutta colpa mia, avevo avuto una pessima idea e ora dovevo affrontarne le conseguenze. Che cosa mi era saltato in mente? Volevo fare l'eroina? Volevo dimostrare a tutti cosa? Di non essere la ragazza superficiale e vanitosa che ero?

Volevo dimostrare a Draco che la Granger non era poi così tanto speciale? Volevo che Theo si rendesse conto di avere a portata di mano una come me e di aver invece scelto Daphne?

Quanto faceva male la verità; rendersi conto di essere la ragazzina stupida che tutti pensavano.

«Destra», la voce di Lucius Malfoy mi riscosse appena dai miei pensieri, ma non abbastanza da impedirmi di continuare ad accanirmi contro la mia ingenuità.

Seguii le poche indicazioni che mi venivano impartite dal mago alle mie spalle, mentre mi chiedevo cosa avrei dovuto fare di diverso per portare a compimento la missione senza fallire.

Non incontrammo nessuno lungo i corridoi e in pochi minuti arrivammo alle stanze dei Malfoy.

Entrammo in un grazioso salottino con il camino acceso, dove la signora Malfoy stava leggendo un libro. Vidi un'ombra di sorpresa nel suo sguardo alla mia vista, sorpresa che venne sostituita da disapprovazione quando si rese conto della bacchetta dl marito puntata contro la mia schiena.

«Cosa succede?», chiese Narcissa Malfoy, chiudendo il volume e alzandosi in piedi, senza abbandonare lo sguardo del marito.

«L'ho beccata sgattaiolare fuori dalla camera di tua sorella con quel bauletto», spiegò con tono pacato il signor Malfoy, facendomi cenno con la bacchetta di sedermi sulla poltroncina accanto al camino.

Seguii l'ordine senza oppormi, spostando lo sguardo da uno all'altra.

Non sembravano particolarmente allarmati o infastiditi dalla questione, ma piuttosto piacevolmente sorpresi.

Non riuscivo a capire.

«E nel bauletto...?», iniziò la signora Malfoy, prima di venire interrotta dal marito: «Sì, cara».

«Oh, Merlino», esclamò la donna con un misto di nervosismo e stupore: «É stato Draco a chiederti di rubare quel bauletto?»

Aggrottai le sopracciglia. Ero infastidita dal modo in cui i signori Malfoy sembravano convinti che non potessi prendere delle decisioni da sola.

Certo, effettivamente avevo rubato quel bauletto perché volevo dimostrare a Draco di essere utile alla causa; volevo che mi vedesse sotto una luce migliore, come un alleata e non come una ex troppo stupida per poter ragionare da sola; ma infondo avevo fatto tutto da sola, senza chiedere prima il permesso a Draco o alla Granger.

Rimasi zitta; non avevo intenzione di rispondere alla domanda della signora Malfoy.

«Sei una traditrice, Parkinson?», mi chiese Lucius Malfoy, assottigliando lo sguardo.

Ecco, era arrivato il momento di pregare Merlino e Morgana di farmi uscire viva dalla situazione di cacca di Schiopodo in cui mi trovavo.

Sarebbe stato bello essere ascoltata per una volta.

 

 

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(1) Mi sono presa la libertà di inventare questo incantesimo che funziona un po' come la Cascata del Ladro che si trova in "Harry Potter e i Doni della Morte", fa cessare quindi l'effetto della Pozione Polisucco.

  
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