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Autore: lady lina 77    20/08/2017    1 recensioni
Seguito di Without you. Un anno dopo la nascita di Isabella-Rose, Ross e Demelza vivono una vita serena e felice a Nampara, insieme ai loro tre figli. Ma il destino si sa, è malefico. E un incidente scombinerà di nuovo le carte, facendoli precipitare in un tunnel di dolore, incertezza e difficoltà.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"La mamma sta dormendo troppo".

Quella semplice osservazione di Jeremy, a cui aveva permesso di entrare in camera, aumentò la sua frustrazione. Ross guardò sua moglie che, dal giorno prima, era riversa in quel letto priva di sensi. Il suo respiro era talmente debole da essere quasi impercettibile e il suo volto aveva il colore dell'avorio. Sembrava così fragile e lontana, lei che di solito era tanto forte e combattiva...

Ross accarezzò la testolina del figlio, non sapendo bene cosa dire. Dal giorno prima ricordava ogni cosa e Dwight, arrivato quella mattina per visitare Demelza, era apparso felice della cosa, decretando la sua guarigione. Colpa del trauma e dello stress che stava vivendo, gli aveva detto... In realtà a Ross in quel momento interessava poco sapere il perché della sua guarigione ed essere tornato pienamente padrone dei suoi ricordi non aveva fatto altro che aumentare la sua frustrazione. Ora ricordava tutto e quindi sapeva pienamente quanto fosse importante per lui Demelza. Certo, lo sapeva anche prima e nelle ultime settimane lui e sua moglie erano stati molto vicini, ma ora era padrone di ogni momento trascorso con lei. Ricordava il loro primo incontro, i momenti belli intervallati a quelli bui, le risate, le lacrime, il lavoro svolto fianco a fianco. Quella donna che lottava contro la morte era il suo mondo e perderla avrebbe significato sprofondare per sempre nell'oscurità. La verità era che non voleva nulla, che nulla avrebbe avuto senso se lei se ne fosse andata. E lui senza di lei non ci voleva stare! "Jeremy, dobbiamo solo essere pazienti".

"Ma se siamo pazienti, lei poi guarisce?" - chiese il bimbo.

Ross avrebbe voluto dirgli che sua madre aveva combattuto un'altra volta con la morte e che era talmente forte da esserne uscita vincitrice, che lui ora ricordava che grande lottatrice fosse, ma in realtà non aveva ancora affrontato coi suoi figli il discorso sulla sua guarigione. Da quando Dwight aveva operato Demelza, aveva visto pochissimo i bambini e sapeva che c'era molto da discutere anche con loro, soprattutto con Clowance. Ma non poteva farlo ora, non con sua moglie in quelle condizioni. "Vedremo..." - disse, vagamente.

Jeremy lo guardò negli occhi, serio. "Posso darle un bacino?".

"Credo di sì".

Il bimbo si avvicinò al viso di Demelza, dandole un leggero bacio sulla guancia. "Mi manca la mamma".

"Anche a me. Ma ora vai, deve riposare. Scendi al piano di sotto, è ora di cena e Prudie avrà già apparecchiato in tavola".

Jeremy ubbidì e Ross rimase di nuovo solo. Sentiva il vociare dei suoi figli, più sommesso del solito, e sperò lo udisse anche Demelza. Le si sedette accanto, scostandole i capelli dalla fronte sudata. "Hai ancora la febbre, dormi di un sonno così profondo da essere diventata irraggiungibile e sei così pallida... Demelza, ti prego, torna da me. Ho paura, mi stai facendo paura". Le prese la mano nella sua, accarezzandole le dita e il palmo, lentamente, con gesti delicati e leggeri. "Sai, spesso io sono stato scavezzacollo e avventato e forse non mi sono mai davvero fermato a pensare all'ansia che potevo provocare a te e ai nostri bambini col mio comportamento sconsiderato. Stupidamente, mi sono sempre creduto invincibile e non ho mai voluto ascoltare i suggerimenti di chi mi consigliava di stare attento. Eppure nell'ultimo anno ho imparato che anche io posso essere vulnerabile e che non posso pensare solo a me stesso ma soprattutto a chi mi ama e mi aspetta a casa. Ecco Demelza, ora sono io che aspetto te a casa... Io sono tornato, ora fai altrettanto. Ho bisogno di te e ne hanno i bambini. Dwight, Caroline e tutti i nostri amici sono preoccupati e io vorrei solo dir loro che stai di nuovo bene. Apri gli occhi e riprendiamoci la nostra vita, superiamo tutto quello che ci è successo dal mio incidente in poi e torniamo ad essere felici". C'erano stati momenti bui fra lui e Demelza, a causa della sua amnesia, e ora che aveva recuperato la memoria ne capiva l'immensa portata e le possibili conseguenze. Sapeva di dover ricucire lo strappo terribile creato con Clowance, la sua piccola principessa che aveva lasciato quella mattina sulle scale con la promessa di aiutarla a scrivere la sera... Ed era consapevole pure di quanto Demelza avesse sopportato e sofferto in quei mesi e dello sbandamento per Armitage di cui certo, gli aveva parlato, ma che fino a quel momento non aveva ancora analizzato a fondo. Sentì rabbia scorrergli dentro, al pensiero di quel suo compagno d'arme che si era insinuato nel cuore della sua famiglia e di sua moglie e benché fosse sicuro che quanto confessato da Demelza corrispondesse a verità e che non c'era altro di celato, aveva una gran voglia di parlarne con sua moglie, una volta guarita. E con Hugh Armitage, ovunque lui fosse!

Certo, il tutto a tempo debito, quando finalmente Demelza sarebbe stata meglio...

Deglutì, pensando a come avrebbe potuto essere la sua vita se lei non ce l'avesse fatta. Demelza era il collante della sua famiglia, colei che sapeva tenerla unita e in armonia. Ci era riuscita persino nei loro tre anni di separazione quando viveva da sola a Londra con Jeremy e Clowance. Pur con mille difficoltà aveva reso la vita sua e dei suoi figli piacevole e serena. E la loro casa una vera casa e loro tre una vera famiglia, tanto che quando si erano rincontrati, ricordava perfettamente quanto si fosse inizialmente sentito un'intruso nella loro quotidianità.

Anche una volta tornati a Nampara, era sempre lei a tenere le redini della casa e della famiglia. Lui amava da morire sua moglie e i suoi figli ma non era certo bravo come lei a tenere uniti tutti loro, sempre preso a correre dietro a mille cose da portare a termine e mille battaglie da combattere.

Se lei se ne fosse andata, sarebbe riuscito a tenere unito ciò che rimaneva della sua famiglia? Sarebbe stato capace, da solo coi suoi figli, di crescerli nella serenità come era stata capace di fare Demelza a Londra? O pian piano tutto si sarebbe sfasciato e ognuno di loro avrebbe preso strade diverse...?

Scosse la testa, spaventato da quei pensieri. Accarezzò la guancia di Demelza, baciandola sulla fronte, pregando che combattesse come sapeva fare lei per il loro bene. Non doveva, non poteva andarsene! Non lei, così giovane e piena di vita... "Ti prego, apri gli occhi" – le chiese, quasi implorandola...

Improvvisamente, sentì la porta aprirsi. Si voltò, pensando di vedere Prudie e invece era Clowance, con in braccio Bella che piangeva sommessamente. "Mamma...".

Si alzò per prendere in braccio la figlia più piccola ma Clowance la strinse a se, indietreggiando. "No, faccio io! Vuole andare a letto".

Lo sguardo gelido che Clowance gli riservava, ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, gli gelava il sangue. Lei, la sua piccola lady che lo adorava come nessun altro dei suoi figli... Era come se fossero improvvisamente diventati due estranei e Ross sapeva che era per colpa sua e per il comportamento terribile che aveva avuto con lei nei primi tempi dopo il suo incidente, quando era riuscito persino a farla scappare di casa. Si sentiva terribilmente in colpa e sperso, gli mancava il rapporto che aveva con lei e immaginava come dovesse essersi sentita Clowance quando era stato lui a rifiutarla. "Clowance, ci penso io a Bella, sta tranquilla" – le sussurrò, inginocchiandosi davanti a lei.

Fece per accarezzarle la guancia ma la piccola si ritrasse. "No, l'ho promesso alla mamma quando eravamo nella grotta e quei signori le avevano sparato" – disse, seria.

"Cosa le hai promesso?".

"Che curavo Bella perché sono la sorella maggiore. La curo io finché mamma non guarisce". E detto questo, andò alla culla, mettendo la piccola a letto.

Bella si agitò, piagnucolò chiamando ancora la mamma e Clowance cercò inutilmente di tranquillizzarla tenendole la manina.

Ross, con la morte nel cuore per il significato di quella richiesta disperata di Demelza in punto di morte a Clowance, la lasciò fare finché la piccolina non scoppiò a piangere. E a quel punto si avvicinò alle figlie, prendendo Bella fra le braccia. "So che sei brava a prenderti cura di lei, ma la mamma ha bisogno di stare tranquilla e forse è meglio che la tenga in braccio io, che ne dici?".

Clowance sospirò, arrendendosi all'idea che non poteva fare molto. Guardò sua madre e gli occhi le divennero lucidi. Ross avrebbe voluto chinarsi ed abbracciarla, ma sapeva che avrebbe ricevuto un netto rifiuto da sua figlia. "Clowance, ascolta..." - forse dirle che era guarito, che ricordava, poteva aiutare entrambi. Se Clowance avesse saputo che era tornato, magari...

Ma la piccola lo stoppò subito. "Non voglio ascoltarti!" - disse, gelandolo sul posto.

"Devo dirti una cosa importante".

"Non la voglio sentire, voglio solo la mamma". E detto questo, si voltò e prese la porta.

Ross si sentì ferito da quel comportamento che però era assolutamente comprensibile. Clowance era come lui, testarda ed orgogliosa. Si chiese con terrore se, a causa dei suoi errori, non l'avesse persa per sempre. E provò lo stesso terrore che provava quando guardava Demelza su quel letto, chiedendosi come avrebbe vissuto senza di lei.

Bella continuava a singhiozzare e Ross le accarezzò i ricciolini neri. "Mamma, mammaaaa" – sussurrò la bimba contro la sua spalla, succhiandosi il ditino della mano.

Ross la portò al letto, facendole vedere la mamma. "Guarda, è quì, visto?".

"Mammaaa". Bella allungò le mani, desiderosa che lei la prendesse in braccio. Ma nemmeno davanti alla voce della figlia, Demelza ebbe cenni di vita.

Gli occhi di Ross si inumidirono. Se nemmeno al richiamo dei suoi figli c'erano segni di miglioramento, le speranze si assottigliavano.

Mise la piccola sul letto, seduta accanto a Demelza. Sapeva che Dwight non voleva che i bambini la disturbassero, ma decise di fare di testa sua. Se Demelza doveva andarsene, lo avrebbe fatto coi suoi figli accanto. Sapeva che era tutto quello che lei voleva, tutto ciò che avrebbe desiderato...

Bella allungò la manina, sfiorando la mano di Demelza con le sue ditina. "Mamma, mammaaaa".

"Su, chiamala" – sussurrò Ross, fra i suoi capelli. Voleva che insistesse, che continuasse a chiamarla, voleva che Bella raggiungesse la coscienza di Demelza e che la riportasse da loro.

"Mamma".

Demelza non si svegliò, ma Ross vide la sua mano stringere impercettibilmente quella di Bella. Coprì le loro mani con la sua, stringengendole, pregando di vedere gli splendidi occhi verde-azzurro di sua moglie aprirsi su di lui. "Demelza, ti prego... Svegliati".

Non fu esaudito. L'oscurità pian piano invase la stanza, Bella si addormentò e dopo averla messa nel suo lettino, accese le candele per prepararsi a fronteggiare l'ennesima notte di veglia. Era stravolto e stanco ma non avrebbe tolto gli occhi di dosso a Demelza.

Attimi di ottimismo si alternavano ad atti di terrore. Lei aveva sentito Bella, le aveva stretto la mano. Eppure non si svegliava...

Si sedette accanto a lei di nuovo, sopraffatto da quell'immobilità forzata. Quello, una volta, era il momento preferito della sua giornata, quello dove giocava coi suoi figli sul letto fino all'arrivo di sua moglie. Ridevano e scherzavano insieme, i loro bimbi erano felici e tutto era perfetto. E poi, messi a letto i loro figli, quella stanza diventava il loro mondo dove scherzare, confidarsi, parlare e amarsi con la stessa passione della loro prima volta insieme.

Si chinò su di lei, spinto dall'idea più idiota che avesse mai avuto: baciarla sulle labbra come facevano i principi delle fiabe per svegliare le loro principesse dai sonni maledetti in cui cadevano a causa della strega cattiva. Nelle fiabe il bacio funzionava sempre...

Le baciò le labbra, lentamente, sentendosi idiota ma sperandoci. E poi la guardò, stringendole la mano. "Torna da me amore mio. Torna, ti prego".

E quasi gli si mozzò il fiato quando Demelza mosse leggermente le palpebre ed aprì gli occhi. "Demelza!" - la chiamò, quasi incredulo. Se l'avesse raccontato in giro, nessuno gli avrebbe creduto...

Sua moglie lo guardò intontita, respirando a fatica. Si guardò attorno e poi guardò lui, stringendo convulsamente la sua mano, mentre una smorfia di dolore le feriva il viso. "Ross..." - sussurrò.

Ross si chinò su di lei, stringendola a se commosso, felice, quasi ubriaco dalla gioia. La abbracciò, attento a non farle ancora più male di quello che già lei sentiva. "Shhh, non sforzarti... Sei qui, sono qui. Va tutto bene amore mio".

"I bambini... I nostri bambini...? Dove sono?".

Ross le sorrise, baciandola sulla fronte. "Bella sta dormendo nella sua culla e gli altri due nella loro stanza. Sta tranquilla, stanno bene e tu hai salvato loro la vita".

Demelza chiuse gli occhi, abbandonandosi sul cuscino. "Ross" – disse, di nuovo.

Si stese accanto a lei, prendendola fra le braccia. Forse quell'incubo era finito, lei era lì, gli stava parlando. Era reale! "Sono qui. Sono qui per davvero, sta tranquilla" – le ripeté nuovamente.

Demelza annuì. E arrendendosi all'idea di non avere la forza di fare o dire altro, si rannicchiò fra le sue braccia in cerca di riparo dal dolore e da tutte le paure che le tormentavano corpo e mente.

  
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